III PARTE: IL
PROBLEMA DEL CONTROLUCE
Introduzione
Il "problema del controluce"
è uno dei problemi fondamentali che ricorrono un pò
dovunqe, nelle foto delle varie spedizioni lunari. Vale quindi la pena
di capirne a fondo i termini, per poter apprezzare meglio i difetti -
vistosissimi all'occhio dell'esperto - delle fotografie lunari. (Questa
spiegazione tecnica è soprattutto per chi
non sia
molto esperto di fotografia. Chi è già pratico può
anche saltare
direttamente alle foto incriminate).
Realizzare foto in controluce
è da sempre stato un piacere e una
dannazione insieme, per qualunque fotografo al mondo. Piacere,
perchò di solito una persona risulta molto piu "bella" quando il
suo volto non
riceve direttamente in faccia i raggi solari (che creano brutte ombre
sotto mento, naso, bocca ecc.), dannazione perchè il controluce
ti obbliga sempre ad un compromesso, nel quale devi scegliere
se esporre* per il soggetto in primo piano, che è in ombra -
cioè illuminato solo dalla rifrazione della luce circostante -
oppure per lo sfondo, che è invece illuminato direttamente dal
sole.
* Esposizione: Con
qualunque tipo di macchina
fotografica - automatica o manuale, a pellicola o digitale - prima di
ogni
scatto bisogna determinare la giusta quantità di luce
che andrà
a colpire la pellicola (o il sensore elettronico). Questo lo si fa
regolando l'apertura del diaframma, ovvero il "buco"
effettivo attraverso cui
passa la luce. Troppa
luce renderebbe la foto "bruciata"
(slavata), troppo poca la renderebbe scura, o quasi nera. In gergo si
dicono
anche foto sovresposta e foto sottoesposta. "Esporre" quindi, significa
determinare la quantità di luce che andrà a colpire la
pellicola/sensore LCD.
Il diaframma degli obbiettivi
fotografici funziona esattamemte come la
pupilla dell'occhio umano, della quale in realtà è solo
una rudimentale imitazione meccanica: aprendosi o chiudendosi a seconda
delle situazioni,
esso lascia passare la giusta quantità di luce che ci permetta
sempre di vedere, senza per questo restare abbagliati.
Quando
noi passiamo dall'ombra al sole forte, inizialmente restiamo
abbagliati, ma dopo un pò ci abituiamo. E' la nostra
pupilla che
nel frattempo si è chiusa, lasciando passare meno
luce. Lo stesso accade quando passiamo dalla luce forte alla penombra:
all'inizio è tutto buio, poi, man mano che la pupilla si apre,
si
comincia a vedere meglio.
Il diaframma delle macchine fotografiche funziona nello stesso identico
modo. Ma lo
scatto fotografico è unico, e nelle situazioni di controluce -
dove hai troppa luce "dietro", e troppo poca "davanti" - è
praticamente impossibile trovare un compromesso che non
sacrifichi o il soggetto in ombra, o lo sfondo illuminato dal sole. |
Il compromesso impossibile
Ecco un classico
esempio, in cui il fotografo ha eseguito due
scatti, alla ricerca del miglior compromesso fra luce e
ombra.
In ambedue i casi, i risultati
sono
insoddisfacenti. A sinistra, col
diaframma più chiuso, lo sfondo è giusto, ma il soggetto
è troppo scuro (in questo caso si dice che il fotografo "ha
esposto per le luci", cioè ha dato la corretta impostazione al
diaframma rispetto alle parti più luminose dell'immagine. A
destra, aprendo invece il diaframma (esponendo "per le ombre"), il
soggetto
diventa accettabile, ma lo sfondo risulta troppo chiaro. Se si aprisse
ancora il diaframma, per vedere ancora meglio il soggetto in ombra, lo
sfondo
diventerebbe completamente bianco.
Ecco altri due esempi di
fotografie in controluce, esposte "per le luci".
Nonostante il gruppo
di ragazzi abbia davanti la sabbia illuminata dal sole, e l'orso
stia addirittura sulla neve, il terreno circostante non è in
grado di
riflettere luce a sufficienza per schiarire la parte in ombra delle
loro figure (anche perchè la luce "rimbalza via" lontano da
loro).
Come già detto
però, per la figura umana i risultati sono mille volte migliori
in controluce, poichè il soggetto è illuminato in maniera
uniforme, e si evitano le profonde ombre che la luce del sole disegna
impietosamente sul volto delle persone.
I PROFESSIONISTI
Per poter quindi fotografare
la modella in controluce, i professionisti della moda ricorrono a
diverse soluzioni tecniche, che implicano
un equipaggiamento supplementare, una certa esperienza, e
soprattutto degli aiutanti sul campo. Il metodo più comune
è quello di usare dei grandi pannelli riflettenti, da
posizionare accanto alla macchina fotografica, che rimandino verso il
soggetto abbastanza luce solare da poterne pareggiare la
luminosità con
quella dello sfondo. (Importante:
tali pannelli, per illuminare a sufficienza il soggetto, devono essere
grandi almeno quanto il soggetto stesso). Ecco uno schema grafico,
visto dall'alto:
Ecco a destra un esempio pratico: la modella è fotografata in
controluce (il sole è dietro di lei, sulla sua spalla destra).
Se alla destra del fotografo
non ci fosse un assistente, che tiene un
grande pannello riflettente rivolto verso la modella, i dettagli e i
colori dell'abito non si apprezzerebbero a sufficienza. (Confrontate
questa immagine con le foto-ricordo
più sopra, e capite subito che qui ci deve essere "qualcosa in
più" che schiarisce il corpo in ombra della modella).
Così infatti si vede bene il vestito in controluce, ma si vede
bene anche lo sfondo, che non è stato più necessario
sacrificare "esponendo per le ombre".
Sulla Luna però non si possono portare pannelli
riflettenti, nè altre sorgenti di luce artificiale, se non altro
perchè non ci sarebbe nessun assistente per manovrarli mentre si
scattano le foto.
E purtroppo sulla Luna la luce diffusa attorno
all'astronauta è ancora minore di quella della Terra,
poichè non c'è l'atmosfera, le cui particella
rifrangono i raggi solari tutto intorno all'astronauta. |
Ed infatti, nella
maggioranza
dei casi, le foto degli astronauti sono
così:
Quando le zone il luce sono
esposte correttamente, quelle in ombra
risultano praticamente nere. Come
possiamo vedere quindi,
Terra o Luna non fa una gran differenza,
anche perchè il sole che ci illumina è lo stesso. (Queste
foto in realtà sono state
scattate sulla Terra, ma di notte - oppure in studio - e senza
l'ausilio di pannelli riflettenti. Risultano quindi "giuste", ovvero
come dovrebbero venire se fossero scattate sulla Luna).
Ma come si spiegano, a questo
punto, altre foto lunari in cui di colpo le zone d'ombra sono
leggibilissime, pur
restando leggibile anche lo sfondo illuminato dal sole? Ecco alcuni
degli esempi più eclatanti:
PRIMO PROBLEMA -
CONTROLUCE E ZONE D'OMBRA
In una situazione lunare, con
i contrasti forti e le ombre nette che
abbiamo descritto, diventa praticamente impossibile spiegare da che
cosa possa essere illuminata una qualunque zona d'ombra, come avviene
in queste foto (Apollo 14), o in tante altre molto simili.
C' è pochissima
differenza di esposizione fra la tuta
dell'astronauta e il terreno retrostante (ovvero, qui magicamente
sarebbe stato risolto il "compromesso impossibile", senza assistenti e
senza pannelli riflettenti), e ci sono addirittura, in
piena ombra, dei forti riflessi sulle parti metalliche, che non possono
in nessun modo originare dalla luce "diffusa" circostante. Ricordiamo
infatti
che sulla Luna non c'è atmosfera, e non c'è quindi
nemmeno quell'effetto di rifrazione atmosferica che troviamo sulla
Terra.
Anche qui (Apollo 15) non
c'erano oggetto
voluminosi, in vicinanza del LEM, che
potessero riflettere così tanta luce sulla parte in ombra. Non
si spiegano quindi la luminosità, nè il contrasto,
nè soprattutto quei forti
riflessi nella protezione di alluminio. Che cosa
genera quei riflessi? Che si
tratti del
terreno
stesso, come abbiamo già visto con l'esempio dell'orso sulla
neve, è tassativamente da escludere:
qui non solo non c'è rifrazione nelle particelle di atmosfera,
ma la luce è addirittura più radente ancora, e quindi
"rimbalza" più lontano dal LEM (cioè verso di noi).
Richiamiamo
infine
l'attenzione su quello che dovrebbe essere il sole. A parte le dimensioni particolarmente
striminzite (molto
più vicine a quelle di un "bruto" da cinema, in realtà),
puntare un obiettivo Leitz direttamente verso il sole, in mancanza
inoltre di filtro atmosferico, equivale a "bruciare" completamente la
pellicola in sovraespoisizione, a meno di chiudere il diaframma
praticamente a zero. Ma in quel caso non si dovrebbe vedere
assolutamente nulla delle zone in ombra del LEM. Provate a scattare una
qualunque fotografia, che inquadri direttamente il sole, e poi
osservate cosa si riesce a vedere nelle zone d'ombra degli oggetti
compresi nell'inquadratura (sempre a causa del famoso "compromesso
impossibile", spiegato più sopra).
Questi sono solo due esempi, fra i tantissimni che si riscontrano nelle
serie fotografiche delle varie missioni lunari. La tentazione di
"aiutare" l'immagine, schiarendo le zone in ombra senza sacrificare
l'esposizione dello sfondo, illuminato dal sole, ha spesso tradito gli
autori di questi evidenti falsi fotografici.
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