LA
AUSCHWITZ
DEL VATICANO
Quarta parte
JASENOVAC
LA GUERRA DEI
FRANCESCANI
JASENOVAC
Ignorato sistematicamente dagli storici,
Jasenovac fu il terzo
campo di concentramento per dimensioni, dopo Auschwitz e Buchenwald, di
tutta la
seconda guerra mondiale (in realtà si trattava di un complesso
di 5 campi diversi, tutti collegati fra loro). E' qui che avvenne la
maggior parte dei
massacri operati dagli Ustasha contro le etnie non croate e
non-cattoliche dello Stato Indipendente di Croazia.
Donne
e ragazze serbe verso il
campo di concentramento. |
A
Jasenovac morirono
in tre anni circa settecentomila persone, che furono uccise con una
brutalità inimmaginabile (le stime vanno da un minimo di 100.000
a un massimo di 1.000.000, ma la maggior parte degli storici sembra
concordare su una cifra di circa 700.000 vittime in tutto). I
più
fortunati morirono di
fame o di stenti, oppure con i liquidi dello stomaco e le intestina
congelati dal
freddo. Gli altri – uomini donne e bambini, senza differenza alcuna -
venivano sgozzati vivi con un coltello speciale, chiamato srbosjek (sotto a sin.), che
restava costantemente fisso al polso,
oppure venivano affogati, bruciati, decapitati, strangolati con il filo
spinato, o uccisi con una speciale mazza di legno (sotto a destra), che
gli fracassava
il cranio
con un colpo alla tempia.
C’erano
settimane in cui il fiume Sava era perennemente tinto di rosso, a
causa dei cadaveri che vi venivano gettati a migliaia dalla vicina
Jasenovac.
A
SINISTRA: cavaderi che galleggiano nelle acque del fiume Sava. A
DESTRA: Due Ustasha tengono un prigioniero per le braccia, mentre un
terzo lo decapita con un'ascia. Gli altri stanno a guardare. |
Il
serbo Milos Teslic, noto industriale e filantropo, fu torturato e
ucciso in modo brutale dagli Ustasha. Le ossa gli furono spezzate, le
orecchie e le labbra tagliate, gli occhi cavati, il petto trafitto, e
il cuore gli fu strappato. Secondo i testimoni presenti, quando uno
degli Ustasha prese in mano il cuore
batteva ancora. |
Nei
campi di Jasenovac e Stara Gradiska morirono circa 8.000 bambini. |
Poco prima della liberazione,
nel 1945, gli Ustasha rasero al suolo Jasenovac, dopo aver riesumato e
dato alle fiamme migliaia di cadaveri, nel tentativo di cancellare le
orme dell'eccidio commesso.
LA GUERRA DEI FRANCESCANI
Come abbiamo visto negli atti di accusa contro Stepinac, i francescani
della Croazia parteciparono attivamente sia alla preparazione della
rivolta degli Ustasha, sia ai massacri compiuti in seguito contro i
serbo-ortodossi.
In
un articolo
di Corrado Soli, comparso sul Resto
del Carlino il 18 sett. 1941, si leggeva:
"Ci sono
state bande di massacratori che erano e verosimilmente lo sono ancora
capeggiate e infiammate da sacerdoti e monaci cattolici."
[4-1] |
Ma è soprattutto nel propagandare
l'odio religioso contro i
serbo-ortodossi, incitandone apertamente lo sterminio, che i
francescani diedero il principale contribuito alla "crociata" del
Vaticano nella
nuova Croazia.
Molti
di loro avevano seguito l'esempio di
Stepinac, entrando come cappellano
militare nell'esercito degli Ustasha [4-2] .
Esattamente
come in Spagna, i cappellani militari davano regolarmente l'assoluzione
anticipata alle truppe Ustasha che si apprestavano a compiere i
massacri sui serbo-ortodossi, mentre offrivano la benedizione
ai corpi speciali della polizia Ustasha (l'equivalente delle SS
tedesche).
SOPRA:
Membri della guardia del corpo giurano fedeltà fino alla morte
al leader croato e ricevono la benedizione della Chiesa. SOTTO:
Giuramento
della polizia Ustasha nel 1943 con la
benedizione della Chiesa. |
|
Nelle
prime 60 pagine del
suo libro "Jasenovac ieri e oggi - La
cospirazione del silenzio", William Dorich elenca i nomi di
oltre 1000
preti cattolici che parteciparono alle mattanze nella Repubblica
Indipendente di Croazia.
Dalla presentazione del libro leggiamo: "La
maggior oparte dei serbi furono uccisi dai loro vicini, che venivano
incoraggiati ad ammazzarli dai preti cattolici che guidarono un
genocidio di oltre un milione di vittime." LINK
QUESTA
PAGINA
di Internet riporta i nomi di 250 membri del clero cattolico coinvolti
nelle azioni
criminali degli Ustasha. La lista si ferma alla lettera "H".
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Mentre
i colleghi nell'esercito svolgevano
il ruolo di cappellano militare, altri francescani completavano l'opera
di propaganda direttamente dall'altare:
|
"Tramite
i giornali e la radio, un odio assetato di sangue veniva istigato
contro i serbi dal
pulpito. Fra Sreko Peric, un francescano, mandava questo messaggio
dall'altare della chiesa di Gorica, vicino a Livno: 'Fratelli Croati!
Andate e uccidete tutti i serbi. Prima uccidete mia sorella, che
è
sposata con un serbo, e poi ammazzate tutti gli altri. Quando avrete
concluso il lavoro venite alla mia chiesa. Io vi confesserò e vi
darò
la comunione, e tutti i vostri crimini saranno perdonati.'
Dopodichè
ebbe inizio il massacro. La crudeltà del massacro di quel giorno
lascia
senza fiato. Orde di Ustasha violentavano le donne e le tagliavano i
seni, tagliavano gambe e braccia a quelle più anziane, e poi le
cavavano gli occhi. Decapitavano i bambini, per poi buttarli in braccio
alle loro madri. [...] I più
orrendi crimini nella provincia di Knin furono commessi dal comandante
Ustasha Fra' Viekoslav Simic. Questo servo di Dio e di San Francesco
uccideva personalmente i serbi."
[4-3]
|
Contemporaneamente,
dal pulpito i preti cattolici esaltavano le azioni vittoriose di
Italia e Germania e inneggiavano al loro Poglavnik, che
ritenevano mandato da Dio ad assolvere il sacro compito di restituire
la Croazia al cattolicesimo, e viceversa.
Padre
Bozidar Bralo è noto per aver
ucciso personalmente migliaia di serbi, sia nel campo di sterminio di
Jasenovac che nei villaggi serbi di Sabalj,
Marsic-Gaj, Piskavica, Ponira, Biljevina e Grmec. In
una occasione organizzò il massacro di 180 serbi, e poi
ballò la danza nazionale croata attorno ai loro cadaveri, prima
che fossero
gettati nel fiume. Era membro del parlamento Ustasha, insieme a
Stepinac, e ricevette diverse onoreficenze da Ante Pavelìc. [4-4]
Quando
non erano i preti
cattolici ad arringare il popolo contro i serbi lo facevano
direttamente i caporioni Ustasha, ai quali la Chiesa prestava
generosamente il pulpito, in una sempre più perversa commistione
di ruoli, intenti e filosofia di fondo.
Il
locale comandante Ustasha, Plese, durante un discorso dall'altare della
chiesa.
Gli altari servivano come palco per i discorsi di propaganda degli
Ustasha. |
"FRATELLO
SATANA"
Fra i francescani che si
distinsero
per lo zelo genocida merita un capitolo a parte Fra' Miroslav
Filipovic, soprannominato "Fratello Satana", il francescano che per un
certo periodo fu
direttore del
campo di concentramento di Jasenovac, prima di passare a dirigere
quello
di Stara Gradiska. Qui Filipovic conduceva
personalmente molte delle
mattanze compiute
quotidianamente fra i prigionieri. A quanto raccontato dai superstiti,
amava in particolar modo sgozzare i bambini, con lo speciale coltello
ideato personalmente da Ante Pavelic.
(A sinistra, Fra' Filipovic con l'abito da
francescano. A destra con l'uniforme degli Ustasha). |
Così lo
storico Vladimir Dedijer descrive il modo in cui Fra'
Filipovic si guadagnò
i galloni
di comandante del campo di sterminio di Jasenovac:
|
Già
nel 1940 aveva prestato il giuramento Ustasha. Dopo la nascita della
Repubblica di Croazia, lui e altri funzionari Ustasha organizzarono la
persecuzione dei serbi, e lui stesso prese parte ai massacri. Fra i
suoi molteplici crimini vi sono i massacri dei villaggi di Drakulici,
Sargovac e Motika, vicino a Banja Luka. Qui arrivò il 7
febbraio
1942, con l'intenzione di uccidere i serbi
che vi abitavano, alla guida del battaglione
Pavelic. Padre Filipovic uccise la prima vittima, il bambino Duro
Glamocanin, gridando: "Ustasha,
questo avviene nel nome di Dio. Io battezzo questi bambini e voi
seguitemi. Io per primo prendo su di me l'intero peccato, e poi vi
comfesserò in modo che siate perdonati per i vostri peccati".
Poi incitò gli Ustasha criminali, che uccisero circa 1.500
uomini donne
e bambini, con asce e bastoni. Dopo essersi dimostrato unatale
bestia
umana gli Ustasha capirono di poterne fare buon uso, lo promossero e lo
nominarono comandante dell'infame campo di Jasenovac. Là portava
a
termine quotidianamente gli omicidi con le sue mani , spesso di donne e
bambini, che uccideva con colpi di martello di legno alla testa.
Terrorizzava i prigionieri del campo e li uccideva senza pietà,
come è
stato raccontato nelle testimonianze dei superstiti. [4-5]
|
Il
francescano Miroslav Filipovic legge la
Messa durante una celebrazione a Banja-Luka. Alla sua destra l'Ustasha
Velikii Zhupan, governatore di Banja-Luka, che tiene in mano una corona
di frumento. |
Quando la Croazia fu liberata dai partigiani jugoslavi Filipovic fu
arrestato, e fu poi processato dalla nuova Repubblica Federale
Jugoslava. Nella sua
deposizione di
fronte alla Commissione Nazionale Croata sui crimini di guerra,
Filipovic dichiarò:
"Sono
stato amministratore del campo di Jasenovac dal giugno 1942 all'ottobre
1942. Riconosco di aver personalmente ucciso, durante le pubbliche
esecuzioni, circa 100 prigionieri nei campi di Jasenovac e Stara
Gradiska. Riconosco anche che durante la mia amministrazione del campo
vi furono esecuzioni di massa, alle quali non ho partecipato, anche se
ero a conoscenza delle esecuzioni. Anzi, mi correggo, ero presente alle
esecuzioni di massa, ma non ho partecipato [...] A Gradina le
esecuzioni avvenivano con un martello di legno. Erano fatte in modo che
la vittima dovesse prima calarsi in una buca che era già stata
scavata [di solito dalla vittima stessa, N.d.T.], per poi ricevere un
colpo di martello
dietro la testa. Le uccisioni avvenivano anche con pistola o con il
taglio della gola. Durante la liquidazione delle donne e delle ragazze
a Gradina, so che venivano violentate le più giovani [...] Io
non ho mai violentato nessuno. Durante la mia amministrazione, secondo
i miei calcoli, furono liquidati a Jasenovac fra 20 e 30.000
prigionieri [...] Alla fine di ottobre del 1942 mi trasferii a Stara
Gradiska, dove rimasi fino al marzo del '43. In quel periodo vi furono
anche liquidazioni di massa, di solito eseguite fuori dal campo [...]
Nell'aprile del 1945 sono tornato a Jasenovac, dove sono rimasto fino
alla fine. So che in quel periodo i cadaveri dei prigionieri di Gradina
venivano riesumati e bruciati per cancellare le tracce di quello che
era successo. Io non ho partecipato alla liquidazione di questi ultimi
prigionieri, ma solo alla loro riesumazione." [4-6]
|
In realtà - commenta la Commissione nel documento - diverse
testimonianze confermano che le uccisioni operate da Filipovic furono
in numero molto, molto maggiore di quello dichiarato. Secondo alcune
testimonianze, in una sola notte Filipovic avrebbe sgozzato
personalmente oltre 100 bambini. Sempre nel '42 il responsabile di
Jasenovac, che riferiva direttamente a Pavelic, ha dichiarato:
"In un
anno, soltanto qui a Jasenovac,
abbiamo ammazzato più gente di quanta ne sia riuscita ad
ammazzare l'impero ottomano in tutta la permanenza dei turchi in
Europa." [4-7] |
Filipovic fu condannato a morte, insieme a
molti altri
Ustasha responsabili della gestione di Jasenovac e degli altri campi di
concentramento.
Un
altro francescano noto per sua la furia omicida fu Vicko Rendic, che
diresse a sua volta per un certo periodo di tempo il campo di sterminio
di Jasenovac.
LA DISTRUZIONE DELLE CHIESE ORTODOSSE
A conferma
dell'onnipresente sapore di "crociata" che permeava tutte le azioni
degli Ustasha vi fu la sistematica distruzione delle chiese ortodosse
nei territori occupati, insieme all'eccidio, spesso truculento, dei
preti della stessa religione.
In proposito, Dusan Batakovic ha scritto:
"Gli alti
dignitari e gli ecclesiastici
della Chiesa ortodossa serba erano un bersaglio privilegiato degli
attacchi Ustasha. Sul territorio dello Stato Indipendente di Croazia
c'erano nove vescovi serbi, 1.100 chiese, 31 monasteri, 800 preti e 160
suore. Tre dei vescovi più importanti, Mons. Platon Jovanovic di Banja Luka,
Mons.Petar
Zimonjic di Sarajevo, metropolita di Bosnia, e Mons Sava
Trlajic, vescovo di Karlovac, furono assassinati in maniera
brutale. Il metropolita di Zagabria, Mons. Dositej, fu
deportato a Belgrado dopo essere stato torturato. Nello Stato
Indipendente di Croazia circa 300 preti [serbi] furono uccisi, dopo che
un gran numero fu espulso verso la Serbia. Nella diocesi di Karlovic
furono incendiate, distrutte o fortemente danneggiate 175 chiese. Nella diocesi di Pakrac su un totale
di 99 chiese, 53 sono stati incendiate e 22 danneggiate. Nelle diocesi
della Dalmazia 18 chiese demolite e 55 danneggiate, su un totale di
109. Nella diocesi di Dubica il numero totale degli abitanti serbi
è crollato in poco tempo da oltre 32.000 a 13.000 circa. Su
tutto il territorio della Repubblica Croata, nei cinque anni di potere
degli Ustasha, circa 400 chiese e monasteri serbi sono stati demoliti,
mentre quelli danneggiati venivano utilizzati come sacrestie,
avamposti, mattatoi per il bestiame o gabinetti pubblici. A
Jasenovac la
chiesa ortodossa locale, prima di esser interamente distrutta,
era stata trasformata in stalla. La distruzione sistematica non ha
risparmiato nemmeno i cimiteri ortodossi, che venivano distrutti e poi
rimossi,
come quelli di Banja
Luka, Cajnice, Brcko,
Travnik, Mostar, Ljubinje, Slavonski Brod, Borovo, Tenja e molti altri ." [4-8]
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LE CONVERSIONI FORZATE
I serbi che venivano
risparmiati dagli Ustasha venivano obbligati a convertirsi al
cattolicesimo, pena l'espulsione o la deportazione nei campi di
concentramento.
Il folle sogno di trasformare
una nazione multietnica e multireligiosa in un paese esclusivamente
cattolico si fermò solo quando le armate dei partigiani
jugoslavi riuscirono finalmente a sconfiggere gli Ustasha e a liberare
il territorio occupato.
Nel frattempo quasi un
milione di civili innocenti era stati uccisi, nel nome di un Dio che
teoricamente avrebbe dovuto essere lo stesso per tutti.
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