LA
AUSCHWITZ
DEL VATICANO
Terza parte
L'ALLEANZA FRA CHIESA E
USTASHA
LE
COLPE DI STEPINAC
E
DEL CLERO CATTOLICO
IN CROAZIA
L'ALLEANZA
FRA CHIESA E USTASHA
Insieme all'alleanza fra Chiesa e
nazi-fascismo erano nate anche le prime strategie congiunte fra Roma e
Berlino per
riconquistare la Croazia e ristabilire il "baluardo cattolico" a est
dell'Italia.
Come vedremo in seguito, questa strategia prevedeva la
partecipazione attiva del clero cattolico, e soprattutto dei frati
francescani.
L'idea centrale fu la creazione di
una "quinta colonna" sul
territorio croato, che fosse pronta ad intervenire di sorpresa, alla
prima occasione
utile.
L' "occasione utile" sarebbe stata l'invasione armata
della Jugoslavia da parte di tedeschi, avvenuta nella primavera del
1941. Determinante fu infatti il "tradimento" dei corpi
Ustasha già presenti sul territorio, che gettarono lo scompiglio
nelle retrovie dell'esercito jugoslavo, tagliando i collegamenti,
bloccando i rifornimenti, e massacrando interi battaglioni con agguati
improvvisati.
Da parte sua l'Italia aveva dato protezione ad Ante Pavelic - che era
ricercato dalla Francia per l'assassinio del re Alessandro a Marsiglia
- durante il periodo di preparazione, mentre
addestrava militarmente i futuri Ustasha nelle vicinanze del
confine jugoslavo.
Quattro giorni dopo l'invasione dei tedeschi, Pavelic si
trasferì ufficialmente in Croazia, dove Hitler lo mise a capo dello stato-fantoccio chiamato
Repubblica Indipendente di Croazia.
Uno dei primi a dargli il benvenuto fu l'arcivescovo di Zagabria, Mons.
Alojsius Stepinac, che si recò personalmente a stringergli la
mano. Così Stepinac accolse l'arrivo di
Pavelic a Zagabria:
"Dio,
che dirige il destino
delle nazioni e controlla il cuore dei Re, ci ha dato Ante Pavelic, e
ha portato il leader del popolo amico e alleato, Adolf Hitler, a usare
le sue truppe vittoriose per disperdere l'oppressore... Gloria a Dio,
la nostra gratitudine ad Adolf Hitler, e la nostra fedeltà al
nostro Poglavnik, Ante Pavelic". [3-1] |
Dopodichè organizzò un pranzo di benvenuto per gli
Ustasha che rientravano dai campi di addestramento all'estero.
A
SINISTRA, SOPRA: L'arcivescovo Stepinac festeggia con una colazione un
gruppo di emigranti Ustasha al ritorno dai campi speciali in Italia e
Ungheria. A SINISTRA,
SOTTO:
L'arcivescovo Stepinac e Pavelic in conversazione amichevole. A DESTRA,
SOPRA: L'arcivescovo Stepinac e altri dignitari ecclesiastici
attendono Ante Pavelic, il suo governo e i suoi delegati sul sagrato
della cattedrale di S. Marco a Zagabria, per la messa rituale in
occasione dell'apertura del parlamento, nel 1942. A DESTRA, SOTTO:
Pavelic arriva alla cattedrale di Zagabria nel giorno
dell'apertura del parlamento croato, e viene ricevuto dall'arcivescovo
Stepinac.
|
Due
settimane dopo, il 28 aprile, Stepinac scrisse questa lettera pastorale
a
tutte le diocesi della Croazia:
"Onorevoli
fratelli, non c'è uno di noi che non abbia assistito di recente
al più significativo evento nella vita del popolo croato, nel
quale noi svolgiamo il compito di annunciare la parola di Cristo.
Questi sono eventi che hanno realizzato un lungo sogno e un ideale
desiderato dalla nostra gente... Vi invito quindi a rispondere
alla
mia chiamata di svolgere un importante lavoro per la protezione e il
progresso dello Stato Indipendente di Croazia. Date prova di voi,
onorevoli fratelli, e fate il vostro dovere verso il giovane
Indipendente Stato di Croazia." [3-2] |
Stepinac quindi, nel suo
ruolo di
arcivescovo e capo della Chiesa croata, incitava ufficialmente i
cattolici a implementare un
programma - quello degli Ustasha - che era stato molto chiaro fin
dall'inizio: sterminare un
terzo dei
non-cattolici (cristiano-ortodossi, ebrei e Rom) presenti nella zona
conquistata, convertirne
forzatamente un terzo, e cacciare i rimanenti fuori dal paese.
Il
pio
cattolico
Dr. Mile Budak, Ministro dell'Educazione e della Cultura, ha
detto il 22 luglio 1941: "La
base del movimento Ustasha è la religione. Per le minoranze come
i serbi, gli ebrei e gli zingari abbiamo tre milioni di pallottole.
Uccideremo una parte dei serbi. altri li deporteremo, e obbligheremo il
resto ad accettare la religione cattolica. La nuova Croazia sarà
liberata da tutti i serbi al suo interno, e arriverà entro 10
anni ad essere cattolica al 100%." [3-3]
|
Solo con
un estremo fanatismo religioso si può comprendere la
brutalità selvaggia, unita alla gioia assassina che spesso si
legge sui volti dei carnefici, con cui veniva condotto il
massacro sistematico dei serbi ortodossi.
A
SINISTRA: il boia Ustasha sorride per l'obiettivo, mentre decapita con
un colpo d'ascia un
contadino serbo.
A DESTRA: Ustasha mostrano la pistola, il coltello e
la sega da falegname che useranno per
uccidere il serbo catturato.
|
Sotto: Stepinac
presenzia ad una cerimonia congiunta fra italiani,
tedeschi e Ustasha. Il vero denominatore comune, fra le varie potenze
del nazifascismo, sembra essere costantemente la Chiesa cattolica.
Il
generale italiano Roatta (4) con il generale tedesco Gleise Horstenau
(2), von Troll, Cancelliere dell'ambasciata tedesca (1), Slavo
Kvaternik, "maresciallo" dello "Stato Indipendente di Croazia" (3) e
l'arcivescovo Stepinac (5). [3-4]
|
Vediamo
ora nel dettaglio come avvenne la preparazione del sollevamento armato
degli Ustasha
sul territorio jugoslavo, in attesa dell'invasione dei
tedeschi.
LE
COLPE DI STEPINAC
E
DEL CLERO CATTOLICO
IN CROAZIA
Come abbiamo detto, la
quinta colonna
croata era nata grazie all'alleanza segreta fra gli Ustasha,
l'organizzazione
degli indipendentisti croati (definiti "terroristi" dal governo
jugoslavo) e le organizzazioni "attiviste" cattoliche che ruotavano
intorno ai conventi dei frati francescani in Croazia.
Tutti questi conventi, come tutte le azioni compiute del clero in
Croazia, ricadevano sotto la responsabilità diretta
dell'Arcivescovo di
Zagabria, Mons. Alojzije Stepinac.
In
proposito Avro Manhattan ha scritto:
|
"Mentre i compari
fascisti del Vaticano si davano da fare per
organizzare attività politiche o terroristiche, la diplomazia
cattolica - come già avvenuto in Spagna, Austria,
Cecoslovacchia, Belgio e Francia - si mise in vista con la promozione
di una poderosa quinta colonna cattolica. Questa, che aveva già
indebolito la struttura interna dell'unità jugoslava, era
costituita da tutti quei croati contagiati dal fanatismo
nazional-religioso della gerarchia cattolica di Croazia, e da una
armata nazionalista illegale composta da bande di terroristi cattolici,
chiamati Ustasha, guidati da Ante Pavelic, supportati da Vladimir
Macek, il leader del Partito Contadino Croato, che nel 1939 si era
adoperato per far finanziare da Mussolini il movimento
separatista croato con 20 milioni di dinari, e
dall'arcivescovo A. Stepinac, il capo della gerarchia cattolica in
Croazia. " [3-5]
|
Nel 1947 l'ambasciata jugoslava a
Washington ha pubblicato un documento
ufficiale nel quale riassume i più importanti capi d'accusa
contro Stepinac e contro il suo clero, relativi alle azioni compiute in
Croazia prima e durante la II Guerra Mondiale. Sono sostanzialmente gli
stessi capi d'accusa che il governo jugoslavo imputò a Stepinac
durante il processo contro di
lui, che si concluse
con la sua condanna a 16 anni di carcere. Dopo averne
trascorso 5 in prigione, il resto della pena gli fu commutato in
arresti
domiciliari. Secondo i difensori della Chiesa, questo processo fu solo
un atto di banale "propaganda"
da parte di uno stato
comunista.
Non si comprende
peraltro chi mai avrebbe dovuto denunciare quei
crimini, se non il popolo stesso che li aveva subiti.
Altri hanno voluto dipingere il
processo come una "persecuzione religiosa" della Chiesa
cattolica, che di recente ha beatificato Stepinac, definendolo un vero
e proprio "martire".
Un capovolgimento davvero
singolare, per una Chiesa accusata di
genocidio, specialmente se si considera che i capi d'accusa contro Stepinac non sono
mai stati nè contestati nè smentiti da
nessuno.
Si presume infatti, di fronte ad accuse così gravi, che
sarebbero state smentite con sdegnato clamore, se solo fosse stato
possibile farlo. Se inoltre a Chiesa fosse innocente, avrebbe richiesto
una altisonante correzione pubblica da parte del governo jugoslavo,
oltre naturalmente ad un nuovo processo, che sgombrasse il campo da
qualunque malinteso. Invece ha preferito passare tutto
sotto silenzio, limitandosi a parlare di "propaganda comunista" quando
accusata
apertamente di quei crimini.
Come si legge nell'introduzione a
"L'arcivescovo del genocidio", di
Marco Aurelio Rivelli:
"... è
difficile contestarne i contenuti
solo atteggiandosi a martiri di
fronte a un supposto “sentimento anticattolico”: qui Marco Aurelio
Rivelli, analogamente a quanto ha fatto per Dio è con noi,
ha lasciato parlare i documenti ufficiali e ha limitato al minimo i
suoi commenti. E i documenti ufficiali sono difficili da smentire."
[ 3-6]
|
IL CASO
DELL'ARCIVESCOVO STEPINAC
Pubblicato dall'Ambasciata della Repubblica
Federale Popolare di Jugoslavia nel 1947
°°°
INTRODUZIONE
Quando Adolf Hitler, nel
mettere in atto il suo progetto di conquista dell'Europa e del mondo,
attaccò il Regno di Jugoslavia, il 6 aprile 1941, fu subito
chiaro che la Wehrmacht tedesca avesse a disposizione un poderoso
gruppo di traditori all'interno dello stato jugoslavo.
Sin dall'inizio l'esercito
jugoslavo, impegnato in un confronto mortale con le forze decisamente
superiori dell'invasore nazista, dovette guardarsi da bande di soldati
che lavoravano per il nemico alle sue spalle.
Queste erano le cosiddette
formazioni terroristiche Ustasha, che agivano in stretta collaborazione
e a volte sotto la guida diretta del clero cattolico che faceva parte
degli Ustasha, mettendo in pericolo le linee di comunicazione
dell'esercito jugoslavo in combattimento, attaccando e disarmando le
unità isolate dell'esercito.
Duramente colpito nello
scontro con la Wehrmacht e pugnalato alla schiena dagli Ustasha,
l'esercito jugoslavo resistette eroicamente per due settimane, prima di
essere sconfitto. Dopo la sconfitta dell'esercito jugoslavo una parte
del paese fu occupato dalla Wehrmacht, una parte fu data agli Ustasha,
che misero in piedi uno stato-fantoccio nazista denominato Stato
Indipendente della Croazia. Fin dall'inizio fu subito chiaro che il
potere in questo stato-fantoccio era interamente nelle mani degli
Ustasha e dei loro collaboratori ai bassi e alti livelli del clero
cattolico.
Una ondata di terrore
attraversò immediatamente il nuovo stato della Croazia. Il
programma degli Ustasha prevedeva che dei 2.000.000 di serbi presenti
in Croazia un terzo fosse ricacciato nel territorio serbo, un terzo
venisse ammazzato, e il resto venisse obbligato, sotto minaccia di
torture e di morte, a convertirsi al cattolicesimo. Degli 80.000 ebrei
presenti in Jugoslavia 60.000 furono uccisi, in gran parte in Croazia.
Come vedremo nei capitoli seguenti, sulla base di prove documentali,
queste atrocità quasi incredibili furono commesse con la piena
conoscenza e il supporto attivo di una parte della gerarchia cattolica
in Croazia. L'arcivescovo Stepinac era il responsabile a capo di questa
gerarchia.
L'indagine della
Commissione jugoslava sui Crimini di Guerra ha stabilito che
l'arcivescovo Stepinac ha avuto un ruolo primario nella cospirazione
che ha portato alla conquista e alla distruzione del Regno di
Jugoslavia. È stato inoltre stabilito che l'arcivescovo Stepinac
ha avuto un ruolo nel governare lo stato-fantoccio nazista della
Croazia, che molti membri del suo clero hanno partecipato attivamente
ad atrocità e omicidi di massa, e infine che hanno collaborato
col nemico fino all'ultimo giorno del comando nazista, ed hanno
continuato anche dopo la liberazione a cospirare contro la neonata
Repubblica Federale Popolare di Jugoslavia.
(continua...)
|
L'arcivescovo
Stepinac durante una seduta del parlamento Ustasha, del quale era
membro
regolare con ad altri 10 prelati. |
(
... continua)
Per comprendere a fondo il ruolo dell'arcivescovo Stepinac nei cruciali
anni che hanno preceduto la guerra, come durante la guerra stessa e
dopo la liberazione della Jugoslavia, è necessario ricordare la
lotta secolare che i popoli slavici meridionali, serbi, croati, sloveni
e macedoni hanno condotto nei secoli per ottenere la loro indipendenza
I popoli slavi dei Balcani
hanno una gloriosa tradizione come fierii e tenaci combattenti in
difesa della loro tradizione religiosa e dell’indipendenza nazionale.
Nei 500 anni di dominio turco sui Balcani, i serbi hanno formato il
cuore del movimento di resistenza. Quando, nel corso del secolo scorso,
l'antico impero ottomano iniziò a declinare, i popoli balcanici
raggiunsero la loro indipendenza nazionale. Ma i grandi poteri divisero
i Balcani in piccoli stati che divennero così pedoni nel grande
gioco degli intrighi delle potenze europee.
Fu soprattutto la Germania
imperiale, insieme al vecchio Impero d'Asburgo, a perseguire un
programma di dominazione dei Balcani. Questo antico progetto di
conquista pan-germanico, conosciuto anche come il Progetto Ferroviario
Berlino-Baghdad, minacciava punti vitali e linee di comunicazione
dell'impero inglese e portava inoltre una grave minaccia alla Russia.
Fu questa politica di aggressione austro-germanica contro il Balcani, e
specialmente contro la Serbia, che finì per provocare la Prima
Guerra Mondiale.
(continua...)
|
SOPRA:
Ante Pavelic e l'arcivescovo
Alojzije Stepinac nella cattedrale di Zagabria, poco prima della messa
rituale in occasione dell'apertura del
parlamento Ustasha. SOTTO: L'Arcivescovo Stepinac
(primo da destra) partecipa personalmente alla sepoltura del criminale
Ustasha Marko
Dosen. Al centro dell'immagine il nunzio apostolico Ramiro Marcone, che
rappresentava ufficialmente il Papa in Croazia. |
(
... continua)
Buona
parte delle prove documentali che stabilivano la partecipazione della
gerarchia cattolica e di parte del clero più basso al tradimento
e alla
cospirazione venne dagli stessi cospiratori. La Commissione d'Indagine
ha trovato migliaia di rapporti stampati, insieme ad articoli sia della
stampa ufficiale ecclesiastica che nei giornali controllati dai
cattolici, che offrono un'immagine impressionante del modo in cui
questo crimine fu preparato.
I
sostenitori
dello Stato
Indipendente di Croazia hanno commesso il grave errore di credere che
sarebbero durati almeno quanto il Reich millenario di Hitler. Questa
fiducia spiega perché non abbiano esitato a mettere
tranquillamente
nero su bianco i loro piani e i loro progetti.
Dopo
la
creazione dello
stato-fantoccio si sentirono liberi di descrivere in giubilanti
articoli come gli zelanti membri del clero avessero lavorato per Der
Tag, come i monasteri fossero stati usati da nascondiglio clandestino
per i movimenti illegali degli Ustasha, come avessero mantenuto
costantemente il contatto con il cospiratori all'estero, come avessero
organizzato i monaci e la gioventù cattolica come “crociati” per
la
futura sollevazione, e come abbiano messo in pericolo in molti modi
diversi da stessa esistenza della Jugoslavia prima della guerra.
Le
prove
ritrovate dalla
commissione di indagine danno una chiara immagine della struttura
organizzativa della cospirazione. Il piano completo fu diretto da
membri responsabili della gerarchia cattolica. L'esecuzione pratica del
progetto veniva affidata ad Azione Cattolica e alle sue varie
organizzazioni affiliate, come la “Grande Fratellanza dei Crociati”, la
“Società Accademica di Domagoj”, l'“Associazione degli Studenti
Cattolici di Mahinic”, la “Grande Sorellanza delle Crociate”, e molte
altre. Il presidente e i direttori di queste organizzazioni venivano
nominati direttamente dall'arcivescovo Stepinac, e erano in molti
casi erano preti ben conosciuti o appartenenti segreti ai gruppi
ustasha.
Tutte
queste
forze furono mobilitate in una azione concertata, con lo
scopo dichiarato di diffondere l'ideologia fascista. Questa propaganda
convinceva i fedeli che sarebbe stata una buona azione, nel più
alto interesse della Croazia e della chiesa cattolica, di uccidere o
convertire i serbi e di sterminare gli ebrei. Quanto spudoratamente
questa propaganda venisse pubblicata dalla stampa
cattolica verrà mostrato in seguito.
Che
Azione
Cattolica fosse la forza organizzatrice della sollevazione
Ustasha è stato confermato in un discorso di Ante Pavelic poche
settimane dopo aver preso il potere in Croazia: sull'organo di
stampa Hrvatski
Naro del 24
giugno
1941 compariva un discorso di Ante Pavelic diretto ai delegati di
Azione Cattolica: "Nella nostra
battaglia politica è certo che Azione Cattolica abbia avuto un
ruolo importante". Anche il direttore del settimanale cattolico
Katolicki
Tjednik lodò nel
numero del 27 aprile 41 i risultati ottenuti da
Azione Cattolica, della quale era stato un influente leader
nell'organizzare la Gioventù dei Crociati.
L'associazione
"Grande Fratellanza dei Crociati" era composta da 540
società con circa 30 mila membri, mentre la "Grande Sorellanza
dei Crociati" aveva circa 452 società con 18,935 membri. Sotto
la copertura di un presunto lavoro religioso, queste organizzazioni
svolsero l'importante ruolo di inculcare lo spirito del fascismo e
dell'odio razziale e religioso nella gioventù. I membri venivano
indottrinati con l'ideologia Ustasha di naziolanismo sciovinistico.
I
crociati
avevano i loro campi di addestramento militare. Il
settimanale crociato Nedelja dell'11
luglio 43 pubblicò un articolo che parlava dei corsi di
addestramento militare dei crociati nei
loro campi, dove addestravano ufficiali per le future formazioni
Ustasha.
Il
periodico Krizar (Il Crociato) nel febbraio 1942 descrisse
come le organizzazioni dei crociati avessero servito da rifugio per la
gioventù croata nella difficile lotta fra il 1929 e il 1934, e
che molti giovani croati avesserlo sentito perlare per la prima volte
dei fondatori Ustasha negli oscuri corridoi dei crociati.
Quintali
di
documentazione rendono evidente come la Fratellanza e la Sorellanza dei
Crociati venissero usate come copertura per le
attività illegali del movimento ustasha fuorilegge nel regno di
Jugoslavia. Quando il regno di Jugoslavia crollò molti membri
dei
crociati e diverse organizzazioni affiliate ricevettero importanti
incarichi nello stato ustasha.
Il
periodico cattolico Katolicki
Tjednik del 27
aprile 1941
riporta un articolo
intitolato " I crociati rivolgono un
saluto allo stato croato e al suo Poglanvik. Fra
le altre cose, l'articolo diceva: "La
grande fratellanza dei crociati ha mandato
attraverso il cappellano militare dell'esercito ustasha, dottor Ivo
Guberina, e attraverso in signori CVitanovic e Vitezic, il seguente
saluto al Poglavnik: la
nostra gioia e felicità sono indescrivibili nel salutare nel
nome
della Grande Fratellanza dei Crociati e dell'intera organizzazione dei
Crociati il nostro Duce, l'imperatore del popolo croato, fondatore capo
dello stato indipendente di Croazia, cresciuto nello spirito del
cattolicesimo radicale, che non conosce compromessi di principio. Essi
non hanno mai pensato per un solo momento di cedere o
abbandonare il programma del nazionalismo croato. Grande capo! I
Cociati ti danno il benvenuto e ti esprimono il loro grande amore
e devozione. Che il signore ti benedica con abbondanza, e
che i Crociati possono continuare a costruire anime immortali per Dio,
e
personalità d'acciaio per il popolo croato. Dio è vivo,
per
la terra del padre noi siamo pronti!"
|
Come
scrive Karlheinz Deschner, in Croazia riecheggiava la stessa
retorica di stampo crociato, fanatica e fratricida, già sentita
in Spagna nel 1936:
|
"Vescovi
e preti sedevano nel Sabor, il
parlamento ustasa. Religiosi fungevano da ufficiali della guardia del
corpo di Pavelic. I cappellani ustasa giuravano ubbidienza dinanzi a
due candele, un crocifisso, un pugnale ed una pistola. I Gesuiti, ma
più ancora i Francescani, comandavano bande armate ed
organizzavano massacri: "Abbasso i Serbi!". Essi dichiaravano giunta
"l'ora del revolver e del fucile"; affermavano "non essere più
peccato uccidere un bambino di sette anni, se questo infrange la legge
degli ustasa". "Ammazzare tutti i Serbi nel tempo più breve
possibile": questo fu indicato più volte come "il nostro
programma" dal francescano Simic, un vicario militare degli Ustasa.
Francescani erano anche i boia dei campi di concentramento. Essi
speravano, nella "Croazia Indipendente", in quello "Stato cristiano e
cattolico", la "Croazia di Dio e di Maria", "Regno di Cristo", come
vagheggiava la stampa cattolica del paese, che encomiava anche Adolf
Hitler definendolo "crociato di Dio". [ 3-7]
|
Ante
Pavelic con l'episcopato della Chiesa
cattolica ad un ricevimento in occasione del suo compleanno.
|
Suore
marciano con i
legionari nazisti croati (Ustasha). |
(... continua)
L'organizzazione
dei Crociati era diretta
in modo centralizzato da Zagabria. L'arcivescovo Stepinac confermava
personalmente la
scelta dei suoi capi.
A presidente dell'organizzazione Stepinac
aveva
messo il noto fascista dottor Dr. Feliks Niedzielski, e come primo
curato e
vicepresidente
aveva nominato monsignor Milan
Beluhan.
La
commissione di inchiesta ha accertato
che nel periodo precedente la guerra molte chiese e monasteri cattolici
della Jugoslavia servirono come sede per incontri segreti degli
Ustasha. Per citarne solo alcuni, gli incontri fra il leader del
movimento illegale ustasha in Jugoslavia e i delegati di Pavelic
dall'Italia e dalla germania si tenevano nel monastero francescano di
Cuntic.
I
preti
occupavano posizioni di grande responsabilità
nell'organizzazione illegale ustasha.
(continua ...)
|
In proposito lo storico Dusan Batakovic ha
scritto:
|
"L'alto
clero della Chiesa cattolica
croata aveva stabilito una aperta collaborazione con le autorità
Ustasha. Alla sua guida c'era l'arcicvescovo di Zagabria Mons. Alojzije
Stepinac,
che salutò la creazione del nuovo stato e diede la benedizione
ad
Ante Pavelic. La maggior parte dei vescovi cattolici (Mons.
Saric di
Sarajevo, Mons. Bonefacic
di Split, Mons. Pusic di Hvar, Mons. Srebrenic di Krk, Mons. Buric di
Senj,
Mons Aksamovic di Djakovo, Mons Garic di Banja Luka, Mons. Mileta di
Sibenik) hanno lavoratro attivamente per propagare il regime Ustasha, e
un certo numero di preti e di suore portava l'uniforme Ustasha,
soprattutto i francescani della Bosnia che non fecero nulla per
nascondere la loro partecipazione ai crimini." [3-8] |
( ... continua)
Molti
approfittavano le loro
privilegi come preti per operare come servizio di corriere fra le varie
organizzazioni ustasha, altri addirittura organizzavano segretamente
gruppi ustasha. Il prete della diocesi di Ogulin, Ivan Mikan, era il
principale organizzatore delle
attività ustasha di Ogulin.
In una petizione al
Ministro dell'Agricoltura del 7 maggio'42, il
dottor Berkovic vantava i seguenti servizi
resi alle
organizzazioni Ustasha: "Durante
14 anni passato come prete a Drnis, la mia parrocchia era letteralmente
la casa degli Ustasha, era il punto di incontro degli Ustasha, non solo
della nostra regione, ma di tutti quelli che venivano nella zona per
organizzare le attività degli Ustasha..."
I
più alti livelli della gerarchia cattolica intrattenevano tutti
attività simili. L'arcivescovo di Sarajevo, Ivan Saric,
incontrò i
leader Ustasha in Sud America, e ne parlò apertamente su
Katolicki
Tjednik del 18 maggio 1941. In
uno dei suoi viaggi in Vaticano, nel 1938, Saric incontrò
Pavelic,
nella Basilica di S.Pietro, e in seguito gli dedicò un poema che
comparve su tutte le più importanti pubblicazioni cattoliche.
(continua ...)
|
"ODE AL POGLAVNIK"
Dall'
"Ode al Poglavnik" dell'Arcivescovo
di Sarajevo leggiamo:
"Il
poeta
ti ha
incontrato nella Città Santa,
nella
basilica di S.
Pietro, la tua presenza
era
limpida come
quella della patria natìa.
Che
Dio
onnipotente
sia con te,
in
modo
che tu
possa portare a termine
il
tuo
compito
sublime!
Idolo
dei
croati, tu
difendi gli antichi diritti sacri.
Tu
ci
difenderai
dall'ingordigia dei giudei
con
tutti
i loro
soldi, i miserabili che volevano
vendere
le
nostre
anime e tradire i nostri nomi.
Proteggi
le nostre
vite dall'inferno,
dal
marxismo e dal
bolscevismo."
Ante
Pavelic era noto per una tale crudeltà da aver
impressionato gli stessi caporioni nazisti che lo visitavano.
Sulla sua scrivania Pavelic usava tenere un cestino con
gli occhi che erano stati cavati alle vittime prima di venire sgozzate,
asfissiate o uccise a martellate. Quella che
sembrerebbe a prima vista una semplice leggenda metropolitana è
stata confermata da diverse fonti, fra cui lo
scrittore italiano Curzio Malaparte:
|
"Mentre
si parlava,
io osservavo un paniere di vimini posto sulla
scrivania, alla sinistra del Poglavnik. Il coperchio era sollevato, si
vedeva che il paniere era colmo di frutti di mare, così mi
parvero, e
avrei detto di ostriche, ma tolte dal guscio, come quelle che si vedono
talvolta esposte, in grandi vassoi, nelle vetrine di Fortnum and Mason,
in Piccadilly a Londra. Casertano (ministro italiano a Zagabria, ndr)
mi guardò, stringendo l'occhio: "Ti piacerebbe, eh, una bella
zuppa di
ostriche!". "Sono ostriche della Dalmazia?", domandai al Poglavnik.
Ante Pavelic sollevò il coperchio del paniere e mostrando quei
frutti
di mare, quella massa viscida e gelatinosa di ostriche, disse
sorridendo, con quel suo sorriso buono e stanco: " E' un
regalo dei miei fedeli
ustascia: sono venti chili di occhi umani"
C. Malaparte, Kaputt, pag.429.
|
|
Questo era l'uomo che Stepinac ricevette e
benedisse nella cattedrale di Zagabria, e poi sostenne finchè
rimase al potere,
incitando il clero e il popolo croato a seguire le sue orme. Sotto a
destra: Stepinac, che era anche il più alto cappelllano militare
dell'esercito di Pavelic, porge visita al dittatore per gli auguri di
buon anno indossando la medaglia degli Ustasha.
In proposito, nell'introduzione
al libro "l'Arcivescovo del
genocidio" di Marco Aurelio
Rivelli leggiamo:
|
"Interrogato durante il
suo processo
sul perché avesse accettato l’onoreficenza degli Ustasha,
Stepinac non
si vergognò di rispondere che «…se
avessi rifiutato la massima onorificenza militare ustaša, sarebbero
successe delle cose ancora più terribili… Noi abbiamo stabilito
in modo
chiaro i principî delle conversioni, gli ortodossi erano liberi e
nello
stato spirituale di convertirsi o meno», senza rendersi conto
della
plateale contraddizione: infatti, il pubblico ministero gli
contestò
che non era pensabile che un uomo del suo rango non potesse rifiutare
un’onorificenza per timore di cose terribili, laddove, a dire dello
stesso Stepinac, perfino i serbi potevano liberamente
scegliere senza conseguenze se diventare
ortodossi o meno. Il vile Stepinac non rispose." [3-9] |
NOTA:
Quella presentata finora
è solo una parte dei capi
d'accusa contro Stepinac
citati dal documento dell'Ambasciata
jugoslava, che invitiamo a leggere per intero. LINK
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