La Logica non è un'opinione. Come difendersi nelle discussioni più accanite
I PARTE - Il metodo del ragionamento
Su questo sito si discute, in Internet si discute, nel mondo, in
generale, si discute. E per farlo usiamo tutti, indistintamente, gli
stessi due strumenti: il linguaggio, e la Logica. Ma mentre il
linguaggio è chiaramente acquisito, la Logica pare in qualche
modo
"esistere" a priori, risultando immutabile nel tempo ed invariata in
ogni luogo. Che tu vada in Russia o nel Congo, che tu parli cinese o
afrikaans, ciò che è logico rimane logico sempre e
comunque,
dappertutto e per tutti. (Di fronte a questo non può non venire
in
mente, anche a chi non sia cristiano, la frase inziale del Vangelo di
Giovanni: "In principio era il Logos").
Nonostante questa apparente universalità, però, gran
parte delle
discussioni fra gli esseri umani non porta a nulla di costruttivo, e
anzi si finisce spesso per allontanarsi ancora di più uno
dall'altro.
Perchè? Se i dati sono riscontrati oggettivamente, e la Logica
è uguale
per tutti, ...
...non si dovrebbe arrivare automaticamente alle stesse
conclusioni?
Uno dei motivi perchè ciò non accade, ovviamente,
è quello che possiano
definire una "differenza di opinione", dove il divario non stia nel
modo di analizzare i dati disponibili, ma nel "valore" intrinseco che
ciascuno di noi assegna a questi dati. E questa diversa scala di valori
ha radici culturali, emotive e personali che sfuggono completamente al
mondo ordinato e preciso della Logica. (Come dissero Eisntein ed
Heisemberger, dopo aver passato tre giorni rinchiusi in uno chalet a
confrontare le proprie idee sull'Universo, "we agree to disagree",
siamo d'accordo sul non esserlo. I due infatti partivano da presupposti
scientifici diversi, e le loro teorie rimangono a tutt'oggi
inconciliabili fra loro).
Il secondo motivo, altrettanto diffuso, è quello di una errata
applicazione dello strumento logico. Ovvero, i due contendenti non
discordano in realtà sulla tesi di fondo, ma non riescono a
giungere ad
un accordo per un' errata applicazione delle "regole del gioco", e
questo genera fra i due una sensazione di discordia di fondo.
IL RAGIONAMENTO LOGICO
Un ragionamento logico è definito tale quando si componga di tre
elementi essenziali, che sono: premessa, inferenza, e conclusione.
Possiamo descrivere la premessa come una specie di "affermazione"
generica, nota a tutti e fuori discussione, l'inferenza come
un'affermazione particolare, che si applica solo nel caso specifico, e
la conclusione come una nuova affermazione, che nasca dalla somma delle
prime due. Oppure possiamo definire un ragionamento logico, in maniera
molto più semplice, "due siccome e un quindi". Facciamo un
esempio:
PREMESSA (generica): (Siccome) I cani hanno quattro zampe, una coda e
abbaiano.
INFERENZA (specifica): (E siccome) L'animale che ho davanti ha quattro
zampe, una coda e abbaia.
CONCLUSIONE (nuova affermazione): (Quindi) L'animale che ho davanti
è un cane.
Ogni nuova affermazione che si ottenga con un tale procedimento,
cioè
ogni conclusione, può a sua volta diventare la premessa per un
nuovo
pezzo di ragionamento, ovvero di una nuova "tripletta" fatta di due
siccome e un quindi. (Da cui l'espressione "segui il filo del mio
ragionamento").
METODO DEDUTTIVO E METODO
INDUTTIVO
Vi sono due tipi di ragionamento, quello deduttivo e quello induttivo,
che sono anche detti "aristotelico" e "platonico". Ambedue seguono lo
schema premessa-inferenza-conclusione, ma si distinguono sia per il
tipo di premessa che per la garanzia che danno sulla conclusione
ottenuta.
Nel ragionamento deduttivo la premessa è sempre qualcosa di
categorico,
di astratto, di prestabilito - una specie di verità assodata da
cui si
parte (tutti i cani hanno quattro zampe, una coda e abbaiano). In
quello induttivo invece la premessa è data dall'osservazione di
dati
singoli, che non erano mai stati raccolti prima, e che sono quindi in
grado di portare a una nuova "verità assodata" di tipo generale.
L'esempio più classico è quello del procedimento
scientifico, dove un
esperimento ripetuto a sufficienza permette di stabilire una nuova
legge della Natura. Ad esempio, i ripetuti lanci di sfere di vario
peso, effettuati da Galileo dalla Torre di Pisa, permisero di stabilire
(anche se con approssimazione) le proprietà di accelerazione dei
corpi
nello spazio.
Oppure, per usare di nuovo l'esempio iniziale, l'equivalente induttivo
sarebbe:
PREMESSA: Ho davanti un animale che ha quattro zampe e una coda, e
abbaia.
INFERENZA: Avevo già incontrato numerosi animali che presentano
tutti le stesse caratteristiche.
CONCLUSIONE: A questo punto posso stabilire con relativa certezza che
esista una categoria di animali con quelle precise caratteristiche, che
io chiamerò "cani".
In altre parole, il ragionamento deduttivo parte da un'affermazione
generale, di tipo teorico, che si dà per scontata (tutti i cani
hanno
ecc. ecc.), e giunge ad una conclusione specifica, di tipo pratico,
(questo animale è un cane). L'induttivo invece parte da
un'affermazione
specifica, di tipo pratico (ho davanti un animale con quattro zampe
ecc…), e giunge ad una conclusione generale, di tipo teorico (esiste
quindi una categoria che chiamerò "cani"). Dal generale al
particolare,
dal particolare al generale. Dall'astratto al concreto, dal concreto
all'astratto.
Ciascuno dei due metodi offre precisi
VANTAGGI E SVANTAGGI
Il metodo deduttivo offre il vantaggio di garantire la validità
della
conclusione, purchè la premessa sia valida: se è vero che
"tutti i cani
hanno quattro zampe ecc…", questo che ho davanti è SICURAMENTE
un cane.
Ha però lo svantaggio di produrre una conclusione "più
piccola" della
premessa stessa: si parte dalla categoria "cani", si arriva a "questo"
cane specifico. (In altre parole, la conclusione è
garantita perchè è
già contenuta dalla premessa).
Il ragionamento induttivo invece non può garantire la
validità della
conclusione (se un domani saltasse fuori un animale che ha quattro
zampe e una coda e abbaia, ma si arrampica anche sugli alberi come una
scimmia, la mia nuova categoria "cani" va a farsi benedire), ma mi
permette di arrivare a conclusioni "più ampie" della premessa
iniziale
(sono partito osservando un singolo animale, ho concluso con una nuova
categoria che prima non avevo).
DUE VOLTI DELLA STESSA MEDAGLIA?
In realtà, appare ovvio che qualunque affermazione categorica
che noi
usiamo come premessa per un ragionamento deduttivo, debba inizialmente
essersi formulata come conclusione di un percorso induttivo. Ovvero,
prima che l'uomo potesse stabilire che "i cani hanno quattro zampe, una
coda, e abbaiano", ha dovuto osservarne abbastanza da poterlo dire con
relativa certezza.
Ma allora, cosa è nato prima? L'osservazione, o l'affermazione?
Ovvero, tutte le "Verità" che l'uomo oggi considera tali, sono
nate da
un'osservazione iniziale del mondo esteriore, tramite i cinque sensi, o
vi è per caso anche una innata forma di conoscenza interiore -
il
famoso "sesto" senso - che non necessita di verifiche di nessun tipo
per affermarsi come tale?
Sappiamo di scoprire, o scopriamo di sapere?
II PARTE - LE FALLACIE PIU COMUNI
Una fallacia logica equivale in tutto
e per tutto a quello che è un fallo in una partita di calcio.
Mente però in inglese fallacy è un termine usato
comunemente, a noi
la
parola fallacia suona un pò strana. Il Garzanti comunque la
riporta,
con queste definizioni: Apparenza ingannevole, falsità,
slealtà,
malafede, sbaglio, errore, sofisma, vizio di ragionamento.
A noi interessa soprattutto l'ultima definizione. Vizio di
ragionamento, aggiungiamo, strettamente tecnico, secondo quelle
che sono le regole della cosiddetta Logica Formale. Un pò come
dire
"mani in area è rigore". Sta all'arbitro, di volta in volta,
giudicare
se il giocatore abbia toccato il pallone con le mani, ma la regola
è
quella e non cambia per nessuno.
Il vantaggio di saper riconoscere le varie fallacie permette spesso di
non farsi fuorviare dai ragionamenti altrui - anche se spesso in
perfetta
buona fede - e di evitare in genere inutili perdite di tempo ad ambedue
i contendenti.
Le fallacie più comuni, molte delle quali portano ancora il nome
latino, sono le seguenti:
Argomento ad hominem.
Quando si attacca la persona e non l'idea di cui è portatore.
"L'ha detto Giulio? Ma quello è un cretino!" Sarà anche
cretino, ma è
la sua idea che va confutata, indipendentemente dalla persona.
Questo può valere anche per la "fonte" in senso lato: "Ho letto
su un sito internet
che l'11 Settembre non fu affatto portato a termine da 19 arabi..." "Ma
và
là, lascia
perdere. In Internet girano tante di quelle stronzate!"
Ne girano a quintali, se è solo per quello, ma sono le idee
specifiche che vanno confutate, non
il luogo (comune) da cui provengono.
Argomento ad ignorantiam.
Un cosa è vera (o falsa) solo perchè non è mai
stato dimostrato il contrario.
Atlantide è esistita: dimostrami che non è vero.
Dio non esiste: dimostrami che c'è.
Falso dilemma. Un esempio
classico è quello dell'interminabile dibattito fra
creazionismo ed evoluzionismo, dove la fallacia viene curiosamente
adottata da ambo
le parti senza ormai più nessun ritegno.
Da una parte si dice: "L'evoluzionismo non dà conto del
passaggio dalla scimmia all'uomo (anello mancante), quindi ha ragione
il creazionismo". Dall'altra si risponde: "Siccome il mondo non
può avere seimila anni, come vorrebbe la Bibbia, è
l'evoluzionismo la teoria giusta".
Questa fallacia presuppone che non vi siano alternative alle due tesi
concorrenti, quando in realtà non è possibile affermarlo.
Ben
diverso sarebbe sostenere che un uomo "è morto, poichè
non è più vivo", o viceversa, quando le alternative siano
effettivamente solo
due.
La fallacia del falso dilemma è molto più diffusa di
quello che si
creda, perchè si nasconde spesso in proposizioni che a prima
vista
suonano perfettamente coerenti. Consideriamo le risposte a queste due
affermazioni:
A - Credo che il capitalismo
abbia assunto nella nostra società una forma disumana”
R - “E allora cosa dovremmo dire dei morti fatti dal comunismo?”
A - “La democrazia moderna ha fallito il suo compito”
R - “Ma sì, torniamo pure alle dittature che torturano la povera
gente”
Ambedue le risposte presuppongono che vi siano solo due alternative al
problema, il che in ciascun caso non è assolutamente vero.
La domanda "pesante". Si
pone quando viene implicata una premessa che non è
necessariamente vera.
Hèi, come stai? Hai smesso finalmente di picchiare tua moglie?
(Dove sta scritto che io abbia mai iniziato, scusa?)
Petitio principi: quando
si inserisce la conclusione nella premessa, in modo da poterla
dimostrare con maggiore facilità. (Equivale al cosiddetto "giro
vizioso").
"La Bibbia è parola divina." "Come fai a
dirlo?" "Lo dice la Bibbia
stessa!" (Episodio vero, capitatomi con un Testimone di Geova).
Ma vi sono anche forme molto più subdole, e meno facili da
individuare: "Non è possibile che Kennedy sia
stato ucciso da una cospirazione, poichè ci sono quintali di
prove che
dimostrano che Oswald agì da solo".
Si dimentica in questo caso
che tali prove sono state raccolte, gestite e fornite al pubblico dalle
stesse autorità che, nel caso del complotto, avrebbero avuto
tutto l'interesse a falsificarle.
Uomo di paglia. Avviene
quando si attacca
un'argomentazione che l'avversario ha fatto in separata sede,
e che risulta particolarmente facile da confutare, nell'intento si
sminuire la validita della sua argomentazione corrente.
Io e te siamo discutendo di coltivazione delle banane. Ad
un certo punto tu mi dici: "Tu hai scritto l'anno scorso che i
mandarini
non crescono bene in Sicilia, mentre questo non è vero",
sottintendendo che la mia argomentazione sulle banane sia meno
valida. (Si chiama "uomo di paglia" perchè è più
facile da
sconfiggere di un uomo in carne ed ossa).
Impone inoltre l'idea che se si sta davvero cercando di conoscere la
verità conviene prendere in considerazione la tesi contraria
più forte,
e non la più debole.
Argomento ad autoritatem (diffusissimo
di questi tempi): Chi sostiene una certa tesi è un luminare nel
campo, quindi ha
ragione.
Questo non è necessariamente vero, anche se per questo non
dobbiamo
rigettare per principio qualunque cosa esca dalla bocca di un esperto
di settore. Un utile criterio discriminante può essere
l'eventuale
"interesse aggiuntivo" legato alla sua affermazione: se Einstein
sostiene una certa caratteristica dell'Universo, non avendo
apparentemente nulla di aggiuntivo da guadagnare (oltre al piacere di
avere ragione), forse ci si può anche fidare. Ma se un noto
architetto
sostiene che le Torri Gemelle sono cadute per conto loro - essendo la
cosa particolarmente controversa -
non solo è igienico dubitarne, ma si può in certi casi
addirittura
sospettare che il luminare sia stato interpellato proprio per
supportare una bugia (in cambio di una lauta ricompensa, ovviamente).
Il caso dell'Universtità Purdue - per chi conosce bene la
questione 11
Settembre - è particolarmente indicativo. E comunque in
generale, il
mondo è pieno di "esperti a gettone", il cui numero sembra
aumentare proprio con il calo di attenzione critica con cui assorbiamo
quotidianamente le informazioni dai media ufficiali.
Fallacia del piano inclinato (o piano
scivoloso), dove si prospettano conseguenze catastrofiche ad un
certa
tesi, nell'intento di invalidarla.
All'ipotetica proposta: "Se gli immigrati illegali avessero la
patente potrebbero lavorare molto di più", qualcuno potrebbe
replicare: "Già bravo, cominciamo col dargli la patente e va a
finire che fra
qualche anno ce li ritroviamo al governo".
A parte che non è affatto garantito che ciò accadrebbe,
la tesi non può comunque restare invalidata da qualcosa
che le è esterno. Ovvero, qualunque cosa possa succedere per
aver dato
la patente agli immigrati, non cambia il fatto che questi sarebbero
più
produttivi se l'avessero.
Fallacia di composizione: avviene quando si attribuisce al tutto
la qualità di una parte.
Gli appartamenti di quell'edificio sono molto piccoli. Quell'edificio
ha tanti appartamenti. Quell'edificio è piccolo.
Il suo opposto è la
Fallacia di sottrazione,
che avviene quando invece si attribuisce alla parte una qualità
del tutto.
Gli aborigeni si stanno estinguendo. Arrawang è un aborigeno.
Arrawang si sta estinguendo.
Negazione
dell'antecedente,
quando si fa risalire un evento ad una causa non necessariamente
correlata.
Mio cugino ha urlato. Subito dopo è crollato il Muro di Berlino.
Mio cugino ha fatto crollare il Muro di Berlino.
Il suo contrario è la
Affermazione del conseguente. Fallacia che avviene quando si
presume un effetto da una causa non necessariamente correlata.
Quando l'Inter vinse il campionato pioveva. Oggi piove. Oggi l'Inter
vince il campionato. (Magari)
Queste sono le fallacie più diffuse, che è utile
conoscere
per districarsi in eventuali situazioni di stallo durante una
discussione. Ve n'è poi almeno un'altra dozzina, che sono
però molto
meno insidiose, e molto più facili da individuare. Per il nostro
scopo
quelle presentate dovrebbero essere più che sufficienti.
Massimo Mazzucco
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