Vediamo se riusciamo a uscire fuori da tutta una serie di incredibili fraintendimenti - così tanto incredibili che non posso fare a meno di pensare che qualcuno stia ciurlando nel manico.
Rifacciamoci dai punti basilari: le definizioni.
RAZZISMOSecondo il
Sabatini-Colletti il razzismo è:
"Ideologia che, fondata su un'arbitraria distinzione dell'uomo in razze, giustifica la supremazia di un'etnia sulle altre e intende realizzarla attraverso politiche discriminatorie e persecutorie"Secondo
Hoepli invece:
"Dottrina che sostiene la superiorità di una razza sulle altre e che propugna la necessità di mantenerla pura, evitando perciò ogni contaminazione con altre razze, ritenute inferiori, mediante severe discriminazioni razziali e talvolta anche con la persecuzione"Ce ne sono altre, sempre sullo stesso tenore.
(Ognuna delle voci riporta anche un significato
estensivo, che non ho citato perché non ha niente a che fare con l'equazione Sionismo=Razzismo=Nazismo.)
Ora che (credo) è chiaro di cosa stiamo parlando, andiamo a guardare i Palestinesi.
Che non sono una "razza" a parte.
Somaticamente, culturalmente, etnicamente, storicamente e religiosamente appartengono in tutto e per tutto alla grande "razza" araba.
Che è la stessa alla quale appartengono gli egiziani, i siriani, i giordani, gli arabi sauditi eccetera.
E che è la stessa alla quale appartengono gli arabi israeliani.
SE - e solo SE - i palestinesi avessero fatto parte di una "razza" a sé ALLORA si sarebbe potuto avanzare l'idea che Israele utilizza politiche razziste nei loro confronti.
Ma visto che fanno tutti parte della "razza" araba, diventa parecchio difficile capire perché gli arabi palestinesi siano angariati "razzialmente" mentre gli arabi israeliani no.
In realtà se si parte dalla considerazione che siano discriminazioni "razziali" a questo quesito non c'è risposta.
E' completamente assurdo.
Se gli ebrei/sionisti/israeliani ponessero la questione RAZZIALE i primissimi sui quali agire insieme ai palestinesi sarebbero per l'appunto proprio i loro concittadini arabi; che, insomma, sono più di un milione.
Però non lo fanno.
Anzi.
Ci si scapicolla per esempio nel dire che la prova del "razzismo" israeliano è che i cartelli stradali della zona palestinese verranno scritti in ebraico, ma nella fretta ci si
dimentica di aggiungere che, per i propri cittadini, l'arabo è una delle due lingue ufficiali di Israele.
Si deve guardare in un'altra direzione, non in quella razziale.
Come ho già detto, per descrivere la politica israeliana nei confronti dei palestinesi tocca usare un altro aggettivo.
Notturno, del quale condivido in toto gli interventi (e per una volta tanto non mi conservo neppure la minima riserva), ne ha trovati alcuni:
"Orribile, oscena, STUPIDA, ignobile".
Volendo possiamo aggiungerne altri: terrificante, crudele, genocida, raccapricciante, sadica.
Il limite alla fantasia è solo quello generato dallo sdegno.
L'UNICO che non possiamo proprio usare è "razzista".
Definire la politica israeliana nei confronti dei palestinesi come "una politica razzista" ha esattamente lo stesso senso che avrebbe il definirla "una politica gialla".
Cioè nessun senso.
Eppure qui in molti lo fanno.
Se qualcuno si prova semplicemente a far notare che è una cosa completamente sbagliata allora diventa un "infiltrato", o un "automatizzato".
Uno che fa parte della
banda filosionista.
Viene da chiedersi allora come mai così tanti utenti di LC, che pure hanno dimostrato di saper scrivere in italiano corretto e di saper affrontare altri argomenti con notevole spirito critico, quando si affronta la questione palestinese si affannano invece a usare il termine "razzismo" - oppure, se sono davvero alla ricerca del sublime, "nazismo".
A me ne vengono in mente solo due:
1) Non conoscono il significato del termine.
2) Conoscono benissimo il significato del termine e sanno benissimo di dire una bestialità ogni volta che lo utilizzano. Però evidentemente le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi così come sono non gli sembrano sufficientemente brutte, quindi decidono di esagerare e di utilizzarlo lo stesso per suscitare uno sdegno ancora maggiore.
Detta in altre parole, cercano di piegare la realtà alla retorica delle loro convinzioni.
E così si trasformano nei "vicini di casa" di loro stessi.