I 19 ASSI DEL CIELO
La versione ufficiale
Quella che segue è una ricostruzione sommaria dei fatti che
hanno portato i 19 dirottatori al loro appuntamento con le stragi
dell’11 Settembre. E’ basata - come tutto il resto di questo lavoro -
esclusivamente su informazioni diffuse dalle autorità americane
(Dipartimento di Stato, Casa Bianca, Pentagono, CIA, FBI, ecc.),
attraverso i media più importanti (Associated Press, New York
Times, CNN, Washington Post, ecc.), e costituisce quindi, in tutto e
per tutto, la “versione ufficiale dei fatti” .
La preparazione
Verso il 1996, per motivi
a noi non noti (al di là di un presunto, generico odio per
l’Occidente), Osama bin Laden inizia a progettare, insieme al suo
braccio destro Khalid Shaikh Mohammed,
quelli che passeranno alla storia come gli attentati dell’11 Settembre.
E’ Kalid ad occuparsi sin dall’inizio dell’organizzazione e della
logistica dei medesimi. L’idea è quella di sequestrare aerei
commerciali e di usarli come bombe volanti contro luoghi altamente
simbolici del sistema occidentale, come le Twin Towers di Manhattan, il
Pentagono, o la stessa Casa Bianca.
Vengono scelti 20 volontari, votati alla morte, che vengono divisi in 4
gruppi di cinque. Di ciascun gruppo, uno di loro si addestrerà a
manovrare aerei di linea di tipo commerciale. Gli altri quattro si
occuperanno del sequestro vero e proprio, che avverrà con il
solo aiuto di coltellini tascabili.
Sempre per motivi che non conosciamo, Osama preferisce non approfittare
delle mille conoscenze di cui dispone in medio oriente (Pakistan,
Afghanistan, Siria, ecc.), dove potrebbe far addestrare comodamente i
suoi uomini su dei veri aerei di linea, ma li manda in America – dove
fra l’altro rischiano di dare nell’occhio - ad addestrarsi su piccoli
aerei da turismo.
Le scuole di volo
In effetti costoro non solo non passano inosservati, ma divengono il
vero e proprio zimbello nelle varie scuole, per essere decisamente
negati in materia di volo. Faticano ad ottenere una qualunque licenza,
e mostrano anzi notevole imbarazzo una volta sedutisi ai comandi dei
simulatori di veri aerei commerciali. D’altronde, sarebbe come
addestrarsi sul barchino da pesca col fuoribordo, e poi pretendere di
saltare ai comandi della Achille Lauro.
Ma il vero problema, rispetto a queste scuole di volo, e che almeno
quattro dei futuri assi vengono addestrati direttamente nella base
navale USA di Pensacola, mentre un quinto comparirà addirittura
nei corsi tenuti nella base CIA di Monterey in california.
NOTA:
Nel Luglio 2001, incurante del fatto che CIA, FBI e Interpol lo
stessero cercando dappertutto, Osama Bin Laden si presenta in pieno
giorno all’ospedale
americano di Dubai, ufficialmente per dei problemi renali. E mentre a
nessuno viene in mente di avvisare chi lo cerca, risulta che si sia
invece incontrato - come riportato da Le Monde e mai smentito da
nessuno - proprio con degli agenti CIA, e più di una volta.
Nel frattempo, i 20 futuri martiri si stanno preparando per il loro
appuntamento con la storia. Le istruzioni erano state chiarissime: dare
il meno possibile nell’occhio, cercare di mescolarsi al tessuto
sociale, evitare in ogni modo situazioni che possano portare ad un
eventuale confronto con la legge. Nonostante ciò, molti di loro
si fanno continuamente coinvolgere in litigi coi vicini, e vengono
ripetutamente cacciati dai vari appartamenti in cui abitano. Mangiano e
bevono inoltre usando quasi sempre la carta di credito, e si fanno
vedere più di una volta a Las Vegas, dove vengono immediatamente
notati per il solo fatto di essere musulmani (il gioco, l’alcohol e le
donne sono rigorosamente proibiti dal Corano). Uno di loro riesce
anche, tre sere prima degli attentati, a prendere una multa in
autostrada per eccesso di velocità e guida con un solo faro.
Anche lui fortunato, se la cava con una semplice multa, poichè
il poliziotto che lo ha fermato non si accorge che il suo nome è
fra quelli dei ricercati dall'FBI.
Nell’ Agosto 2001 Zacharias
Massaoui, oggi considerato il “ventesimo”
dirottatore, si rivolge ad una scuola di volo nei dintorni di Chicago,
chiedendo anche lui di “impararare a maneggiare un aereo di linea, ma
non necessariamemnte a decollare o atterrare”. Giustamente insospettito
dalla richiesta, il responsabile della scuola avvisa l’FBI.
L’agente dell’FBI Coleen
Rowley, che arresta Massaoui, capisce subito
di aver a che fare con dei potenziali attentati, ed avvisa i suoi
superiori. Ma questi non solo non fanno nulla per intervenire, ma le
impediscono in tutti i modi di proseguire nelle indagini.
Rowley finirà poi sulla copertina di TIME Magazine (al centro)
come
“personaggio dell’anno”, per aver denunciato alla Commissione
Senatoriale questi strani impedimenti. Assieme a lei compaiono le altre
due "whistleblowers" di quell'anno di scandali, Cynthia Cooper, che ha
denunciato il falsi in bilancio della World.com, e Sharon Watkins, che
ha fatto lo stesso per la Enron. (Notevole il fatto che in un mondo
tutto maschile - FBI e corporations - siano state tre donne a trovare
il coraggio per fare ciò che hanno fatto). |
Per riassumere, diciamo che i 19 insospettabili, giunti alla vigilia
degli attentati, si sono lasciati per l'America una scia di indizi che
avrebbe potuto essere ricostruita anche da un bambino di 10 anni. Il
ventesimo, come già detto, è addiritturra già in
prigione.
Qualche disguido, in verità, può essere attribuito al
fatto che Kalid, che coordinava l’intera logistica da una cabina
telefonica in Pakistan (per evitare di essere rintracciato),
sfortunatamente non parla una parola di inglese. (Questo si venne a
sapere quando scoprimmo che Kalid sarebbe stato anche l'assassino
materiale di Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal
ucciso in Pakistan nel 2002. I due infatti, dicevano i vari articoli,
non hanno mai comunicato direttamente, "perchè Kalid non sa una
parola di inglese").
Avremmo quindi un Osama bin Laden che mette l'operazione più
importante della sua vita nelle mani di venti scapicollati, maldestri e
disubbiedienti, e che poi fa gestire il tutto a distanza da una persona
che non parla una sola parola di inglese. (Anche solo per informarsi su
un normalissimo volo di linea…)
Il 10 Settembre
Di
ciò che hanno fatto i 19 nel giorno precedente gli attentati,
sappiamo
abbastanza di una delle quattro cellule – quella capitanata dal
“ring-leader” Mohamed Attà - ma quasi nulla delle altre tre. Si
suppone
però, per proprietà transitiva, che si siano comportate
tutte più o
meno nella stessa maniera.
Con una differenza: mentre gli altri tre gruppi avrebbero saggiamente
dormito nella città di partenza, la mattina del 10 Settembre il
gruppo
di Attà, che già si trovava a Boston (sede di partenza
del loro volo),
si spezza in due. Tre di loro rimangono in città, mentre
Attà e Alomari
affittano una macchina e fanno improvvisamente rotta verso Portland,
nel vicino Maine, a circa tre ore di distanza.
Qui non trovano di meglio che farsi “pizzicare” dalle varie telecamere
(sotto) ad usare il Bancomat, a fare benzina, e a farsi un giro di
shopping ai grandi magazzini. |

Di certo se l'FBI avesse voluto disseminare delle prove del loro
passaggio in quella città, non avrebbe saputo fare di meglio.
Dopo aver passato le ore serali - le ultime della loro vita - in questo
modo perlomeno curioso, ai due resta appena il tempo di registrarsi in
un motel, compiere le preparazioni di rito, ed andare a letto presto,
poichè di buon’ora dovranno imbarcarsi su un volo locale che li
riporterà a Boston, in coincidenza col fatidico AA-11 per los
Angeles.
Questa
famosa immagine - l'unica che sia mai circolata dei
dirottatori ad
un imbarco - si riferisce in realtà alla partenza di Attà
e
Alomari da
Portland per Boston (il timecode segna le 5.45 del matttino), e non a
quella del volo American poi schiantatosi nella Torre
Nord.
Il che significa che in realtà non esiste nessuna immagine
pubblica di
nessuno dei 19 dirottatori, ripresi ad uno qualunque dei 4 imbarchi
effettuati, nonostante sia impensabile che le autorità americane
non
abbiano in mano tutte le cassette di tutti gli imbarchi di tutti i voli
di tutti gli
aeroporti di quella mattina.
Perchè, allora, non mostrarne altre?
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Progetto suicida
Guardando inoltre l'ora di imbarco, viene da domandarsi perchè
mai i
due
abbiano compiuto questo viaggio, che li obbliga ora ad una coincidenza
veramente risicata con il Boston-Los Angeles, mettendo a rischio la
loro partecipazione all'intero progetto.
Ed in effetti la coincidenza risulterà talmente stretta, che
mentre i due fanno appena in tempo a raggiungere i compagni
sull’aereo della American, la valigia di Attà rimane
clamorosamente a terra. Non solo, ma pur essendo regolarmente
registrata fino a Los Angeles, non riparte affatto col volo successivo
(come avviene di solito in casi simili), ma resta cocciutamente a
girare sui nastri, tutta sola, finchè qualcuno la nota ed avvisa
la polizia.
La valigia di Attà si
trasforma così per gli investigatori in un prezioso vaso di
pandora, dal quale escono:
Il testamento autografo di Mohamed Attà.
Il passaporto di Mohamed Attà.
Un foglio, in arabo, con le istruzioni dettagliate per le ultime 24 ore
dei suicidi.
Alcuni manuali di volo del Boeing 767.
Divise di volo, che risulteranno poi rubate all'American Airlines.
Concludiamo notando due cose:
1 - Se Attà non avesse
avuto la folle idea di fare quella puntata estemporanea a Portland,
mettendo a rischio l’intera operazione, noi non avremmo mai saputo cosa
conteneva la sua valigia, per poter
risalire velocemente alla matrice degli attentati.
2 - Viene seriamente da dubitare
dell'intelligenza di quest'uomo, il quale si porta appresso una valigia
contenente svariati elementi che lo avrebbero
inchiodato direttamente alla sedia elettrica, se solo fosse stato
fermato dalla polizia - per un motivo qualunque - prima di
imbarcarsi per Los Angeles. (Come ti difendi infatti, nel
pomeriggio dell'11 Settembre, con tutta quella roba in valigia, quando
gli
altri tre gruppi hanno appena portato a termine la loro parte di
missione?)
Ricordiamo ancora che, per
mettere a punto questo piano, gli attentatori avrebbero impiegato circa
cinque anni.
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