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I 19 ASSI DEL CIELO
Sofisticati terroristi, o semplice banda di imbranati ?
Quella
che segue è una breve ricostruzione dei fatti che avrebbero
portato, secondo la versione ufficiale, i 19 dirottatori al loro
appuntamento con le stragi dell'11 Settembre. |
La preparazione
Verso
il 1996, per motivi a noi non noti (al di là di un presunto,
generico odio per l'Occidente), Osama bin Laden inizia a progettare,
insieme al suo braccio destro Khalid Shaikh Mohammed, quelli che
passeranno alla storia come gli attentati dell'11 Settembre. E' Khalid,
seppure non parli una parola di inglese, ad occuparsi sin dall'inizio
dell'organizzazione e della logistica dei medesimi. L'idea è
quella di sequestrare aerei commerciali e di usarli come bombe volanti
contro luoghi altamente simbolici del sistema occidentale, come le Twin
Towers di Manhattan, il Pentagono, o la stessa Casa Bianca.
Vengono scelti 20 volontari, votati alla morte, che vengono divisi in 4
gruppi di cinque. Di ciascun gruppo, uno di loro si addestrerà a
manovrare aerei di linea di tipo commerciale. Gli altri quattro si
occuperanno del sequestro vero e proprio, che avverrà con il
solo aiuto di coltellini tascabili.
Sempre per motivi che non conosciamo, Osama preferisce non approfittare
delle mille conoscenze di cui dispone in medio oriente (Pakistan,
Afghanistan, Siria, ecc.), dove potrebbe far addestrare comodamente i
suoi uomini su dei veri aerei di linea, ma li manda in America - dove
fra l'altro rischiano di dare nell'occhio - ad addestrarsi su piccoli
aerei da turismo.
Le scuole di volo
In effetti costoro non solo non passano inosservati, ma divengono il
vero e proprio zimbello nelle varie scuole, per essere decisamente
negati in materia di volo. Faticano ad ottenere una qualunque licenza,
e mostrano anzi notevole imbarazzo una volta sedutisi ai comandi dei
simulatori di veri aerei commerciali. D'altronde, sarebbe come
addestrarsi su un barchino da pesca col fuoribordo, e poi pretendere di
saltare direttamente ai comandi della Achille Lauro.
L'aspetto davvero inquietante, riguardo alle scuole di volo, e che
almeno quattro dei futuri assi sono stati addestrati direttamente
nella base navale americana di Pensacola, mentre un quinto
comparirà addirittura nei corsi tenuti nella base CIA di
Monterey, in California.
E' davvero questa la strategia migliore per preparare degli attentati
di quel genere, senza rischiare di esser in qualche modo individuati
prima di poter passare all'azione?
In ogni caso, le istruzioni per i 19 futuri martiri erano state chiarissime: dare
il meno possibile nell’occhio, cercare di mescolarsi al tessuto
sociale, evitare in ogni modo situazioni che possano portare ad un
eventuale confronto con la legge. Nonostante ciò, molti di loro
si fanno continuamente coinvolgere in litigi coi vicini, e vengono
ripetutamente cacciati dai vari appartamenti in cui abitano. Mangiano e
bevono inoltre usando quasi sempre la carta di credito, e si fanno
vedere più di una volta a Las Vegas, dove vengono immediatamente
notati per il solo fatto di essere musulmani (il gioco, l’alcohol e le
donne sono rigorosamente proibiti dal Corano). Uno di loro riesce
anche, tre sere prima degli attentati, a prendere una multa in
autostrada per eccesso di velocità e guida con un solo faro.
Anche lui fortunato, se la cava con una semplice multa, poichè
il poliziotto che lo ha fermato non si accorge che il suo nome è
fra quelli dei ricercati dall'FBI.
Per riassumere, diciamo che i 19 insospettabili si sono lasciati dietro
una scia di indizi che avrebbe potuto essere ricostruita da un bambino
di 10 anni.
Il 10 Settembre - giornata di pura follia
Di
ciò che hanno fatto i 19 nel giorno precedente gli attentati,
sappiamo
abbastanza di una delle quattro cellule – quella capitanata dal
“ring-leader” Mohamed Attà - ma quasi nulla delle altre tre. Si
suppone
però, per proprietà transitiva, che si siano comportate
tutte più o
meno nella stessa maniera.
Con una differenza: mentre gli altri tre gruppi avrebbero saggiamente
dormito nella città di partenza, la mattina del 10 Settembre il
gruppo
di Attà, che già si trovava a Boston (sede di partenza
del loro volo),
si spezza in due. Tre di loro rimangono in città, mentre
Attà e Alomari
affittano una macchina e fanno improvvisamente rotta verso Portland,
nel vicino Maine, a circa tre ore di distanza.
Qui non trovano di meglio che farsi “pizzicare” dalle varie telecamere
(sotto) ad usare il Bancomat, a fare benzina, e a farsi un giro di
shopping ai grandi magazzini. |
Di certo se l'FBI avesse voluto disseminare delle prove del loro
passaggio in quella città, non avrebbe saputo fare di meglio.
Progetto suicida
Dopo aver passato le ore serali - le ultime della loro vita - in questo
modo perlomeno curioso, ai due resta appena il tempo di registrarsi in
un motel, compiere le preparazioni di rito, ed andare a letto presto,
poichè di buon’ora dovranno imbarcarsi su un volo locale che li
riporterà a Boston, in coincidenza col fatidico AA11 per los
Angeles.
Viene
da domandarsi perchè mai i due abbiano compiuto questo viaggio,
che li obbliga ad una coincidenza veramente risicata con il Boston-Los
Angeles, mettendo a rischio la loro partecipazione all'intero progetto.
In effetti la coincidenza risulterà talmente stretta, che mentre
i due fanno appena in tempo a raggiungere i compagni sull'aereo della
American, la valigia di Attà rimane clamorosamente a terra. E
pur essendo regolarmente registrata fino a Los Angeles, per qualche
strano motivo non riparte affatto col volo successivo (come avviene di
solito in casi simili), ma resta cocciutamente a girare sui nastri,
tutta sola, finchè qualcuno la nota ed avvisa la polizia.
La valigia di Attà si trasforma così per gli investigatori in un prezioso Vaso di Pandora, dal quale escono:
- Il testamento autografo di Mohamed Attà.
- Il passaporto di Mohamed Attà.
- Un foglio, scritto in arabo, con le istruzioni dettagliate per le ultime 24 ore dei suicidi.
- Alcuni manuali di volo del Boeing 767.
- Una divisa di volo da steward della American Airlines, che risulterà poi rubata.
Concludiamo notando due cose:
1 - Se Attà non avesse avuto la folle idea di fare quella
puntata estemporanea a Portland, mettendo a rischio l'intera
operazione, noi non avremmo mai saputo cosa conteneva la sua valigia,
per poter risalire così velocemente alla matrice degli attentati.
2 - Viene seriamente da dubitare dell'intelligenza di quest'uomo, che
si porta appresso una valigia contenente svariati elementi che lo
avrebbero inchiodato direttamente alla sedia elettrica, se solo fosse
stato fermato dalla polizia - per un motivo qualunque - prima di
imbarcarsi per Los Angeles. (Come ti difendi, in un pomeriggio dell'11
Settembre, con tutta quella roba in valigia, quando gli altri tre
gruppi hanno appena portato a termine la loro missione?)
Avremmo quindi un Osama bin Laden che mette l'operazione più
importante della sua vita nelle mani di venti scapicollati, maldestri e
disubbiedienti, e che poi fa gestire il tutto a distanza da una persona
che non parla una sola parola di inglese. Ma
al di là delle mille contraddizioni e incongruenze, la domanda
di fondo che si può porre è questa: viste le affermazioni
di Curt Weldon (nel video che segue), come si può riconciliare la versione ufficiale con il fatto - innegabile,
sembrerebbe - che il Pentagono sapesse da oltre un anno dove si
trovavano i terroristi?
E perchè il Pentagono non ha voluto che queste informazioni arrivassero all'FBI?
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