Massimo:
detto da uno che la pensa esattamente come te sull’obbrobrio delle terapie ufficiali e sull’urgenza di affrontare lo studio dei tumori da nuovi punti di vista: le teorie di Simoncini, da quanto ho letto finora, mi sembrano perlomeno imprecise e contraddittorie. Le sue risposte mi sembrano evasive, superficiali e spesso incomprensibili. Ad esempio, che significa (cito):
Citazione:
“le 193 colture dei cancerosi(76) fanno parte delle 19457 di tutti i tipi di malattie. 5 di questi 193 colture vengono rilevate 79% dei casi presenza di funghi candida e glabrata”
Se ho ben capito i miceti sono stati rilevati nel 79% di 5 colture su 193. Capisco male? Fa comunque una percentuale bassina, mi pare.
Detto questo, hai perfettamente ragione a incentrare l’attenzione sui pazienti guariti e a tenerti lontano dagli sterili dibattiti su dati e statistiche. Non ho motivo di dubitare della buona fede dei pazienti intervistati. Sono convinto che si tratti davvero di persone che, in una maniera o nell’altra, sono guarite da un male terminale. Vorrei però far notare che Simoncini non ha l’esclusiva sulle remissioni spontanee dei tumori. Esistono, come saprai, legioni di ex malati di cancro (e anche della loro buona fede non c’è ragione di dubitare) che dichiarano di essere guariti dal cancro con l’aloe, con la cartilagine di squalo, con l’Essiac, con i viaggi a Lourdes e con i santini di Padre Pio messi sotto il cuscino.
Non sto facendo dell’ironia. Sono tutte persone che hanno scelto metodi diversi dal bicarbonato e dalla tintura di iodio e sono guarite comunque. Se possiamo fidarci dei pazienti di Simoncini, non vedo perché non dovremmo fidarci anche di loro. Conosco personalmente una signora di Parma (razionalissima e di ottima cultura) che mi ha raccontato di essere guarita dal cancro senza fare assolutamente nulla. Dieci anni fa le diagnosticarono un tumore al polpaccio e lei decise di non seguire nessuna terapia, né radio, né chemio, né chirurgia, né bicarbonato, niente di niente. Il tumore le sparì come sparisce una brutta bronchite.
Dirò molto di più (e qui, per quanto incredibile possa apparire la cosa, prego i lettori di restare seri): conosco personalmente perfino un paio di persone che mi hanno raccontato di essere guarite dal cancro con le terapie tradizionali. Per quanto assurdo ciò possa sembrare, anche costoro mi sembrano persone in buona fede e per nulla mitomani. Se hanno ragione, vuol dire che si può guarire dal cancro anche nelle condizioni più avverse alla guarigione che sia possibile immaginare. Si può guarire dal cancro perfino mentre il tuo corpo viene inondato di veleni citotossici, mentre viene bombardato di radiazioni, mentre viene fatto periodicamente a fettine col bisturi; si può guarire perfino mentre si è reclusi in una cameretta sterile con infermiere sgarbate che ti riempiono di tubicini e ti trattano come una vecchia ciabatta da sbatter via. Vuol dire che si può guarire dal cancro perfino mentre si fa di tutto per non farti guarire.
Allora, mi chiedo: e se la guarigione dal cancro non avesse nulla a che vedere né col bicarbonato, né con l’aloe, né con i chemioterapici, né con Padre Pio? Se si trattasse semplicemente di guardare al problema da un’altra prospettiva? C’è un tizio, tale Andreas Moritz, che ha scritto un libro (“Cancer is not a disease”, il cancro non è una malattia) in cui sostiene, come da titolo, che il cancro andrebbe affrontato non come un male a cui trovare ad ogni costo una “cura”, ma come un estremo meccanismo di difesa dell’organismo che interviene quando tutti gli altri meccanismi di protezione hanno fallito. Il cancro non sarebbe dunque il “male”, ma la reazione dell’organismo ad una debilitazione immunitaria che ha cause psico-fisiche. Superata questa debilitazione – con cure di tipo alimentare e psicologico - l’organismo guarisce da sé.
Non mi interessa qui discutere della validità o meno delle sue ricette curative, che possono essere criticate finché si vuole. Però è il tipo di approccio che è interessante ed è quello che manca tanto nella medicina ufficiale quanto in quella alternativa. Tutti a cercare la “cura” contro il male del secolo e nessuno che si accorga che forse è proprio questa lotta senza quartiere contro l’organismo a trasformare il cancro in una mostruosità invincibile. Non è che per caso siamo così ossessionati – anche qui – dalla psicosi del “nemico” da aver trasformato in nemico perfino l’organismo che ci ospita? Se così fosse, non mi sembra sia una di quelle guerre in cui la sconfitta dell’avversario possa consentirci di esultare a lungo. Come ogni reduce dai bombardamenti della chemio ben sa.