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  Nei media stat virtus?

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  •  schiumaqua
      schiumaqua
Nei media stat virtus?
#1
Mi sento vacillare
Iscritto il: 2/6/2004
Da dalla grotta
Messaggi: 358
Offline
Nei media stat virtus?- marzo 2007
http://www.hawiyya.org

Hawiyya omaggerà Tanya Reinhart pubblicando nei prossimi giorni il filmato dell’incontro da lei tenuto a Siena il 10 giugno 2006 dal titolo “L’eredità di Sharon“. Un abbraccio con il cuore ad Aharon Shabtai.

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“In una società aperta, come gli Stati Uniti, la natura occulta e integrata della propaganda è ciò che meglio convince la gente di non essere manipolata”
Nancy Snow

”Ammiraglio McGinn, una delle cose che non vogliamo è distruggere le infrastrutture dell’Iraq, perché tra qualche giorno il Paese sarà nostro!”
Tom Brokaw, anchorman NBC


Citati in “MediaWar” di Norman Solomon
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In un precedente editoriale scrivevamo come non “gli” sia più indispensabile generare odio verso altro: è sufficiente creare paura dell’altro: l’odio verrà da sé.
Questa “tecnica” la vediamo applicata, fino ad adesso in modo vincente, anche nei confronti del “mondo” che si oppone a questo stato di cose, a quell’universo di liberi pensatori che - ci limitiamo per ora a dire - non accetta di uniformarsi al pensiero dominante (in realtà vincente - secondo la percezione della grande maggioranza della pubblica opinione - per assenza di avversari).
La tecnica, in questo caso, si applica “evitando” di “distruggere” questi latori del dubbio socratico, essendo sufficiente mettere in risalto i loro punti di disaccordo che, nella quasi totalità dei casi, riguardano le “terapie” future, non la diagnosi presente.
“Zizzania” è la parola che meglio descrive lo stato delle cose, seminagione di zizzania (a volte selfmade): dividersi per farsi dominare; dividersi per mostrare sempre più - a quell’opinione pubblica che non ha grandi opportunità di alternative conoscitive - la forza del potere; potere a cui non ci si può opporre se non in modo velleitario o, ancor peggio, “donchisciottesco” (bello, romantico, però …. la realtà è altra!)
Dividi et impera, semplicemente.

Leggiamo ed ammiriamo Chiesa e Minà, Grimaldi e Sbancor, Massimo Fini e Claudio Fracassi, Blondet e Barnard, Hass e Elsässer, Michael Zezima e Gore Vidal … cosa hanno in comune tra loro? Poco, alcuni pochissimo, ma quel pochissimo è tutto! È la buona fede di ognuno di loro, è l’amore per il vero e la tensione alla conoscenza, è il porre l’altro al centro di sé: volontà di osservare il mondo anteponendolo alle proprie “simpatie”:
“Amicus Plato, sed magis amica veritas“.

Eppure la parola d’ordine sembra essere “divisi alla meta”!
Denunciamo quotidianamente il dominio incontrastato delle NARRATIVE ufficiali ma pretendiamo contrastarle con mezzi e strumenti non solo insufficienti ma spesso decisamente impropri (narrative opposte) e soprattutto flebili: flebili perché frazionati, frazionati perché divisi, divisi perché… perché?

Il paradosso è che tutti si è d’accordo sul fatto che il problema primario sia l’informazione (proprio pochi giorni fa Salim Lamrani si chiedeva retoricamente: “Perché mai il grande capitale economico e finanziario investe nel mondo della stampa, che è un settore sommamente deficitario?” in comedonchisciotte.org).

Siamo tutti concordi che vi è un muro, sempre più denso, tra gli eventi e la gente, tra la realtà e la possibile lettura di essa, in definitiva tra persona e persona.
Tutto ci viene mediato (anche semplicemente dalle abitudini mentali passivamente acquisite), interpretato, pre-cotto.

Ma allora, perché non prevale la volontà di costruire insieme una sostanza capace quantomeno di rendere trasparente detto muro? Una sostanza somministrabile solo goccia a goccia: lenta, delicata, ma inesorabile, invincibile, tremenda: il DUBBIO.

La famosa opinione pubblica che non è convincibile né convertibile nemmeno svegliabile… può essere però “tarlata”: deve essere visitata da PULCI e TARLI.

Non occorre raccontare NARRATIVE diverse, è sufficiente mostrare le grandiose crepe di quelle ufficiali: la PULCE e il TARLO faranno il resto.

La questione è nel metodo, nelle forme, nei tempi: continuità, assiduità, pervicacia.

Vogliamo dire che, sino ad oggi, impera il “divisi alla meta”, appunto: niente metodo, niente continuità né coerenza: niente strategia, insomma.

Nella cosiddetta “Contro-informazione” si ritrovano gli stessi problemi della “informazione-corretta” (ed è proprio il caso di dire “chi vuol capire, capisca”!): si seguono - si subiscono? - i ritmi, i tempi, le “sincopatie” pubblicitarie per cui l’ultima notizia (spot) azzera le precedenti.
Se chiedessimo a noi stessi come si sono concluse molte delle vicende “da prima pagina” in moltissimi (quasi tutti?) casi non sapremmo risponderci… e se non lo sappiamo noi, perché pretendiamo che lo sappia - e ancor più lo capisca - l’opinione pubblica?
(è bene ribadirlo con un semplice esercizio: prendete un qualunque “annuario 2006? con l’elenco delle principali notizie mese per mese, contate quante delle notizie riportate vi erano restate in memoria sino alle loro conclusioni).

Il controllo del potere passa anche dal controllo della memoria… senza bisogno di scomodare Orwell: più questa è frazionata, “decontestualizzata”, sminuzzata insomma, maggiore è il controllo.

Qual’è quindi il NATURALE metodo per opporsi costruttivamente a questa frammentazione della conoscenza/memoria/coscienza, se non il COMPLETARE le notizie, il RICOSTRUIRE la memoria delle vicende, il RICONNETTERE fatto a fatto, effetto a causa, azione a motivo/movente?
La comunicazione come guerriglia, quindi.

È imperioso iniziare a spostare il “campo di gioco”: smettere di giocare sui loro terreni, con le loro regole, i loro arbitri.
Raccontare narrative opposte è rimanere sul loro terreno!
È sintomo di insicurezza, di sfiducia, di paura.

Non dobbiamo far altro che puntare il dito sulle vistosissime lacune, sulle crepe, sulle assenze: completare i quadri, ridare coerenza ai paesaggi.

Ciò che rende invincibile il metodo è la pervicacia, la costanza, la continuità, il far nostro quel “PERSEVERANDO“, tanto caro a Hugo, che è sino ad oggi il grande assente!
È costruire e de-costruire tutti i giorni le notizie.
È distribuirsi i carichi, i compiti, le competenze proprio tra coloro (quei latori del dubbio socratico) che dal mondo delle notizie provengono.
È unire tutto ciò in una forza sola, possente, micidiale: è ordinare, coordinare, armonizzare … e poi riferire, distribuire, promuovere.

E’, in definitiva, unirsi nella costruzione di una prospettiva coerente, di una visione che permetta ad ognuno di capire, comprendere, scegliere.
È smettere di dividersi nelle interpretazioni, nelle opinioni, nelle proiezioni future.

Prima di lamentarsi sulla infedeltà dei media alla realtà almeno proponiamoci di tentare attuare una rigorosa strategia per restituire a quei media “virtù”.

La presente ha la presunzione di essere una “lettera aperta” proprio verso coloro che abbiamo più sopra citato: auspichiamo solo non si “chiuda” qui.

info@hawiyya.org http://www.hawiyya.org
_________________
La verità, dal momento che me la impongono, non mi interessa.
Inviato il: 22/3/2007 12:25
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