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  •  carloooooo
      carloooooo
Videopoker
#1
Dubito ormai di tutto
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Giochi d'evasione

di Marco Lillo (L'Espresso, 29 marzo 2007)

Il Governo Prodi potrebbe incassare cento miliardi di euro grazie ai videopoker che hanno invaso l'Italia. Questa valanga di banconote che fa impallidire il famoso 'tesoretto' di 8 miliardi vantato dal ministro dell'Economia Padoa-Schioppa per ora esiste solo nelle carte della Guardia di Finanza. La somma enorme sarebbe dovuta all'erario dai concessionari delle slot machines per i loro inadempimenti negli ultimi due anni. Se le contestazioni fossero confermate in giudizio saremmo di fronte alla 'multa' più grande della storia italiana, una cifra difficile da immaginare e impossibile da incassare.

Dal luglio del 2005 a oggi le regole sono state violate ripetutamente e i controllori non hanno mai chiesto le penalità previste dalla legge. L'allegro andazzo è finito nel mirino del colonnello Umberto Rapetto nel giugno scorso. Il comandante del Gruppo Anticrimine Tecnologico della Guardia di Finanza, soprannominato anche 'lo sceriffo del Web', sta preparando un bel pesce di aprile alle grandi società che dominano il mercato del gioco in Italia. Rapetto è stato incaricato dal procuratore della Corte dei Conti del Lazio, Marco Smiroldo, di verificare il danno erariale prodotto dalle violazioni continue delle regole in questo settore. I suoi uomini hanno lavorato duramente per penetrare un mondo chiuso, poco conosciuto e spesso sottovalutato. A breve l'indagine sarà chiusa e arriveranno le prime contestazioni.

Per capire come si configuri una penalità di queste dimensioni bisogna partire dal 2004, quando il governo Berlusconi si lancia nella difficile sfida di bonificare il settore dei videopoker, tradizionalmente controllato dalla criminalità organizzata. Da sempre le macchinette sparse nei bar sono la prima causa di ricorso all'usura e rappresentano una fonte di dipendenza psicologica per i deboli. Secondo una corrente di pensiero molto diffusa lo Stato dovrebbe combatterle, invece il governo Berlusconi sceglie di regolamentarle, per tenere lontana la malavita e incassare miliardi con poca fatica. I fautori della legalizzazione dei videopoker in versione soft (che comunque continuano a rovinare centinaia di famiglie) avanzavano un doppio alibi: il controllo ferreo avrebbe strappato il mercato alla criminalità e avrebbe garantito entrate certe.

Affermazioni che si basavano su un presupposto tecnologico: tutte le macchinette esistenti sul territorio nazionale, da Trento a Cefalù, dovevano essere collegate con il cervellone della Sogei. In pratica, un filo diretto con l'agenzia delle entrate. L'opera titanica doveva essere assolta dai 'concessionari di rete', dieci società selezionate attraverso un bando pubblico che, nel disegno originario, avrebbero dovuto garantire il collegamento telematico 24 ore su 24 e il prelievo delle imposte. Nel mondo ideale disegnato dal legislatore, in qualsiasi momento la Sogei avrebbe potuto, con un semplice clic, chiedere i dati sull'andamento del gioco alla slot sperduta in un bar lontano. La realtà è ben diversa. L'inchiesta del Gat della Guardia di Finanza dimostra che le dieci società concessionarie sono sostanzialmente inadempienti. La maggioranza delle 200 mila slot machines esistenti non sono collegate. E così i gestori continuano a pagare una quota forfettaria di imposte senza alcuna verifica sulle giocate reali.

La legge assegna allo Stato il 13,5 per cento del giro di affari. L'imposta si chiama Preu (Prelievo Erariale Unico) e dovrebbe essere commisurata alle monete infilate nella slot. Solo nel caso in cui sia impossibile il collegamento la legge prevede l'eccezione del pagamento a forfait, commisurato alle giocate medie dell'intera rete (circa 210 euro per ogni macchina al giorno). L'eccezione in Italia è diventata la regola con evidente vantaggio dei privati che gestiscono il gioco: una macchina che incassa 5 mila euro al giorno dovrebbe versare una cifra tripla rispetto a quella forfettaria. Per questa ragione il gestore ha tutto l'interesse a scollegare la macchina. Proprio per evitare questi trucchi la legge prevede sanzioni durissime: 50 euro per ogni ora di mancata connessione (esclusi i primi 30 minuti). A partire dal luglio 2005, quando il sistema doveva entrare a regime, i Monopoli avrebbero dovuto incassare le penalità per il mancato rispetto dei cosiddetti 'livelli di servizio'. Le cose però sono andate diversamente: un po' perché i concessionari opponevano insormontabili difficoltà tecniche a effettuare il collegamento; un po' perché i Monopoli non volevano applicare la sanzione massima della revoca per non uccidere la gallina dalle uova d'oro che fruttava incassi crescenti all'erario. [continua]

_____


Slot da 88 miliardi

di Marco Lillo (L'Espresso, 24 gennaio 2008)

La richiesta dei danni erariali più grande della storia è partita il 7 gennaio scorso. Se solo riuscisse a incassarne una decima parte, lo Stato non avrebbe più bisogno della legge finanziaria nel 2008. 'L'espresso' è in grado di rivelare i contenuti dell'atto che chiude l'inchiesta della Corte dei conti sulle 'slot machines legali' condotta dal Nucleo frodi telematiche della Guardia di finanza diretto dal colonnello Umberto Rapetto. La Procura regionale del Lazio della Corte, guidata da Luigi Ribaudo, ha depositato una raffica di citazioni in giudizio contro i dieci concessionari che avrebbero dovuto controllare le slot sparse nei bar italiani. Ora la magistratura chiede il conto dell'inadempimento alle dieci grandi aziende del settore dei giochi: 88 miliardi di euro. Una pretesa che probabilmente non sarà mai riscossa, ma che serve allo Stato come base per negoziare da una posizione di forza quando si arriverà all'inevitabile 'soluzione politica' di questa brutta storia.

I concessionari delle slot machines, in attesa di una legge che permetta una sanatoria o una transazione, sono citati per il processo che si terrà nel dicembre del 2008 a Roma. Sul banco degli imputati ci saranno anche i dirigenti dell'Aams, l'Agenzia autonoma dei Monopoli di Stato, che hanno permesso ai concessionari di violare impunemente la convenzione con l'Agenzia. La capolista indiscussa nella classifica delle contestazioni è certamente Atlantis World. La multinazionale titolare di tre casinò nelle Antille si vede contestare ben 31 miliardi e 390 milioni di euro. Seguono a una certa distanza gli altri nove operatori: Cogetech con 9 miliardi e 394 milioni di euro; Snai con 8 miliardi e 176 milioni, Lottomatica con 7 miliardi e 690 milioni; Hbg con 7 miliardi e 82 milioni; Cirsa con 7 miliardi e 51 milioni;

Codere con 6 miliardi e 853 milioni, Sisal con 4 miliardi e 459 milioni; Gmatica con 3 miliardi e 167 milioni e infine Gamenet con 2 miliardi e 873 milioni.

I concessionari si sono visti recapitare queste richieste a nove cifre qualche settimana fa, ma non dovranno far fronte all'impegno da soli. Una quota della penale di ciascuno è stata accollata ai funzionari che dovevano controllarli. Il direttore dell'Aams, Giorgio Tino, sua moglie Anna Maria Barbarito (dirigente Aams competente sulle slot) e il direttore del settore, Antonio Tagliaferri, saranno chiamati a rispondere per 9 miliardi di euro circa, in solido tra loro. Per esempio, sui 31 miliardi e 390 milioni di euro contestati ad Atlantis, ben 4 miliardi e 390 milioni andranno imputati ai tre dirigenti perché, per la Procura, "hanno abdicato alle funzioni che la legge e la convenzione gli attribuiscono ai fini della verifica del corretto adempimento degli obblighi di controllo sul corretto esercizio del gioco da parte dei concessionari".

Per capire come si è arrivati a questo punto bisogna partire dal 2004, quando i videopoker sono stati regolamentati dal governo Berlusconi. Per impedire l'evasione fiscale e l'infiltrazione della criminalità in questo settore ad alto rischio, il governo aveva previsto un controllo stringente sulle macchinette. Le slot avrebbero dovuto dialogare in tempo reale con il cervellone della Sogei per fornire i dati sulle giocate. Dieci società private del settore selezionate mediante un apposito bando avrebbero vigilato sul sistema riscuotendo il prelievo pari al 13 per cento. La convenzione stipulata con l'Aams prevedeva per loro una vera e propria corsa a ostacoli con termini precisi e obiettivi ambiziosi. Entro il 13 settembre del 2004 i concessionari avrebbero dovuto attivare la rete. Entro il gennaio del 2005 avrebbero dovuto collegare almeno 5 mila macchinette. A partire dal luglio 2005 avrebbero dovuto permettere a Sogei di interrogare tutte le slot. In realtàil controllo del gioco on line è rimasto inattuato per larga parte. Basta dare un'occhiata alla tabella che pubblichiamo qui sopra per rendersene conto: su oltre 4,1 milioni di richieste dati, per esempio, le slot di Atlantis, secondo la Guardia di Finanza, hanno risposto meno di 1.800 volte. E non sempre hanno fornito i dati di gioco. [continua]

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Ne ha parlato anche Ferruccio Sansa al V-Day lo scorso 8 settembre.

_________________
Bicarlonato.
Inviato il: 27/1/2008 12:05
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  •  carloooooo
      carloooooo
Re: Videopoker
#2
Dubito ormai di tutto
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Poker tra mafia e politica

Videopoker e mafia.

E’ ormai divenuto un legame strettissimo quello tra la gestione delle slot-machine e la criminalità organizzata.

Decine di indagini in tutta Italia si sono svolte e tutt’ora sono in corso per tentare di fare luce sul racket che controlla il mercato dei giochi elettronici. In Sicilia, Calabria e Bailicata come in Liguria e Piemonte le pesanti porte degli istituti penitenziari si sono aperte per accogliere molti esponenti delle “famiglie” locali con l’accusa di associazione a delinquere legata ai traffici illeciti dei videopoker.

Possono venire imposti ai negozianti, come è successo a Bruno Piazzese di Siracusa, che pagava la “protezione” attraverso le “macchinette” o come spiega il collaboratore di Giustizia Filippo Battaglia, che racconta come a Brancaccio oltre al pizzo, Cosa nostra gestiva i videopoker acquistati con i soldi delle estorsioni e ne distribuiva alle famiglie mafiose il ricavato.

Nel rapporto della Confesercenti si parla del “racket dei videopoker come di una modalità indiretta dell’attività estorsiva classica”.
Maurizio De Lucia sostituto procuratore antimafia: "quella delle slot è un’attività che porta nelle famiglie di ciascun quartiere parecchi soldi ogni mese. Oltre tutto è un ottimo sistema per riciclare denaro sporco”.

Tutto ciò è possibile tecnicamente anche grazie alla possibilità di truccare le schede elettroniche delle macchinette e non collegandole come la legge impone telematicamente con la rete dei monopoli di stato.

Insomma mafia e videopoker abbiamo detto.

La mafia, questa organizzazione dai contorni assai vaghi, sfumati, indefiniti, che non sempre si capisce dove finisca per cedere il posto al Diritto, e queste macchinette che diventano sempre più spesso illegali, facendo fruttare con semplici accorgimenti milioni di euro. Non collegandole.

Molti soldi per tutti, per la mafia ma anche per l’alta finanza e la politica.

Nel girone più alto non ci sono forse le richieste estorsive convenzionali ma c’è sicuramente la convenienza per tutti.

Altre inchieste, altri indagati. Nomi illustri dell’Italia che conta. Soldi, molti soldi. Cento miliardi di euro.

Giorgio Tino direttore dei Monopoli di Stato e la moglie Anna Maria Barbarico dirigente Aams competente sulle slot.
Dopo la regolamentazione delle “macchinette mangiasoldi” voluta dal governo Berlusconi, era prevista il collegamento telematico di ogni apparecchio ad una rete per il controllo delle giocate al fine di ottenere sia l’impossibilità da parte della criminalità organizzata di potersi impossessare del giro del gioco d’azzardo, sia la certezza del prelievo fiscale del 13% del volume d’affari. La realizzazione di questa rete viene affidata ad alcune imprese private e alle stesse viene richiesto il controllo sull’effettiva funzionalità della stessa, il tutto entro settembre del 2004.

Insomma chi incassava gli euro dalle slot doveva fare la rete di collegamento per esercitare il controllo sulla regolarità delle schede installate e per stabilire il contributo da pagare. Ma cosa più paradossale doveva pure controllare che questa funzionasse. La rete però non parte. L’imposta non può essere calcolata e quindi non può essere prelevata. [continua]
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Bicarlonato.
Inviato il: 5/5/2008 19:57
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