NON E' STATO BIN LADEN
La convinzione che Osama Bin Laden sia il
responsabile degli attentati dell’11 settembre è radicata nel conscio e
nell’inconscio delle persone come poche altre cose. E’ Bin Laden la
risposta che tutti hanno a disposizione per rispondere alle migliaia di
domande che questa epoca storica dovrebbe richiedere e per far passarne
passare in secondo piano molte altrettanto importanti. E’ stato Bin
Laden a "creare" il terrorismo che ci minaccia, ed è stato lui ad
attaccare. E’ lui che organizza e coordina i movimenti ceceni, irakeni,
afgani, indonesiani, egiziani, palestinesi; è lui che semina odio e
recluta terroristi fra i nostri quartieri, le nostre scuole, le nostre
moschee; è lui la ragione delle centinaia di migliaia di vittime della
pax americana, della diffidenza e della xenofobia, della sospensione
specie nei paesi anglosassoni dei diritti. E’ lui, con le presunte
prove a suo carico e le altrettante presunte rivendicazioni, il freno
ad ogni dubbio sui mille particolari che per qualche motivo non tornano
riguardo all’11 settembre.
Eppure, e lo dovessimo processare oggi, come afferma
con tutta chiarezza la stessa FBI, non avremmo una sola prova concreta
che potrebbe reggere l’accusa di fronte a un tribunale. Bin Laden,
anzi, potrebbe querelare l’intero occidente per calunnia. E la migliore
corte immaginabile, nel top della civiltà quale è lo stato di diritto
all’occidentale, gli darebbe senza ombra di dubbio ragione.
La storia, si dice, la scrivono i vincitori. Bene:
noi stiamo assistendo sotto i nostri occhi alla scrittura di una storia
che, ad oggi, rimane un racconto di fantasia. Benché azzardare una
qualsiasi versione alternativa rimanga praticamente un tabù, i fatti e
le indagini spingono in un’unica direzione: Bin Laden non ha nulla a
che vedere con l’11 settembre. Una giustizia giusta, in occasioni
simili, proverebbe a battere piste diverse.
Basta controllare sul sito dell’FBI (link)
per rendersi conto che Bin Laden è ricercato "unicamente" in relazione
alle esplosioni del 7 agosto 1998 alle ambasciate degli Stati Uniti di
Dar Es Salaam, Tanzania, e Nairobi, Kenya. Secondo l’ FBI, questi
attacchi hanno ucciso oltre 200 persone. L’ FBI conclude i suoi motivi
per "ricercare" Bin Laden dicendo, «Inoltre, Bin Laden è sospettato di
altri attacchi terroristici in ogni parte del mondo».
La nostra percezione, grazie all’onestà
intellettuale dei media e dei nostri degli rappresentanti, è però
diametralmente opposta. La certezza assoluta della colpevolezza di Bin
Laden è stata brandita per anni sulla reputazione di chiunque ha
provato a sollevare un solo dubbio sull’effettiva paternità
dell’attentato o sulla "Guerra al Terrorismo", i cui risultati
disastrosi sotto ogni punto di vista (sicurezza globale, economia,
condizioni della popolazione, diritti umani) sono sotto gli occhi di
tutti. La certezza che Bin Laden abbia rivendicato l’attentato e che la
sua regia sia stata dimostrata è una credenza diffusa che stoppa in
partenza ogni opinione divergente. Al contrario Bin Laden non ha mai
rivendicato in maniera credibile l’attentato: si è dichiarato
all’oscuro di tutto più volte e, anche in preda alla disperazione, non
si è spinto oltre l’espressione di soddisfazione per l’attentato senza
lasciare intendere un suo coinvolgimento. Senza prove e senza
confessioni nulla, se non teorie campate in aria e sostenute da
ignoranza o da forte malafede, lega Osama Bin Laden all’attacco
all’America che ha aperto l’epoca della guerra perenne al terrorismo.
«Bin Laden non è stato formalmente accusato in
relazione all’ 11-9» ha chiarito Rex Tomb, uno dei portavoce dell’FBI,
al Muckraker report. «L’ FBI raccoglie prove –ha spiegato- Appena le
prove sono state messe insieme, vengono girate al Dipartimento di
Giustizia. Il Dipartimento di Giustizia poi decide se ha abbastanza
prove da presentare ad un grand jury federale. Nel caso del
bombardamento del 1998 alle Ambasciate degli Stati Uniti, Bin Laden è
stato formalmente accusato e incolpato da un grand jury. Non è stato
formalmente accusato e incolpato in relazione all’ 11-9 perché l’FBI
non ha una forte prova che lega Bin Laden all’ 11-9». (link)
Per quanto possa sembrare assurdo si tratta
semplicemente di una conferma. Così scriveva la BBC nel maggio 2002,
dopo 7 mesi di indagini a "tutto campo".
«Ufficiali dell’intelligence USA hanno ammesso di
aver fallito i tentativi di portare alla luce qualsiasi pista che
conducesse agli attacchi dell’11 settembre. Il capo dell’FBI ha detto
che dopo 7 mesi di implacabile lavoro l’America non ha trovato alcuna
prova riguardante alcun aspetto degli attacchi a New York e Washington.
Robert Mueller, direttore dell’FBI, ha spiegato che i suoi agenti hanno
inseguito centinaia di migliaia di indizi e controllato ogni documento
sul quale sono riusciti a mettere le mani, dalle prenotazioni di volo
ai noleggi d’auto ai conti bancari. Hanno cacciato fra le grotte in
Afghanistan e fra le ricevute di carte di credito in America ma il
meglio dell’intelligence americana è stata umiliata da 19 dirottatori
di Al Qaeda, rivelando quanto poco l’America sa riguardo agli attacchi
dell’11 settembre».
Dopo altri quattro anni di indagini "a tutto
campo" nulla è cambiato: 19 uomini, dopo aver compiuto irripetibili
acrobazie per i cieli dell’America e sbeffeggiato il mondo intero con
una dozzina di miracoli, non hanno lasciato una sola seria traccia
della loro opera.
Potremmo fermarci qua e avremmo già abbastanza
motivi quantomeno per arrossire. E’ importante invece, prima che la
storia venga riscritta, analizzare e raccogliere le non prove, le non
rivendicazioni e le evidenze fasulle che il mondo intero ha accettato
senza un battito di ciglia. Basta ripercorrere i momenti successivi
all’11 settembre per accorgersi –giusto per iniziare- che Bin Laden non
ha mai rivendicato l’attentato negando anzi –in linea con i Talebani-
ogni suo coinvolgimento. E se Bin Laden non ha nulla a che fare con
l’11 settembre e non esiste alcuna prova concreta si un suo ruolo nella
preparazione degli attentati, come l’FBI dice, ciò significa
necessariamente che è stato qualcun altro.
Non spetta a noi, ai nostri limiti di comuni
cittadini indagare e tracciare conclusioni. Ma quello di rimanere
sull’attenti, evitando di essere tirati per il naso, è forse l’ultima
alta libertà che la "civiltà" ci concede.
1. Commenti a caldo: Le smentite ufficiali di Bin Laden e dei Talebani
Riportiamo l’orologio al 12 settembre 2001, con le
macerie delle torri ancora fumanti, nessuna rivendicazione e i mirini
già puntati. Partiamo da una certezza che è giusto ricordare: Bin
Laden, nei giorni successivi all'11 settembre, viene riportato
affermare ripetutamente la sua estraneità all'attentato.
Questo articolo di RaiNews "dell'epoca" ne parla.
«Osama bin Laden è tornato a farsi
sentire, ribadendo ancora una volta di non essere lui il responsabile
degli attacchi di martedì contro le Torri Gemelle del World Trade
Center a New York e il Pentagono a Washington. Lo ha riferito la
"Afghan Islamic Press", semi-ufficiale agenzia di stampa del regime dei
Talebani ma con sede in Pakistan. «Quelli che l'hanno fatto hanno agito
nel loro interesse personale» prosegue il comunicato diffuso da Osama
bin Laden tramite uno dei suoi assistenti, Abudl Samad. Il miliardario
saudita ribadisce quanto affermato dai taleban che sostengono di non
avere a disposizione i mezzi per organizzare attentati terroristici
dopo le restrizioni imposte dal loro capo supremo, il mullah Mohammad
Omar, nei contatti con il mondo esterno. «Vivo in Afghanistan. - si
legge nella nota - Sono un seguace del 'comandante dei credenti' (il
mullah Omar) che non permette di partecipare a simili attivita», ha
aggiunto Osama bin Laden nel comunicato scritto in arabo, la sua
lingua». (link)
La fonte, come detto, è la Afghan Islamic Press,
presentata come una agenzia di stampa vicina ai talebani; lo stesso
articolo evidenzia però come questa sia solo una delle molteplici
dichiarazioni dello stesso tenore. Il 16 settembre, giorno di questa
dichiarazione, anche Al Jazeera riceverà una nota simile in cui Bin
Laden ribadirà la sua estraneità ai fatti. Assolutamente simile, in
questa fase, l'atteggiamento dei talebani.
Quest’altro articolo proveniente dall'archivio di
RaiNews24 a data 11 settembre 2001 riporta le loro reazioni ufficiali.
I talebani affermano che è impossibile che Bin Laden sia riuscito a
organizzare un simile attentato, che tra l’altro condannano fermamente.
Fin dalle prime ore, infatti, i Talebani sono additati subito come
possibili responsabili dell’attentato e il mondo attende da loro
determinate risposte senza essere soddisfatto.
«Le milizie integraliste islamiche afghane
dei Taleban hanno escluso la responsabilità di Osama Bin Laden negli
attentati di oggi contro gli Stati Uniti. «Questo è un atto
terroristico e lo condanniamo con fermezza», ha detto il rappresentante
delle milizie integraliste al potere a Kabul, Abdul Salam Zaif. La
dichiarazione dell'ambasciatore è stata riferita dall'agenzia 'Afghan
Islamic Press', con base a Islamabad. L'agenzia ha precisato che
l'ambasciatore ha auspicato che i responsabili degli attacchi contro
gli Usa siano consegnati alla giustizia. «Quanto è successo negli Stati
Uniti non è l'opera di gente ordinaria. Può essere l'opera di qualche
governo», ha detto un portavoce dei Taleban parlando al telefono con
l'agenzia britannica Reuters da Kandahar, una città nell'Afghanistan
meridionale. Secondo il portavoce, Osama Bin Laden, il miliardario
saudita che figura in cima alla lista americana dei terroristi
internazionali e che si è rifugiato in Afghanistan, «non puo' aver
fatto questo lavoro». «Neanche noi possiamo averlo farlo. Noi non
sosteniamo il terrorismo. Osama non ne ha la capacità. Condanniamo
tutto ciò», ha aggiunto il portavoce, Abdul Hai Mumaen. «Questa può
essere l'azione sia di nemici interni degli Stati Uniti sia di suoi acerrimi nemici.
Osama non può aver fatto questo...», ha concluso. L'ambasciatore dei
Taleban in Pakistan ha condannato oggi gli attacchi aerei contro gli
Stati Uniti». (link)
2. Genio della strategia o inetto? La via della logica
Si prospetta già l'attacco degli USA e i Talebani,
come Bin Laden, tentano prima di tutto di evitare questa strada che
–intuiscono- per loro può essere letale anche perché il regime Talebano
è debole, molto isolato e chiaramente nel mirino di Washington che ha
già fatto capire chiaramente la sua ostilità, che sostiene i signori
della guerra dell’Alleanza del Nord e che –come scopriremo poi- ha già
a disposizione i piani di invasione.
A questo punto urge una domanda: al di là dei grandi
dubbi tecnici che ragione avrebbero i talebani e Bin Laden per
organizzare un attentato simile?
La risposta è semplice: nessuna. Questa parentesi ci
porta un po’ fuori dall’obiettivo che ci eravamo posti (e cioè quello
di analizzare le non prove e le manipolazioni che hanno portato al
riconoscimento unanime e infondato della colpevolezza di Bin Laden), ma
è necessario dedicare questo breve paragrafo a considerazioni
assolutamente intuitive che si sostengono da sole meglio di qualsiasi
teoria che è stata finora formulata.
L’Afghanistan e i talebani sono proprio l’ultimo
stato che si potrebbe sognare di fare una simile dichiarazione di
guerra. L’Afghanistan è evidentemente impreparato a sostenere la forza
d’urto dell’armata americana e insidiato da più fronti (Russia, Iran,
USA). Non una nazione, infatti, appoggerà, fornirà armi o sosterrà
anche solo verbalmente i talebani. E’ veramente impensabile che uno
stato in queste condizioni, senza avere nemmeno creato un sodalizio con
gli altri stati che certo avversano gli USA, organizzi e esegua un
attacco deciso e importante come quello dell’11 settembre che può solo
segnare la sua fine. Lo sanno i talebani e lo sa Bin Laden, che tra i
talebani ha trovato un’oasi di protezione dalla caccia americana dalla
quale, magari, può continuare a giocare al piccolo terrorista come
d’altronde ha sempre fatto. Provocare frontalmente e con tale evidenza
l’America può segnare soltanto la fine di tutto ciò che si è
faticosamente costruito in anni e anni di militanza.
Punto secondo: Se anche fossero stati i talebani ad
organizzare l’attacco è evidente come questo avrebbe potuto avere (così
d’altronde ci viene detto) un solo obiettivo: quello di "dichiarare
guerra all’America" intimorendo e compattando un fronte anti-americano.
Questa tesi contrasta però chiaramente con l’atteggiamento sopra
descritto: i Talebani invece che infiammare le folle islamiche e
gonfiarsi tentando di attirare importanti amicizie abbassano le
orecchie e si fanno piccoli piccoli. Sono presi in contropiede e
rinculano, non sono certo nelle condizioni di infastidire, provocare o
attaccare nessuno. Quando si dichiara guerra si alzano i toni, si
minaccia, si rinsaldano i legami con gli stati alleati e si cercano
appoggi chiamando a raccolta possibili sodali e finanziatori. I
talebani al contrario negano ogni coinvolgimento e si mettono sulla
difensiva.
Vista dall’angolazione di Bin Laden l’attentato è
ancora più assurdo. Il regime talebano afgano è il primo (e unico)
"successo" degli islamici "integralisti" nel mondo e dichiarare guerra
in questa fase embrionale, in cui nemmeno lo stato afgano è pronto a
reggere il minimo urto, è chiaramente un suicidio.
Certo non è possibile entrare nella psiche di Bin
Laden (e nemmeno in quella di Bush), ma una cosa va chiarita: la
"lucida follia" non centra. Come può aver potuto il genio Bin Laden, il
genio che ha creato da nulla un network inafferrabile di portata
mondiale, e ha organizzato l’azione meglio organizzata della storia
(senza lasciare una traccia a 4 anni di distanza) compiere un errore
così ridicolo e elementare? Non possiamo disegnare Bin Laden, a seconda
di quello che ci serve per costruire i nostri castelli in aria, come un
genio dell’organizzazione e della strategia e l’attimo dopo come un
idiota qualunque. Prima freddo pianificatore e poi gonzo che si tuffa
nella gabbia del leone per tirargli la coda.
Siccome la logica non sempre viene recepita torniamo
però ai fatti, il vero scoglio al quale ci dobbiamo con grande orgoglio
attaccare.
3. L’ultima chiara smentita di Bin Laden
Il tempo passa e, mentre i talebani provano a
negoziare con Washington, Bin Laden ribadisce la sua versione dei
fatti. E’ il 28 settembre quando il quotidiano pakistano in lingua urdu
"Ummat" pubblica un’interessante intervista fatta con "lo sceicco del
terrore".
Dice Bin Laden: «Ho già detto di non essere
coinvolto negli attacchi dell’11 settembre. Come musulmano, faccio i
massimi sforzi per evitare di dire bugie. Non so niente di questi
attacchi, né considero l’uccisione di donne, bambini e altri esseri
innocenti come un atto apprezzabile. Tale pratica è proibita perfino
durante il corso di una battaglia. Sono gli Stati Uniti i colpevoli di
ogni maltrattamento di donne, bambini e gente comune…..». Bin Laden
ripete che è evidente come non sarebbe stato fattibile per lui un
simile prodigio di organizzazione e tecnica dicendo che gli americani
dovrebbero cercare i colpevoli al loro interno, tra coloro inseriti
"nel sistema".
Questa intervista mostra un Bin Laden che non si
limita a negare il proprio coinvolgimento e a lasciar filtrare tra le
righe che la colpa vada ricercata tra coloro che hanno sicuramente
molte più possibilità di organizzare alla perfezione un simile
attentato.
«Ci sono agenzie negli Stati Uniti –spiega Osama-
che chiedono miliardi di dollari di stanziamenti dal Congresso e dal
governo ogni anno. Questi finanziamenti non sono stati in dubbio finché
l’Unione Sovietica è esistita, ma dopo la sua caduta il budget di
queste agenzie è stato in pericolo. Quindi loro hanno bisogno di un
nemico. Così prima loro scatenano la propaganda contro Osama –parla
alla terza persona, come in interviste precedenti- e i Talebani, e
quindi questo incidente accade». (link)
Questa intervista, segnalata dal BBC Monitor Service
(servizio che seleziona le notizie provenienti da tutto il mondo) non
riceve praticamente menzione nella grande stampa. Evidentemente viene
trattata, senza approfondimenti, come un falso da non considerare
semplicemente perché non è funzionale alla volontà dell’opinione
pubblica, che ha bisogno del classico mostro da demolire, prima ancora
che dei suoi governanti. Vera o fasulla che sia, tuttavia, essa è
perfettamente coerente con tutte le dichiarazioni di Bin Laden del
periodo e, soprattutto, non risulta mai smentita.
4. Le prove della responsabilità di Bin Laden
Il mondo tuttavia ha già deciso: fin dalle prime ore
infatti i riflettori sono stati puntati con incredibile decisione su
Bin Laden. I talebani, giudicati anch’essi responsabili, sono anch’essi
sull’orlo del burrone fin dall’inizio.
L’impressione innegabile è che tutto sia già deciso
in partenza: già il 12 settembre un funzionario dell'amministrazione
Bush (che ha chiesto l'anonimato) afferma che immediatamente dopo
l'attacco le autorità statunitensi hanno ricevuto un fax inviato da
persone non note che si sono dichiarate membri dell'organizzazione di
Bin Laden, "Al-Qaeda". Altro evento importante la dichiarazione di un
giornalista arabo di stanza a Londra secondo il quale seguaci del
leader saudita avevano avvertito telefonicamente il giornale Al-quds
Al-arabi «parlando di un attacco senza precedenti». «Riceviamo spesso
minacce del genere –ha raccontato il giornalista- ma questa volta
sembra che si sia verificata ogni parola detta». Questo evento,
assolutamente non significativo (minacce simili arrivano molto spesso,
conferma lo stesso giornalista, e sono sempre infondate), farà bella
mostra nel "dossier" sventolato da Blair per motivare l’aggressione
dell’Afghanistan.
E anche Bush e Cheaney, che non hanno nulla tra le mani, non sono meno determinati.
Il 4 ottobre, 3 giorni prima dell’inizio
dell’operazione Enduring Freedom, il governo inglese rilascia un
documento in 69 punti, "Responsabilità per le atrocità dei terroristi
negli Stati Uniti, dell'11 settembre 2001", che espone le prove a
sostegno dell'attacco all'Afghanistan. Presentato da Blair e dai media
come il dossier che stana Bin Laden e i Talebani esso, per voce dei
suoi stessi redattori, sarebbero insufficienti a sostenere l’accusa in
un tribunale e appare, se letto, assolutamente inconsistente.
Dei 69 punti 10 sono relativi ad informazioni sui
precedenti della relazione tra Bin Laden e i telebani, 15 sono relativi
ad informazioni sui precedenti alla filosofia generale di Al Qaeda ed
alla sua relazione con bin Laden, 26 si riferiscono ad attacchi
precedenti. Tuttavia nessuno fornisce alcun fatto relativo all11/9. La
maggior parte nemmeno tenta di collegare direttamente le cose citate
agli eventi di quel giorno, la vera ragione per l’attacco. Riguardo
alla colpevolezza di Bin Laden queste sono le "evidenze":
«a) Dopo l'11 settembre, abbiamo appreso che, non
molto prima, bin Laden aveva detto di essere in procinto di lanciare un
mega attacco anti-americano (il giornalista londinese, n.d.a.) . Il
piano dettagliato degli attentati dell'11 settembre è stato definito da
uno dei suoi stretti collaboratori. Dei 19 sequestratori coinvolti l'11
settembre, è stato già provato che almeno 3 hanno legami con Al Quaida.
Gli attacchi dell'11 settembre erano simili per obiettivo e impatto
agli attentati precedenti condotti da bin Laden e Al Quaida, inoltre
hanno dei particolari in comune: I terroristi kamikaze hanno coordinato
gli attentati nello stesso giorno, con l'obiettivo di provocare il
maggior danno possibile agli americani e totale non curanza per altri
danni anche a musulmani. La pianificazione è stata lunga e meticolosa.
Non c'è stato un previo allarme. b) Al Quaida detiene la capacità e la
volontà per condurre altri attacchi contro gli Stati Uniti e i suoi
alleati, incluso il regno Unito. c) Al Quaida non dà previo allarme sui
suoi attentati. d) Nel 1989 Osama bin Laden e altri hanno fondato un
gruppo terroristico internazionale conosciuto col nome di Al Quaida (la
base). Per tutta la sua esistenza il gruppo è stato guidato da bin
Laden. e) Dal 1989 al 1991, Osama bin Laden ha vissuto tra
l'Afghanistan e il Pakistan, a Peshawar. Nel 1991 si è trasferito in
Sudan, dove è rimasto fino al 1996. In quell'anno e' tornato in
Afghanistan, dove risiede tutt'ora.» (link)
Senza ripeterci sulla questione della mitica
anticipazione, e lasciando perdere per ovvia inconsistenza la
dichiarazione di un sedicente collaboratore, è chiaro come questo
documento sia semplice aria fritta. Al Qaeda ha la capacità e la
volontà di fare attentati del genere (un parere personale costituisce
una prova?); Al Qaeda non rivendica i suoi attentati (e tantomeno
rivendica quelli che non compie!); 3 dei 19 dirottatori sarebbero
legati a Al Qaeda.
Interessante in particolare la questione degli
attentatori: essi sono stati identificati a tempo di record dagli
stessi servizi segreti che prima non erano stati capaci di fermare 4
aerei che passeggiavano nei cieli degli più protetti del mondo benché i
loro nomi non comparissero sulle liste d’imbarco ufficiali diramate
dalla stampa (altro caso di tempismo e preparazione: evidentemente l’11
erano tutti in vacanza). Seguono nel dossier due considerazioni
"storiche": al Qaeda è un'organizzazione terroristica nata nel 1989, ad
è comandata da Bin Laden, che ha vissuto in Pakistan, Sudan e
Afghanistan. Nulla lega tutto ciò con l’11 settembre eppure ciò è
sufficiente per radere al suolo l’Afghanistan.
5. Flashback: Bin Laden annuncia la Jihad globale
Bin Laden è, insieme ad alcuni "collaboratori",
firmatario della dichiarazione di guerra santa contro l'America (avendo
l’autorità di qualsiasi cittadino, ovviamente) che elenca una serie di
motivazioni per una crociata anti-occidentale pubblicata su un giornale
arabo parecchio noto: Al-Quds al-'Arabi.
Questa dichiarazione viene erroneamente inserita tra
le prove che dimostrano la colpevolezza di Al Qaeda e quindi di Bin
Laden (e quindi dei Talebani). Al contrario dice soltanto una cosa: un
gruppo di persone odia l'America e dice di sognare la sua distruzione.
E' come se un ladro di galline dichiarasse di sognare di rubare i
gioielli della corona. E di sogno si tratta: Questa dichiarazione
infatti è del 1998, 3 anni prima dell'11 settembre. (link)
E Bin Laden, prima dimesso nello svincolarsi da ogni
responsabilità riguardo all’11 settembre, ritornerà presto la
caricatura che tutti conosciamo e odiamo. Siamo infatti in prossimità
dell’attacco all’Afghanistan già anticipato dal dossier di Blair e in
qualche modo desiderato dalla vendicativa opinione pubblica
occidentale: i Talebani hanno bisogno del vecchio e tagliente Osama per
infiammare i giovani musulmani nella speranza di attutire l’impatto e
gli USA certo non disdegnano, come ciliegina sulla torta che spazzi
ogni dubbio, un Bin Laden a sua volta aggressivo.
Entrambe le parti avranno ciò che desiderano.
6. I Talebani cambiano atteggiamento
I talebani si dichiareranno disponibili a processare
Bin Laden in Afghanistan, se gli USA forniranno le prove della sua
colpevolezza. In un secondo tempo si dichiareranno disponibili a
concedere l’estradizione di Bin Laden se prima gli USA forniranno le
prove della colpevolezza del ricco saudita (e smetteranno di bombardare
e minacciare l’Afghanistan). Temporeggiano, si dirà forse a ragione.
In realtà i Talebani hanno capito che la loro
strategia non ha funzionato e che gli USA scateneranno la rabbia
popolare per la ferita dell’11 settembre su di loro. E in caso di
battaglia l’imprevedibile vittoria gli può essere assicurata da un solo
uomo: Bin Laden.
Bin Laden, per loro, è una buona risorsa di liquidi
e, in vista di un’invasione (a questo punto inevitabile), di mezzi e
uomini per la folle "resistenza". Oltre alle capacità finanziare e agli
appoggi che il saudita negli anni ha potuto maturare va valutata
infatti anche la fama e il carisma di Bin Laden, eroe della resistenza
afgana degli anni 80 durante la quale si occupava di coordinare la
raccolta di fondi da stati e organizzazioni arabe (a cui si
aggiungevano tra gli altri soldi americani) e di fare propaganda a
favore della resistenza antisovietica. Proprio quella lunga guerra è
l’unico scenario che i talebani devono tentare di ricreare per sperare
di riuscire a mantenere la loro posizione. E Bin Laden è il personaggio
che rappresenta la continuità auspicata fra gli anni ’80 e la prossima
invasione dell’Afghanistan.
7. Il primo video e l’inizio di "Enduring Freedom"
Anche Bin Laden non ha scelta: ha provato a
dichiararsi innocente ma non è stato ascoltato, e i Talebani sono stati
attaccati senza una sola prova presentabile. E’ lui, lo sceicco saudita
che sogna la jihad, il nemico numero uno. E la contrapposizione che
lui, a parole, aveva auspicato nella dichiarazione del 1998 si sta
realizzando. Non solo: l’attacco alle Torri Gemelle e l’invasione
dell’Afghanistan sono due eventi che hanno galvanizzato alcuni giovani
musulmani pronti ad unirsi alla sua battaglia sotto le sue insegne.
Senza forse fare nulla, insomma, Bin Laden si è trovato al centro dello
"scontro" tra occidente e islam che non ha mai nascosto di auspicare, e
ora non gli resta che trovare la strategia migliore per cavalcarlo.
Non si sa nulla degli spostamenti di Bin Laden
in quei giorni. Non sappiamo, cioè, se sia riuscito a scappare magari
in Pakistan o se sia rimasto accerchiato in Afghanistan: in entrambi i
casi il suo interesse, ad attacco americano iniziato, è molto
probabilmente quello di fare tutto il possibile per rendere la
resistenza in Afghanistan il più solida e appassionata possibile, e
dello stesso sono naturalmente convinti i Talebani. Essi, è giusto
ripeterlo, hanno ogni interesse sia a rimanere legati a Bin Laden, che
li finanzia e che può essere la figura carismatica e mitica utile a
rafforzare la loro posizione anche dal punto di vista della "carne da
cannone". Un Bin Laden vivo e combattivo è assolutamente ciò che i
talebani si augurano.
E’ necessario però riprendere le redini della
narrazione. Siamo infatti al 7 ottobre, il giorno della svolta. La
coalizione è pronta a iniziare i bombardamenti, benché non esista –come
abbiamo visto- una sola prova del coinvolgimento di Bin Laden, quando
Bin Laden compare per la prima volta dall’11 settembre in un video. Bin
Laden non rivendica l’attentato, e nemmeno accenna a un suo ruolo;
"semplicemente" ringrazia Allah per avere distrutto i simboli
dell’America. E’ l’inizio della seconda fase della sua strategia,
quella più disperata in cui prova a mostrare i denti.
«Io ringrazio Dio perchè sono stati distrutti i
simboli dell'America e la paura si è diffusa fra tutti gli americani e
in tutti gli Stati Uniti d'America. Ciò che l'America assaggia oggi è
pochissimo in confronto a quello che abbiamo assaggiato noi per 80
anni. Quando Dio aiuta un gruppo di musulmani a distruggere la terra
d'America, possa Dio ricompensarli con il Paradiso.... Oggi dei
musulmani sono riusciti a fare provare all'America ciò che migliaia e
migliaia di altri hanno provato. Ogni musulmano deve alzarsi in piedi
per difendere la propria religione e sradicare gli infedeli dalla
Palestina e dalla penisola arabica. Giuro su Dio onnipotente, che né'
America, né coloro che vivono in America avranno sicurezza prima che
noi avremo sicurezza in Palestina e prima che tutte le forze straniere
vadano via dalla penisola di Maometto. Migliaia di migliaia di bambini
continuano a morire in Iraq e non si sente neanche una parola dei
governanti e dei sultani contro di ciò. Quando i carri armati
israeliani devastano Ramallah, Rafah, Beit Jala e altre località
nessuno alza la sua voce in segno di protesta. Che Dio giudichi tutti
questi governanti corrotti. L'America ed i suoi alleati hanno
mobilitato le loro forze per attaccarci. Chiamateci terroristi ma il
bombardamento di Hiroshima e il bombardamento dell'Iraq hanno fatto
perdere migliaia e migliaia di vite. Io dico all'America e giuro in
nome di Dio che non cederemo mai fino a che l'ultimo soldato degli
infedeli non avrà lasciato questa terra. Dio e' grande e tutti voi
siete chiamati a questa mobilitazione».
Le tematiche sono coerenti con l’ideologia di
Bin Laden, che in passato non ha lesinato riferimenti alla Palestina e
a Hiroshima oltre che all’ONU, al Kashmir e alla Cecenia (che saranno
nei video successivi).
Benché Bin Laden non dica nulla che lasci intendere
una sua qualsiasi partecipazione all’organizzazione dell’attentato,
l’uscita di questo video agisce sull’opinione pubblica grazie alla
visione distorta offerta dalla politica e dai media la più chiara prova
della responsabilità di Bin Laden e della necessità di eliminare lui e
tutti coloro che gli stanno intorno dalla faccia della terra. Non c’è
però tempo per ragionare perché le bombe cominciano a fioccare sul
regno dei talebani.
8. Bin Laden torna a farsi sentire
Questa è la prima volta dall’11 settembre che Bin
Laden, che prima pare più preoccupato di negare ogni propria
responsabilità nella vana speranza di evitare lo scontro con gli USA,
rilancia tentando in maniera evidente di infiammare gli animi dei
combattenti. Siamo oramai in guerra, e delle due parti in gioco Osama è
sicuramente quella più disorganizzata.
Di video legati a Bin Laden ne vedremo, da allora,
diversi. Talvolta Bin Laden comparirà fisicamente, mentre spesso
mostrate alcune "immagini di repertorio" con messaggi audio registrati
–si dirà- da Bin Laden o da presunti portavoce di "Al Qaeda". Di tutto
questo materiale quello più degno di attenzione è sicuramente il
materiale video, che comunque può sollevare molti dubbi di autenticità.
La cosa importante da sottolineare però è questa:
sia i "combattenti" jihadisti (per quanti pochi e poco organizzati
possano essere) che gli americani hanno tutto l’interesse perché Bin
Laden "chiami alla mobilitazione" e lanci messaggi farneticanti. Se un
video (o una audio cassetta, o un messaggio su uno del "forum internet
vicini ad Al Qaeda") è falso (e spesso lo è, come vedremo) è possibile
che esso sia stato prodotto sia da mitomani, sia da jihadisti, sia da
Bush, sia dai veri responsabili dell’11 settembre, sia –in quell’epoca-
dai talebani. Questo materiale inoltre è di duplice proveniente:
talvolta è "consegnato" alle redazioni soprattutto in Pakistan di Al
Jazeera in pacchi anonimi, talvolta è "ritrovato" dalle truppe USA nel
corso della loro avanzata. Tutto è immerso nel mistero, ed è anche per
questo che l’FBI, ad oggi, afferma di non avere una sola prova valida
del coinvolgimento di Bin Laden nell’11 settembre o in eventi
successivi: non c’è la possibilità di dimostrare che uno solo dei video
ritragga effettivamente l’originale Bin Laden.
Il 3 novembre, quindi, quasi un mese dopo l’inizio
di Enduring Freedom e dopo il primo video di Bin Laden, Rai News 24
scrive che «Potrebbe essere diversa da Osama bin Laden la pista che
porta ai mandanti del duplice attentato dell'11 settembre alle Torri
gemelle e al Pentagono di Washington. Una pista che conduce
direttamente a Saddam Hussein e all'Iraq. Secondo alcune rivelazioni
riportate dal quotidiano "La Repubblica", infatti il leader dei quattro
commandos che hanno portato il terrore nei cieli sarebbe legato a
doppio filo al presidente iracheno».
Sempre il 3 novembre Bin Laden compare in prima
persona nel suo secondo video recapitato anche questa volta ad Al
Jazeera. I toni sono simili a quelli del primo video, e obiettivo
dell’arringa l’ONU. «Coloro che si rivolgono all'Onu per risolvere
le nostre tragedie sono ipocriti che ingannano Allah, il suo profeta e
tutti i credenti. Non sono forse le nostre tragedie opera dell'Onu?» dice citando la Palestina e il silenzio dell’ONU sulla vicenda del Kashmir. «Oggi,
senza nessuna prova, le Nazioni Unite stanno sfornando risoluzioni a
favore dell'America, l'oppressore tirannico e dispotico di un (paese)
debole appena risollevatosi da una lunga guerra contro l' Unione
Sovietica - ha detto bin Laden - Tutto l'Occidente, con qualche rara
eccezione, sostiene questa campagna di oppressione, da cui non emerge
nessuna prova che metta in relazione quanto è accaduto negli Stati
Uniti al popolo dell' Afghanistan - ha proseguito - Il popolo
dell'Afghanistan non ha niente a che vedere con questa storia, ma la
campagna continua a annientare villaggi, donne e bambini». Bin Laden chiama a raccolta i musulmani invitandoli a difendere «la loro religione e i loro fratelli in Afghanistan». (link)
«Un atto di disperazione» commenterà l’ONU. Ma
ancora nessuna ammissione di colpa. Questo video è assimilabile al
primo: simile la provenienza (pacco recapitato ad Al Jazeera) e
coerente colui che si definisce come Bin Laden in entrambi i video;
coerente l’obiettivo e il richiamo alla propria innocenza in difesa del
popolo afgano.
Sono questi i giorni del terrore dell’antrace e
delle armi chimiche o batteriologiche. Il 6 novembre, a Washington,
Bush dichiara «Per questo gli diamo la caccia: perché è un uomo
malvagio e, se avesse armi di distruzione di massa, le utilizzerebbe.
Ma, alla fine, vinceremo noi».
E il 7 novembre, un mese e mezzo dopo l’intervista
che sarebbe stata rilasciata all'Ummit, Bin Laden torna a parlare.
Autore dello scoop Hamid Mir, direttore del quotidiano pakistano Ausaf
e conduttore di talk show, riportato da un altro giornale di Islamabad,
il Dawn. In questa intervista, che giunge in Italia il 10 Novembre, un
Bin Laden braccato alza il tiro e si vanta di essere pronto a
rispondere all'aggressione degli USA con armi nucleari e chimiche. Non
è noto il luogo dell’intervista in quanto, e a testimoniare la
veridicità dell’intervista c’è solo una foto che ritrae insieme Bin
Laden e Hamid Mir, che già aveva intervistato lo "sceicco del terrore"
due volte prima dell’11 settembre ed è considerato il suo "biografo"
ufficiale, che è stato bendato lungo il viaggio al covo del terrorista
saudita.
«Noi possediamo armi chimiche e nucleari
come deterrente, e se l'America le userà contro di noi, ci riserveremo
il diritto di adoperarle» afferma Bin Laden (armi simili, lo
ricordiamo, non sono state trovate nè in Afghanistan nè successivamente
in Iraq). Tra le affermazioni spicca forse questa: «Noi stiamo
portando avanti la missione del nostro profeta Maometto, che consiste
nel diffondere la parola di Dio, non di abbandonarsi al massacro delle
persone. Noi stessi siamo bersaglio di omicidi, distruzione e atrocità.
Questa è una Jihad difensiva. Vogliamo difendere la nostra gente e la
nostra terra. Ecco perché affermo che se non avremo sicurezza, neppure
gli americani l'avranno. E' un principio molto elementare, che persino
un bambino americano può comprendere. Questo è il principio del vivi e
lascia vivere. [...] L'America e i suoi alleati ci stanno
massacrando in Palestina, in Cecenia, in Kashmir e in Iraq. I musulmani
hanno il diritto di attaccare l'America, come rappresaglia. Gli
attacchi dell'11 settembre non erano diretti contro le donne e i
bambini. I veri obiettivi erano le icone della potenza economica e
militare dell'America. Il Santo Profeta era contrario all'omicidio di
donne e bambini. In Occidente ci sono molte persone innocenti e dal
cuore buono. I mezzi di comunicazione americani li istigano contro i
musulmani, tuttavia alcune persone di buon cuore protestano contro gli
attacchi americani, perché la natura umana aborre l'ingiustizia». (link)
Benché mai messa in discussione –le fonti sono
presentate come autorevoli- va presa con il beneficio del dubbio.
L’unica prova portata dal giornalista è una foto non datata, e sappiamo
che Hamir Mid ebbe diverse occasioni in passato per intervistare Bin
Laden. Non è chiaro come il giornalista sia arrivato al covo di Bin
Laden attraversando il confine tra Pakistan e Afghanistan e
raggiungendo il covo dello sceicco saudita tra i bombardamenti
americani. Hamir Mid, inoltre, ribadirà più volte il possesso di armi
nucleari dicendo di avere informazioni che indicano la loro provenienza
come russa, benché nulla di simile sia mai stato trovato. Notevole poi
il tempismo con il quale, in piena psicosi chimico batteriologica, Bin
Laden conferma le illazioni di Bush. Anche se fosse autentica,
tuttavia, nemmeno questa intervista contiene alcun riferimento a un
possibile ruolo operativo negli attentati dell’11 settembre.
Pochi giorni dopo compare un nuovo video amatoriale.
E’ l’11 novembre quando il Sunday Telegraph annuncia di essere venuto
in possesso di un video in circolazione fra i seguaci di Al Qaeda che
ritrae lo sceicco del terrore mentre chiacchiera con altri uomini. Il
video, girato nelle montagne dell’Afghanistan, lascia alcuni dubbi
sulla sua autenticità. Inoltre non si tratta dell’agognata
rivendicazione, come spiega la stessa Casa Bianca. Infatti «Nella
videocassetta in cui Osama bin Laden definisce le torri gemelle di New
York "un obiettivo legittimo", il leader di Al Qaida non fa una chiara
rivendicazione dell'attacco dell'11 settembre all'America. Bin Laden
nel video giustifica gli attacchi e loda chi ha raccolto la sua
chiamata alla "guerra santa" (il riferimento è alla fatwa del 1998,
n.d.a.) contro gli Usa. Ma si ferma un istante prima di attribuirsi con
chiarezza la responsabilità dell'attacco».
Siamo a due mesi dai fatti e, mentre i Talebani
cadono e il mirino si orienta verso l’Iraq sulla base di altre
illazioni, nessuna prova del coinvolgimento di Bin Laden negli
attentati dell’11 settembre è stata trovata. L’11 settembre, insomma,
non ha ancora un colpevole e nemmeno un serio indagato, mentre Bin
Laden pur senza nascondere la soddisfazione non lascia intendere un suo
ruolo nell’attentato.
Il 7 dicembre Bin Laden compare nuovamente in un
video che verrà però recapitato però ad Al Jazeera soltanto il 27
dicembre. E’ il quarto (compreso quello del Sunday Telegraph) in ordine
cronologico, e non ci sono novità nel contenuto. Bin Laden appare però
magro e malato, con il braccio e tutta la zona sinistra del corpo
immobili. Si comincia a parlare di ferite e di possibili malattie, e di
un Bin Laden vicino alla morte (o probabilmente già morto visto che il
filmato quando esce è vecchio di 20 giorni). Il 7 dicembre, giorno nel
quale il video sarebbe stato girato, è infatti il giorno precedente ad
un massiccio attacco aereo a Tora Bora, la famosa zona montuosa al
confine con il Pakistan nella quale Osama si sarebbe rifugiato.
L’amministrazione americana quel 27 dicembre bolla il video come «propaganda destinata probabilmente a mascherare il fatto che Bin Laden è nel frattempo morto». (link)
Dicembre è per molti il mese cruciale che segna la
fine di Bin Laden. Lo danno per morto in molti: buona parte della
stampa araba, il presidente del Pakistan Musharraf, Karzai, analisti e
diverse voci provenienti dai servizi segreti israeliani e statunitensi.
Un ufficiale talebano annuncia il suo avvenuto funerale, mentre alcuni
giornali come il Daily Telegraph affermano citando il Pentagono che Bin
Laden, rintracciato tra le montagne di Tora Bora regolarmente tramite
il monitoraggio delle trasmissioni radio, risulta silenzioso dal 14
dicembre, data presumibilmente della sua morte. (link)
Tuttavia Bin Laden è ancora, su entrambi i fronti (jihad e politica estera USA) troppo utile per eclissarsi.
9. La "devastante dichiarazione di colpevolezza"
«Chi vedrà questo video si accorgerà
che Osama bin Laden è un diavolo. Il video mi ha ricordato che razza di
assassino sia, un uomo che manda a morire i suoi senza neppure
dirglielo mentre lui se ne sta rintanato nelle sue caverne, e quanto è
giusta la nostra causa. Bin Laden non potrebbe mai godere della pace e
della gioia di festività religiose come Hanukà e il Natale».
Così G.W.Bush il 9 dicembre, commentando il video
più importante che i soldati statunitensi hanno appena ritrovato a
Jalalabad. Il video, la «devastante dichiarazione di colpevolezza»,
verrà mostrato solo il 13 dicembre 2001 ed è il documento giudicato più
esplicito ma anche più gravemente controverso della vicenda.
Il video sarebbe stato girato in Afghanistan
(probabilmente a Kandahar) a metà novembre 2001, quindi circa un mese e
mezzo dopo il primo video (del 3 ottobre) e pochi giorni dopo
l’incontro con il giornalista-biografo Hamid Mir (7 novembre). Il
video, un filmato privato (autorizzato dallo stesso Bin Laden), sarebbe
stato ritrovato dalle truppe USA in una casa dell’affollata e caotica
Jalalabad grazie a un colpo di fortuna o, più realisticamente, è stato
quantomeno fatto trovare.
Il filmato è amatoriale e sfocato e ritrae Bin Laden
ripreso in un incontro informale con alcuni sostenitori. L’audio è
disturbato in maniera anomala e alcuni pezzi del discorso sono
incomprensibili.
E’ giusto separare i due aspetti principali su cui
si sono concentrati i critici di questo filmato analizzandoli uno alla
volta.
Prima questione: i dubbi nella traduzione e il
contenuto del testo. Questi i passi più salienti del discorso nella
traduzione ufficiale con le successive correzioni di istituti
indipendenti: «tutti ammirano quello che hai fatto, la grande
azione che hai eseguito, che è stata la prima e la migliore per grazia
di Allah» dice uno degli amici al presunto Bin Laden. Che
ringrazia Bin Laden per avergli fornito sostegno economico per il
finanziamento –secondo una lettura altrettanto coerente con lo
svolgersi del dialogo- di alcune moschee in Arabia (delle quali Bin
Laden chiede subito dopo lo stato).
Le frasi incriminate pronunciate da Bin Laden sono invece queste: «(...incomprensibile...)
abbiamo calcolato in anticipo ["in anticipo" non è effettivamente
detto] il numero delle vittime fra i nemici, quelli che sarebbero stati
uccisi in base alla loro posizione nella torre. Avevamo calcolato che i
piani che sarebbero stati colpiti sarebbero stati due o tre. Io ero il
più ottimista di tutti. (...incomprensibile...) vista la mia esperienza
in questo campo, pensavo che il fuoco sprigionato dal carburante
dell'aereo avrebbe fuso le strutture di ferro dell'edificio e avrebbe
fatto crollare la zona colpita dall'aereo e i piani sovrastanti. Questo
è ciò in cui speravamo. (...) Eravamo stati avvisati dal giovedì
precedente che l'evento sarebbe occorso quel giorno». «Tutto quello che
sapevano i fratelli che hanno portato a termine l'operazione era che
era un'operazione per il martirio. Abbiamo chiesto a ciascuno di loro
[l’esatta traduzione è questa: Fu loro richiesto di andare in America]
di andare in America, ma loro non sapevano nulla dell'operazione, nulla
di nulla. Ma erano addestrati e noi non abbiamo rivelato nulla
dell'operazione fino a quando furono là, proprio prima che si
imbarcassero sugli aerei. (...incomprensibile...) poi egli ha detto :
Coloro che erano stati addestrati a volare non conoscevano gli altri.
Un gruppo di persone non conosceva l'altro (...incomprensibile...)»
(Testo Integrale:)
Ho inserito nel testo due delle ambiguità contestate
da studi successivi commissionati anche da importanti giornali, e cioè
l’assenza effettiva dell’ "in anticipo" parlando della conta delle
vittime e la sostituzione di "Fu chiesto loro di andare in America" con
un più chiaro (ma errato) "abbiamo chiesto loro di andare in America".
In generale, criticano inoltre i successi studi, è stato tradotti "noi"
laddove poteva essere tradotto anche "essi". (link).
Chiarite queste ambiguità la questione cambia. Bin
Laden racconta i commenti fatti dopo aver visto in tv lo schianto, ad
esempio l’ottimismo e le speranze dopo l’impatto del primo aereo e il
"calcolo" approssimativo del numero delle vittime. Passa continuamente
dal piano della "visione" o della premunizione, con sogni e metafore, a
quelli che possono essere intesi come accenni al fatto che Bin Laden
(al di là dei sogni) sapesse qualcosa prima.
«Un anno fa [Abu Al-Hasan Al-Masri] mi
ha detto: "In sogno ho visto che stavamo giocando una partita a calcio
contro gli americani. Quando la nostra squadra è entrata in campo, era
formata da piloti!" E poi ha così continuato: "Mi sono chiesto se fosse
una partita a calcio o una partita di piloti. I nostri giocatori
infatti erano piloti!" Egli (Abu-Al-Hasan) non sapeva nulla
dell'operazione fino al momento in cui l'ha sentito alla radio. Mi ha
detto che la partita stava continuando e che noi li avevamo sconfitti.
Quello è stato un buon presagio per noi».
Al di là del fatto che il presunto Bin Laden voglia
far credere ai collaboratori presenti di essere stato a conoscenza in
anticipo di qualche particolare (alcune informazioni come quelle su
Atta o i nomi di altri kamikaze che Bin Laden tra l’altro sbaglia
potrebbero essere state benissimo apprese dalla televisione)
assolutamente nulla fa pensare ad un ruolo qualsiasi di Bin Laden nella
pianificazione: egli infatti si limita a dare alcune informazioni
generiche (un gruppo non conosceva gli altri) e semmai dice anzi di
essere stato avvisato con anticipo del giorno dell’attentato, fatto
particolarmente anomalo per colui che è considerato il pianificatore e
il regista dell’attacco. Il video non aggiunge altro, salvo la
soddisfazione (più volte ribadita e coerente con la sua mentalità) per
l’attentato che certo ci disgusta e ci spaventa ma che non dimostra
assolutamente un suo coinvolgimento. E’ chiaro che questo video, se
visto con il pregiudizio di chi in assenza di prove ha già deciso il
colpevole e che sente ripetutamente il filmato annunciato come una
confessione, può in qualche modo dare le risposte che si cercano;
questo però non vale però certo per l’osservatore oggettivo.
Anche perché le ambiguità non si limitano a questo,
anzi. I dubbi maggiori, infatti, nascono dall’osservazione dall’aspetto
del presunto Bin Laden, le cui immagini lasciano dubbi sulla sua
effettiva identità. Colui che viene descritto come Bin Laden, infatti,
appare decisamente diverso dai Bin Laden che conosciamo dagli altri
video. La scarsa qualità delle immagini (e la poca luce) sembra fatta
apposta per confondere e rendere ambiguo il tutto, tuttavia già i
tratti fondamentali (naso, zigomi) fanno dubitare dell’effettiva
identità dell’uomo che compare nel video.
Ora, in sequenza, Bin Laden nell’intervista del 7
novembre (che, anche ammettendo che la foto portata da Hamid Mir sia
precedente, ritrae un Bin Laden simile al video del 3 novembre), nel
video incriminato di metà novembre e nell’ultimo girato il 7 dicembre.
7 novembre 2001 metà novembre 2001
7 dicembre 2001 (in onda il 27 dicembre)
La sequenza dei tre fotogrammi ci permettere di
scartare subito l’ipotesi di un Bin Laden reso magro, pallido e
invecchiato dalla fuga tra le montagne afgano. Il Bin Laden "E" stona
visibilmente con gli altri 4 ritratti sia in momenti successivi che
precedenti al filmato incriminato.
(link)
Alcuni hanno sollevato riguardo al paragone
(evidenziato dall’immagine che segue) un’obiezione: le immagini
disponibili del video incriminato sono unicamente screenshot presi
dalle tv americane che hanno curato la messa in onda che hanno un
formato differente rispetto a quello delle immagini di Al Jazeera che
ha proiettato tutti gli altri video. Un confronto come questo sulle
proporzioni, insomma, sarebbe viziato dal fatto che l’immagine a
sinistra è schiacciata.
Anche allungando il fotogramma del 20%, tuttavia,
molti dubbi rimangono in particolare sulla conformazione del naso e
degli zigomi anche se si ravvisa qualche somiglianza in più.
Altra incongruenza il fatto che il presunto Bin
Laden scrive qualcosa, in questo filmato, con la mano destra benché
–stando all’FBI- sia mancino. L’uomo inoltre indossa un anello dorato
che non compare in altri video. Tutti questi elementi contribuiscono
all’idea abbastanza condivisa che il video sia un falso. Se anche esso
fosse vero, tuttavia, come visto il messaggio non costituisce affatto
necessariamente una confessione, e questa è certamente la cosa più
importante.
Bin Laden, dopo essere comparso in cinque video nel
giro di due mesi e mezzo dalle Torri Gemelle (di cui almeno tre
abbastanza credibili), non compare poi più in video per anni.
Evidentemente, come suggerito anche da fonti autorevoli, è morto nel
dicembre 2001 tra le grotte di Tora Bora. Passano mesi e mesi di
silenzio e i riflettori si spostano altrove (link),
tuttavia Bin Laden è sempre presente nell’immaginario di minaccia
permanente che Bush ha montato con abilità. I diversi mesi di silenzio
sembrano confermare senza ombra di dubbio la sua morte, tuttavia Bin
Laden sorprende tutti e riappare, in ottima salute, a quattro giorni
dalle elezioni presidenziali del 2004, e cioè il 30 ottobre, tramite Al
Jazeera. (link).
Si notino, anche in questo caso, la conformazione del naso, degli zigomi, della fronte.
10. Quattro anni dopo la confessione audio
Dopo il processo Moussaui, il presunto ventesimo
kamikaze, un sedicente Bin Laden torna a farsi sentire con un messaggio
audio diffuso su Internet confessando effettivamente un suo ruolo
nell’organizzazione degli attentati.
«Comincio col parlare del fratello Zacarias
Moussaoui. La verità è che egli non ha alcun collegamento di sorta con
i fatti dell'11 settembre. Sono certo di quel che dico perchè‚ io sono
responsabile di aver affidato i compiti ai 19 fratelli... per quei raid
e non ho assegnato il fratello Zacarias insieme a loro. La sua
confessione di aver ricevuto l'incarico di partecipare a quei raid è
una falsa confessione che nessuna persona intelligente dubita sia il
risultato delle pressioni esercitate su di lui", si ascolta nel
messaggio.
I partecipanti alle azioni dell'11 settembre erano
divisi in due gruppi: piloti e team di supporto per ciascun pilota per
il controllo degli aerei. E poiché‚ Zacarias Moussaoui stava imparando
come si vola, ne consegue che non era la ventesima persona dei team che
dovevano tenere gli aerei sotto controllo, come sosteneva il governo
americano. Se Moussaoui stava studiando per diventare pilota di uno
degli aerei, che dica i nomi di quelli che gli erano stati assegnati
per aiutarlo a controllare l'aereo. Non lo farà, per la semplice
ragione che non esistono. Il fratello Moussaoui fu arrestato due
settimane prima degli attacchi, e non sa niente. Se avesse saputo
qualcosa, anche poco, del gruppo dell'11 settembre, avremmo detto al
fratello comandante Mohamed Atta e ai suoi fratelli, che la benedizione
di Allah sia su di loro, di lasciare immediatamente l'America, prima
che il piano venisse scoperto».
Non è necessario ribadire l’inconsistenza delle
fonti, l’assurdità del lungo silenzio o i dubbi per esempio in fatto di
accento e cadenza, che non combacerebbero con i precedenti riscontri,
per gettare questo messaggio audio nella spazzatura. Solo chi è
veramente a corto di argomenti può adottare questo come evidenza, come
conferma l’FBI stessa.
E siamo arrivato così alla fine.
Conclusione
A quattro anni e mezzo dall’11 settembre non ci sono
prove valide che portino ad Bin Laden o ai talebani come responsabili
degli attentati. Né in Afghanistan né in Iraq sono state trovate le
armi di distruzione di massa, così come non è stato provato alcun
legame tra Saddam Hussein e Bin Laden. Oggi, tuttavia, in Afghanistan e
in Iraq si muore ancora quotidianamente e l’occidente è tornato ad
essere impaurito e militarizzato più che mai riportando in auge le idee
e i sentimenti più negativi e retrogradi.
Ne consegue che tutta la politica estera recente è
stata motivata su una semplice teoria non suffragata da nessuna prova.
E’ anzi un’ipotesi in attesa di dimostrazione, una semplice illazione.
Ad oggi è assolutamente corretto affermare che Bin
Laden e i Talebani non hanno avuto nulla a che fare con i quattro aerei
dirottati. E’ plausibile altresì pensare che Bin Laden, criminale e
terrorista legato forse ad una fragile rete (probabilmente più ideale
che fisica) di personaggi vicini alla sua interpretazione politica
dello scontro tra occidente e islam, sia stato semplicemente usato
quasi sicuramente a sua insaputa. Dopo aver negato ogni coinvolgimento
Bin Laden, pur senza ammettere o raccontare particolari, si è preso in
qualche modo la paternità del gesto o quantomeno il comando
dell’ipotetica "resistenza" jihadista anche questa volta più in una
dimensione morale, riuscendo a mettere insieme unendo le vecchie
conoscenze alcuni personaggi dotati anch’essi di poteri limitati che
l’occidente ha identificato, rifacendosi alla guerra di Afghanistan
degli anni ’80, nella Piovra Al Qaeda. Bin Laden è stato probabilmente
ucciso molto presto, al massimo nel dicembre 2001, ma la sua morte non
è stata resa ufficiale (ammesso che sia stato trovato e non seppellito
in qualche grotta crollata su sé stessa). Oggi Bin Laden resta presente
nel dibattito politico internazionale, con una taglia beffarda di 25
milioni di dollari e il proprio nome sui testi scolastici come
colpevole e demone alla faccia della strabiliante e certificata assenza
di prove.
A coprire forse, con la sua immagine esotica e enigmatica, ben altre mani.
Andrea Franzoni per www.luogocomune.net
(Si prega di citare sempre la fonte e l'autore).
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