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1 Utenti anonimi
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TheNecrons |
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L'angolo della letteratura | #1 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 22/10/2012
Da
Messaggi: 409
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Apro questo topic per condividere libri, racconti, storie, poesie ecc., antiche o mederne.
Parto con questa poesia di Stefano Benni, dove critica l'ipocrisia e la falsità del giornalismo.
Stefano Benni, "L'Inviato"
Visitai paesi lontani per trovare la rabbia ma fui sempre un ricco tra i poveri e tornavo a parlarne un po’ abbronzato. Fui abbastanza sincero e mai troppo bugiardo ma il coraggio, quello vero non lo trovai mai. Ora dirigo un prestigioso giornale i miei amici dicono che non ho piu’ amici ma ho una grande collezione di cappelli esotici di liquori forti di foto di morti.
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #2 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
Messaggi: 2332
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Come dal germe ai suoi perfetti giorni giunga una schiera di Vanesse; quali speranze buone e quali fantasie la crëatura per volar su nata susciti in cuore di colui che sogna col suo lento mutare e trasmutare, la maraviglia delle opposte maschere, la varia grazia delle varie specie, in versi canterò... Non vi par egli, non vi par egli d'essere in Arcadia?
Dolce Parrasio! Dileguati giorni dell'Accademia, quando il Mascheroni con sottile argomento di metalli le risentite rane interrogava. Le querule presaghe della pioggia (altro presagio al secolo vicino!) stavano tronche il collo. Con sagace man le immolava vittime a Minerva su l'ara del saper l'abate illustre, e se all'argentea benda altra di stagno dalle vicine carni al lembo estremo appressava, le vittime risorte vibravan tutte con tremor frequente. L'orobia pastorella impallidiva sotto le fresche rose del belletto, meravigliando alla virtù che cieca passa per interposti umidi tratti dal vile stagno al ricco argento e torna da questo a quello con perenne giro. Di sua perplessità - dubito forte - si giovava l'abate bergamasco per cingere lo snello guardinfante e baciare furtivo (auspice Volta!) tra l'orecchio e la vasta chioma nivea la dotta pastorella sbigottita. Ma voi, sorella, non temete agguati
dal fratello salvatico in odore di santità? Con certo ritüale arcadico (per gioco!) e bello stile (per gioco!) altosonante, come s'offre nova un'essenza in un cristallo arcaico, queste pagine v'offro, ove s'aduna non la galanteria settecentesca, ma il superstite amore adolescente per l'animato fiore senza stelo; offro al vostro tormento il mio tormento, vano spasimo oscuro d'esser vivi, a voi di me più tormentata, a voi che la sete d'esistere conduce per sempre false imagini di bene. Forse lo stanco spirito moderno altro bene non ha che rifugiarsi in poche forme prime, interrogando, meditando, adorando; altra salute non ha che nella cerchia disegnata intorno dall'assenza volontaria, come la cerchia disegnata in terra dal ramoscello dell'incantatore: magico segno che respinge tutte e le lusinghe e le insensate cure; solo rifugio dove il cuore spento vibri fraterno e riconosca l'Uomo, ché più non vede l'esemplare astratto, ma la specie universa eletta al regno del mondo. E come il Dio d'antichi tempi appariva all'asceta d'altri tempi, così l'asceta d'oggi senza Dio sente nel cuor pacificato un bene sommo, una grazia nova illuminante, lo Spirito immanente, l'acqua viva, e si disseta più che alle sorgenti che mai non troverete, o sitibonda...
Queste, che dico, dissi a voi parole or è già molto, camminando a paro per una landa sconsolata e voi, mal soffrendo il velen dell'argomento, con la mano inguantata il ciuffo a sommo coglieste d'un'ortica e mi premeste sulla gota la fronda folgorante, tortuosamente. Non mi punse quella che più forte s'accosta e men ci punge; e nel gesto passare vidi un cumulo minuscolo di germi di Vanesse sulla villosa nervatura e forse dal vostro gesto, ancor agropungente, nato è il poema, poi che sul mistero del piccolo tesoro accumulato, già in quell'istante, con parole sciolte taluna esposi delle meraviglie che più tardi nel mio silenzio attento passo passo tentai chiudere in versi.
Guido Gozzano
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Merio |
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Re: L'angolo della letteratura | #3 |
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 15/4/2011
Da
Messaggi: 3677
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Citazione: In principio esisteva Eru, l'Uno, che in Arda è chiamato Ilúvatar; ed egli creò per primi gli Ainur, i Santi, rampolli del suo pensiero, ed essi erano con lui prima che ogni altra cosa fosse creata.
Ed egli parlò loro proponendo temi musicali; ed essi cantarono al suo cospetto, ed egli ne fu lieto.
A lungo cantarono soltanto uno alla volta, o solo pochi insieme, mentre gli altri stavano ad ascoltare; ché ciascuno di essi penetrava soltanto quella parte della mente di Ilúvatar da cui proveniva, e crescevano lentamente nella comprensione dei loro fratelli. Ma già solo ascoltando pervenivano a una comprensione più profonda, e s'accrescevano l'unisono e l'armonia. L'incipit de "Il Silmarillion".
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La libertà di parola senza la libertà di diffusione è come un pesce rosso in una vasca sferica... Ezra Pound
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polaris |
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Re: L'angolo della letteratura | #4 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 12/9/2012
Da Tlön
Messaggi: 1640
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Ninna nanna, nanna ninna, er pupetto vò la zinna: dormi, dormi, cocco bello, sennò chiamo Farfarello Farfarello e Gujermone che se mette a pecorone, Gujermone e Ceccopeppe che se regge co le zeppe, co le zeppe d'un impero mezzo giallo e mezzo nero. Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili de li popoli civili Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che commanna; che se scanna e che s'ammazza a vantaggio de la razza o a vantaggio d'una fede per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro. Chè quer covo d'assassini che c'insanguina la terra sa benone che la guerra è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe li ladri de le Borse. Fa la ninna, cocco bello, finchè dura sto macello: fa la ninna, chè domani rivedremo li sovrani che se scambieno la stima boni amichi come prima. So cuggini e fra parenti nun se fanno comprimenti: torneranno più cordiali li rapporti personali. E riuniti fra de loro senza l'ombra d'un rimorso, ce faranno un ber discorso su la Pace e sul Lavoro pe quer popolo cojone risparmiato dar cannone! TRILUSSA Fonte
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Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi.. - Shakespeare
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Mrexani |
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Re: L'angolo della letteratura | #5 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 23/6/2014
Da
Messaggi: 432
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Polaris ha scritto in ''l'angolo delle immagini''Citazione: I dotti medievali sapevano perfettamente che la Terra era rotonda.
La prova? Dante, Citazione: "Prima ch’io de l’abisso mi divella, maestro mio", diss’io quando fui dritto, "a trarmi d’erro un poco mi favella: 102
ov’è la ghiaccia? e questi com’è fitto sì sottosopra? e come, in sì poc’ora, da sera a mane ha fatto il sol tragitto?". 105
Ed elli a me: "Tu imagini ancora d’esser di là dal centro, ov’io mi presi al pel del vermo reo che ’l mondo fóra. 108
Di là fosti cotanto quant’io scesi; quand’io mi volsi, tu passasti ’l punto al qual si traggon d’ogne parte i pesi. 111
E se’ or sotto l’emisperio giunto ch’è contraposto a quel che la gran secca coverchia, e sotto ’l cui colmo consunto 114
fu l’uom che nacque e visse sanza pecca; tu haï i piedi in su picciola spera che l’altra faccia fa de la Giudecca. 117
Qui è da man, quando di là è sera; e questi, che ne fé scala col pelo, fitto è ancora sì come prim’era. 120
Da questa parte cadde giù dal cielo; e la terra, che pria di qua si sporse, per paura di lui fé del mar velo, 123
e venne a l’emisperio nostro; e forse per fuggir lui lasciò qui loco vòto quella ch’appar di qua, e sù ricorse". 126
Luogo è là giù da Belzebù remoto tanto quanto la tomba si distende, che non per vista, ma per suono è noto 129
d’un ruscelletto che quivi discende per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso, col corso ch’elli avvolge, e poco pende. 132
Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d’alcun riposo, 135
salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ’l ciel, per un pertugio tondo. 138
E quindi uscimmo a riveder le stelle. [Divina Commedia-Inferno Canto 34° ]
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FrancescaR |
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Re: L'angolo della letteratura | #6 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 15/10/2014
Da Colonia usa
Messaggi: 309
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* BALLATA DELLE MADRI *
Mi domando che madri avete avuto. Se ora vi vedessero al lavoro in un mondo a loro sconosciuto, presi in un giro mai compiuto d'esperienze così diverse dalle loro, che sguardo avrebbero negli occhi? Se fossero lì, mentre voi scrivete il vostro pezzo, conformisti e barocchi, o lo passate a redattori rotti a ogni compromesso, capirebbero chi siete?
Madri vili, con nel viso il timore antico, quello che come un male deforma i lineamenti in un biancore che li annebbia, li allontana dal cuore, li chiude nel vecchio rifiuto morale. Madri vili, poverine, preoccupate che i figli conoscano la viltà per chiedere un posto, per essere pratici, per non offendere anime privilegiate, per difendersi da ogni pietà.
Madri mediocri, che hanno imparato con umiltà di bambine, di noi, un unico, nudo significato, con anime in cui il mondo è dannato a non dare né dolore né gioia. Madri mediocri, che non hanno avuto per voi mai una parola d'amore, se non d'un amore sordidamente muto di bestia, e in esso v'hanno cresciuto, impotenti ai reali richiami del cuore.
Madri servili, abituate da secoli a chinare senza amore la testa, a trasmettere al loro feto l'antico, vergognoso segreto d'accontentarsi dei resti della festa. Madri servili, che vi hanno insegnato come il servo può essere felice odiando chi è, come lui, legato, come può essere, tradendo, beato, e sicuro, facendo ciò che non dice.
Madri feroci, intente a difendere quel poco che, borghesi, possiedono, la normalità e lo stipendio, quasi con rabbia di chi si vendichi o sia stretto da un assurdo assedio. Madri feroci, che vi hanno detto: Sopravvivete! Pensate a voi! Non provate mai pietà o rispetto per nessuno, covate nel petto la vostra integrità di avvoltoi!
Ecco, vili, mediocri, servi, feroci, le vostre povere madri! Che non hanno vergogna a sapervi -nel vostro odio- addirittura superbi, se non è questa che una valle di lacrime. È così che vi appartiene questo mondo: fatti fratelli nelle opposte passioni, o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo a essere diversi: a rispondere del selvaggio dolore di esser uomini.
Pier Paolo Pasolini
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Regom |
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Re: L'angolo della letteratura | #7 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 30/8/2006
Da
Messaggi: 358
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Signori, benvenuti nel mondo della realtà: non c’è pubblico. Nessuno che applauda, che ammiri. Nessuno che vi veda. Capite? Ecco la verità: il vero eroismo non riceve ovazioni, non intrattiene nessuno. Nessuno fa la fila per vederlo. Nessuno se ne interessa.
DFW
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FrancescaR |
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Re: L'angolo della letteratura | #8 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 15/10/2014
Da Colonia usa
Messaggi: 309
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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. Il mio dura tuttora, né più mi occorrono le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più. Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, erano le tue.
Eugenio Montale
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abbidubbi |
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Re: L'angolo della letteratura | #9 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 31/8/2005
Da roma
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"Un sasso gettato in uno stagno suscita onde concentriche che si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro. Altri movimenti invisibili si propagano in profondità, in tutte le direzioni, mentre il sasso precipita smovendo alghe, spaventando pesci, causando sempre nuove agitazioni molecolari. Quando poi tocca il fondo, sommuove la fanghiglia, urta gli oggetti che vi giacevano dimenticati, alcuni dei quali ora vengono dissepolti, altri ricoperti a turno dalla sabbia. (…) Non diversamente una parola, gettata nella mente a caso, produce onde di superficie e di profondità, provoca una serie infinita di reazioni a catena, coinvolgendo nella sua caduta suoni ed immagini, analogie e ricordi, significati e sogni, in un movimento che interessa l'esperienza e la memoria, la fantasia e l'inconscio……………"
Gianni Rodari
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Io sto mentendo. (Eubulide, V secolo a.C.)
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FrancescaR |
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Re: L'angolo della letteratura | #10 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 15/10/2014
Da Colonia usa
Messaggi: 309
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* TOTÒ MERÙMENI *
I
Col suo giardino incolto, le sale vaste, i bei balconi secentisti guarniti di verzura, la villa sembra tolta da certi versi miei, sembra la villa-tipo, del Libro di Lettura... Pensa migliori giorni la villa triste, pensa gaie brigate sotto gli alberi centenari, banchetti illustri nella sala da pranzo immensa e danze nel salone spoglio da gli antiquari. Ma dove in altri tempi giungeva Casa Ansaldo, Casa Rattazzi, Casa d'Azeglio, Casa Oddone, s'arresta un'automobile fremendo e sobbalzando, villosi forestieri picchiano la gorgòne. S'ode un latrato e un passo, si schiude cautamente la porta... In quel silenzio di chiostro e di caserma vive Totò Merùmeni con una madre inferma, una prozia canuta ed uno zio demente.
II
Totò ha venticinque anni, tempra sdegnosa, molta cultura e gusto in opere d'inchiostro, scarso cervello, scarsa morale, spaventosa chiaroveggenza: è il vero figlio del tempo nostro. Non ricco, giunta l'ora di "vender parolette" (il suo Petrarca!...) e farsi baratto o gazzettiere, Totò scelse l'esilio. E in libertà riflette ai suoi trascorsi che sarà bello tacere. Non è cattivo. Manda soccorso di danaro al povero, all'amico un cesto di primizie; non è cattivo. A lui ricorre lo scolaro pel tema, l'emigrante per le commendatizie. Gelido, consapevole di sé e dei suoi torti, non è cattivo. È il buono che derideva il Nietzsche. "...in verità derido l'inetto che si dice buono, perché non ha l'ugne abbastanza forti..." Dopo lo studio grave, scende in giardino, gioca coi suoi dolci compagni sull'erba che l'invita; i suoi compagni sono: una ghiandaia roca, un micio, una bertuccia che ha nome Makakita...
III
La Vita si ritolse tutte le sue promesse. Egli sognò per anni l'Amore che non venne, sognò pel suo martirio attrici e principesse ed oggi ha per amante la cuoca diciottenne. Quando la casa dorme, la giovinetta scalza, fresca come una prugna al gelo mattutino, giunge nella sua stanza, lo bacia in bocca, balza su lui che la possiede, beato e resupino...
IV
Totò non può sentire. Un lento male indomo inaridì le fonti prime del sentimento; l'analisi e il sofisma fecero di quest'uomo ciò che le fiamme fanno d'un edificio al vento. Ma come le ruine che già seppero il fuoco esprimono i giaggioli dai bei vividi fiori, quell'anima riarsa esprime a poco a poco una fiorita d'esili versi consolatori...
V
Così Totò Merùmeni, dopo tristi vicende, quasi è felice. Alterna l'indagine e la rima. Chiuso in se stesso, medita, s'accresce, esplora, intende la vita dello Spirito che non intese prima. Perché la voce è poca, e l'arte prediletta immensa, perché il Tempo -mentre ch'io parlo!- va, Totò opra in disparte, sorride, e meglio aspetta. E vive. Un giorno è nato. Un giorno morirà.
Guido Gozzano
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #11 |
Dubito ormai di tutto
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Ecclesiaste 12
1 RALLEGRATI pure, o giovane, nella tua fanciullezza; e tengati lieto il cuor tuo a' dì della tua giovanezza, e cammina nelle vie del cuor tuo, e secondo lo sguardo degli occhi tuoi; ma sappi che per tutte queste cose Iddio ti farà venire in giudicio.
2 E togli dal cuor tuo la tristizia, e rimuovi il cordoglio dalla tua carne; perciocchè la fanciullezza e la giovanezza sono una cosa vana.
3 Ma ricordati del tuo Creatore ai dì della tua giovanezza, avanti che sieno venuti i cattivi giorni, e giunti gli anni, de' quali tu dirai: <<Io non vi ho alcun diletto>>.
4 Avanti che il sole, e la luce, e la luna, e le stelle sieno oscurate; e che le nuvole ritornino dopo la pioggia;
5 allora che le guardie della casa tremeranno, ed i possenti si piegheranno, e le macinatrici cesseranno, perchè saranno diminuite; e quelli che riguardono per le finestre saranno oscurati;
6 e i due usci d'in su la piazza saranno serrati con abbassamento del suon della macina; e l'uomo si leverà al suon dell'uccelletto, e tutte le cantatrici saranno abbassate;
7 ed anche l'uomo temerà dei luoghi elevati, ed avrà spaventi, camminando per la strada; e il mandorlo fiorirà, e la locusta si aggraverà, e l'appetito scaderà; perciocchè l'uomo se ne va alla sua casa perpetua; e quelli che fanno cordoglio gli andranno d'intorno per le strade.
8 Avanti che la fune d'argento si rompa, e la secchia d'oro si spezzi, e il vaso si fiacchi in su la fonte, e la ruota vada in pezzi sopra la cisterna;
9 e la polvere ritorni in terra, come era prima; e lo spirito ritorni a Dio, che l'ha dato.
10 VANITÀ delle vanità, dice il Predicatore; ogni cosa è vanità.
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #12 |
Dubito ormai di tutto
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Manfred, Byron
Ecco, si spegne il lume, nuovamente m'è forza rianimarlo, anche se certo morrà di nuovo prima del mio tempo d'insonnia...
Il sonno mio - pur io dormiente - non è sonno: è continuo pensiero ostinato, e gli occhi miei si chiudono solo a guardarmi dentro...
Eppure io vivo: ho l'aspetto, la forma, il respiro degli uomini viventi...
Sapere è patire, sventura è la scienza, coloro che più sanno più amaramente devono piangere il vero fato: l'albero della scienza non fu mai l'albero della vita.
Filosofia, meraviglioso, scienza, conoscenza del mondo, idee sovrane: tutto provai, tutto compresi e tutto abbracciai col mio genio: a nulla valse.
Vano fu il tutto.
Ho aiutato gli uomini E qualcuno perfino mi aiutò. A nulla è valso...
Bene, male, passioni, energia, vita, di che son fatti gli altri? sono per me una pioggia su la sabbia, dopo quella mia ora innominabile.
Non conosco terrore, non sento la dannazione di poter provare paura al naturale; movimento del cuore che batte di speranza, desiderio d'amore nascosto per un essere terreno...
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #13 |
Dubito ormai di tutto
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1Corinzi 13
Quand'anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho amore, divento un bronzo risonante o uno squillante cembalo.
E se anche avessi il dono di profezia, intendessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede da trasportare i monti, ma non ho amore, non sono nulla.
E se spendessi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri e dessi il mio corpo per essere arso, ma non ho amore, tutto questo niente mi giova.
L'amore è paziente, è benigno; l'amore non invidia, non si mette in mostra, non si gonfia, non si comporta in modo indecoroso, non cerca le cose proprie, non si irrita, non sospetta il male; non si rallegra dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità, tollera ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa.
L'amore non viene mai meno; ma le profezie saranno abolite, le lingue cesseranno e la conoscenza sarà abolita, perché conosciamo in parte e profetizziamo in parte.
Ma quando sarà venuta la perfezione, allora quello che è solo parziale sarà abolito.
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #14 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
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«E ricorrere alla medicina», continuai, «non solo per ferite o per certe malattie che si ripetono ogni anno, ma anche perché, a causa della pigrizia e del regime di vita che abbiamo descritto, ci si riempie di umori e vapori come le paludi, e costringere i dotti Asclepiadi a dare alle malattie i nomi di flatulenze e catarri, non ti sembra vergognoso?»
«E come!», rispose. «Questi nomi di malattie sono davvero nuovi e strani».
«Ma non esistevano», dissi, «al tempo di Asclepio, credo! Lo arguisco dal fatto che a Troia, quando Euripilo fu ferito, i suoi figli non trovarono nulla da ridire alla donna che gli diede da bere vino di Pramno cosparso di molta farina e formaggio grattato, una medicina che mi sembra infiammatoria, né rimproverarono Patroclo per la sua cura».
«In effetti», disse, «è una pozione strana per chi è in quelle condizioni!».
«No», replicai, «se consideri che la medicina d'oggi, educatrice delle malattie, a quanto dicono non era praticata dagli Asclepiadi prima che nascesse Erodico. Questi era un allenatore che, ammalatosi, mescolò la ginnastica alla medicina e dapprima tormentò soprattutto se stesso, in seguito molti altri».
«In che modo?», chiese.
«Prolungando la propria morte», risposi. «Benché seguisse attentamente il decorso della sua malattia mortale non riuscì, credo, a guarirne, ma passò la vita a curarsi mettendo da parte ogni altro interesse e tormentandosi per ogni minima trasgressione al suo consueto regime, e grazie alla sua abilità giunse mezzo morto alla vecchiaia».
«Ha riportato davvero un bel premio per la sua arte!», esclamò.
«Quello che si addice», ripresi, «a chi ignora che Asclepio non rivelò ai suoi discendenti questo aspetto della medicina non per ignoranza o per inesperienza, ma perché sapeva che in ogni città governata con buone leggi a ciascuno è assegnato un compito da eseguire, e nessuno ha tempo libero per stare malato e curarsi tutta una vita. Ed è ridicolo che noi facciamo caso a questo comportamento negli artigiani, ma non lo avvertiamo in quelli che danno l'impressione di essere ricchi e felici».
«In che senso. », domandò.
«Un falegname», spiegai, «quando si ammala, chiede al medico di dargli una pozione per vomitare fuori la malattia, oppure di guarirlo con una purga o con una cauterizzazione o con un'incisione; se però gli viene prescritta una cura lunga, che prevede berretti di lana in testa e cose del genere, dice subito che non ha tempo per essere malato e non gli serve vivere badando alla sua malattia e trascurando il lavoro che lo attende. Dopo di che manda tanti saluti a un medico simile e ritorna al regime di vita consueto, riacquista la salute e vive praticando il suo mestiere; se invece il suo corpo non è in grado di reggere, si libera dei suoi affanni con la morte».
«A un uomo del genere», disse, «sembra proprio confacente questo utilizzo della medicina».
«Ma non è forse perché aveva un lavoro da svolgere, e se non lo avesse fatto non gli sarebbe servito continuare a vivere?»
«è evidente», rispose.
«Mentre il ricco, diciamo, non ha per le mani un lavoro tale, che non gli consente di vivere se è costretto a starne lontano?»
«Così almeno si dice».
«Allora», proseguii, «non ascolti le parole di Focilide: quando si ha di che vivere, si deve esercitare la virtù».
«Bisogna farlo anche prima, penso»
La Repubblica, Platone
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #15 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
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Saluto e augurio
A è quasi sigùr che chista a è la me ultima poesia par furlàn; e i vuèj parlàighi a un fassista prima di essi (o ch’al sedi) massa lontàn.
Al è un fassista zòvin, al varà vincia un, vincia doi àins: al è nassùt ta un paìs, e al è zut a scuela in sitàt.
Al è alt, cui ociàj, il vistìt gris, i ciavièj curs: quand ch’al scumìnsia a parlàmi i crot ch’a no’l savedi nuja di politica
e ch’al serci doma di difindi il latìn e il grec, cuntra di me; no savìnt se ch’i ami il latin, il grec - e i ciavièj curs. Lu vuardi, al è alt e gris coma un alpìn.
“Ven cà, ven cà, Fedro. Scolta. I vuèj fati un discors ch’al somèa un testamìnt. Ma recuàrditi, i no mi fai ilusiòns
su di te: jo i sai ben, i lu sai, ch’i no ti às, e no ti vòus vèilu, un còur libar, e i no ti pos essi sinsèir: ma encia si ti sos un muàrt, ti parlarài
Difìnt i palès di moràr o aunàr, in nomp dai Dius, grecs o sinèis. Moùr di amòur par li vignis. E i fics tai ors. I socs, i stecs.
Il ciaf dai to cunpàins, tosàt. Difìnt i ciamps tra il paìs e la campagna, cu li so panolis, li vas’cis dal ledàn. Difìnt il prat
tra l’ultima ciasa dal paìs e la roja. I ciasàj a somèjn a Glìsiis: giolt di chista idea, tènla tal còur. La confidensa cu’l soreli e cu’ la ploja,
ti lu sas, a è sapiensa santa. Difìnt, conserva prea. La Repùblica a è drenti, tal cuàrp da la mari. I paris a àn serciàt, e tornàt a sercià
di cà e di là, nass’nt, murìnt, cambiànt: ma son dutis robis dal passàt. Vuei: difindi, conservà, preà. Tas: la to ciamesa ch’a no sedi
nera, e nencia bruna. Tas! Ch’a sedi ’na ciamesa grisa. La ciamesa dal siun. Odia chej ch’a volin dismòvisi e dismintiàssi da li Paschis…
Duncia, fantàt dai cialsìns di muàrt, i ti ài dita se ch’a volin i Dius dai ciamps. Là ch’i ti sos nassùt. Là che da frut i ti às imparàt
i so Comandamìns. Ma in Sitàt? Scolta. Là Crist a no’l basta. A coventa la Gl’sia: ma ch’a sedi moderna. E a coventin i puòrs.
Tu difìnt, conserva, prea: ma ama i puòrs: ama la so diversitàt. Ama la so voja di vivi bessòj tal so mond, tra pras e palàs
là ch’a no rivi la peràula dal nustri mond; ama il cunfìn ch’a àn segnàt tra nu e lòur; ama il so dialèt inventàt ogni matina,
par no fassi capì; par no spartì cun nissùn la so ligria. Ama il sorel di sitàt e la miseria dai laris; ama la ciar da la mama tal fì.
Drenti dal nustri mond, dis di no essi borghèis, ma un sant o un soldàt: un sant sensa ignoransa, un soldàt sensa violensa.
Puarta cun mans di sant o soldàt l’intimitàt cu’l Re, Destra divina ch’a è drenti di nu, tal siùn. Crot tal borghèis vuàrb di onestàt,
encia s’a è ’na ilusiòn: parsè che encia i parons, a àn i so paròns, a son fis di paris ch’a stan da qualchi banda dal momd.
Basta che doma il sintimìnt da la vita al sedi par diciu cunpàin: il rest a no impuàrta, fantàt cun in man il Libri sensa la Peràula.
Hic desinit cantus. Ciàpiti tu, su li spalis, chistu zèit plen. Jo i no pos, nissun no capirès il scàndul. Un veciu al à rispièt
dal judissi dal mond; encia s’a no ghi impuarta nuja. E al à rispièt di se che lui al è tal mond. A ghi tocia difindi i so sgnerfs indebulìs,
e stà al zoùc ch’a no’l à mai vulùt. Ciàpiti su chistu pèis, fantàt ch’i ti mi odiis: puàrtilu tu. Al lus tal còur. E jo ciaminarai lizèir, zint avant, sielzìnt par sempri
la vita, la zoventùt.
Pier Paolo Pasolini
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incredulo |
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Re: L'angolo della letteratura | #16 |
Sono certo di non sapere
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Da Asia
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ELEVAZIONE
In alto, sugli stagni, sulle valli, sopra i boschi, oltre i monti, sulle nubi e sui mari, oltre il sole e oltre l' etere, al di là dei confini delle sfere stellate, tu, mio spirito, ti muovi agilmente: dividi la profonda immensità, come un buon nuotatore che gode in mezzo alle onde, gaiamente, con virile e indicibile piacere. Fuggi lontano da questi miasmi ammorbanti, e nell'aria superiore vola a purificarti e bevi come un liquido divino e puro il fuoco che colma, chiaro, le regioni limpide. Fortunato colui che può con ala vigorosa slanciarsi verso campi sereni e luminosi, abbandonando i vasti affanni ed i dolori, peso gravante sopra la nebbiosa vita; colui che lascia andare i suoi pensieri come le lodolette verso i cieli, nel mattino; colui che sulla vita plana e, sicuro, intende la segreta lingua dei fiori e delle cose mute.
Charles Baudelaire (traduz. di Luigi De Nardis)
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Gesù Cristo è Verità. Io sono la Via, la Verità e la Vita.
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ohmygod |
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Re: L'angolo della letteratura | #17 |
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 16/10/2007
Da
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Pier Paolo Pasolini, da La nuova gioventù
Saluto e augurio
È quasi sicuro che questa è la mia ultima poesia in friulano: e voglio parlare a un fascista, prima che io, o lui, siamo troppo lontani.
È un fascista giovane, avrà ventuno, ventidue anni: è nato in un paese ed è andato a scuola in città.
È alto, con gli occhiali, il vestito grigio, i capelli corti: quando comincia a parlarmi, penso che non sappia niente di politica
e che cerchi solo di difendere il latino e il greco contro di me; non sapendo quanto io ami il latino, il greco - e i capelli corti. Lo guardo, è alto e grigio come un alpino.
"Vieni qua, vieni qua, Fedro. Ascolta. Voglio farti un discorso che sembra un testamento. Ma ricordati, io non mi faccio illusioni
su di te: io so, io so bene, che tu non hai, e non vuoi averlo, un cuore libero, e non puoi essere sincero: ma anche se sei un morto, io ti parlerò.
Difendi i paletti di gelso, di ontano, in nome degli Dei, greci o cinesi. Muori d’amore per le vigne. Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi.
Per il capo tosato dei tuoi compagni. Difendi i campi tra il paese e la campagna, con le loro pannocchie abbandonate. Difendi il prato
tra l’ultima casa del paese e la roggia. I casali assomigliano a Chiese: godi di questa idea, tienla nel cuore. La confidenza col sole e con la pioggia,
lo sai, è sapienza sacra. Difendi, conserva, prega! La Repubblica è dentro, nel corpo della madre. I padri hanno cercato e tornato a cercar
di qua e di là, nascendo, morendo, cambiando: ma son tutte cose del passato. Oggi: difendere, conservare, pregare. Taci! Che la tua camicia non sia
nera, e neanche bruna. Taci! che sia una camicia grigia. La camicia del sonno. Odia quelli che vogliono svegliarsi, e dimenticarsi delle Pasque...
Dunque, ragazzo dai calzetti di morto, ti ho detto ciò che vogliono gli Dei dei campi. Là dove sei nato. Là dove da bambino hai imparato
i loro Comandamenti. Ma in Città? Là Cristo non basta. Occorre la Chiesa: ma che sia moderna. E occorrono i poveri
Tu difendi, conserva, prega: ma ama i poveri: ama la loro diversità. Ama la loro voglia di vivere soli nel loro mondo, tra prati e palazzi
dove non arrivi la parola del nostro mondo; ama il confine che hanno segnato tra noi e loro; ama il loro dialetto inventato ogni mattina,
per non farsi capire; per non condividere con nessuno la loro allegria. Ama il sole di città e la miseria dei ladri; ama la carne della mamma nel figlio
Dentro il nostro mondo, dì di non essere borghese, ma un santo o un soldato: un santo senza ignoranza, o un soldato senza violenza.
Porta con mani di santo o soldato l’intimità col Re, Destra divina che è dentro di noi, nel sonno. Credi nel borghese cieco di onestà,
anche se è un’illusione: perché anche i padroni hanno i loro padroni, e sono figli di padri che stanno da qualche parte nel mondo.
È sufficiente che solo il sentimento della vita sia per tutti uguale: il resto non importa, giovane con in mano il Libro senza la Parola.
Hic desinit cantus. Prenditi tu, sulle spalle, questo fardello. Io non posso: nessuno ne capirebbe lo scandalo. Un vecchio ha rispetto
del giudizio del mondo: anche se non gliene importa niente. E ha rispetto di ciò che egli è nel mondo. Deve difendere i suoi nervi, indeboliti,
e stare al gioco a cui non è mai stato. Prenditi tu questo peso, ragazzo che mi odii: portalo tu. Risplende nel cuore. E io camminerò leggero, andando avanti, scegliendo per sempre
la vita, la gioventù".
23:00
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #18 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
Messaggi: 2332
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2 Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio abitanti del mondo, 3 voi nobili e gente del popolo, ricchi e poveri insieme. 4 La mia bocca esprime sapienza, il mio cuore medita saggezza; 5 porgerò l'orecchio a un proverbio, spiegherò il mio enigma sulla cetra. 6 Perché temere nei giorni tristi, quando mi circonda la malizia dei perversi? 7 Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. 8 Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. 9 Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare 10 per vivere senza fine, e non vedere la tomba. 11 Vedrà morire i sapienti; lo stolto e l'insensato periranno insieme e lasceranno ad altri le loro ricchezze. 12 Il sepolcro sarà loro casa per sempre, loro dimora per tutte le generazioni, eppure hanno dato il loro nome alla terra. 13 Ma l'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono. 14 Questa è la sorte di chi confida in se stesso, l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole. 15 Come pecore sono avviati agli inferi, sarà loro pastore la morte; scenderanno a precipizio nel sepolcro, svanirà ogni loro parvenza: gli inferi saranno la loro dimora. 16 Ma Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte. 17 Se vedi un uomo arricchirsi, non temere, se aumenta la gloria della sua casa. 18 Quando muore con sé non porta nulla, né scende con lui la sua gloria. 19 Nella sua vita si diceva fortunato: «Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene». 20 Andrà con la generazione dei suoi padri che non vedranno mai più la luce. 21 L'uomo nella prosperità non comprende, è come gli animali che periscono.
Salmo 48 (49)
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LucaforVendetta |
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Re: L'angolo della letteratura | #19 |
So tutto
Iscritto il: 4/12/2014
Da Roma
Messaggi: 3
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Per coloro i quali non hanno ancora letto "il mondo nuovo" di huxley, lo consiglio vivamente; è il mio libro preferito. Ditemi che ne pensate.
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g_a_b |
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Re: L'angolo della letteratura | #20 |
Ho qualche dubbio
Iscritto il: 17/1/2007
Da
Messaggi: 64
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Citazione: LucaforVendetta ha scritto: Per coloro i quali non hanno ancora letto "il mondo nuovo" di huxley, lo consiglio vivamente; è il mio libro preferito. Ditemi che ne pensate.
Bello. A me è stato utile perché mi ha fatto conoscere Huxley; da lì a "Le porte della percezione" il passo è stato breve, e questa lettura mi ha dischiuso nuovi generi letterari la cui lettura mi ha fatto crescere. Io raccomando: Citazione: LA SENTINELLA di Fredrick Brown
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame freddo ed era lontano 50mila anni-luce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità doppia di quella cui era abituato, faceva d'ogni movimento un'agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d'anni, quest'angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell'aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro superarmi; ma quando si arriva al dunque, tocca ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo fottuto pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano mandato. E adesso era suolo sacro perché c'era arrivato anche il nemico. Il nemico, l'unica altra razza intelligente della galassia... crudeli schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata subito guerra; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie.
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame, freddo e il giorno era livido e spazzato da un vento violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano di infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all'erta, il fucile pronto.
Lontano 50mila anni-luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l'avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle.
E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più.
Il verso, la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s'erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d'un bianco nauseante e senza squame...
(tratto da 'Tutti i racconti (1950-1972), Fredrick Brown, 1992, A. Mondadori Editore)
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...come si vadia in cielo e non come vadia il cielo. (Galileo)
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #21 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
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35 "A me la vendetta e la retribuzione, quando il loro piede vacillerà!" Poiché il giorno della loro calamità è vicino, e ciò che per loro è preparato, s’affretta a venire. 36 Sì, l’Eterno giudicherà il suo popolo, ma avrà pietà de’ suoi servi quando vedrà che la forza è sparita, e che non riman più tra loro né schiavo né libero. 37 Allora egli dirà: "Ove sono i loro dèi, la ròcca nella quale confidavano, 38 gli dèi che mangiavano il grasso de’ loro sacrifizi e beveano il vino delle loro libazioni? Si levino essi a soccorrervi, a coprirvi della loro protezione! 39 Ora vedete che io solo son Dio, e che non v’è altro dio accanto a me. Io fo morire e fo vivere, ferisco e risano, e non v’è chi possa liberare dalla mia mano. 40 Sì, io alzo la mia mano al cielo, e dico: Com’è vero ch’io vivo in perpetuo, 41 quando aguzzerò la mia folgorante spada e metterò mano a giudicare, farò vendetta de’ miei nemici e darò ciò che si meritano a quelli che m’odiano. 42 Inebrierò di sangue le mie frecce, del sangue degli uccisi e dei prigionieri, la mia spada divorerà la carne, le teste dei condottieri nemici". 43 Nazioni, cantate le lodi del suo popolo! poiché l’Eterno vendica il sangue de’ suoi servi, fa ricadere la sua vendetta sopra i suoi avversari, ma si mostra propizio alla sua terra, al suo popolo".
Deuteronomio 32
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #22 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
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BORGES / EL DESIERTO
Antes de entrar en el desierto los soldados bebieron largamente el agua de la cisterna. Hierocles derramó en la tierra el agua de su cántaro y dijo: Si hemos de entrar en el desierto, ya estoy en el desierto. Si la sed va a abrasarme, que ya me abrase. Ésta es una parábola. Antes de hundirme en el infierno los lictores del dios me permitieron que mirara una rosa. Esa rosa es ahora mi tormento en el oscuro reino. A un hombre lo dejó una mujer. Resolvieron mentir un último encuentro. El hombre dijo: Si debo entrar en la soledad ya estoy solo. Si la sed va a abrasarme, que ya me abrase. Ésta es otra parábola. Nadie en la tierra tiene el valor de ser aquel hombre.
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perspicace |
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Re: L'angolo della letteratura | #23 |
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
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M'illumino d'Immenso.
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Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #24 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
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Non mi occorre alcuna speranza o promessa per credere nella misericordia divina, la conosco con la certezza dell`esperienza, ne ho toccato la ricchezza infinita, e quel che ne conosco per contatto supera talmente la mia comprensione e la mia capacita` di gratitudine che per me il pensiero di una possibile felicita` non vi aggiunge alcunche`, cosi` come non si aggiunge alcunche` quando si sommano due infiniti.
L`abbondanza della misericordia divina appare nella sventura quanto nella gioia, e forse anche di piu`, giacche` quale appare nella sventura non ha alcun equivalente quaggiu`. La misericordia dell`uomo appare soltanto nel dono della gioia, oppure allorche` si infligge un dolore in vista di un effetto esteriore, guarigione o educazione. La misericordia di Dio risplende invece non nel rapporto della sventura con gli effetti esteriori, dato che gli effetti esteriori della vera sventura sono quasi sempre cattivi, bensi` nella sventura stessa, al centro della sua inconsolabile amarezza.
Se si va senza smettere di amare fino al fondo stesso della sventura, fino al punto di gridare: "Mon Dieu, Mon Dieu, pourquoi m'as-tu abandonne`?", se si puo` rimanere in quel punto senza smettere di amare, vi si trova infine qualcosa che non e` piu` il dolore ne` la gioia, bensi` l`essenza centrale, essenziale, non sensibile, della gioia e del dolore, ovvero il puro amore di Dio.
Si sapra` allora che la gioia e` unicamente la dolcezza del contatto con l`amore di Dio, che la sventura e` il medesimo contatto quando e` doloroso, e che il modo in cui avviene il contatto importa poco, Cosi` come quando dopo una lunga assenza si parla con un essere umano profondamente amato non conta il significato delle parole, ma soltanto la presenza.
La congnizione della presenza di DIo non consola, non toglie alcunche` alla tremenda amarezza della sventura, non risana la mutilazione dell`anima. Sappiamo soltanto che la sostanza stessa di tutto cio` e` l`amore di Dio.
Simone Weil
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doktorenko |
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Re: L'angolo della letteratura | #25 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 7/8/2009
Da
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Isaia 6
1 Nell'anno della morte del re Uzziah, io vidi il Signore assiso sopra un trono alto ed elevato, e i lembi del suo manto riempivano il tempio. 2 Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno di essi aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. 3 L'uno gridava all'altro e diceva: «Santo, santo, santo è l'Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria». 4 Gli stipiti della porta furono scossi dalla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempì di fumo. 5 Allora io dissi: «Ahimé! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, l'Eterno degli eserciti». 6 Allora uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, che aveva preso con le molle dall'altare. 7 Con esso mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, la tua iniquità è rimossa e il tuo peccato è espiato». 8 Poi udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». Io risposi: «Eccomi, manda me!». 9 Allora egli disse: «Va' e di' a questo popolo: Ascoltate pure, ma senza comprendere, guardate pure, ma senza discernere! 10 Rendi insensibile il cuore di questo popolo, indurisci i suoi orecchi e chiudi i suoi occhi, affinché non veda con i suoi occhi, né oda con i suoi orecchi né intenda con il suo cuore, e così si converta e sia guarito». 11 Io dissi: «Fino a quando, Signore?». Egli rispose: «Finché le città siano devastate e senza abitanti, le case siano senza alcun uomo e il paese sia devastato e desolato, 12 e finché l'Eterno abbia allontanato la gente e vi sia un grande abbandono in mezzo al paese. 13 Rimarrà ancora un decimo della popolazione, ma a sua volta sarà distrutto; come però al terebinto e alla quercia, quando sono abbattuti rimane il ceppo, così una progenie santa sarà il suo ceppo».
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polaris |
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Re: L'angolo della letteratura | #26 |
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 12/9/2012
Da Tlön
Messaggi: 1640
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Quando le carrozze viaggeranno senza cavalli, quando le donne porteranno la cresta come i galli, quando le macchie saranno giardini, sarà un vivere da assassini.
- Profezia del Beato Brandano (1488 - 1554)
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Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi.. - Shakespeare
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Calvero |
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Re: L'angolo della letteratura | #27 |
Sono certo di non sapere
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Da Fleed / Umon
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Misti mi morr Z - 283 - Una volta creato il manicomio, la ragione l'ha sempre il direttore; che l'abbia o meno
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Calvero |
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Re: L'angolo della letteratura | #28 |
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 4/6/2007
Da Fleed / Umon
Messaggi: 13165
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Dio non poteva creare che nascondendosi, altrimenti non avrebbe potuto esistere che Dio solo. Forse, egli ha lasciato intravvedere di sé solo quanto basta perché dalla fede in lui l'uomo sia spinto a occuparsi dell'uomo. Perché non sia abbagliato dal cielo al punto di disinteressarsi della terra.
SW
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Misti mi morr Z - 283 - Una volta creato il manicomio, la ragione l'ha sempre il direttore; che l'abbia o meno
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FrancescaR |
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Re: L'angolo della letteratura | #29 |
Mi sento vacillare
Iscritto il: 15/10/2014
Da Colonia usa
Messaggi: 309
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* ER CONGRESSO DE LI CAVALLI *
Un giorno li Cavalli, stufi de fa' er Servizzio, tennero un gran comizzio de protesta. Prima parlò er Cavallo d'un caretto: Compagni! Si ve séte messi in testa de mijorà la classe, bisogna arivortasse a li padroni. Finora semo stati troppo boni sotto le stanghe de la borghesia! Famo un complotto! Questo qui è er momento d'arubbaje la mano e fasse sotto! Morte ar cocchiere! Evviva l'anarchia! - Colleghi, annate piano: - strillò un polledro giovane d'un principe romano - ché se scoppiasse la rivoluzzione io resterebbe in mezzo a un vicoletto perché m'ammazzerebbero er padrone. Sarà mejo, piuttosto, de presentà un proggetto ne la quale... - Odia micchi, gras tibbi, è naturale! disse un morello che da ventun'anno stracinava el landò d'un cardinale. - Ma se ce fusse un po' de religgione e Sant'Antonio nostro c'esaudisse... - L'Omo, che intese, disse: -Va benone! Fintanto che 'sti poveri Cavalli vanno così d'accordo io faccio er sordo e seguito a frustalli!
* ER TESTAMENTO D'UN ARBERO *
Un Arbero d'un bosco chiamò l'ucelli e fece testamento: - Lascio li fiori ar mare, lascio le foje ar vento, li frutti ar sole e poi tutti li semi a voi. A voi, poveri ucelli, perché me cantavate le canzone ne la bella staggione. E vojo che li stecchi, quanno saranno secchi, fàccino er foco pe' li poverelli. Però v'avviso che sur tronco mio c'è un ramo che dev'esse ricordato a la bontà dell'ommini e de Dio. Perché quer ramo, semprice e modesto, fu forte e generoso: e lo provò er giorno che sostenne un omo onesto quanno ce s'impiccò.
Trilussa
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Vai più veloce, Janine, ad aprire la porta - e nascondi i patín - La nostalgia del Mocambo.
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Pyter |
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Re: L'angolo della letteratura | #30 |
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 15/9/2006
Da Sidonia Novordo
Messaggi: 6250
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Gli impedimenti del poeta di corte
Che ai tempi si rimava del preferir rubare ai poveri per dare ai ricchi e che era sola via per conseguir di far successo, diventare fichi.
potevo sì rimar di prelevare ai ricchi per portare poscia ai meno abbienti ma per quanto facessi lingua a spicchi non c'era pe' 'poveri' 'na rima, accidenti.
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"Nessuno ha il diritto di fare quel che desidera, ma tutto è organizzato per il meglio." (Antico decreto reale tolemaico)
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