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 American Moon

Il nuovo documentario
di Massimo Mazzucco
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Il Sentiero di Lacrime

IL SENTIERO DI LACRIME

SCHEDA STORICA SULLA QUESTIONE INDIANA


"Possibile che una delle regioni più ridenti del globo debba restare allo stato di natura, covo di pochi miserabili selvaggi, quando sembra destinata dal creatore a fornire il sostentamento ad una numerosa popolazione e a divenire sede della civiltà, della scienza e della vera religione?"

Harrison, governatore della Louisiana

"Siamo stati costretti a bere l’amaro calice dell’umiliazione, trattati come cani mentre la nostra vita e la nostra libertà divenivano trastullo dell’uomo bianco; la nostra patria e le tombe dei nostri padri ci sono state strappate dallo spietato vincitore finché, scacciati, nazione dopo nazione, ci ritroviamo fuggiaschi, vagabondi e stranieri nella nostra stessa terra,..

John Ross, capo Cherokee



I nativi originali

Fra il 1500 e il 1600, vivevano sul continente nordamericano, a seconda delle diverse stime storiche, dai due ai 10 milioni di abitanti, divisi in una infinità di tribù e sottotribù. Le risorse naturali da una parte, e lo spazio a disposizione dall'altra, erano talmente abbondanti che raramente si creavano motivi di frizione fra una tribù e l'altra.

Questa è una mappa con i principali gruppi tribali prima della conquista del territorio da parte dei bianchi.

QUI  l'originale in alta definizione (400 Kb)


Le prime esplorazioni

Con gli arrivi dei primi europei sulle coste atlantiche, intorno al 1600, iniziarono a formarsi gli insediamenti di coloni da cui sarebbero partite le prime esplorazioni verso l'interno. Esse furono condotte, a Nord (New England, Massachussets), dagli inglesi, e a Sud (Florida e Louisiana) dai francesi. Ma la prima spedizione vera e propria, a scopo di conquista, fu condotta dagli spagnoli, che si erano già da tempo attestati in Messico, e che poterono quindi partire direttamente dalla terraferma, attraverso quello che oggi è il confine Sud degli Stati Uniti.


La Spedizione di Coronado

Attratti dalla leggenda delle "sette città d'oro di Cebola", nel 1540 mille uomini partirono da Compostela verso Nord, agli ordini del generale Francisco Coronado. Arrivarono fino al Kansas e al Gran Canyon del Colorado, ma rientrarono, dopo quasi due anni, senza aver trovato l'oro che cercavano.

In compenso, avevano fatto agli indiani il più grande regalo che si potesse immaginare: alcuni cavalli, sfuggiti agli spagnoli, erano stati catturati dalle tribù locali, che si erano messe ad allevarli. Pochi decenni più tardi, l'intera zona delle Grandi Pianure si ritrovava così a disposizione un mezzo di trasporto che avrebbe radicalmente cambiato le abitudini degli indigeni, e che avrebbe dato loro la possibilità di comunicare e muoversi molto più rapidamente, nel periodo di lotta contro l'avanzata dei bianchi, due secoli più tardi. (In America un antenato del cavallo era esistito in epoche precedenti, ma pare che si fosse estinto circa 9000 anni fa).


Prima dell'Indipendenza

La storia degli Stati Uniti si può dividere in due grossi blocchi, il cui spartiacque è la rivoluzione del 1776. In quell'anno infatti le colonie già presenti sul territorio si ribellarono alla corona inglese ed ottennero l'indipendenza, diventando la federazione di stati che sta alla base della moderna nazione americana.

Con l'arrivo dei primi coloni, nel 1600, i rapporti con le popolazioni locali erano stati di natura relativamente pacifica. Prevalevano situazioni di piena collaborazione ed armonia, in cui il commercio di pelli e lo scambio di altri beni avvantaggiava sia gli indigeni che i bianchi, e solo raramente si registravano episodi di violenza, dovuti soprattutto a questioni di territorio.

Ma con l'aumento massiccio dell'immigrazione, e l'inizio della spinta verso l'interno, la situazione si capovolse, gli equilibri iniziali si spezzarono, e lo scontro violento divenne la regola invece dell'eccezione.

Fu così che al momento della rivoluzione, la maggior parte delle tribù indigene si alleò con gli inglesi, nella speranza di vedere diminuito, con la sconfitta dei coloni ribelli, il potere del loro oppressori.

Purtroppo per loro invece, alla fine della guerra si ritrovarono dalla parte degli sconfitti.



Man mano che i nuovi stati della federazione venivano formati, le nazioni indiane comprese nel territorio venivano inglobate, e dotate di autogoverno, protetto da trattati.


La politica nazionale di George Washington

 
George Washington
La politica nazionale per le tribù indiane formulata da G. Washington nel 1789 partiva dal presupposto che ciascuna tribù indiana fosse nazione indipendente, affermando che i trattati stipulati tra le tribù ed il governo federale erano, secondo la costituzione degli Stati Uniti, vincolanti per i singoli stati.

Questi trattati garantivano ad ogni tribù il diritto all’autogoverno entro i propri confini, e imponevano al governo federale di proteggere i confini tribali da ogni intrusione dei bianchi. In cambio ciascuna tribù si impegnava a restare alleata degli Stati Uniti e a non stipulare accordi commerciali con nazioni straniere. Il timore era che Inghilterra, Francia e Spagna non avessero rinunciato ad acquisire il controllo dell’ovest e, alleandosi con gli indiani, potessero ricacciare gli americani bianchi ad est degli Apalachi.


Nuvola Rossa



"Gli indiani in quanto primi occupanti, godono di diritto di proprietà sul suolo" disse Knox, ministro della guerra a Washington. "Esso non può venir loro sottratto senza il loro libero consenso [….] espropriarli[….] sarebbe una grossolana violazione delle leggi fondamentali di natura e di quella giustizia distributiva che costituisce la gloria di una nazione."

Knox condivideva le idee di Jefferson a di altri esponenti dell’illuminismo secondo cui "l’indiano è, fisicamente e mentalmente pari all’europeo". Tra il 1776 ed il 1804, gli stati del nord abolirono la schiavitù, mentre l’elite di quelli meridionali premeva in tutti i modi perché se ne imitasse l’esempio. Tutti i presidenti, da Washington a Jackson, incoraggiarono i matrimoni misti tra bianchi e indiani, per promuovere l’acculturazione di questi ultimi.

La prima acculturazione

Lo spostamento rapido degli americani bianchi verso occidente, il costo delle guerre e il timore di nuove alleanze delle tribù indiane con spagnoli, francesi o inglesi, indusse il governo a porre in atto, nel 1790, una serie di leggi finalizzate ad indurre gli indiani al passaggio dalla caccia all’agricoltura.

Knox stimava che le misure poste in essere avrebbero determinato una completa assimilazione degli indiani, e avrebbero portato alla progressiva estinzione dei loro diritti di proprietà sulle terre entro cinquant’anni, tranne le piccole fattorie che ciascuna famiglia indiana avrebbe conservato come proprietà privata.

Al fine di persuadere gli indiani a dedicarsi all’agricoltura, il governo federale forniva gratuitamente le attrezzature, insieme ad esperti con il compito di spiegare tecniche e vantaggi dei sistemi agricoli.

Furono istituite a carico dello stato federale scuole di lavoro manuale nelle quali i bambini indiani venivano preparati a diventare agricoltori e mogli di agricoltori.

Fu istituita la vigilanza dell’esercito sui confini stabiliti per trattato, e formulata la figura dell’agente federale con funzioni di diplomatico residente.

Il governo infine offrì incentivi economici alle associazioni missionarie delle diverse confessioni cristiane (soprattutto protestanti), che si impegnavano ad istruire gli indiani e ad insegnar loro le più avanzate tecniche agricole.

Nel contempo gli indigeni venivano anche spinti alla conversione verso il cristianesimo.

Alcune delle maggiori tribù degli Stati Uniti sud orientali (Cherokee, Creek, Chicasaw, Chotaw e Seminole) fecero progressi così rapidi sulla via dell’acculturazione da divenir note intorno al 1830 come le "cinque tribù civilizzate". Esse contavano circa 45.000 individui, e possedevano quasi tremila schiavi africani.

Nel cercare di migliorare la loro posizione sociale, collocandosi su un piano di superiorità rispetto ai neri, molti pellirosse finirono per accettare, insieme al processo di acculturazione, anche gli stessi pregiudizi razziali dei bianchi.

La rapida avanzata dei pionieri verso ovest, tra il 1789 ed il 1830, rese sempre più inadatti i territori di caccia degli indiani al commercio delle pellicce, mentre la selvaggina diveniva sempre più scarsa.

Poiché le terre per loro avevano valore solo come territori di caccia - come previsto da Knox - anno dopo anno le varie tribù si convinsero a svendere al governo federale milioni di acri di terra, che poi sistematicamente veniva rivenduta ai coloni bianchi. Il ricavato delle vendite andava a costituire dei fondi fiduciari, da cui le nazioni indiane ricavavano rendite annuali per edificare segherie, mulini, strade, e strutture necessarie all’economia di mercato.

In altre parole, l'unico indiano che il sistema accettava era quello che accettasse, a sua volta, le regole del sistema.
 

L’intralcio indiano nel progetto della nazione bianca

La sconfitta dei Creek nel 1812, degli Shawnee e dei loro alleati del nord, la sconfitta a New Orleans del corpo di spedizione inglese, ed il fatto che le tribù indiane occupavano territori particolarmente adatti alla crescita del cotone, diede motivo ai bianchi dell’ovest di invocare l’eliminazione dei "selvaggi traditori" che avevano rotto i trattati di alleanza con gli Stati Uniti.

Dal 1815 al 1828, perciò, la questione indiana acquistò sempre maggiore rilevanza politica ed economica, ponendo le basi per un trasferimento forzato.

Nel 1823 gli Stati Uniti formularono la "dottrina Monroe", e la nazione venne pervasa dalla certezza del proprio destino imperialistico, alimentando così la convinzione del "chiaro destino" dell’America di espandersi fino al Pacifico e della fede che Dio avesse scelto gli Stati Uniti come modello e guida per il mondo intero.

In questi anni, i presidenti Adams e Monroe cercarono di persuadere gli indiani a trasferirsi ancora più a occidente, ma essi si rifiutavano di cedere ulteriori terre oltre a quelle già perdute fino a quel momento.

Con il procedere del processo di acculturazione, questi cominciarono a rendersi conto che si chiedeva loro di rinunciare a tutto ciò che li rendeva indiani: avrebbero perso le loro terre, le loro tradizioni, la loro religione, la loro lingua, il loro autogoverno nazionale e sarebbero rimasti indiani solo nel colore.

Essi cominciarono a comprendere che ben pochi americani bianchi li avrebbero accettati come cittadini dotati degli stessi loro diritti.

In effetti la ripresa dell’istituto di schiavitù dei negri legata allo sviluppo della coltivazione del cotone, rafforzò ulteriormente nei bianchi la convinzione dell’inferiorità razziale degli Africani.

"Anche se noi concedessimo pari cittadinanza agli indiani acculturati, ed anche ammettendo che un progetto simile sia praticabile, il massimo dei diritti e dei privilegi che l’opinione pubblica potrebbe concedere agli indiani sarebbe di collocarli in una posizione di mezzo tra il negro e il bianco; e se pure dovessero sopravvivere a questa degradazione, senza la possibilità di raggiungere l’elevazione del secondo, essi sprofonderebbero gradualmente nella condizione del primo…"

 George Gilmer, governatore della Georgia


In Georgia ed in tutto il sud il futuro di ogni indiano sarebbe stato quello di un cittadino di seconda categoria, come lo schiavo africano liberato: agli indiani sarebbe stato negato il diritto di votare, di detenere cariche pubbliche, di testimoniare in tribunale, di prestare servizio militare e di mandare i figli nelle scuole pubbliche.

Con il crescere del fervore nazionalistico degli americani bianchi, di pari passo crebbe quello delle nazioni indiane. Tutto ciò non fece che rafforzare la determinazione di queste nel respingere la prospettiva dell’assimilazione alimentando il legame alle proprie terre ed al proprio autogoverno.

Nel 1827 i Cherokee adottarono un corpo di polizia, un sistema giudiziario ed un parlamento bicamerale elettivo ed anche una costituzione scritta, basata su quella degli Stati Uniti .

Essi affermarono cosi la propria sovranità di nazione indipendente, legata agli Stati Uniti solo dagli obblighi fissati per trattato.

Dagli Stati Uniti, essi attendevano che questi mantenessero gli impegni, che proteggessero i loro confini e che non pretendessero ulteriori cessioni di terre senza il consenso indiano.

I bianchi dell’ovest reagirono energicamente e lo stato della Georgia, citando la clausola costituzionale che affermava che "entro i confini di giurisdizione di uno stato non è consentito formare o erigere nuovi stati", assunse la giurisdizione su alcuni milioni di acri di terra che le nazioni Cherokee e Creek, occupavano entro i suoi confini.

Questo atto aboliva di fatto l’autogoverno dei Creek e dei Cherokee, e trasformava gli indiani in cittadini di seconda categoria, invalidando i precedenti trattati stipulati con il governo federale.

Per gli Stati Uniti fu un grave conflitto tra sovranità statale e federale, un conflitto che la costituzione aveva volutamente lasciato nell’ambiguità. 

I sentieri di lacrime

Quando nel 1829 Andrew Jackson divenne presidente degli Stati Uniti, altri stati seguirono l’esempio della Georgia. Eroe delle prime guerre indiane, uomo di frontiera, piantatore, proprietario di schiavi e speculatore terriero, Jackson era notoriamente a favore del trasferimento forzato di tutte le tribù indiane, e del "diritto" di ciascuno stato, di denazionalizzare a proprio piacimento le tribù residenti entro i propri confini.

Egli perciò ignorò le proteste delle nazioni indiane e nel maggio del 1830, convinse il congresso ad approvare il cosiddetto "Indian Removal Act", nonostante l’opposizione del partito whig e di migliaia di bianchi dell’est.

Cosi migliaia di indiani residenti ad est del Mississipi si incamminarono verso i territori dell’ovest, scortati dai soldati, su quelle piste che da allora presero il nome di "sentieri di lacrime".I Cherokee che nel 1838 non avevano ancora ceduto al trasferimento forzato furono cacciati dalle loro terre con la forza delle armi.

Sebbene il presidente della corte suprema di appello Jhon Marshall dichiarò esplicitamente che la sovranità proclamata dallo stato della Georgia sui territori contesi fosse "priva di valore ", Jackson ne ignorò la sentenza.

Sopra: ll sentiero delle lacrime, da un dipinto di Robert Lindenaux. 1942

"… siamo stati costretti a bere l’amaro calice dell’umiliazione, trattati come cani mentre la nostra vita e la nostra libertà divenivano trastullo dell’uomo bianco; la nostra patria e le tombe dei nostri padri ci sono state strappate dallo spietato vincitore finché, scacciati, nazione dopo nazione, ci ritroviamo fuggiaschi, vagabondi e stranieri nella nostra stessa terra, e contempliamo un futuro in cui i nostri discendenti saranno forse completamente estinti […] sospinti in punta di baionetta nell’oceano occidentale, o ridotti alla condizione di schiavi… "

John Ross, capo Cherokee

"… un delitto che sconcerta la nostra immaginazione [….] L’anima umana, la giustizia, la pietà che risiede nel profondo del cuore di ogni uomo dal Maine alla Georgia, non possono non aborrire questa vicenda…"


Ralph Valdo Emerson , a nome degli oppositori.


L’ALTRO AMERICANO

L’indottrinamento

.....cento anni di errori e di crimini commessi per rendere l’indiano simile al bianco.

Dopo che nel 1886 gli americani bianchi ebbero domato le ultime rivolte armate degli indiani, si rese necessario schiacciarne la resistenza interiore: una volta compiuta la conquista dei loro territori, doveva infatti proseguire quella dell’identità culturale indiana.

In tale direzione una prima linea di pensiero era a favore di una sistematico indottrinamento degli indiani delle riserve che puntava ad una prospettiva di "americanizzazione " o " acculturazione" dei bambini indiani, in quanto gli adulti "selvaggi", erano considerati praticamente irrecuperabili.

Un secondo orientamento prevedeva la possibilità di recidere i legami tra l’individuo e la tribù, concedendo ad ogni capofamiglia indiano un piccolo appezzamento di terra da coltivare, in modo da rendersi autosufficiente e imparare a nuotare o affogare nel mare della cultura bianca.

Al fine di tradurre in normativa di legge le due strategie finalizzate a ricreare l’indiano ad immagine e somiglianza del bianco, il primo passo consisté nell’abbandonare il presupposto che le tribù indiane fossero nazioni indipendenti e con le quali si dovevano stipulare dei trattati.

Nel 1831 le tribù indiane erano considerate "nazioni subordinate all’interno del territorio dello stato" e di questa affermazione gli indiani sottolineavano il termine "nazioni" i bianchi subordinate. Nel 1871 il congresso approvò una legge secondo cui non si sarebbero più dovuti stipulare dei trattati con le tribù indiane.

Il congresso spogliò poi i loro tribunali del potere di giudicare secondo il diritto tribale i casi sorti all’interno delle riserve, conferendo poteri dittatoriali all’ufficio per gli affari indiani e, in ciascuna riserva, ai suoi agenti e sovrintendenti. uesto controllo autoritario venne ulteriormente rafforzato dalla creazione in ogni riserva di una "polizia indiana" formata da giovani pellirossa disposti ad appoggiare le nuove autorità.

L’ufficio emanò disposizioni che consentivano ai suoi agenti di negare le razioni di viveri agli indiani ribelli, di incarcerare gli adulti che non collaboravano, di frustrare i bambini riottosi, e di separare i figli dai genitori per inviarli nelle scuole statali e nelle missioni..

In queste scuole i bambini dovevano spogliarsi di ogni residuo di "tribalismo" venivano puniti se parlavano nella propria lingua, erano costretti a vestirsi, comportarsi e pensare come bianchi, e non potevano ricevere visite dai genitori né farne.

La cittadinanza autosufficiente

L’esperimento di cittadinanza autosufficiente iniziò nel 1887 con l’approvazione del "Dawes General Allotment Act" ed anche in questa penosa situazione, la condizione degli indiani delle riserve era però probabilmente migliore rispetto a quella di quanti dovettero subire il programma di detribalizzazione.

Tale provvedimento era stato energicamente sostenuto non solo dai riformatori bianchi, ma anche da quei bianchi che vivevano nei territori indiani e che aspiravano a trasformarli in uno stato a maggioranza bianca (Oklahoma).

Le stesse compagnie ferroviarie erano ansiose di detribalizzare gli indiani per ottenere nei loro territori le concessioni fondiarie promesse dal governo, cosi come le imprese che intendevano sfruttare le stesse riserve dei territori indiani.

Il "Dawes Act" conferi al governo il potere di abolir ogni forma di autogoverno tribale, lottizzare le terre delle riserve, concedere 160 acri di terre (circa 40 ettari) a ogni capofamiglia, vendere ai bianchi quanto restava e infine cancellare ogni rapporto esistente deponendo qualsiasi responsabilità per gli affari dei nuovi cittadini indiani, abbandonati alla mercé dei loro vicini bianchi e di una amministrazione statale composta principalmente da "uomini della frontiera" .

In seguito al "Dawes Act", 67 tribù nel solo Oklahoma ed una dozzina al di fuori dei suoi confini persero gli ultimi scampoli di territorio loro rimasti.

Molti indiani, e in particolare gli ex-cacciatori, di bisonti, non avevano nessuna esperienza nella coltivazione della terra, e quella che venne loro concessa non era certo delle più fertili; il governo non fornì loro alcuna assistenza nel costruire, recintare, attrezzare o dotare di bestiame fattorie autosufficienti.

In breve tempo, impossibilitati a pagare le tasse e le rate dei prestiti, e spesso, se le loro terre valevano qualcosa, indotti con la frode a rinunciare ai titoli di proprietà, migliaia di indiani si trasformarono in vagabondi senza fissa dimora. Si calcola che di tutti gli indiani che attraverso il "Dawes Act" avevano ricevuto in concessione un appezzamento di terreno, l’85-90 per cento l’abbia perduto negli anni immediatamente successivi.

Le tribù che sfuggirono alla detribalizzazione e alla "lottizzazione individuale " continuarono a godere della proprietà comune delle loro terre, ma furono assoggettate dal 1880 al 1930 alla dura legge della americanizzazione sotto l’ufficio per gli affari indiani.

Nel 1910 la popolazione indiana era ridotta al livello più basso dall’inizio della invasione europea e negli Stati Uniti non restavano che poco più di 220.000 indiani. Quelli che non erano stati uccisi direttamente negli scontri armati, erano stati eliminati dalle malattie dell'uomo bianco, per le quali essi non disponevano di nessuna immunità.

Ma per chi era convinto della incapacità della "razza rossa" di sopravvivere alla competizione con quella anglosassone, la distruzione morale e materiale degli indiani costituiva una dimostrazione lampante dell’assunto.

Il sistema di detribalizzazione ed i programmi di americanizzazione forzata nelle riserve costituirono il punto più basso nella lunga storia di maltrattamenti da parte dei bianchi, e il periodo di massima disperazione degli indiani.


Il giorno della vergogna: Massacro a Wounded Knee - 1890

Tra il 1880 ed il 1890, come reazione al degrado delle proprie condizioni di vita, si manifestò tra le tribù occidentali un’ondata di movimenti religiosi che invocavano l’aiuto divino.

Fu il periodo della "danza degli spettri", durante il quale si auspicava che il Grande Spirito, avrebbe riportato in vita non solo i bisonti i cervi e gli altri animali uccisi dai bianchi , ma anche i guerrieri caduti

Si sarebbe infine ottenuta la scomparsa degli uomini bianchi e il ritorno dei giorni felici prima dell’arrivo degli europei.

Il primo grande profeta della danza degli spettri che iniziò a predicare questa rinascita spirituale negli anni 70 fu un indiano paiute di nome Tavibo. Il movimento ricevette nuovo impulso negli anni 80 da Wovoka figlio di Tavibo, ma quando il movimento si diffuse tra i Sioux assunse nuova forma.

Il capo Grande Piede insegnava infatti che il Grande Spirito avrebbe sostenuto gli indiani, in un’ultima grande rivolta. I Sioux ignorarono le proibizioni degli agenti federali, che tentarono di proibire la danza degli spettri nelle riserve, e Toro Seduto diede il proprio appoggio al movimento.

"… la nostra religione potrà anche sembrarvi sciocca, ma a me cosi sembra la vostra. Battisti, metodisti e presbiteriani, hanno ciascuno un Dio diverso. Perché non dovremmo avere il nostro? Perché cercate di portarci via la nostra religione?..."

Toro Seduto

Nel novembre del 1890, allo scopo di soffocare il movimento, il commissario per gli affari indiani ordinò ai soldati di arrestare Toro Seduto, Grande Piede e altri capi. Nei tafferugli che seguirono, Toro Seduto restò ucciso. Duecento Sioux, guidati da Grande Piede fuggirono dalla riserva di Pine Ridge.

I cinquecento cavalleggeri che partirono al loro inseguimento costrinsero i fuggitivi a rientrare nella riserva, presso un fiume chiamato Wounded Knee.

Mentre venivano perquisiti in cerca di armi, il 29 dicembre 1890, alcuni Sioux opposero resistenza: i soldati cominciarono a sparare, alcuni con le mitragliatrici Hotchkiss; gli indiani per lo più disarmati cercarono di fuggire, ma i soldati li inseguirono,m uccidendone 150.

Un Sioux, testimone oculare del massacro, raccontò che in seguito…

… "…a ovest, su per la scarpata che giungeva fino all’alta cresta, erano sparsi i corpi di donne, ragazzi e bambini [….] i soldati avevano sparato loro, mentre correvano, uccidendoli sul posto. Alcuni giacevano in mucchi, perché si erano stretti gli uni agli altri…". Tra i morti c’era anche Grande Piede.

Wounded Knee - Raccolta dei cadaveri dopo il massacro

Il massacro suscitò numerose proteste, ed il governo nominò una commissione d’inchiesta. La relazione finale attribuì la responsabilità dell’accaduto ai soldati, ma nessuno di loro venne mai punito, e nessun cambiamento venne apportato al sistema delle riserve, che proibiva agli indiani la pratica di qualsiasi rito tribale.

Il nuovo cittadino americano

A differenza dei bisonti, gli indiani non scomparvero, e dopo il 1910 la popolazione indiana ricominciò ad aumentare. Gli schiavi neri liberati furono milioni, e nel territorio americano vi furono nuove ondate di emigranti provenienti dall’Europa.

Tutto ciò portò a riconsiderare il fatto che gli Stati Uniti fossero una "nazione bianca protestante", e nei cinquant’anni successivi si diffuse la consapevolezza della natura distruttrice dei tentativi di "incivilire gli indiani".

In occasione della grande guerra, Woodrow Wilson affermò i principio di autodeterminazione dei popoli, e dopo la firma dei trattati di pace, molte nazioni, già sottomesse agli imperi Austro-Ungarico e Ottomano,  ottennero l’indipendenza proprio in base alla loro identità etnica.

Nasceva nel frattempo tra gli intellettuali americani una nuova sensibilità verso le differenze regionali e culturali all’interno del paese. Grazie al patriottismo dimostrato da 15.000 indiani, che avevano prestato servizio nell’esercito durante la prima guerra mondiale, il governo federale concesse la cittadinanza a tutti gli indiani.

In seguito a questo radicale riorientamento ideologico, figura di spicco dei nuovi riformatori fu quella di John Collier, il quale applicò il principio del relativismo culturale alla lotta degli indiani per conservare la propria identità culturale. Nel 1923 egli fondò la American Indian Defense Association, composta da bianchi, che aveva lo scopo di esercitare pressioni a livello legislativo per un cambiamento della linea di condotta nei confronti degli indiani d’America.

La relazione della commissione incaricata dello studio della condizione indiana (1928) risultò cosi scioccante da indurre l’opinione pubblica alla richiesta di contromisure appropriate. Cosi nel 1933 il presidente Franklin Delano Roosvelt nominò Collier commissario per gli affari indiani, e l’anno dopo il congresso approvò l’ "Indian Reorganization Act", che impresse un deciso mutamento di rotta alla politica nei confronti degli indiani.

In base alla nuova legge gli indiani venivano invitati a darsi costituzioni tribali, a riappropriarsi delle terre perdute, e a creare forme elettive di autogoverno (indipendentemente dal fatto che disponessero di un territorio proprio).

Inoltre l’ufficio per gli affari indiani avrebbe dovuto aiutare ciascuna tribù ad acquisire un rinnovato orgoglio culturale per la propria storia, i propri costumi e la propria religione, avrebbe dovuto assicurare la piena libertà religiosa, e lavorare insieme ai consigli della tribù per l’emancipazione sociale e culturale delle genti indiane, considerate come unità tribali. L’assistenza sanitaria venne migliorata a spese dell’erario federale, e furono stanziati fondi per aiutare la nazioni indiane a metter a frutto le risorse di cui disponevano. La politica della detribalizzazione venne cosi definitivamente abbandonata, e il sistema della americanizzazione fu abolito.

 

Tre leggi per simulare la completa libertà

Collier rimase in carica fino al 1947, e il suo programma fu strenuamente avversato da quella parte di opinione pubblica bianca che lo accusava di "coccolare gli indiani", sostenendo che il governo avrebbe dovuto abolire del tutto il sistema delle riserve. Egli venne convocato dinanzi al comitato per le Attività Antiamericane ed accusato di ateismo, comunismo e sedizione a causa delle sue concessioni eterodosse sui diritti degli indiani.

Dopo il 1952 il presidente Dwight Eisenhower e il senatore Artur Watkins, presidente del comitato per gli affari indiani, decisero di abbandonare la linea indicata da Collier per seguirne una volta a dare agli indiani "completa libertà".

Ma in realtà le tre leggi intese a realizzare questa nuova politica segnarono un ritorno alla detribalizzazione, oltre alla rinuncia del governo ad ogni responsabilità giuridica o morale per la protezione degli indiani.

La prima legge, il "Voluntary relocation Program" approvato nel 1952, forniva incentivi agli indiani disposti ad abbandonare le riserve per cercare lavoro in determinate aree urbane. Lo scopo era quello di eliminare dalle riserve la popolazione indiana eccedente. Ai volontari, il governo offriva un addestramento professionale, un alloggio ed un aiuto nella ricerca del primo lavoro: dopodiché l’indiano era lasciato a se stesso.

L’addestramento si dimostrò adeguato solo per i lavori più umili e peggio pagati. Molto indiani si ridussero a fare la vita dei barboni, troppo umiliati dal fallimento per ripresentarsi alle famiglie originarie. Dei 35.000 indiani che si offrirono volontari, solo il 30 per cento fece ritorno alle riserve, mentre molti fra quelli rimasti in città dovettero ricorrere all’assistenza sociale.

La seconda legge consentiva agli stati di assumere la giurisdizione civile e penale sulle riserve, dando un colpo di spugna alla polizia indiana, ai tribunali locali e al sistema giuridico tribale voluti da Collier.

La terza legge, la "Termination Policy" dichiarava infine che le tribù indiane avrebbero dovuto svincolarsi il prima possibile dalla supervisione e dal controllo federale. Le tribù vennero spesso costrette con la forza o l’intimidazione ad assumersi ogni responsabilità nella gestione del servizio sanitario, delle scuole, e delle attività imprenditoriali. Furono abolite le restrizioni che impedivano ai bianchi di impadronirsi delle terre delle risorse minerarie.

Questa politica godeva naturalmente del sostegno delle grandi imprese (soprattutto petrolifere e del legname) che già da tempo avevano messo gli occhi sulle risorse ancora controllate dagli indiani.

In seguito alla nuova politica terre e risorse di grande valore caddero presto in mano alle banche e alle imprese dei bianchi. Molte tribù, prive di qualsiasi esperienza, si ritrovarono vittime della speculazione dei bianchi.

La Termination Policy venne sospesa solo con la presidenza di John F. Kennedy, e sotto l’amministrazione Johnson, nell’ambito del programma "guerra alla povertà".

Gli studi statistici effettuati sulla popolazione indiana, a partire dagli anni settanta, hanno rilevato il maggior tasso di disoccupazione, il minor livello di istruzione, i più gravi problemi sanitari, il più elevato tasso di mortalità infantile, i più gravi problemi di alcolismo, e il minor reddito annuale per famiglia di qualsiasi altro gruppo etnico degli Stati Uniti.

Eppure a suo tempo Walter Nickel, ministro degli interni di Nixon, sostenne che gli indiani erano "iperprotetti", e avrebbero dovuto fare maggiore affidamento sulle proprie forze.

Nel 1977 un gruppo di militanti indiani, membri della American Indian Movement, presentò alla conferenza internazionale dei diritti umani di Ginevra un memoriale di protesta in cui si chiedeva alle Nazioni Unite di indagare sulla distruzione della cultura indiana e sulla violazione dei diritti degli indiani americani, e di riconoscere ufficialmente le nazioni indiane dell’America del nord.

Durante l’amministrazione Carter e negli anni successivi, molte tribù indiane si sono rivolte ai tribunali per ottenere il riconoscimento della propria personalità giuridica, e la restituzione delle terre loro sottratte con la frode.

Le tribù dei Taos, degli Yachima e dei Narragansett hanno cosi ottenuto per via legale la restituzione di parte dei loro territori, e molte altre cause sono oggi pendenti presso i tribunali.

Oggi

Attualmente ci sono circa un milione di indiani canadesi e due milioni di nativi americani. Nonostante le terribili sofferenze, sono riusciti a conservare buona parte della propria cultura, in particolar modo dove hanno ancora accesso alla loro terra.

Ci sono indiani in ogni stato degli Usa e in ogni provincia canadese. Circa la metà dei nativi non vive nelle riserve ma in città. La notevole tenacia della identità indiana la si può constatare in popoli come i Mashantucket Pequot del Connecticut che, sebbene quasi completamente sterminati durante la guerra Pequot del 1636-37, riuscirono a sopravvivere nascondendosi, e oggi sono ancora una volta un popolo prospero.

Gli indiani continuano oggi a subire razzismo e persecuzioni. Le condizioni di vita delle riserve sono terribili. Negli USA, gli indiani d'America sono otto volte più soggetti a contrarre la tubercolosi dei cittadini americani, e il 37% di tutti gli indiani muore prima dei 45 anni. In Canada, la percentuale dei suicidi è tre volte maggiore della media nazionale, mentre la mortalità indiana infantile é superiore del 60% a quella dell'intera popolazione del paese.

Il furto delle risorse indiane non è limitato nel passato. In tutto il continente gli indiani vengono ancora oggi privati delle loro terre, delle loro foreste, dei minerali e persino delle sorgenti d'acqua.

LUNGO IL CAMMINO DELLA VOSTRA VITA FATE IN MODO DI NON PRIVARE GLI ALTRI DELLA FELICITA'. EVITATE DI DARE DISPIACERI AI VOSTRI SIMILI, MA AL CONTARIO, VEDETE DI PROCURARE LORO GIOIA OGNI VOLTA CHE POTETE!
Proverbio Sioux


Scritto da Sergio Brundu per www.luogocomune.net

Fonti: 

Studi vari sugli indiani americani di William G. Mc Loughlin (Brown University).

Wayaka American Indians

An outline of American History - The United States Information Agency


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