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La tesi della disintegrazione
A favore della prima tesi, in cui l'aereo si sarebbe praticamente
disintegrato in mille pezzi irriconoscibili, viene spesso citato il
fatto che proprio
quel segmento di Pentagono fosse stato recentemente rimodernato, con
l'aggiunta di mura e finestre speciali, rinforzate contro eventuali
attacchi terroristici.
A parte che non si comprende chi potrebbe mai sognarsi di
assaltare uno dei luoghi più protetti e inavvicinabili del
mondo, che
pare disponga addirittura di un suo sistema di batterie antiaeree, ma anche quando un aereo si schianta contro
una montagna, che è certamente più dura di qualunque
edificio al mondo, i suoi resti
si vedono eccome.
Mentre dopo l'impatto del Pentagono il prato antistante appare intonso,
non mostra il minimo segno di una strisciata o di una buca, e risulta
coperto solo da frattaglie di minime dimensioni.
Questo
pezzo di lamiera è uno dei rottami più "voluminosi" che
le fotografie ci abbiano mai mostrato. E il resto dell'aereo
dov'è? Stiamo parlando di oltre cento tonnellate di acciaio,
alluminio e altri materiali, che mancano completamente all'appello.
Per poter ipotizzare un caso di disintegrazione così estremo,
bisognerebbe almeno che l'aereo avesse impattato l'edificio in piena
perpendicolare - facendo cioè il classico "frontale" - ma quello che ha
colpito il Pentagono viaggiava con una traiettoria di circa 45°
rispetto alla facciata, e questo esclude già a priori una sua eventuale
"disintegrazione" all'impatto.
Il Test Sandia
Chi invece sostiene questa tesi, ama spesso citare questo "crash
test", effettuato dalla società governativa Sandìa, nel quale in
effetti si vede un aereo disintegrarsi in mille pezzi al momento
dell'impatto con una barriera solida.
Non si tiene però conto di una serie di differenze talmente
macroscopiche che rendono del tutto invalido il confronto, mentre rischiano casomai di confermare la tesi opposta:
1) L'aereo (un caccia militare F-4) è circa otto volte più piccolo e più leggero di un Boieng 757, mentre
2) la parete contro cui viene lanciato è un blocco compatto di cemento
spesso circa dieci volte la parete esterna del Pentagono.
3) L'aereo colpisce la parete (come dicevamo) in perfetta perpendicolare,
4) essendo inoltre guidato da una rotaia a terra che gli impedisce ogni
minimo cambio di direzione. E' quindi evidente che tutta l'energia
cinetica di cui dispone il velivolo si andrà a concentrare su
quei pochi metri quadrati di cemento, causando l'effetto spettacolare
che si vede nella foto.
Nel
caso del Pentagono invece l'assenza della "rotaia", la forte
velocità dell'aereo, e un angolo di incidenza decisamente
inferiore a quello
minimo di penetrazione, dovrebbero far rimbalzare il Boeing ancora
più
lontano sul prato antistante, vedendolo spezzarsi in un numero di parti
proporzionalmente più limitato. (Un'auto che colpisce un muro
frontalmente si distrugge, la stessa auto che lo colpisca in diagonale,
a pari velocità, rimbalza verso il centro della carreggiata
relativamente integra).
Considerando inoltre la notevole apertura alare del Boeing , ci si
aspettebbe di vedere l'ala destra che tocca la parete poco prima
dell'impatto vero e proprio, staccandosi
in qualche modo dalla fusoliera e rimbalzando in più o meno pezzi sul prato antistante.
Davanti al Pentagono è stato invece trovato questo rotore di una turbina (in basso a sx), che non può
certo provenire da un motore Rolls Royce (a dx), che è largo
almeno il quadruplo:
Mostrare, o nascondere?
Ci si domanda a questo punto perchè quei pochi frammenti ritrovati siano stati velocemente rimossi da
personale non identificato - ma di certo autorizzato a farlo - in palese
violazione delle più elementari norme di criminologia scientifica:
nulla si tocca o viene spostato dal "luogo del delitto" finchè ogni
singolo oggetto non è stato accuratamente rilevato, catalogato,
misurato e fotografato.
Questo
inspiegabile comportamento sembra quasi suggerire una certa fretta di
nascondere tutto ciò che potesse far capire di che aereo si
trattasse, invece di esserci mostrato proprio per riuscire a farlo.
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