LA
AUSCHWITZ
DEL VATICANO
Quinta parte
PIO XII E LA COMPLICITA' DELLA SANTA SEDE
GLI ARGOMENTI A DIFESA DELLA CHIESA
IL CORPO DEL REATO
CONCLUSIONE
PIO XII E LA COMPLICITA' DELLA SANTA SEDE |
Rimane a questo punto
da stabilire l'esatto
rapporto fra gli eventi della Croazia e la Santa Sede, e
questo discorso
non può non ricadere in quello più ampio dei cosiddetti
"silenzi" di Pio XII durante la Seconda Guerra Mondiale.
Cinico istigatore,
complice intenzionale, o spettatore passivo?
Fra queste
tre posizioni
oscilla da
decenni un
dibattito che non accenna ad esaurirsi,
e che potrà concludersi solo quando il Vaticano avrà
reso pubblica tutta la documentazione storica riguardante il papato di
Eugenio Pacelli. Fino ad allora, il fatto stesso che ne mantenga
segreta una parte legittima i diffusi sospetti di una diretta
collusione con il
nazi-fascismo.
Nel
caso specifico della Croazia,
però, l'ipotesi dello
"spettatore passivo" si può scartare già in partenza,
data la
regolare presenza del
nunzio
apostolico Ramiro Marcone accanto a Pavelic e agli altri gerarchi
Ustasha in molte delle importanti cerimonie ufficiali della Croazia. In
qualità di nunzio apostolico, infatti, Marcone
rappresentava ufficialmente la persona di Pio XII in tutte le sue
pubbliche apparizioni.
Il nunzio
apostolico Marcone (in bianco) ad una cerimonia Ustasha seduto fra
Andije
Artukovic,
Ministro degli Interni della Croazia
(primo a sin.), e l'arcivescovo di Zagabria Stepinac (al centro).
|
Subito
dopo il suo arrivo a Zagabria, il 15 aprile 1941, Ante Pavelic
aveva scritto a Pio XII:
"O
Santo
Padre! Poiché la Divina Provvidenza ha fatto sì che io
prendessi la
guida del mio popolo e della mia patria, sono fermamente determinato e
desidero affermare con fervore che il popolo croato, come nel suo
lodevole passato, anche nel futuro rimarrà fedele al sacro
apostolo
Pietro e ai suoi seguaci, e che la nostra patria, colma della legge del
Nuovo Testamento, diventi il regno di Cristo. In questa opera veramente
grande chiedo con fervore l'aiuto di Vostra Santità. Come prima
cosa
vorrei che Vostra Santità, con la vostra più alta
autorità apostolica,
riconosca il nostro stato, e che vi degnate di mandare al più
presto un
vostro rappresentante, che mi aiuti con il Vostro paterno consiglio, ed
infine che impartisca a me e al mio popolo la benedizione apostolica.
Inginocchiandomi ai piedi di Vostra Santità, bacio la
vostra mano
santa, come obbediente figlio di Vostra Santità." [5-1]
|
Il 3 di agosto Ramiro
Marcone arrivava ufficialmente a Zagabria. In quell'occasione Stepinac
scrisse nel suo
diario:
"La
Santa Sede ha riconosciuto
"de facto" lo Stato Indipendente della Croazia" [5
- 2] |
Vedere Marcone accanto a Pavelic,
vederlo confessare il
Poglavnik, o vederlo apparire regolarmente nelle cerimonie
degli Ustasha equivale a vedere
Pio XII compiere personalmente tutte quelle azioni.
A
SINISTRA: Ante Pavelic con il nunzio apostolico Marcone
(primo a sin.) e il
suo segretario Massucci (a destra).
A DESTRA: Giovani Ustasha
accolgono l'abate Marcone e Pavelic con il saluto fascista, all'uscita
della cappella privata di Pavelic, dove ogni giorno si faceva
confessare. |
Il
legato papale (in bianco), l'arcivescovo Stepinac, Ante Pavelic (in
uniforme Ustasha) e la moglie, all'inaugurazione di un ricovero per
bambini a Tuskanac.
|
A
SINISTRA: Massucci, Pavelic e Marcone. A DESTRA: L'arcivescovo Stepinac
e l'abate Marcone lasciano una cerimonia, seguiti da un generale
tedesco.
|
Marcone
presenzia la cerimonia funebre di un generale Ustasha. A destra, in
primo piano, l'arcivescovo Stepinac.
|
Nazisti
tedeschi, Fascisti italiani, Ustasha croati, il nunzio papale Marcone
(tonaca bianca) e l'arcivescovo di Zagabria Alojzije Stepinac (tonaca
nera) |
Perchè il Papa avrebbe voluto essere
rappresentato ufficialmente in
tutte
queste
cerimonie, quasi sempre accanto Stepinac, se non per riconfermare da
Roma il pieno appoggio ad Ante Pavelic ed agli Ustasha già
espresso
pubblicamente dall'arcivescovo di Zagabria? Se il Papa avesse voluto
risultare un
semplice "spettatore
passivo" di quegli eventi, non avrebbe preferito chiedere al
suo
rappresentante di defilarsi il più possibile dalla compagnia
degli
Ustasha? Perchè invece rimarcare continuamente la sua presenza, tramite la persona di Marcone, se non
per
offrire il massimo supporto al progetto di "purificazione"
etnico-religiosa che stavano per intraprendere?
A sua
volta, la presenza di Marcone accanto a sè significava
per Pavelic e per gli Ustasha avere il più alto avallo morale
per
tutte le loro azioni.
In proposito Michael
Phayer ha scritto:
|
"Sia il nunzio
che il
capo della Chiesa, vescovo Stepinac, erano in contatto continuo con la
Santa Sede mentre il genocidio era in corso." (pag. 31)
"Per gli Ustasha e
per Pavelic le relazioni con il Vaticano erano importanti tanto quanto
quelle con la Germania. L'aggancio di cui Pavelic aveva bisogno per
avere il supporto popolare al suo stato fascista era la religione,
nella forma di un riconoscimento da parte del Vaticano. I capi
della
Chiesa croata favorivano una alleanza con Pavelic per la sua promessa
di uno stato anti-comunista e cattolico, che riuscisse a riconvertire
le 200.000 anime passate dalla Chiesa romano-cattolica a quella
serbo-ortodossa dopo la fine della prima guerra mondiale." (pag.32)
"Il
vescovo Stepinac organizzò un incontro in maggio [1941] per
Pavelic con
il Papa Pio XII." (pag. 32)
Michael Phayer - The Catholic Church and
the Holocaust LINK
|
Dopo il loro incontro, Pio XII
congedò Pavelic dandogli la sua benedizione.
Nel 1943,
con il genocidio dei serbi in pieno svolgimento, Pio XII
ricevette in Vaticano un centinaio di membri della polizia
Ustasha.
Ricevimento
in
Vaticano dei corpi speciali della polizia Ustasha nel settembre 1943.
|
Questi "corpi speciali" non erano semplici poliziotti croati, ma
rappresentavano il meglio fra gli Ustasha che si erano distinti per
particolare ferocia ed efficienza nel genocidio dei serbo-ortodossi.
Solo
alla
luce di questo
connubio perverso fra la spada e la croce - ostentato in modo
così
ripetuto e plateale, e
sommato ai continui incitamenti dei preti croati dagli
altari e dalle piazze - si riesce a spiegare
l'ondata di ferocia collettiva, cieca e inarrestabile, che ha coinvolto
un intero popolo di cattolici nel brutale sterminio dei loro
connazionali di
fede ortodossa.
Resta
difficile, a sua volta, ignorare come la catena di eventi drammatici
registrati in Croazia ritorni
inesorabilmente alla fonte che aveva nutrito i semi per la loro
futura esistenza: era stato Pacelli a dare il contributo decisivo alla
nascita della dittatura nazista, con l'approvazione del Decreto di
poteri assoluti a Hitler e il susseguente scioglimento dell'opposizione
cattolica in parlamento. |
"Il voto del partito del Zentrum per il
Decreto dei poteri assoluti fu decisivo per instaurare la tirannia
totale di Hitler. Subito dopo Monsignor Kaas, su pressante richiesta di
Pacelli, dissolse il partito. Il fatto che il partito si sia sciolto
volontariamente, e non in modo forzato, diede al mondo e ai tedeschi
l'impressione di un avallo ufficiale a Hiter da parte dei cattolici.
[5-3]
|
In seguito
era stato Hitler a mettere al potere Pavelic, che fu accolto a braccia
aperte da Stepinac
a
Zagabria, e poi accompagnato regolarmente nelle uscite ufficiali da
Ramiro Marcone,
in rappresentanza di Pio XII.
Diventa
quindi impensabile sostenere che Pio XII sia stato un semplice
"spettatore
passivo" di quanto accaduto in Croazia, mentre si pone seriamente la
necessità di valutare il peso effettivo che la Chiesa ha avuto
nella
nascita degli stati nazi-fascisti in tutta Europa, con le
responsabilità che ne conseguono per aver avallato moralmente -
ed in certi
casi incitato apertamente - gli stermini sistematici di milioni di civili compiuti da queste nazioni "nel nome di
Dio".
GLI
ARGOMENTI A DIFESA DELLA CHIESA |
Il
dibattito storico
sul cosiddetto "silenzio di Pio XII" è stato ampio ed
approfondito, e ha permesso di conoscere da vicino anche le
argomentazioni che sono state portate in difesa della Chiesa.
La maggioranza di queste
argomentazioni tende a convergere su una tesi
generalizzata, secondo la quale il Papa non sarebbe stato affatto un
complice intenzionale del nazi-fascismo, ma lo avrebbe anzi combattuto
nei limiti delle sue possibilità, fermandosi solo laddove
ritenesse di poter peggiorare la situazione invece di migliorarla.
"La principale accusa
rivolta
a Pio XII da molti storici
(Lewy 1964, Cornwell 1999, Zuccotti 2000) è relativa ai
"silenzi" del Papa sullo sterminio degli ebrei, cioè alla
assenza di condanne ufficiali del nazismo e della shoah da parte della
Santa Sede. Tuttavia la documentazione esistente sembra confermare la
tesi sostenuta da altri storici (Angelozzi Gariboldi 1988, Tornielli
2001) che tale silenzio sia stato motivato dall'intenzione di non
provocare mali peggiori alle vittime delle persecuzioni naziste e ai
cattolici tedeschi." - Maurizio
Lovatti LINK
|
E' sicuramente una tesi
plausibile, sia dal punto di vista logico che
da quello umano, che trova inoltre un riscontro pratico nei
rastrellamenti impietosi messi in atto dai tedeschi fra i cattolici del
Belgio, dopo che il clero di quella nazione osò denunciare
l'invasione nazista.
Questa tesi manca però di
giustificare tutti i gesti di
palese supporto compiuti negli anni precedenti dalla Chiesa a favore
del nazi-fascismo - in
Spagna, Italia, Germania e Croazia - che abbiamo elencato nei capitoli
precedenti (e che rappresentano solo una parte di quelli storicamente
documentati).
Siamo quindi di fronte ad una somma di contraddizioni evidenti, che
impongono di pensare ad una doppia lettura degli eventi, scaturita
dalla ambiguità intrinseca nel concetto stesso di "patto" fra
la Chiesa ed un qualunque potere secolare.
LA LOTTA PER LE INVESTITURE
Sembra infatti evidente che durante il ventennio
nazi-fascista abbiamo
assistito, in realtà, all'ennesimo capitolo della cosiddetta
"lotta per le
investiture", cioè il millenario braccio di ferro fra Chiesa e
Imperi per il
controllo assoluto delle nazioni sottomesse.
Uno dei
fondamenti dottrinali della Chiesa, infatti, è che il potere
"proviene da
Dio":
Ciascuno
stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non
c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono
stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone
all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno
addosso la condanna.
-
Nuovo Testamento, Lettere ai Romani 13,1-2
|
E' quindi naturale che la Chiesa abbia
reclamato sin dall'inizio il diritto di gestire
questo potere in prima persona. A
loro
volta però gli imperatori hanno sempre accolto con sospetto
questo
curioso
caso di autoreferenzialità, nel quale era la stessa Chiesa ad
attribuirsi un potere che poi voleva esercitare, ed hanno invece riaffermato il proprio diritto di
comandare a piacimento i popoli conquistati, senza
interferenze da parte di nessuno.
In fondo, sostenevano, gli eserciti per andare in guerra ce li
mettevano loro.
Va infatti notato come la Chiesa abbia preso parte, in
modo più o meno indiretto, a quasi tutte le guerre europee degli
ultimi 1700 anni, senza mai rischiare di perdere un solo soldato. Dalle
Crociate alla Guerra dei Trent'anni, dalla strage dei Catari alla
stessa guerra in Croazia, ha sempre usato gli eserciti altrui,
sopravvivendo in ogni caso alla loro eventuale disfatta.
Questa peculiare capacità di sopravvivenza assume un sapore
decisamente amaro di fronte all'agilità con cui Pio XII
"cambiò casacca" nel 1943 - contribuendo a gettare nel caos la
nazione - quando comprese che Hitler e Mussolini sarebbero stati
sconfitti, e si affrettò a venire a patti con gli Alleati.
Si torna così alla citazione iniziale di Eleanor Roosevelt:
"La Germania nazista
non c'è
più. La Chiesa cattolica è ancora fra noi, più
potente che mai, con la
propria stampa e la stampa mondiale ai suoi piedi." LINK
|
Se è vero che servono gli eserciti per vincere le guerre,
è anche vero che queste si possono scatenare solo con un forte
supporto popolare, e che quindi l'autorità morale riconosciuta
alla Chiesa diventi in certi casi altrettanto preziosa, se non
addirittura indispensabile. (Questo vale anche per altre religioni,
ovviamente).
Quando ciascuno dei poteri necessita dell'altro per espandersi e per
conquistare, si arriva inevitabilmente allo scontro diretto, nel
momento di decidere chi debba comandare sull'altro. Non esistono
partnership di successo basate su un reale rapporto fifty-fifty.
Fu infatti dal giorno in cui
Ambrogio, vescovo di Milano,
dichiarò che la Chiesa "contiene tutto, e quindi anche
l'Impero", che la
Storia ci ha regalato dozzine di episodi pittoreschi in cui lo scontro
fra i due poteri è diventato palese, prolungato e spesso anche
furibondo.
Uno dei più importanti fu proprio la Presa di Roma
(1870), che decretò la fine dello Stato Pontificio e l'esproprio
dei beni territoriali della Chiesa in tutta Italia. Da
allora la
cosiddetta "questione romana" rimase al centro di tutte le dispute fra
Chiesa e Stato Italiano, finchè Mussolini - il grande
"mangiapreti" d'antàn
- si ritrovò a firmare i Patti Lateranensi, con vistose
concessioni al Vaticano, pur di rimuovere gli ostacoli
che ancora gli impedivano di arrivare al potere assoluto.
Una meccanica simile, come abbiamo visto, si era verificata anche nella
Germania nazista, dove il Reichskonkordat
pose fine pubblicamente alle
ostilità, ma diede il via ad un prolungato braccio di ferro
dietro le quinte, che finì per esplodere con la storica crisi
fra Hitler e Vaticano nei due anni che precedettero la guerra.
Lo scontro era imperniato sul controllo delle scuole e della
gioventù, che Hitler aveva garantito alla Chiesa con in
Concordato, ma che cercava chiaramente di far passare nelle mani delle
organizzazioni naziste.
Sapevano ambedue molto bene che un potere duraturo può resistere
solo se fondato su una solida base culturale, che inculchi fin dalla
gioventù i valori centrali che lo sostengono.
"MIT
BRENNENDER SORGE" E L'ENCICLICA SCOMPARSA
Il 10
marzo 1937 Pio XI pubblicava l'enciclica "Mit Brennender Sorge", che in
tedesco significa "con grande ansietà". L'ansietà era,
almeno ufficialmente, quella per la guerra che si profilava
all'orizzonte, e che minacciava di distruggere buona parte dell'Europa,
Italia compresa.
Questa enciclica - scritta direttamemte in tedesco con il contributo di
Pacelli - viene spesso citata dai difensori
della Chiesa come un atto d'accusa contro Hitler, e come
una lancia spezzata in difesa degli ebrei. Il realtà l'enciclica
non nomina mai personalmente il Fuhrer,
e si limita ad una generica
condanna del "razzismo", senza mai denunciare apertamente le
persecuzioni
degli ebrei e di altre etnie che erano già in corso in molti
paesi europei.
Mancava poco alla "Notte dei Cristalli".
Fu inoltre proprio Pacelli, che in quel momento era Segretario di Stato
(Ministro degli Esteri) del Vaticano, ad ammorbidire gli effetti
negativi dell'enciclica presso il Reich, come riportato da John Cromwell nel suo
libro-scandalo "Hitler's Pope":
|
"Per
quanto Pacelli abbia
collaborato alla stesura e alla distribuzione dell'enciclica, nè
indebolì presto gli effetti rassicurando l'ambasciatore del
Reich a
Roma. "Pacelli mi ha ricevuto con decisa amichevolezza" fece
sapere il
diplomatico a Berlino, "e durante la conversazione mi ha enfaticamente
rassicurato che le normali ed amichevoli relazioni fra di
noi sarebbero state ristabilite al più
presto possibile". [5-4]
|
Ma è soprattutto quello che accadde dopo, che annullò
definitivamente il gesto voluto da Pio XI con "Mit Brennender Sorge", e
che mostra la reale avversione di Pacelli ad una qualunque denuncia
aperta del nazismo, che il futuro papa continuava a considerare
l'estremo difensore contro il pericolo bolscevico.
Visto lo scarso successo ottenuto
dalla "Mit
Brennender Sorge",
Papa Ratti aveva chiesto la stesura di una nuova enciclica, che
condannasse apertamente Hitler e il nazismo, per cercare in qualche
modo di arrestare la follia che stava per travolgere il mondo.
Questa volta però Pacelli non la scrisse di persona, ma ne
affidò la stesura ai
Padri Gesuiti, i quali la passarono poi di
mano in mano, fino a farne perdere le tracce.
Il 10 febbraio del 1939 Pio XI, che nel frattempo si era inimicato
anche Mussolini, moriva improvvisamente per un attacco cardiaco, senza
aver mai potuto nè leggere nè firmare la nuova enciclica.
In seguito Galeazzo Ciano avrebbe sparso la voce di "un compito molto
delicato" che Mussolini aveva affidato in quei giorni a Francesco
Petacci, che oltre ad essere il padre della sua fidanzata era anche
medico personale di Pio XI.
Alle ore 13 del 2 di marzo 1939 Eugenio Pacelli apriva
le porte del nuovo Conclave nel
ruolo di Camerlengo, e ne
usciva alle 17.30 - dopo tre rapide
votazioni - come neoeletto Papa Pio XII.
Fra le prime azioni del nuovo Papa vi fu proprio la soppressione
definitiva dell'enciclica di condanna al nazismo voluta dal suo
predecessore, che non ha mai visto la luce.
Si può quindi al massimo attribuire a Papa Ratti una qualche
volontà, per quanto tardiva, di fermare la macchina infernale
che lui stesso aveva contribuito a creare, ma non si può certo
affermare che Pio XII fosse intenzionato a fare la stessa cosa,
nè che ci abbia provato in modo realmente efficace.
Nonostante le diverse richieste, da parte di Churchill e altri
rappresentanti stranieri, di denunciare l'Olocausto in corso, soltanto due volte Pacelli lo avrebbe
criticato pubblicamente. Ma lo fece solo nel 1942, in modo
obliquo e generico, senza mai pronunciare nè la parola "ebrei"
nè la parola "nazismo". Nel
frattempo nei lager tedeschi
erano già morte
più di tre milioni di persone.
Questo non significa naturalmente che i rapporti con Hitler fossero
diventati di colpo idilliaci, dopo la sua elezione a pontefice. Lo
scontro sarebbe continuato in altre forme, ma la pubblica condanna,
ferma ed inequivocabile, che avrebbe forse potuto evitare lo sterminio
di milioni di innocenti, non arrivò mai.
Per
sintetizzare al meglio l'antagonismo fra Hitler e Pio XII,
basterà ricordare che
nel 1939 - a guerra appena iniziata - il neoeletto Papa prese parte ad
un progetto segreto, mai
realizzato, di far uccidere il Fuhrer in combutta con gli Alleati,
mentre
lo stesso Hitler arrivò in seguito a progettare il rapimento di
Pio XII per allontanarlo definitivamente dalla sede di Roma. Tutto
questo avveniva con il Reichskonkordat, siglato
pochi anni prima, ancora pienamente in vigore
[5-5]
E'
peraltro comprensibile, come già detto, che il rapporto fra
la Chiesa e le nazioni
alleate sia sempre stato caratterizzato da una profonda
ambiguità,
dove l'apparente serenità esteriore nascondeva il prolungamento
interminabile di un conflitto mai risolto.
A sua volta, la Chiesa è sempre stata cosciente di esporsi alle
critiche, nel momento in cui appoggiava regimi particolarmente
sanguinari e
truculenti come quello di Hitler o di Ante Pavelic.
Nasceva quindi la necessità di un sottile gioco di equilibri fra
apparenza e sostanza, dove la prima veniva spesso chiamata a fare da
copertura alla seconda, per evitare sia lo scontro frontale che
eventuali critiche esterne.
Un
classico esempio della totale ambiguità a cui ricorre
spesso la Chiesa, per "tenere il piede in due staffe", si trova
nel comunicato della Congrega
per le Chiese d'Oriente mandato a
Zagabria dal Card. Tysserant
nel luglio del '41. In tale occasione si
incoraggiavano
vescovi e preti croati a "permettere un naturale ritorno alla Chiesa
cattolica" di tutti coloro che l'avessero eventualmente abbandonata in
passato, a favore di altre chiese. Sottolineando il "naturale ritorno", il
documento appare come un nobile gesto di
rispetto verso la
libertà religiosa di tutti i cittadini. In realtà, escludendo tutti coloro
che erano ortodossi dalla
nascita, il comunicato autorizzava di fatto la loro conversione
forzata, senza nemmeno nominarla. (E' sulla base di questo documento
che gli Ustasha e i francescani portarono a termine oltre 200.000
conversioni forzate dei serbo-ortodossi). [5--6]
|
Questo
tipo di lettura, basata sulla ricorrente ambiguità delle proprie
azioni - altri la chiamano ipocrisia - trova purtroppo conferma anche
negli anni più recenti, con il supporto dato dalla Chiesa
cattolica alle dittature del sudamerica (Argentina e Cile sopratutto):
mentre ne condannava ufficialmente la repressione violenta, si scopriva
che il Vaticano mantenesse addirittura dei conti bancari congiunti con
Augusto Pinochet. Ancora più eclatante è l'esempio della
stessa Croazia, con la richiesta universale "di perdono" da parte di
Giovanni Paolo II per i crimini commessi in passato dai cristiani nel
mondo, platealmente contraddetta dalla beatificazione dell'arcivescovo
Stepinac, da lui stesso celebrata a Zagabria nel 1991.
Se cercavano un modo per confondere alla radice i loro fedeli, le alte
gerarchie della Chiesa lo hanno sicuramente trovato.
Rimane un'ultima pietra, che sembra seppellire definitivamente le
possibilità di riscattare Pio XII dalle accuse di
complicità con il nazi-fascismo, ed è il supporto dato
dal Papa nel nascondere ed aiutare a
fuggire numerosi caporioni nazisti, fra cui Ante Pavelic, dopo la
disfatta dell'Asse.
Fuggito in Austria prima dell'arrivo dei Partizan a Zagabria, Ante Pavelic
aveva raggiunto Roma, dove sarebbe rimasto a lungo nascosto fra le mura
del
Vaticano, travestito da prete, nel Convento di S. Girolamo. In seguito
avrebbe assunto la falsa
identità di un ex-generale ungherese, come risulta da questo
documento del C.I.C., l'agenzia di
controsopionaggio dell'esercito americano a Roma, desecretato di
recente. L'originale è del luglio 1947.
COUNTER
INTELLIGENCE CORPS
ROME DETACHMENT
ZONE FIVE
APO 512 US ARMY
1
- Ante Pavelic si
nasconde sotto le spoglie di un ex-generale ungherese di nome
"Giuseppe". Porta una sottile barba appuntita ed i capelli tagliati
corti sui lati, alla moda degli ufficiali tedeschi. Vive in una
proprietà della Chiesa sotto la protezione del Vaticano, in via
Giacomo Venezian 17-C, secondo piano.
2
- Entrando nell'edificio si segue un lungo corridoio scuro, alla cui
fine si trovano due scale, una sulla sinistra e una sulla destra. Si
prenda la seconda. Sulla destra vi sono stanze numerate 1, 2, 3, ecc..
Bussando una volta o due alla porta n. 3 si presenterà una
persona sconosciuta. Bussando invece tre volte alla porta numero 3 si
aprirà la porta n. 2, che conduce alle abitazioni che Ante
Pavelic divide con il famoso terrorista bulgaro Vancia Mikoiloff ed
altre due persone.
3 - Altre 12 persone
vivono nell'edificio. Sono tutti Ustasha, e
compongono la guardia del corpo personale di Pavelic.
4. Quando Pavelic esce
in macchina usa un'auto con la targa del
Vaticano (SCV).
5 - Le seguenti persone
fanno occasionalmente visita al convento:
a) Ivica FRKOVIC,
direttore della
pubblicazione Ustasha "Hrvatski Narod"
b) Dr. Feliks POLJANIC,
assistente capo della Polizia di Sarajevo
c) Ciro KUDUIA,
Colonnnello Ustasha
d) Dr. VIDALI,
assistente capo della Polizia di Sicurezza
croata;
e) Zvonko DUGANIC,
assistente capo del Servizio di
Informazioni croato (vive a
Roma, tel.N. 43302)
f) Peter SIMIC;
g) Dr. Lovro SUSIC,
segretario del Movimento Ustasha in Italia. Attualmente vive a Caserta.
h) Joso ZUBIC,
Commissario di Polizia di Sarajevo.
i) Husnija HRUSTANOVIC,
giornalista
j) Zdravko
BJELOMARIC - LINK
|
Un altro documento della stessa agenzia confermava il tipo di
protezione di
cui godesse Pavelic a Roma, che riuscì a evitare tutte le
richieste di estradizione da parte degli Alleati - che inizialmente
volevano arrestarlo - per poi essere fatto
fuggire definitivamente in Argentina.
COUNTER
INTELLIGENCE CORPS
ROME
DETACHMENT
ZONE
FIVE
APO
512 US ARMY
[...] I
nostri agenti hanno riportato la seguente impressione dei
contatti di Pavelic con il Vaticano. Tali contatti sono di così
alto livello, e la sua attuale posizione è talmente
compromettente per il Vaticano, che una qualunque estradizione del
Soggetto conferirebbe un colpo devastante alla Chiesa romano-cattolica.
[...]
- LINK
|
Nella fuga dalla
Croazia
Pavelic aveva portato con sè anche buona parte del cosiddetto
"tesoro degli Ustasha", composto da svariati bauli di oggetti preziosi
tolti ai serbi e agli ebrei che venivano istradati ai campi di
sterminio.
Il destino di quei bauli, insieme a quello degli Ustasha fuggiti in
Argentina, verrà descritto nel dettaglio in un nuovo capitolo,
dedicato alle cosiddette "Ratlines".
Le parole, in ogni caso, prima o poi evaporano nel nulla,
mentre restiamo a fare i conti con dei fatti storici particolarmente
ingombranti, che
nessuno potrà mai cancellare:
- Diversi milioni di
ebrei sterminati dai nazisti con la silente complicità del
popolo
tedesco, sulla base di un diffuso antiebraismo coltivato dalla
Chiesa in tutta
Europa nel
corso dei secoli.
- Quasi un milione di serbi, ebrei e Rom sterminati in
Croazia dagli
Ustasha con la attiva partecipazione del clero cattolico, istigato
apertamente dalle più alte gerarchie della Chiesa, sotto
l'egida papale rappresentata dal nunzio apostolico Marcone.
- Quasi un
milione di civili spagnoli sterminati dai fascisti di Franco con tanto
di benedizione papale, con il pieno supporto di vescovi e cardinali
di tutta la Spagna, e spesso per mano degli stessi frati francescani.
- Circa mezzo milione di civili fra
slavi, albanesi, greci e africani
sterminati dagli eserciti di Mussolini con il pieno supporto morale
della
Chiesa di Roma.
- Decine di milioni di morti causati, direttamente o indirettamente, da
una Guerra Mondiale che è stata voluta, preparata ed iniziata
dai
poteri nazi-fascisti ufficialmente sostenuti dalla Chiesa cattolica.
Diventa
quasi risibile, a questo punto, mettersi a contare "quanti ebrei"
abbia
effettivamente salvato Pio XII, oppure mettersi a discutere sulla
corretta interpretazione di una enciclica, mentre diventa
legittimo
sospettare che questo genere di dibattito - apparentemente scottante,
ma sostanzialmente innocuo - venga tenuto in vita in modo artificiale
per
distrarre l'attenzione da un reale problema storico, di ben diversa
natura, portata e magnitudine.
Come ha scritto Thomas Pynchon, "Se riescono a farti fare la domanda
sbagliata, non devono più preoccuparsi delle risposte".
Scritto da
Massimo Mazzucco per luogocomune.net
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