Maurizio Blondet
Per fortuna l'Italia può esibire alcune statistiche in crescita.
In impetuosa avanzata il fenomeno, idiota prima che teppistico, del «bullismo», rivelato da un sondaggio Eurispes: venti bambini su cento (dai 12 ai 17 anni) si dicono perseguitati e minacciati da loro coetanei.
Dieci su cento hanno detto di essere stati derubati di oggetti (il telefonino specialmente, il feticcio della gioventù neo-primitiva) o anche del cibo (le merendine) a scuola.
Il 27 % anche per la strada.
Come si vede, è superfluo domandarsi, come hanno fatto parecchi italiani davanti ai roghi delle banlieues francesi, se anche da noi «può avvenire» qualcosa del genere.
Sta già avvenendo.
I bulletti delle nostre scuole sono, antropologicamente, la stessa spazzatura sub-umana che brucia a migliaia le utilitarie dei vicini nelle periferie di Parigi.
La stessa ignobiltà del prendersela con i deboli e i meno difesi, l'insaziabile voglia di appropriarsi degli oggetti di consumo altrui o, altrimenti, di distruggerli; nella convinzione che appena si è in branco tutto sia permesso dietro l'anonimato incivile.
La medesima assenza di un io, se non informe, perché sono degli «io» incompleti quelli che fanno branco.
Con il fondo di un razzismo da grado zero della civiltà: «noi» contro «loro», contro chi è un po' diverso, un po' migliore.
Se il problema da noi ostinatamente non allarma, è solo per un particolare: i teppisti anonimi delle banlieues sono di colore, mentre la nostra teppa di ragazzini è bianca, e spesso di famiglia benestante.
Sono i gioielli, i ragazzini viziati della nostra società.
E' ovvio da chi abbia appreso la prevaricazione, l'arroganza, la sete di consumo ad ogni costo e l'insensibilità verso il prossimo: dai loro genitori.
E' da papà e mammà che hanno imparato «fatti i fatti tuoi», «prima io poi gli altri», l'adorazione imbecille per i capi «firmati», ancorché dozzinali (e la stima degli altri commisurata alla percentuale di capi firmati che indossano); la «libertà» da ogni impegno morale, la teoria del «non farsi mettere i piedi in testa da nessuno».
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