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Ma davvero non siamo mai andati sulla Luna?



"Le foto sulla Luna? Se le avessero chieste a me, le avrei fatte molto meglio."

- Oliviero Toscani

III PARTE: IL PROBLEMA DEL CONTROLUCE

Introduzione

Il "problema del controluce" è uno dei problemi fondamentali che ricorrono un pò dovunqe, nelle foto delle varie spedizioni lunari. Vale quindi la pena di capirne a fondo i termini, per poter apprezzare meglio i difetti - vistosissimi all'occhio dell'esperto - delle fotografie lunari. (Questa spiegazione tecnica è soprattutto per chi non sia molto esperto di fotografia. Chi è già pratico può anche saltare direttamente alle foto incriminate).

Realizzare foto in controluce è da sempre stato un piacere e una dannazione insieme, per qualunque fotografo al mondo. Piacere, perchò di solito una persona risulta molto piu "bella" quando il suo volto non riceve direttamente in faccia i raggi solari (che creano brutte ombre sotto mento, naso, bocca ecc.), dannazione perchè il controluce ti obbliga sempre ad un compromesso, nel quale devi
scegliere se esporre* per il soggetto in primo piano, che è in ombra - cioè illuminato solo dalla rifrazione della luce circostante - oppure per lo sfondo, che è invece illuminato direttamente dal sole.

* Esposizione: Con qualunque tipo di macchina fotografica - automatica o manuale, a pellicola o digitale - prima di ogni scatto bisogna determinare la giusta quantità di luce che andrà a colpire la pellicola (o il sensore elettronico). Questo lo si fa regolando l'apertura del diaframma, ovvero il "buco" effettivo attraverso cui passa la luce. Troppa luce renderebbe la foto "bruciata" (slavata), troppo poca la renderebbe scura, o quasi nera. In gergo si dicono anche foto sovresposta e foto sottoesposta. "Esporre" quindi, significa determinare la quantità di luce che andrà a colpire la pellicola/sensore LCD.



Il diaframma degli obbiettivi fotografici funziona esattamemte come la pupilla dell'occhio umano, della quale in realtà è solo una rudimentale imitazione meccanica: aprendosi o chiudendosi a seconda delle situazioni, esso lascia passare la giusta quantità di luce che ci permetta sempre di vedere, senza per questo restare abbagliati.
Quando noi passiamo dall'ombra al sole forte, inizialmente restiamo abbagliati, ma dopo un pò ci  abituiamo. E' la nostra pupilla che nel frattempo si è chiusa, lasciando passare meno luce. Lo stesso accade quando passiamo dalla luce forte alla penombra: all'inizio è tutto buio, poi, man mano che la pupilla si apre, si comincia a vedere meglio.

Il diaframma delle macchine fotografiche funziona nello stesso identico modo.
Ma lo scatto fotografico è unico, e nelle situazioni di controluce - dove hai troppa luce "dietro", e troppo poca "davanti" - è praticamente impossibile trovare un compromesso che non sacrifichi o il soggetto in ombra, o lo sfondo illuminato dal sole.

Il compromesso impossibile


Ecco un classico esempio, in cui il fotografo ha eseguito due scatti, alla ricerca del miglior compromesso fra luce e ombra.



In ambedue i casi, i risultati sono insoddisfacenti. A sinistra, col diaframma più chiuso, lo sfondo è giusto, ma il soggetto è troppo scuro (in questo caso si dice che il fotografo "ha esposto per le luci", cioè ha dato la corretta impostazione al diaframma rispetto alle parti più luminose dell'immagine. A destra, aprendo invece il diaframma (esponendo "per le ombre"), il soggetto diventa accettabile, ma lo sfondo risulta troppo chiaro. Se si aprisse ancora il diaframma, per vedere ancora meglio il soggetto in ombra, lo sfondo diventerebbe completamente bianco.

Ecco altri due esempi di fotografie in controluce, esposte "per le luci".


Nonostante il gruppo di ragazzi abbia davanti la sabbia illuminata dal sole, e l'orso stia addirittura sulla neve, il terreno circostante non è in grado di riflettere luce a sufficienza per schiarire la parte in ombra delle loro figure (anche perchè la luce "rimbalza via" lontano da loro).

Come già detto però, per la figura umana i risultati sono mille volte migliori in controluce, poichè il soggetto è illuminato in maniera uniforme, e si evitano le profonde ombre che la luce del sole disegna impietosamente sul volto delle persone.

I PROFESSIONISTI


Per poter quindi fotografare la modella in controluce, i professionisti della moda ricorrono a diverse soluzioni tecniche, che implicano un equipaggiamento supplementare, una certa esperienza, e soprattutto degli aiutanti sul campo. Il metodo più comune è quello di usare dei grandi pannelli riflettenti, da posizionare accanto alla macchina fotografica, che rimandino verso il soggetto abbastanza luce solare da poterne pareggiare la luminosità con quella dello sfondo. (Importante: tali pannelli, per illuminare a sufficienza il soggetto, devono essere grandi almeno quanto il soggetto stesso). Ecco uno schema grafico, visto dall'alto:



Ecco a destra un esempio pratico: la modella è fotografata in controluce (il sole è dietro di lei, sulla sua spalla destra). Se alla destra del fotografo non ci fosse un assistente, che tiene un grande pannello riflettente rivolto verso la modella, i dettagli e i colori dell'abito non si apprezzerebbero a sufficienza. (Confrontate questa immagine con le foto-ricordo più sopra, e capite subito che qui ci deve essere "qualcosa in più" che schiarisce il corpo in ombra della modella).

Così infatti si vede bene il vestito in controluce, ma si vede bene anche lo sfondo, che non è stato più necessario sacrificare "esponendo per le ombre".

Sulla Luna però non si possono portare pannelli riflettenti, nè altre sorgenti di luce artificiale, se non altro perchè non ci sarebbe nessun assistente per manovrarli mentre si scattano le foto.

E purtroppo sulla Luna la luce diffusa attorno all'astronauta è ancora minore di quella della Terra, poichè non c'è l'atmosfera, le cui particella rifrangono i raggi solari tutto intorno all'astronauta.

Ed infatti, nella maggioranza dei casi, le foto degli astronauti sono così:



Quando le zone il luce sono esposte correttamente, quelle in ombra risultano praticamente nere. Come possiamo vedere quindi, Terra o Luna non fa una gran differenza, anche perchè il sole che ci illumina è lo stesso. (Queste foto in realtà sono state scattate sulla Terra, ma di notte - oppure in studio - e senza l'ausilio di pannelli riflettenti. Risultano quindi "giuste", ovvero come dovrebbero venire se fossero scattate sulla Luna).

Ma come si spiegano, a questo punto, altre foto lunari in cui di colpo le zone d'ombra sono leggibilissime, pur restando leggibile anche lo sfondo illuminato dal sole? Ecco alcuni degli esempi più eclatanti:

PRIMO  PROBLEMA - CONTROLUCE E ZONE D'OMBRA

In una situazione lunare, con i contrasti forti e le ombre nette che abbiamo descritto, diventa praticamente impossibile spiegare da che cosa possa essere illuminata una qualunque zona d'ombra, come avviene in queste foto (Apollo 14), o in tante altre molto simili.



C' è pochissima differenza di esposizione fra la tuta dell'astronauta e il terreno retrostante (ovvero, qui magicamente sarebbe stato risolto il "compromesso impossibile", senza assistenti e senza pannelli riflettenti), e ci sono addirittura, in piena ombra, dei forti riflessi sulle parti metalliche, che non possono in nessun modo originare dalla luce "diffusa" circostante. Ricordiamo infatti che sulla Luna non c'è atmosfera, e non c'è quindi nemmeno quell'effetto di rifrazione atmosferica che troviamo sulla Terra.



Anche qui (Apollo 15) non c'erano oggetto voluminosi, in vicinanza del LEM, che potessero riflettere così tanta luce sulla parte in ombra. Non si spiegano quindi la luminosità, nè il contrasto, nè soprattutto quei forti riflessi nella protezione di alluminio. Che cosa genera quei riflessi? Che si tratti del terreno stesso, come abbiamo già visto con l'esempio dell'orso sulla neve, è tassativamente da escludere: qui non solo non c'è rifrazione nelle particelle di atmosfera, ma la luce è addirittura più radente ancora, e quindi "rimbalza" più lontano dal LEM (cioè verso di noi).

Richiamiamo infine l'attenzione su quello che dovrebbe essere il sole. A parte le dimensioni particolarmente striminzite (molto più vicine a quelle di un "bruto" da cinema, in realtà), puntare un obiettivo Leitz direttamente verso il sole, in mancanza inoltre di filtro atmosferico, equivale a "bruciare" completamente la pellicola in sovraespoisizione, a meno di chiudere il diaframma praticamente a zero. Ma in quel caso non si dovrebbe vedere assolutamente nulla delle zone in ombra del LEM. Provate a scattare una qualunque fotografia, che inquadri direttamente il sole, e poi osservate cosa si riesce a vedere nelle zone d'ombra degli oggetti compresi nell'inquadratura (sempre a causa del famoso "compromesso impossibile", spiegato più sopra).

Questi sono solo due esempi, fra i tantissimni che si riscontrano nelle serie fotografiche delle varie missioni lunari. La tentazione di "aiutare" l'immagine, schiarendo le zone in ombra senza sacrificare l'esposizione dello sfondo, illuminato dal sole, ha spesso tradito gli autori di questi evidenti falsi fotografici.




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