Informazioni sul sito
Se vuoi aiutare LUOGOCOMUNE

HOMEPAGE
INFORMAZIONI
SUL SITO
MAPPA DEL SITO

SITE INFO

SEZIONE
11 Settembre
Questo sito utilizza cookies. Continuando la navigazione acconsenti al loro impiego.
 American Moon

Il nuovo documentario
di Massimo Mazzucco
 Login
Nome utente:

Password:


Hai perso la password?

Registrati ora!
 Menu principale
 Cerca nel sito

Ricerca avanzata

TUTTI I DVD DI LUOGOCOMUNE IN OFFERTA SPECIALE

ATTENZIONE: Chiunque voglia scrivere su Luogocomune è pregato di leggere prima QUESTO AVVISO (aggiornato 01.11.07)



Indice del forum Luogocomune
   Commenti liberi
  Totalitarismo e Socialismo

Naviga in questo forum:   1 Utenti anonimi

 

 Vai alla fine   Discussione precedente   Discussione successiva
<123>
  •  Vota discussione
      Vota questa discussione
      Eccellente
      Buona
      Discreta
      Scadente
      Terribile
Autore Discussione
  •  Merio
      Merio
Re: Totalitarismo e Socialismo
#31
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 15/4/2011
Da
Messaggi: 3677
Offline
devi spuntare la casella "abilita i tag HTML"...
_________________
La libertà di parola senza la libertà di diffusione è come un pesce rosso in una vasca sferica...
Ezra Pound
Inviato il: 6/1/2014 15:31
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Pispax
      Pispax
Re: Totalitarismo e Socialismo
#32
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 19/3/2009
Da
Messaggi: 4685
Offline
DrHouse

Citazione:
Hai appena nominato il diavolo. Faccio per avvisarti.


Ma LOL


Nel periodo che non ho frequentato questo sito... il luogo si è riempito di supersostenitori delle Case farmaceutiche e dei grandi gruppi finanziari che reggono la sanità in USA?


Sanità che peraltro - almeno l'ultima volta che mi sono interessato alla cosa, un paio d'anni fa - è in media ai primissimi posti AL MONDO per costo/paziente e intorno al 30mo posto AL MONDO per efficacia?
E senza considerare che nei criteri di di efficacia vengono conteggiati solo i pazienti RICOVERATI, e non quelli che non vengono presi in carico perché privi di assicurazione adeguata?

Se l'articolo iniziale valesse qualcosa mi dispiacerebbe se questa affermazione generasse un OT.
Ma siccome è più che altro propaganda austriaco-clericale, cioè di due cose che mi stanno anche parecchio sui coglioni, che dire: pazienzona.
Inviato il: 6/1/2014 15:33
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  DrHouse
      DrHouse
Re: Totalitarismo e Socialismo
#33
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/11/2007
Da
Messaggi: 2394
Offline
Ah, quasi dimenticavo:
Medici cubani in Brasile per far fronte al deficit: chi ci guadagna?



http://dailystorm.it/2014/01/03/medici-cubani-brasile-per-far-fronte-al-deficit-chi-ci-guadagna/

Ho scelto un link in italiano, se poi masticate il portoghese, ho una tonnellata di materiale da linkare. Basta chiedere. Comunque, torniamo OT.
_________________
E dopo 10 anni, siamo a discutere se il Volo 77 è arrivato proprio lungo questa linea, o piuttosto è arrivato due metri più a sinistra, o due metri più a destra? (Perle complottiste)
Inviato il: 6/1/2014 15:50
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Pispax
      Pispax
Re: Totalitarismo e Socialismo
#34
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 19/3/2009
Da
Messaggi: 4685
Offline
Chiedo scusa per le inesattezze.
Cattiva memoria.

Se consideriamo il dato complessivo, si vede che la sanità USA è di gran lunga al primissimo posto al mondo sia come costo procapite che come costo rispetto al PIL
(trovato in un articolo di critica keybesiana al sen. Monti quando era al governo. I dati sono del 2009)
http://keynesblog.com/2012/11/29/litalia-spende-troppo-per-la-sanita-neppure-per-sogno-ecco-i-dati/

Se invece guardiamo i dati di efficienza complessiva gli USA sono al QUARANTASEIESIMO posto su QUARANTOTTO Stati esaminati.
Fonte: Bloomberg. All'inizio dell'articolo i criteri metodologici.
http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?approfondimento_id=4353


Questo non scioglie il nodo a monte, sia chiaro.
Serve solo a provare a distinguere fra un'idea di libertà più sostanziale (indipendenza da oppressione statali AND da cause economiche. Si, l'and è booleano) e un'idea di libertà più formale (indipendenza solo da oppressione statale) portando un esempio concreto.
Inviato il: 6/1/2014 16:10
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  DrHouse
      DrHouse
Re: Totalitarismo e Socialismo
#35
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/11/2007
Da
Messaggi: 2394
Offline
Citazione:

Pispax ha scritto:
Se consideriamo il dato complessivo, si vede che la sanità USA è di gran lunga al primissimo posto al mondo sia come costo procapite che come costo rispetto al PIL
(trovato in un articolo di critica keybesiana al sen. Monti quando era al governo. I dati sono del 2009)
http://keynesblog.com/2012/11/29/litalia-spende-troppo-per-la-sanita-neppure-per-sogno-ecco-i-dati/


Altro diavolo. Anni fa avresti rischiato la scomunica.
_________________
E dopo 10 anni, siamo a discutere se il Volo 77 è arrivato proprio lungo questa linea, o piuttosto è arrivato due metri più a sinistra, o due metri più a destra? (Perle complottiste)
Inviato il: 6/1/2014 16:20
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  perspicace
      perspicace
Re: Totalitarismo e Socialismo
#36
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
Offline
Oddio infatti anche se penso sera già capito molto del socialismo (quello buono) e della forma di Stato di cui parlava prima DrHouse, che l'Italia ha non posso dire che mi dispiaccia.

Infatti ciò che continuo a chiedervi è quali confini dovrebbero avere le varie scuole di pensiero Socialista, Totalitarista, Austriaca, etc. etc. per essere sane.

Cioè per me l'Italia non è male ma dovrebbe andare più verso un ambiente libertario ridurre le funzioni affidate alla macchina pubblica ma senza perdere la sua capacità di essere Funzionale alla realizzazione delle libertà, studiare, curarsi, nutrirsi, votare e partecipare alla vita pubblica.

Che si prenda parte delle mie libertà posso accettarlo tranquillamente ma voglio capire se è normale, sempre che esista una "normalità", che si prenda il 90% percento delle mie libertà (il 60% di ciò che guadagno e un altre 20% la prerogativa di decidere chi può sposarsi e chi no, chi può fumarsi uno spinello e chi no, chi può fare questo o quello)? Sempre che me ne lasci il 10% cosa che devo ancora capire.

Ma forse per un evidente confusione (Che tenterò di chiarirmi con questo 3d e anche con qualche libro di cui mi sono munito specie sulla natura delle motivazioni che portano gli Stati e le persone di Stato ad agire in certi modi uno è : la via maestra, 16€ pork... l'altro: i conti con la storia, ancora non lo ritiro spero non mi scannino anche lì) non riesco a non vedere come un accentramento del "Potere" che a quanto pare sembra essere una prerogativa essenziale all'esistenza stessa dello Stato porti inevitabilmente ad far girare tutto intorno a questo perno, appunto lo Stato, portando cosi tutto ad essere forse nient'altro che una sua manifestazione, ovvero quel famoso problema etico che porta dietro di se tutti gli aspetti della società dall'economia all'universitaria passando per famiglie ospedali etc. etc.

Non sono un estremista e quasi mai accetto estremismi, vorrei capire quindi i confini nei quali le varie scuole di pensiero si muovono, per farmi un idea delle cose.


P.S. Sicko di Moore lo già visto proprio in questi giorni ho citato anche the corporation che merita.
_________________
Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 6/1/2014 16:24
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  DrHouse
      DrHouse
Re: Totalitarismo e Socialismo
#37
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/11/2007
Da
Messaggi: 2394
Offline
Discutere sui confini da assegnare allo Stato è esattamente quello che dovremmo fare in questo thread ed è anche l'unica discussione che, secondo me, ha un senso, piuttosto che contorcersi in astruse disquisizioni sul concetto di libertà.

Prendo atto con piacere della tua apertura. Purtroppo fino a oggi il solo nominare lo Stato qui dentro equivaleva a sentirsi infamare e marchiare a vita.

Puoi dare il primo colpo.

EDIT
... senza spingere troppo, mi raccomando!
_________________
E dopo 10 anni, siamo a discutere se il Volo 77 è arrivato proprio lungo questa linea, o piuttosto è arrivato due metri più a sinistra, o due metri più a destra? (Perle complottiste)
Inviato il: 6/1/2014 16:31
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Nomit
      Nomit
Re: Totalitarismo e Socialismo
#38
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 4/1/2011
Da
Messaggi: 1549
Offline
ah, ma c'è un'altra pagina qui!

Citazione:

Merio ha scritto:
devi spuntare la casella "abilita i tag HTML"...
me l'aveva già detto un mio informatore , ma subito non l'avevo visto
_________________
« Da oggi latini e romani sono lo stesso popolo » (Costantino Paleologo, I453)
Inviato il: 6/1/2014 16:37
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Merio
      Merio
Re: Totalitarismo e Socialismo
#39
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 15/4/2011
Da
Messaggi: 3677
Offline


Citazione:
anche the corporation che merita.


Anche secondo me...
_________________
La libertà di parola senza la libertà di diffusione è come un pesce rosso in una vasca sferica...
Ezra Pound
Inviato il: 6/1/2014 16:41
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  ohmygod
      ohmygod
Re: Totalitarismo e Socialismo
#40
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 16/10/2007
Da
Messaggi: 3652
Offline
Se l'articolo iniziale valesse qualcosa mi dispiacerebbe se questa affermazione generasse un OT.

Al momento è così:

Comunque, torniamo OT.

LoL...dici a me?

Cesare: come fondare l'economia sia sul guadagno che sul profitto del benessere comune: avrei voluto chiamarla: "Brutism".

Aspetta...cazzo inimmaginabili teorie intercorse fra Cesare e me...uff ste cellule sempre connesse alla realtà. Mi chiamano Cesare a dopo e non aspettarmi se non torno.

Eccomi, convengo con il mio sesso, l'articolo iniziale è teologicamente "impuro".
L'occhio del ciclone non è monoteistico vi si trova di tutto dalle pere alle mele.
Leggerlo è servito a confermare l'intuizione ancestrale: la paura...anche.
"Pomponio e la trasmutazione traslata"
Un breve escursionistico Pompatour in questa coppa: De Monarchia.
Chiesa e Stato
Chiesa $==$_linguagggio teologico__linguaggio politico_linguagio ?!?
Stato $==$_linguaggio politico__linguagggio teologico_linguagio |?!?|

|?!?|
Iperteologico = NWO

"Ismi" e loro fondamenta.
Stramatta: fare i conti senza l'oste
Data: il guadagno è risibile.

Attualmente Data è in atto...fra le creature è la più eccentrica.
L'avere a che fare con "Data" mi da ai nervi, neuroni lo hanno accertato.
Tempi opprimenti regalano o pretendono libertà ancor più opprimenti.

Riconosco che il tutto è incompleto. Data mi ha diviso, astrusa arbitrarietà, in 3 cartelle e ora non sono posseduto dalla volontà di riunirle. Sono fuori anche se in compagnia.
Inviato il: 6/1/2014 18:36
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  mirco
      mirco
Re: Totalitarismo e Socialismo
#41
Mi sento vacillare
Iscritto il: 6/1/2010
Da
Messaggi: 387
Offline
Citazione:

DrHouse ha scritto:
Citazione:

mirco ha scritto:
Pispax come puoi pretendere di essere creduto affermando che gli Americani ( poveri ) vanno a farsi curare a Cuba?
Certamente ognuno è libero di spostarsi dove pare e piace ( possono entrare gli americani a Cuba per farsi curare a gratis? ), e forse uno o due americani all'anno andranno all' Avana a farsi levare un molare.



Americans traveling to Cuba in record numbers
(Reuters) - Americans are visiting Cuba in record numbers despite strict travel restrictions, joining the hundreds of thousands of Cuban Americans who travel home each year, according to Cuban government figures published on Friday.

Just over 98,000 U.S. citizens visited Cuba in 2012, up from 73,500 in 2011 and twice the number compared with five years ago, according to an online report by the National Statistics Office (www.one.cu).

The numbers do not include more than 350,000 Cuban Americans estimated by travel agents and U.S. diplomats to have visited the island last year. Because Cuba considers them nationals, they are not listed in its tourism statistics.

http://www.reuters.com/article/2013/10/18/us-cuba-usa-tourism-idUSBRE99H0J320131018


Healthcare in Cuba
Carmen M. Cusack

Poor Americans who lack health-insurance or have little opportunity to access specialized or non-emergency medical treatment in the U.S. should be permitted by the U.S. State Department to spend money in Cuba in order to receive inexpensive medical treatment, and should be allowed to stay (and spend) in Cuba as long as necessary in order to receive inexpensive medical treatment.

If Americans were permitted by an exception in the Helms-Burton Act to spend money in Cuba and visit for medical purposes, then Cuba would likely treat these Americans for a very low cost. This can be argued because 1) Cuba has a longstanding history of providing fine medical treatment to their own poor and the poor of other countries; 2) Cuba has also provided medical education to poor U.S. students seeking to treat and care for the American poor; and 3) Cuba provides free emergency care, stabilizing care, and medicine to Americans who fall ill in Cuba.

http://works.bepress.com/carmen_cusack/1/


Health tourism and pharmaceutics
Cuba attracts about 20,000[77] paying health tourists, generating revenues of around $40 million a year for the Cuban economy. Cuba has been serving health tourists from around the world for more than 20 years. The country operates a special division of hospitals specifically for the treatment of foreigners and diplomats. Foreign patients travel to Cuba for a wide range of treatments including eye-surgery, neurological disorders such as multiple sclerosis and Parkinsons disease, cosmetic surgery, addictions treatment, retinitis pigmentosa and orthopaedics. Most patients are from Latin America, Europe and Canada, and a growing number of Americans also are coming. Cuba also successfully exports many medical products, such as vaccines.[78] By 1998, according to the Economic Commission for Latin America and the Caribbean, the Cuban health sector had risen to occupy around 2 percent of total tourism. Some of these revenues are in turn transferred to health care for ordinary Cubans, although the size and importance of these transfers is both unknown and controversial. At one nationally prominent hospital/research institute, hard currency payments by foreigners have financed the construction of a new bathroom in the splenic surgery wing; anecdotal evidence suggests that this pattern is common in Cuban hospitals.[79]
http://en.wikipedia.org/wiki/Healthcare_in_Cuba

Va poi aggiunto che il numero di americani che si sono recati a Cuba fino a oggi per motivi sanitari è stato sicuramente limitato dal fatto che l'embargo costringe gli americani che vogliono recarsi a Cuba a ottenere un visto speciale oppure a passare per il Canada o le Bahamas.

Comunque, siamo OT.



Più che essere OT il tuo intervento conferma proprio un bel niente sul fatto che migliaia e migliaia di americani vadano a curarsi a Cuba.
Almeno dovevi dare una letta al sito di cui hai allegato il link.
Wikipedia come fonte è sempre da prendere con le pinze e comunque non esalta proprio per niente il sistema sanitario cubano.


Citazione:

Dengue e congiuntivite emorragica sono fenomeni tipici di ogni clima tropicale. Tu prova a leggere i consigli di viaggio per chi si reca in Brasile e vedrai se non ritrovi puntualmente le stesse raccomandazioni. E, se non ci credi, magari posso mostrarti io il numero di casi di morte per dengue in Brasile nel 2012.


Cuba e la Florida hanno più o meno lo stesso clima.. In Florida non ci sono emergenze sanitarie.

Il sistema sanitario Cubano secondo gli standard Europei ed Americani è molto carente ed arretrato. Cercare di negare questo fatto dimostra soltanto pregiudizi e malafede.
Comunque ognuno è libero di credere che il sistema sanitario Cubano sia di ottimo livello senza nessuna eccezione.


http://www.huffingtonpost.com/kristy-ann-muniz/cuba-travel-ban_b_3569633.html

Citazione:

Health care is wealth care: Cuba's healthcare system is mistakenly praised by foreigners who know absolutely nothing about it (specifically Michael Moore). There are three types of healthcare in Cuba: One for tourists, one for government officials, and one for citizens. While the first two systems are supposedly stupendous, the treatment reserved for the average Cuban consists of devastatingly unsanitary hospitals containing dirty instruments, a shortage of medicine, and a lack of basic necessities such as soap and toilet paper. One hospital I walked by in Havana had broken windows and looked as though it was on the verge of collapsing.


E questa è solo una delle migliaia di testimonianze che confermano il devastante livello della sanità pubblica cubana ( magari non al livello del Mozambico ). Io come Italiano ritengo esauriente gli avvertimenti del nostro ministero.
Maradona come testimonial della sanità cubana non è molto plausibile.
A pagamento un luminare può curarti in quasi qualsiasi luogo del pianeta.
E' incredibile notare che su LC molti si facciano imbambolare dalla propaganda Cubana.
Inviato il: 6/1/2014 22:09
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Nomit
      Nomit
Re: Totalitarismo e Socialismo
#42
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 4/1/2011
Da
Messaggi: 1549
Offline
Citazione:

mirco ha scritto:

Il sistema sanitario Cubano secondo gli standard Europei ed Americani è molto carente ed arretrato. Cercare di negare questo fatto dimostra soltanto pregiudizi e malafede.
Comunque ognuno è libero di credere che il sistema sanitario Cubano sia di ottimo livello senza nessuna eccezione
sì ma non è che tu conosci la verità e gli altri sono "liberi di credere"

il tasso di mortalità infantile a Cuba durante il regime socialista è diventato simile a quello dei paesi ricchi ed enormemente inferiore agli altri paesi del Terzo Mondo, e questo nonostante l'embargo decennale

per cui non penso che la sanità cubana sia messa malissimo, poi ovviamente finché non controlliamo di persona non possiamo sapere
https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/rankorder/2091rank.html
http://www.indexmundi.com/map/?v=29&l=it
http://www.childmortality.org/index.php?r=site/graph#ID=CUB_Cuba
_________________
« Da oggi latini e romani sono lo stesso popolo » (Costantino Paleologo, I453)
Inviato il: 7/1/2014 0:10
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
Re: Totalitarismo e Socialismo
#43
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 19/6/2006
Da Bologna
Messaggi: 9236
Offline
Citazione:

mirco ha scritto:
E' incredibile notare che su LC molti si facciano imbambolare dalla propaganda Cubana.


La famosa, pervasiva, onnipresente PROPAGANDA CUBANA.

Certo che questo thread è una miniera!!

_________________
Quando dici le cose come stanno, stai sulle palle a tanta gente
Inviato il: 7/1/2014 0:17
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  toussaint
      toussaint
Re: Totalitarismo e Socialismo
#44
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 23/3/2012
Da
Messaggi: 5220
Offline
perspicace, se credi al Vangelo, Gesù disse:
"a Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesare", dove Cesare indica lo Stato.
non mi risulta che abbia detto "ai mercanti quel che è dei mercanti".
anche perchè, stando sempre al Vangelo che tu veneri a dispetto della Bibbia come hai più volte precisato, Gesù i mercanti li prese a calci...
_________________
"Siam del popolo le invitte schiere c'hanno sul bavero le fiamme nere ci muove un impeto che è sacro e forte morte alla morte morte al dolor. Non vogliamo più assassini non vogliamo più briganti come un dì gridiamo: avanti!" Arditi del Popolo 1921
Inviato il: 7/1/2014 12:57
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  perspicace
      perspicace
Re: Totalitarismo e Socialismo
#45
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
Offline
Il mercato lo stavano facendo nel tempio, sciocchino!

Il libero mercato invece siamo noi con le nostre scelte quotidiane, che naturalmente pubblicità e propaganda tentano costantemente di plagiare.

Qual'è secondo te toussaint il giusto livello di libertà da cedere allo Stato il 99% vuoi tenerti per te giusto la scelta di decidere con chi andare al letto, O gli lasceresti anche quella quella ad altri?
_________________
Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 7/1/2014 14:41
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  toussaint
      toussaint
Re: Totalitarismo e Socialismo
#46
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 23/3/2012
Da
Messaggi: 5220
Offline
perspicace, veramente chi decide della mia vita oggi non è lo Stato ma le banche, le Sette Sorelle del petrolio, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, la Nestlè, la Coca Cola, la Procter & Gamble, insomma tutti 'sti papponi capitalisti che governano il mondo.
lo Stato italiano non esiste più da molto tempo, ormai.


edit: comunque, non mi hai risposto.
Gesù era statalista, lo dice il Vangelo.
e se è per questo, era anche comunista, visto che invitava i fedeli a staccarsi dalle cose del mondo, ossia a rinunciare alla proprietà dei beni, e a condividere le proprie ricchezze con i poveri.
"è più facile che un cammello (o una gomena, a secondo delle traduzioni ma il senso non cambia) passi per la cruna dell'ago che un ricco entri in Paradiso".
se il Vangelo non dice cazzate, il Che a Gesù je faceva un baffo...
_________________
"Siam del popolo le invitte schiere c'hanno sul bavero le fiamme nere ci muove un impeto che è sacro e forte morte alla morte morte al dolor. Non vogliamo più assassini non vogliamo più briganti come un dì gridiamo: avanti!" Arditi del Popolo 1921
Inviato il: 7/1/2014 15:07
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  perspicace
      perspicace
Re: Totalitarismo e Socialismo
#47
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
Offline
Sei dotato di lettura selettiva? (tradotto: leggi solo ciò che ti interessa e scarti tutto ciò che non è utile per provocare?)

Gesù non andava a prendersi le tue cose con la forza e non diceva fate un esercito di poliziotti con i quali andare a confiscare la ricchezza degli altri.

Lui ti "invitava" a donare ad altri ciò che ti è superfluo, non ti puntava un arma alla gola e diceva: "damme li sordi! Che ce deo beneficenza"

Quindi toussaint se vuoi partecipare al thread con decenza fa pure altrimenti evita stupidi attacchi solo perché gli altri discutono senza il tuo fastidioso ronzio qui nessuno ti impedisce di argomentare la tua posizione sul socialismo e sul totalitarismo, sempre che tu ce l'abbia.
_________________
Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 7/1/2014 15:51
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  toussaint
      toussaint
Re: Totalitarismo e Socialismo
#48
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 23/3/2012
Da
Messaggi: 5220
Offline
No no, caro perspicace, e che te la canti e te la soni da solo?
Gesù non "invitava" affatto a donare.
Minacciava e della minaccia più terribile, non poter accedere al Paradiso e quindi scontare l'eternità all'Inferno.
Vedi la metafora del cammello (o gomena) di cui sopra.
Al confronto, il gulag staliniano mi sembra ben poca cosa...
_________________
"Siam del popolo le invitte schiere c'hanno sul bavero le fiamme nere ci muove un impeto che è sacro e forte morte alla morte morte al dolor. Non vogliamo più assassini non vogliamo più briganti come un dì gridiamo: avanti!" Arditi del Popolo 1921
Inviato il: 7/1/2014 16:01
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  DrHouse
      DrHouse
Re: Totalitarismo e Socialismo
#49
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/11/2007
Da
Messaggi: 2394
Offline
Citazione:
mirco ha scritto:
Più che essere OT il tuo intervento conferma proprio un bel niente sul fatto che migliaia e migliaia di americani vadano a curarsi a Cuba.
Almeno dovevi dare una letta al sito di cui hai allegato il link.
Wikipedia come fonte è sempre da prendere con le pinze e comunque non esalta proprio per niente il sistema sanitario cubano.

mirco,
perdona la brutalità, ma a me non frega un cazzo del sistema sanitario cubano e, con tutto il rispetto, me ne frega ancora di meno di quello che ne puoi pensare tu. Se l'argomento ti sta a cuore, sei liberissimo di aprire un thread.

In primo luogo, sei andato OT. Ti sei aggrappato a una frase di Pispax, in cui si citava Cuba nell'ambito di un discorso completamente diverso che riguardava la "libertà" e lo Stato negli USA, per fare una sparata contro la sanità a Cuba, accusando lui e i lettori di LC di credere ai "pregiudizi" e di farci "imbambolare dalla propaganda cubana". Fin qui, niente di male, infondo è un tuo libero giudizio su Cuba e su LC.

In secondo luogo, hai fatto affermazioni false e questo, invece, è un vizio che qui dentro non si è soliti perdonare con tanta leggerezza. Ecco quello che tu hai scritto:
Citazione:
Pispax come puoi pretendere di essere creduto affermando che gli Americani ( poveri ) vanno a farsi curare a Cuba?
Certamente ognuno è libero di spostarsi dove pare e piace ( possono entrare gli americani a Cuba per farsi curare a gratis? ), e forse uno o due americani all'anno andranno all' Avana a farsi levare un molare.

Qui il problema non è la tua liberissima opinione sul socialismo cubano o sulla sanità a Cuba. Il problema è che fai un'affermazione falsa. Tu stai negando un fatto (gli americani vanno a Cuba a curarsi), ampiamente documentato, ampiamente noto e ammesso da numorose fonti americane, portando a supporto delle tue tesi:
1) i consigli di un sito di viaggi per chi si reca a Cuba
2) il racconto di un'esperienza di viaggio di una newyorkese che si guadagna da vivere disegnando T-shirt e che, a tempo perso, scrive come blogger sull'Huffington Post e su altre riviste (ma ama comunque presentarsi come "scrittrice"); un articolo dove peraltro non si cita nessun dato e si racconta semplicemente un'esperienza diretta.

Guarda, sul sistema sanitario di Cuba si possono avere mille opinioni diverse, tutte legittime. Tu scegli quella che ti pare. Ma affermare che a Cuba ci andranno sì e no due americani l'anno a farsi togliere un molare, significa semplicemente dire una cazzata che è smentita da centinaia di fonti. Te ne ho già citate tre nella mia prima risposta, avendo cura che fossero il più possibile al di sopra di ogni sospetto (a meno che Reuters non sia per te un avamposto marxista). Eccoti un altro articolo del 2003 da una fonte notoriamente filocastrista e filocomunista come la BBC:


Cuba sells its medical expertise
Another growing source of income is health tourism, with a number of specialist hospitals, clinics, health spas and resorts catering to foreign visitors.

Last year more than 5000 foreign patients travelled to Cuba for a wide range of treatments including eye-surgery, neurological disorders such as multiple sclerosis and Parkinson's' disease, and orthopaedics.
Most patients are from Latin America.
However the unique Cuban treatment for retinitis pigmentosa, often known as night blindness, has attracted many patients from Europe and North America.
Health tourism generates revenues of around $40m a year.
More than 500 different medical products are manufactured by the pharmaceutical industry, which during the1980s provided 80% of domestic needs.


http://news.bbc.co.uk/2/hi/business/3284995.stm


Poi, potresti dare anche un'occhiata a questo documento dell'University of Arizona:

Medical Tourism in Cuba: A Tale of Success
Today, many Europeans, North Americans, and Latin Americans travel to Cuba for elective treatment such as plastic surgery. Cosmetic surgery costs are 60%-80% cheaper compared to the cost in the U.S (See Figure 2). The cost shown here for the U.S. are average costs of plastic surgery across the nation, including surgeons’ fee, anesthesia, and a facility fee but the price does not contain other miscellaneous fees related to surgery such as prescriptions, medical tests, medic
ations, etc. The costs for Cuba represent a top notch, luxurious, and cutting edge hospital of Cuba, and they are inclusive prices: hospitalization, pre-surgery check-up, operating room, anesthesia, surgical intervention, and professional healthcare fees, excluding medications.
[…]
Fidel Castro claimed that “every person and every nation has the right to a healthy life and to enjoy the privilege of a prolonged and useful existence” (Garraway 2007). He envisaged Cuba with comprehensive coverage and providing for the well-being of citizens. Cuba’s consistent endeavors have finally paid off; the health indicators and implications are comparable to Western Europe countries placing Cuba in another league regarding public health care, education and science in the human development indexes. The Cuban health care system had not been driven by a cost and profit analysis; it was developed based upon the needs of people. The medical tourism phenomenon is a sort of byproduct of the continuing investment in pharmacology, biotechnology, and medical technology in the five decades after the revolution.


https://next.eller.arizona.edu/courses/outsourcing/Fall2008/student_papers/final_papers/Hyo%20Kim.pdf


Infine, potresti dare un'occhiata anche a questo articolo dell'IMTJ (International Medical Travel Journal), dove si analizza il turismo sanitario a Cuba e si ribadisce che il numero di turisti americani è reso più esiguo di quello che potrebbe potenzialmente essere se non vigesse l'embargo e, per i cittadini americani, l'obbligo di visto o di arrivare a Cuba attraverso altri scali.
http://www.imtj.com/news/?entryid82=425382


Il turismo sanitario degli americani a Cuba è un fatto. Prendine atto. Che a te la cosa dispiaccia è un problema tuo. Nessuno ti obbliga ad andare a farti curare a Cuba, né a pensare necessariamente bene della sanità cubana. Ma non puoi negare fatti o dati solo perché a te la cosa dà fastidio. E se vuoi contestare questo fatto, la prossima volta abbi cura di scegliere meglio le tue fonti.


Citazione:
Cuba e la Florida hanno più o meno lo stesso clima.. In Florida non ci sono emergenze sanitarie.

Il sistema sanitario Cubano secondo gli standard Europei ed Americani è molto carente ed arretrato. Cercare di negare questo fatto dimostra soltanto pregiudizi e malafede.
Comunque ognuno è libero di credere che il sistema sanitario Cubano sia di ottimo livello senza nessuna eccezione.

In malafede è chi, come te, fa un'affermazione che non può provare perché frontalmente smentita dai dati, probabilmente sulla spinta di motivazioni ideologiche. Comunque, se non ti bastano ancora i link che ti ho appena citato, eccoti alcuni dati tratti da Index Mundi:

Death rate
USA: 8.39 deaths/1,000 population (2013 est.)
Cuba: 7.58 deaths/1,000 population (2013 est.)

Infant mortality rate
USA: 5.9 deaths/1,000 live births
Cuba: 4.76 deaths/1,000 live births

Life expectancy at birth
USA: total population: 78.62 years
Cuba: total population: 78.05 years

HIV/AIDS - adult prevalence rate
USA: 0.6% (2009 est.)
Cuba: 0.1% (2009 est.)

Physicians density:
USA: 2.42 physicians/1,000 population (2009)
Cuba: 6.72 physicians/1,000 population (2010)

Hospital bed density
USA: 3 beds/1,000 population (2010)
Cuba: 5.1 beds/1,000 population (2011)

Fonte:
http://www.indexmundi.com/united_states/
http://www.indexmundi.com/cuba/
_________________
E dopo 10 anni, siamo a discutere se il Volo 77 è arrivato proprio lungo questa linea, o piuttosto è arrivato due metri più a sinistra, o due metri più a destra? (Perle complottiste)
Inviato il: 7/1/2014 17:16
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  DrHouse
      DrHouse
Re: Totalitarismo e Socialismo
#50
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/11/2007
Da
Messaggi: 2394
Offline
A Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesare
Significa semplicemente che le leggi umane sono una cosa diversa dalle leggi di Dio. Francamente non ci vedo una conferma dello statalismo, né una convalida dell'idea di Stato.

e se è per questo, era anche comunista, visto che invitava i fedeli a staccarsi dalle cose del mondo, ossia a rinunciare alla proprietà dei beni, e a condividere le proprie ricchezze con i poveri.
Non confondere la filantropia con il socialismo. Ancor meno con il comunismo, che, a rigore, prevede l'accettazione del materialismo dialettico. Se la filantropia fosse socialismo, allora almeno tre quarti della grandi corporation del mondo sarebbero socialiste, specialmente sotto Natale. Invitare a donare le proprie ricchezze ai più poveri non configura affatto socialismo, almeno secondo me.
_________________
E dopo 10 anni, siamo a discutere se il Volo 77 è arrivato proprio lungo questa linea, o piuttosto è arrivato due metri più a sinistra, o due metri più a destra? (Perle complottiste)
Inviato il: 7/1/2014 17:29
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  toussaint
      toussaint
Re: Totalitarismo e Socialismo
#51
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 23/3/2012
Da
Messaggi: 5220
Offline
O santi numi!
Gesù un filantropo.
Praticamente come Soros...
_________________
"Siam del popolo le invitte schiere c'hanno sul bavero le fiamme nere ci muove un impeto che è sacro e forte morte alla morte morte al dolor. Non vogliamo più assassini non vogliamo più briganti come un dì gridiamo: avanti!" Arditi del Popolo 1921
Inviato il: 7/1/2014 18:35
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  mirco
      mirco
Re: Totalitarismo e Socialismo
#52
Mi sento vacillare
Iscritto il: 6/1/2010
Da
Messaggi: 387
Offline
Citazione:

DrHouse ha scritto:

1) i consigli di un sito di viaggi per chi si reca a Cuba
2) il racconto di un'esperienza di viaggio di una newyorkese che si guadagna da vivere disegnando T-shirt e che, a tempo perso, scrive come blogger sull'Huffington Post e su altre riviste (ma ama comunque presentarsi come "scrittrice"); un articolo dove peraltro non si cita nessun dato e si racconta semplicemente un'esperienza diretta.



Vai a chiedere il visa per entrare a Cuba come turista e dopo ripassa a postare.
Non ho nessun interesse a convertire qualcuno di voi e siete liberi di considerare la sanità a Cuba come vi pare e piace, non ci abito né io né voi ( credo )

Anche se gli Americani fossero tutti i 20.000 che ogni anno vanno all'Avana a farsi curare a caro prezzo, sarebbero statisticamente irrilevanti a fronte di una popolazione di 320 milioni di abitanti.
Inviato il: 7/1/2014 20:24
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Merio
      Merio
Re: Totalitarismo e Socialismo
#53
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 15/4/2011
Da
Messaggi: 3677
Offline
Citazione:
...a fronte di una popolazione di 320 milioni di abitanti.


A voi ricorda qualcosa questa argomentazione?

Comunque c'è pure 'sta classifica fatta dal WHO... USA e Messico sono molto vicini...

WHO by WIKIA...

e qua è pure peggio (per gli USA)...

Bloomberg...

Ma ovviamente trattandosi di statistiche non c'è da fidarsi...

Noi (Italia) facciamo bella figura in tutte e due...
_________________
La libertà di parola senza la libertà di diffusione è come un pesce rosso in una vasca sferica...
Ezra Pound
Inviato il: 7/1/2014 20:43
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  DrHouse
      DrHouse
Re: Totalitarismo e Socialismo
#54
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/11/2007
Da
Messaggi: 2394
Offline
Citazione:

mirco ha scritto:
Anche se gli Americani fossero tutti i 20.000 che ogni anno vanno all'Avana a farsi curare a caro prezzo, sarebbero statisticamente irrilevanti a fronte di una popolazione di 320 milioni di abitanti.

Infatti sono molti di più di 20.000 gli americani che vanno all'estero a curarsi. Oltre che a Cuba, vanno anche in India, in Indonesia, in Malesia, nelle Filippine, a Singapore, in Thailandia.

Di link e di dati ne trovi quanti ne vuoi, ma non perderò tempo a citarteli, tanto non li leggeresti e, anche se tu lo facessi, continueresti a ripetere che sono "statisticamente irrilevanti". Facciamo così: hai ragione tu, negli USA non esiste un problema sanitario e nessuno si lamenta della sanità.

Ti saluto
_________________
E dopo 10 anni, siamo a discutere se il Volo 77 è arrivato proprio lungo questa linea, o piuttosto è arrivato due metri più a sinistra, o due metri più a destra? (Perle complottiste)
Inviato il: 7/1/2014 21:13
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Pispax
      Pispax
Re: Totalitarismo e Socialismo
#55
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 19/3/2009
Da
Messaggi: 4685
Offline
mirco

Citazione:
Il sistema sanitario Cubano secondo gli standard Europei ed Americani è molto carente ed arretrato. Cercare di negare questo fatto dimostra soltanto pregiudizi e malafede

Meglio, no?
Lo scopo del discorso che stavo portando avanti è che chiamare "libertà" solo ed esclusivamente la libertà dall'oppressione statale, che pure è indubbiamente una libertà, se non viene accompagnata anche da una libertà da alcuni fattori economici è solo una libertà parziale.
Il più delle volte è solo la libertà di morire prima, e peggio (vedi i casi di amputazione del piede per il diabete, che negli USA sono circa il doppio che in Europa. Il diabete "incidentalmente" comporta il fatto che le assicurazioni sanitarie ti sbattono fuori appena possono, e quindi in molti devono rinunciare alla cure).
In generale è una funzione dello Stato il provvedere a una redistribuzione organizzata delle risorse.

In questo senso mi va benissimo sostenere tutto il male che preferisci rispetto alla sanità cubana.
Perché il fatto conclamato è che quella USA è peggio.
Non è peggiore come picchi d'eccellenza, chiaro. In quelli gli USA vanno fortissimo.
E' peggiore perché COMPLESSIVAMENTE cura meno persone, lo fa spendendo di più e lo fa ottenendo pure meno risultati.

Ancora oggi oltre 50 milioni di americani sono privi di assicurazione sanitaria (fonte: peacereporter. I dati sono del 2009).

Tutto questo non serve a dire che gli USA sono meglio o peggio di Cuba o a aprire polemiche sterili perché invece di 50 sono 70, o 30. Sono semrpe un'enormità.
Insomma, questo è solo tifo da disegnatori di magliette.

Il punto a cui volevo arrivare è che una quantità "tot" di Stato serve a portare un equilibrio e a AUMENTARE complessivamente le libertà.
La lotta per ridurre lo Stato abbassa il livello di equilibrio, e quindi, oltre a un certo punto SEMPRE, genera delle somme di libertà minori.


A quanto ammonta quel "tot"?
Bella domanda.
Più di tanto è troppo, meno di tanto è troppo poco.
Nell'intervallo rimanente si apre una ricerca di equilibrio.
Ma il concetto di fondo, quello che serve a capire il problema, è che troppo poco Stato ti lascia privo delle libertà esattamente come quando di Stato ce n'è troppo.
Inviato il: 8/1/2014 3:14
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  perspicace
      perspicace
Re: Totalitarismo e Socialismo
#56
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
Offline
La seconda parte dell'articolo che ho messo all'inizio di questa discussione. (creando anche reazioni avverse :)

- - - -- - - - ----- - - - -- -- - - - - - - - -

La Chiesa e il Mercato: introduzione, parte II.

3. Capitalismo e cattolicesimo

Alla luce di queste considerazioni può sembrare difficile pensare che ci siano stati cristiani e cattolici disposti a dare credito ad un’idea di libertà che sfocia nella licenza e nell’arbitrio, che permette ogni forma di aggressione, che sottrae all’individuo ogni barriera protettiva e, infine, che giunge a “legalizzare” il furto e l’aggressione.

Eppure questo è avvenuto più volte, anche a causa del fatto che il dibattito sul rapporto tra capitalismo e cristianesimo è stato in larga misura viziato dall’imporsi di alcune particolari interpretazioni della modernità.

In primo luogo, non di rado si è identificata l’età moderna (certamente segnata da un deciso processo di secolarizzazione) con il capitalismo liberale. Tutto quanto contrassegna le società post-medievali, quindi, sarebbe da imputarsi alle logiche di mercato: anche se è evidente che nelle società contemporanee occidentali la statualità prevale sul rispetto dei diritti di proprietà e della libertà contrattuale. Il moderno, insomma, è più nel segno del potere statale che della libertà dei singoli.

Oltre a ciò, da più parti si afferma – pur senza disporre di particolari argomenti in merito – che vi sarebbe nel capitalismo, inteso quale società basata su proprietà e mercato, una connaturata avversione per la spiritualità.

E questo perché se la modernità è ad un tempo capitalistica e secolarizzata, il capitalismo avrebbe in sé qualcosa di intimamente anticristiano.

In realtà tale analisi è opinabile da più punti di vista: perché non è vero che la modernità sia primariamente segnata dalle logiche liberali del capitalismo (e non invece da ciò che gli si oppone: il potere statale), perché non è vero che l’Occidente capitalistico sia tutto e egualmente secolarizzato (si pensi alla vitalità delle comunità cristiane negli Stati Uniti, ad esempio), e soprattutto perché non si può giudicare la legittimità della libertà individuale a partire dall’uso (buono e cattivo) che ne possono fare gli uomini.

Quanti pensano che capitalismo e cristianesimo possano convivere, spesso però sono portati a considerare il protestantesimo assai più consono all’ordine economico basato su mercato e proprietà. Per certi aspetti, si ha talora l’impressione che la “leggenda nera” che si è imposta all’indomani del grande conflitto tra l’Inghilterra e la Spagna, e che continua a squalificare la storia e la civiltà dell’Europa meridionale, seguiti a impedire un’analisi più serena non solo del Siglo de oro, ma più in generale dell’intera cultura di tradizione cattolica.

Ovviamente, in tali discussioni resta fortissima l’influenza delle tesi weberiane. Sotto vari punti di vista, il volume di Max Weber sull’origine del capitalismo dallo spirito delle sette protestanti è stato infatti funzionale al rafforzamento della vocazione anti-cattolica di tanta parte del mondo liberale, come pure al consolidamento all’interno della Chiesa di una certa ostilità al libero mercato e alla società capitalistica. 14

In poche parole, l’indifferentismo religioso di molti liberali ha trovato nell’astrusa (anche se geniale) costruzione intellettuale del sociologo tedesco una conferma del fatto che per essere buoni liberali bisognerebbe disfarsi di Roma e dei suoi cardinali, mentre una parte rilevante del cattolicesimo – sia ultramontano che socialisteggiante – ha trovato qui una qualche conferma per la sua avversione al mercato. Se il capitalismo “nasce protestante”, è bene che i cattolici sappiano comprendere i limiti morali e culturali di tale individualismo.

Il problema è che la tesi sull’origine del capitalismo formulata da Weber, molto semplicemente, non è facilmente difendibile. 15

Il motivo fondamentale sta nel fatto che il capitalismo europeo nasce ben prima della Riforma: e si delinea sul piano pratico grazie all’azione imprenditoriale di mercanti e banchieri. Ben più della tesi di Weber pare oggi persuasiva la riflessione di un sociologo comparatista quale Jean Baechler, per il quale il successo epocale dell’Occidente (con la conseguente europeizzazione del mondo intero) affonderebbe le proprie radici in quel Medioevo caratterizzato dall’assenza di un potere forte in condizione di egemonizzare la società.

Mentre la civiltà cinese finisce per arrestare la propria crescita a causa dell’imporsi del potere imperiale e a seguito dell’espansione di un immenso apparato burocratico, in Europa l’esistenza di una tensione tra Impero e Papato impedisce al primo di controllare la società e lascia ampio spazio alle autonomie politiche, alle imprese bancarie e commerciali, allo sviluppo di una cultura pluralista. A fronte di una Cina che si unifica sotto il potere degli imperatori e finisce per diventare una capitale onnipotente sovrapposta ad un’immensa periferia, l’Europa si avvale del dinamismo di innumerevoli attori e vede veramente “sbocciare mille fiori”. Quando l’economico si affranca dal politico, è l’intera società che prende a respirare: la vita urbana, in particolare, assume le forme tanto mirabilmente rappresentate da Ambrogio Lorenzetti negli affreschi senesi del Palazzo dei Signori consacrati agli effetti del Buongoverno.

Il pluralismo europeo deve molto, quindi, alla presenza della Chiesa e alla sua azione di contrasto di fronte alle pretese del potere, tanto più che il cattolicesimo è per sua vocazione insopprimibile orientato verso l’universalismo. Compito primo di ogni credente è quello di annunciare la Buona Novella al mondo, e questo implica anche la più strenua fedeltà a quanto disse san Paolo quando affermò che, dopo Cristo, non ci sono più Ebrei e Gentili, poiché siamo tutti parte della medesima umanità. Quando nel XVI secolo Lutero trascrive la Bibbia in tedesco e apre ad un processo di nazionalizzazione delle comunità dei credenti (destinato in seguito a favorire pure una statalizzazione del cristianesimo europeo), la Chiesa cattolica continua a guardare al mondo intero, e fa dei propri fedeli un elemento sempre in qualche modo irriducibile al patriottismo nazionale. 16

In questo senso, il cattolicesimo è globalizzante da sempre, e lo Stato moderno si è costituito e affermato essenzialmente in opposizione ad esso. 17 Non solo quindi il capitalismo è nato nelle cattolicissime Firenze e Venezia, Bruges e Gand, e anche nelle fiere e nelle università del Basso Medioevo, ma spesso ha conosciuto in àmbito cattolico i suoi teorici più consapevoli e conseguenti.

In effetti, la cultura del mercato globale che prende piede nell’Europa medievale trova rapidamente una sua raffinata elaborazione intellettuale grazie all’opera di alcuni importanti teologi e predicatori cattolici: da san Tommaso d’Aquino a Pierre de Jean Olivi, da san Bernardino da Siena a Juan de Mariana. A tale proposito, da circa mezzo secolo si sta assistendo ad un intenso lavoro “revisionista” che va mettendo in luce come perfino sul piano della teoria economica, l’avvento degli studiosi protestanti (Adam Smith, ad esempio) abbia rappresentato non già un’evoluzione positiva sulla via di una migliore comprensione della realtà, ma al contrario un arretramento. In merito alla questione teorica del valore, in particolare, mentre gli studiosi della seconda Scolastica avevano una chiara comprensione del suo carattere soggettivo e quindi erano consapevoli che un bene vale se noi riconosciamo in esso un valore, è proprio con Smith che inizia a delinearsi quella teoria oggettivistica (il cosiddetto valore-lavoro) che creerà tante difficoltà alla scienza economica e che soprattutto aprirà la strada alle tesi marxiane in tema di sfruttamento: grazie all’idea del plusvalore.

Lungi dall’essere stata irrobustita o addirittura “inventata” dagli intellettuali protestanti o libertini del XVIII secolo, la scienza economica ha avuto i suoi autentici Padri Fondatori negli studiosi cattolici dell’età medievale e della prima modernità. Sono in particolare i teologi e i giuristi della tarda Scolastica (in Spagna e Portogallo, ma anche in Germania, Italia e Francia) che elaborano le nozioni cruciali di una teoria economica che avversa ogni ipotesi assolutistica molto prima che venga coniata la stessa espressione laissez faire, e che ha pure il merito di legittimare il profitto, l’intrapresa commerciale, il prestito a interesse. 18

Non c’è allora nulla di sorprendente nel fatto che negli ultimi tre decenni, in vari paesi occidentali, si sia avuto un intenso lavoro orientato a valorizzare l’antico e sempre vivo legame tra la cultura cattolica e le libertà garantite dal mercato concorrenziale. Studiosi come Dario Antiseri, padre John Michael Beers, Alejandro Chafuen, Jacques Garello, Samuel Gregg, Jean-Yves Naudet, Michael Novak, padre Robert A. Sirico e don Angelo Tosato hanno mostrato con insistenza come l’ermeneutica biblica, la riflessione teologica e filosofica più avvertita, la storia del pensiero economico e lo stesso insegnamento papale (a partire da numerose encicliche) siano in condizione di cogliere non già la semplice esistenza di un ponte tra cattolicesimo e cristianesimo, quanto semmai una profonda sintonia tra i principî morali dell’economia di mercato e l’insegnamento che proviene dal Vangelo, dalla Tradizione, dal Magistero. 19

Si tratta, da un lato, soltanto di riscoprire quella lunga tradizione di studiosi cattolici impegnati a realizzare un ordine di giustizia basato sulla protezione dei diritti di proprietà e della libertà contrattuale: da Frédéric Bastiat a lord Acton, ad Antonio Rosmini.

Ma ancor più importante è rilevare che da circa mezzo secolo si va assistendo ad un “revisionismo” storico ad un tempo filocattolico e filocapitalista, il quale ha evidenziato quanto sia stato importante il contributo teorico della Chiesa di Roma nel porre le premesse all’espansione economica e civile conosciuta dall’Europa in età medievale e poi nei secoli successivi. Nell’àmbito della storia del pensiero economico, in modo particolare, gli scritti di Marjorie Grice-Hutchinson, 20 Emil Kauder, 21 Joseph A. Schumpeter 22 e Raymond de Roover 23 hanno progressivamente mutato la comprensione del rapporto tra cultura cattolica e scienza economica. È proprio muovendo da tali autori che è stato possibile, per Murray N. Rothbard, realizzare quel lavoro di sintesi con cui lo studioso libertario ha evidenziato il profondo legame che collega la grande eredità del cattolicesimo europeo e l’aristotelismo di Carl Menger e dell’intera Scuola austriaca. 24

Anche al di fuori della riflessione economica in senso stretto, d’altra parte, esiste ormai un’ampia ricca biblioteca di studi che, con forza innovativa, stanno riconsiderando al tempo stesso la grandezza della civiltà europea medievale e il ruolo giocato dalla Chiesa nell’edificazione dell’Occidente. 25

Per comprendere come il cattolicesimo abbia operato all’interno della storia occidentale, e in quale direzione esso abbia contribuito a favorirne lo sviluppo, non si devono mai scordare talune sue dimensioni “psicologiche” e “culturali” (in verità, si tratta di un’antropologia filosofica) che in qualche modo sono riuscite a sopravvivere alla stessa Riforma protestante: molto influente pure entro il mondo cattolico, a partire dalla stessa Controriforma.

Nella sua storia, infatti, la Chiesa è sempre stata orientata a valorizzare ogni occasione di mediazione e di incontro tra Dio e gli uomini. Questi ultimi non devono mai essere soli, disperati, schiacciati da una verticalità che potrebbe annullarli. In questo preciso senso l’immaginario cattolico è popolato dalle figure dei santi e della Vergine, dalla bellezza (si pensi al Rinascimento e al Barocco) delle sue chiese, dall’ideale di un umanesimo cristiano che si sforza di coniugare entro la drammaticità dell’esperienza cristiana l’antica ricerca del Bello, del Giusto e del Vero.

Se il Romanticismo tedesco di fine Settecento e inizio Ottocento – da Goethe a Schiller – ebbe bisogno di rifarsi alla classicità greca per ingentilire i rigori di una spiritualità quasi schiacciata dalla fatale inadeguatezza della condizione umana e dall’etica del “dover essere”, l’universo cattolico ha trovato nel cristianesimo stesso la possibilità di accettare l’uomo così com’è: nelle sue imperfezioni, ma anche nel suo desiderio di pace, armonia e serenità.

Questo può aiutarci pure a comprendere come nella storia del cattolicesimo ogni credente sia stato chiamato a soccorrere i poveri, ma come ciò non abbia necessariamente comportato pauperismo, rifiuto di sé, totale oblio del mondo. Nella sua complessità l’universo cattolico ha conosciuto anche esperienze estreme e in questo senso fondamentaliste, ma esse non esauriscono la complessità di una vicenda ben altrimenti ricca e anzi non di rado, simili realtà hanno finito per porsi ai margini dell’ortodossia.

Quando si parla del rapporto della Chiesa con i poveri il pensiero corre subito alla generosità dei missionari e di quanti li aiutano: ed è giusto che sia così. Ma non bisogna mai scordare che la storia della Chiesa è anche storia di mecenatismo, da intendersi essenzialmente come finanziamento privato e volontario di chiese monumentali e formidabili realizzazioni artistiche. Comprenderemmo ben poco della bellezza che ha plasmato l’Europa negli ultimi due millenni senza l’azione condotta dalla Chiesa a tutti i livelli: dall’altare dell’ultima chiesuola di campagna fino ai capolavori del Vaticano.

Per questo motivo, è difficile cogliere lo spirito del cattolicesimo se si ignora quella particolare sensibilità che spesso ha saputo tenere insieme il misticismo e la sensualità, l’aldilà e l’aldiqua, Dio e l’uomo. I cattolici dovrebbero sempre tenere a mente che il protestantesimo è nato non solo dallo scandalo suscitato in Martin Lutero dal commercio delle indulgenze o da questioni di natura teologica, ma anche dallo splendore artistico della Roma rinascimentale. La rottura con la Chiesa fu anche una reazione contro quello che il monaco agostiniano considerò spreco e lusso, e che pure poteva tanto ricordare la scelta di spendere molti denari nell’acquisto di un unguento destinato ad oliare il corpo di Cristo, e non già ad aiutare i poveri.

Se il cristianesimo è l’annuncio di un creatore che per amore si fa uomo, non è più lecito demonizzare o svilire ciò che in altre religioni o culture è considerato basso, inferiore, di poco conto. Nella sua interezza, il mondo è un’opera divina e nel momento in cui porta in sé la traccia del Creatore esso è anche il luogo destinato all’esistenza di quei figli di Dio che, nella fede di Cristo, sono gli uomini stessi. Sotto taluni aspetti, poche cose sono tanto cristiane come quell’universo profano che il mondo cristiano vede emergere al suo interno. 26

4. La Chiesa di fronte alla proprietà e al mercato

Al di là dei fondamentali contributi teorici dati dagli studiosi cattolici alla riflessione economica, è del tutto chiaro che nel corso degli ultimi due secoli – come Woods evidenzia a più riprese – il cattolicesimo è stato tutt’altro che impermeabile di fronte alle idee variamente socialiste, solidariste e redistribuzioniste. In altri termini, lo statalismo che ha pervaso l’intera Europa (perfino anche grazie a numerosi autori che si sono professati liberali) non ha certo risparmiato la Chiesa.

In particolare, da tempo in numerosi cattolici è forte la convinzione che se anche per ipotesi il mercato può essere un buono strumento per produrre ricchezza e innovazione tecnologica, ugualmente esso non può dare risposte adeguate di fronte alla situazione di quanti sono poveri, handicappati, incapaci di bastare a se stessi: e questo vale sia all’interno della società occidentale, che, a maggior ragione, nell’àmbito di una riflessione che focalizzi l’attenzione sui “dannati della Terra”.

L’intero quarto capitolo del volume di Woods mira proprio a confutare tali tesi. Usando la lezione di Peter Bauer, qui si sottolinea giustamente quanto siano disastrose le politiche di aiuto promosse dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali: non solo esse sono illegittime (nel momento in cui ridistribuiscono denaro “estorto” attraverso la tassazione), ma finiscono per danneggiare economie già fragilissime e bisognose di soluzioni di tutt’altra natura.

Diversamente dall’aiuto face-to-face dei missionari (che s’impegnano essenzialmente in una promozione umana che muove dall’incontro con l’altro e da uno sforzo di educazione, volto a prendersi cura del prossimo nella prospettiva di renderlo più autonomo e capace di provvedere a sé), l’iniezione di denaro occidentale ha in linea di massima l’effetto di rafforzare i gruppi al potere, quasi sempre tra i primi responsabili della povertà di quei paesi.

Se è sbagliato spingere i governi occidentali ad aumentare la quota di risorse destinate alle élites al potere nel Terzo Mondo, ancor peggio è però avversare l’apertura dei mercati, come fece papa Paolo VI nella Populorum Progressio quando utilizzò in maniera assai incauta le analisi di studiosi convinti che i mercati aperti sarebbero legittimi e produrrebbero prosperità solo quando le parti interessate sono grosso modo economicamente equivalenti (e cioè quasi mai), mentre sarebbero da evitarsi quando siamo dinanzi a gravi disparità.

Negli anni Sessanta veniva insomma suggerito ai paesi in via di sviluppo di non abbracciare la globalizzazione, per evitare di essere “vittimizzati” dalle ricche economie occidentali: e fu un suggerimento sbagliato e dalle conseguenze assai negative.

Agli estensori di quell’enciclica non era chiaro come lo scambio volontario sia sempre soggettivamente vantaggioso per quanti partecipano alla negoziazione. Se compro un programma Microsoft all’interno di un mercato aperto, è evidente che ciò avviene perché sia io che Bill Gates riteniamo di trarre un beneficio da questo genere di interazione, e questo non ha nulla a che fare con il fatto che il magnate americano abbia un conto bancario ben più corposo del mio.

Le interazioni di mercato non sono atti di guerra, e impedire ad intere popolazioni di negoziare con l’Occidente e d’integrarsi nell’economia globale significa inaridire, insieme allo scambio, una delle sorgenti fondamentali della prosperità e della civiltà umane.

Woods ricorda pure gli ottimi risultati ottenuti da quei paesi che non seguirono le indicazioni degli economisti persuasi che il Terzo Mondo avesse bisogno di “proteggersi” di fronte alle economie più ricche. Quando società allora assai povere come Taiwan e la Corea del Sud tolsero le tariffe doganali poste a protezione delle loro economie la crescita conseguente fu straordinaria. Rapidamente, come già era avvenuto in Giappone e come ora sta avvenendo pure in Cina e in India, l’apertura dei mercati ha favorito un notevole sviluppo: a tutto favore dei ceti più deboli, finalmente in condizione di condurre una vita meno dura (con migliori alimentazione, istruzione e cure mediche).

Nella Populorum Progressio vi fu un’evidente incomprensione delle analisi scientifiche che, da David Ricardo in poi, hanno messo in risalto i beneficî del commercio internazionale. Ma se per il magistero papale fu un errore uscire in maniera tanto imprudente dal campo della dottrina morale (perché nessuno chiede al successore di Pietro di avere competenze tanto specialistiche), è però grave che non si sia avvertito come quel tipo di raccomandazione implicasse un ricorso alla violenza che era, quello sì, in evidente contrasto con i principî etici che ogni cristiano deve bene aver presenti.

Anche ignorando la complessità dello scambio e i beneficî indubitabili derivanti all’insieme dei ceti più deboli dall’abbattimento delle tariffe doganali, il magistero papale avrebbe dovuto intendere come l’adozione di politiche protezioniste impedisce a un consumatore del Terzo Mondo di acquisire beni da un’impresa occidentale. Un’azione pacifica e mutualmente benefica quale è una compravendita, che è un atto ben più che economico (poiché in ogni scambio vi è anche la premessa per una capacità d’intendersi e conoscersi, integrare le proprie vite, costruire relazioni pacifiche), veniva considerato criminale e perseguito con gli strumenti della coercizione di legge.

Ben più che nella debolezza di tante analisi economiche sviluppate dagli uomini di Chiesa, è in questa scarsa attenzione al fatto che tale interferenza implica violenza, ed è quindi intimamente anti-cristiana, che sta il problema cruciale del rapporto tra la cultura cattolica e l’economia di mercato.

Così, è molto positivo che oggi, diversamente che negli anni Sessanta, la Chiesa veda nelle tariffe doganali dell’Occidente (in àmbito agricolo, ma non solo) un ostacolo allo sviluppo delle economie più povere. Non diversamente dai laici di più diverso orientamento, oggi il mondo cattolico – non di rado sans le savoir – interpreta un liberalismo “manchesteriano” militante nel momento in cui chiede all’Unione Europea e agli Stati Uniti di aprire le porte ai prodotti del Terzo Mondo, così come Richard Cobden chiedeva l’abolizione delle corn laws poste a tutela dei prodotti cerealicoli inglesi. Se Cobden si batteva per i diritti dei poveri operai contro i privilegi dell’aristocrazia latifondista, la Chiesa oggi non è tanto distante quando giustamente domanda che si rispettino i contadini del Sud del mondo permettendo loro di vendere nei paesi ricchi quanto sanno produrre.

In generale, però, sono semplici considerazioni consequenzialiste a guidare tale orientamento, e non una comprensione dell’autentica natura dell’intervento pubblico. Eppure dovrebbe essere evidente che non c’è alcuna giustificazione etica neppure latamente cristiana per le azioni di quanti ritengano necessario “correggere”, grazie alla coercizione pubblica, ciò che emerge dagli scambi di mercato. Nel momento in cui si fa ricorso alla costrizione per interferire con l’esistenza di persone innocenti, si opera non tanto contro una più o meno astratta dottrina morale cristiana, più o meno legalisticamente intesa. Ciò che è peggio, questa azione aggressiva e questa pretesa di giustificare forme di pianificazione sociale sono possibili soltanto dove non si avverte nell’altro quell’epifania che pure ogni cristiano è chiamato a riconoscere.

L’obiezione “solidaristica” è che pure il bisognoso è un altro da noi. Il che è certamente vero, ma la differenza tra etica e moralismo consiste esattamente nel fatto che un atteggiamento responsabile mobilita se stesso, e anche quanti gli sono vicini grazie alla propria capacità di persuasione, mentre l’astratto moralismo del moralismo progressista costruisce apparati impersonali per imporre, a qualunque prezzo, la propria volontà.

Se da un lato tutti gli uomini hanno il diritto di non essere considerati semplici mezzi, ma vanno intesi nella loro dignità di fini, sono soprattutto i poveri ad avere bisogno di una riduzione del dominio statale e di una piena emancipazione dal controllo sociale esercitato su di loro da politici e burocrati. È soprattutto chi appartiene ai ceti deboli a dover rivendicare la piena tutela dei suoi diritti di proprietà: grazie a una piena separazione tra ordine politico e ordine giuridico, a una moneta sottratta all’egemonia delle banche centrali, a logiche di concorrenza istituzionale, a un libero mercato affrancato da ogni ingerenza.

Indifendibile sul piano morale, lo statalismo è fallimentare anche sotto il profilo economico. I tragici avvenimenti della storia novecentesca hanno talora reso possibile quello che normalmente era ritenuto impensabile nelle scienze sociali: abbiamo visto, infatti, popolazioni originariamente omogenee le quali hanno sperimentato sulla loro pelle differenti modelli economico-sociali, e che ci hanno consentito di osservarne le conseguenze. In tal modo, l’esistenza di due Germanie e due Coree ha attestato quanto sia più umana e civile la vita dove la proprietà privata e la libertà contrattuale sono meglio rispettate. 27

Carlo Lottieri

(Vai alla introduzione, parte I)



NOTE:

14 Max Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Fabbri, Milano 1996 (1904).

15 All’interno del dibattito storiografico, già negli anni Trenta André Sayous evidenziava come studiando la Ginevra di Calvino sia difficile rinvenire un nesso tra lo sviluppo capitalistico e le dottrine morali adottate con la Riforma. Sayous arriva fino a suggerire l’esistenza di una relazione inversa tra calvinismo e capitalismo, tanto che quest’ultimo ha potuto svilupparsi nella città solo quando – durante il XVIII secolo – il peso della Riforma ha iniziato a declinare: «l’influenza che il calvinismo ha esercitato sugli affari durante la seconda metà del XVI secolo non ha potuto essere che restrittiva, e per motivi di ordine morale. Nessuno fu più antimammonista di Calvino. La sua dottrina della predestinazione, lungi da sovraeccitare l’orgoglio, doveva opprimerlo. È sufficiente leggere le professioni di fede poste in cima ai testamenti ginevrini della stessa epoca e vi si troveranno appelli alla clemenza di Dio, un po’ declamatorî, certo, e però ispirati da un vero e solido sentimento religioso»; André Sayous, «Calvinisme et capitalisme: l’expérience genevoise», Annales d’histoire économique et sociale, 7 (33), maggio 1933, ora in Philippe Besnard (a cura di), Protestantisme et capitalisme. La controverse post-weberienne, Armand Colin, Paris 1970, pp. 264-265.

16 Questo spiega anche perché gli Stati nazionali di una modernità largamente influenzata dalla Riforma si impegneranno in un Kulturkampf volto a sottrarre i cattolici dalla loro condizione di cittadini di uno Stato determinato e, al tempo stesso, di fedeli della Chiesa romana universale. Questa doppia appartenenza appare inammissibile ai detentori del potere statale, che rivendicano un pieno controllo sulla società nazionale.

17 Del carattere strutturalmente globalizzante del cattolicesimo era persuaso anche Antimo Negri. In Globo duemila. Storia e/o destino dell’Occidente (Spirali, Milano 2006) Negri ha esposto una critica molto dura al processo di apertura dei mercati e delle società, attaccando le posizioni degli autori liberali (Mises, Hayek, Friedman e Leoni) e riservando una appendice a «Ignazio di Loyola, fondatore dell’impero gesuitico e patrono dei globalizzatori» (pp. 400-437).

18 Su come gli autori della Scuola di Salamanca abbiano saputo spesso avversare gli errori dello statalismo (in tema di moneta, tassazione, libertà degli scambi e via dicendo) si veda ad esempio: Alejandro Chafuen, Cristiani per la libertà. Radici cattoliche dell’economia di mercato, Liberilibri, Macerata 1999 (1986).

19 All’interno di questa vasta produzione intellettuale è giusto ricordare alcuni titoli: Dario Antiseri, Cattolici a difesa del mercato, a cura di Flavio Felice, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005 (1995); Alejandro A. Chafuen, Cristiani per la libertà. Radici cattoliche dell’economia di mercato, cit.; Samuel Gregg, On Ordered Liberty: A Treatise on the Free Society, Lexington Books, Lanham, MD, 2003; Jean-Yves Naudet, Dominez la terre: pour une économie au service de la personne, Leurus, Paris 1989; La liberte?, pour quoi faire? Centesimus annus et l’economie, Mame, Paris 1992; Michael Novak, Lo spirito del capitalismo democratico e il cristianesimo, Studium, Roma 1987 (1982); Robert A. Sirico, Il personalismo economico e la società libera, a cura di Flavio Felice, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Angelo Tosato, Vangelo e ricchezza. Nuove prospettive esegetiche, a cura di Dario Antiseri, Francesco D’Agostino e Angelo Maria Petroni, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002.

20 Marjorie Grice-Hutchinson, The School of Salamanca: Readings in Spanish Monetary Theory, 1544–1605, Clarendon Press, Oxford 1952.

21 Emil Kauder, «Genesis of the Marginal Utility Theory: From Aristotle to the End of the Eighteenth Century», Economic Journal, vol.63 (settembre 1953), pp. 638-650.

22 Joseph A. Schumpeter, A History of Economic Analysis, Oxford University Press, New York 1954.

23 Raymond de Roover, «Scholastic Economics: Survival and Lasting Influence from the Sixteenth Century to Adam Smith», Quarterly Journal of Economics, vol.69 (maggio 1955), 16, pp.1-90; ristampato in Business, Banking, and Economic Thought, Chicago, University of Chicago Press, 1974, pp. 306-335.

24 Per una grande sintesi storiografica sul ruolo giocato dal pensiero cattolico nell’elaborazione della scienza economica si veda pure: Murray N. Rothbard, Economic Thought Before Adam Smith: An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, vol.1, The Ludwig von Mises Institute, Auburn, AL, 2006 (1995).

25 Fondamentale in tal senso è la lezione di Harold J. Berman, il quale ha mostrato quale sia stato il ruolo delle istituzioni cattoliche nel fare dell’Europa la culla dei diritti soggettivi e delle libertà individuali (Diritto e rivoluzione. Le origini della tradizione giuridica occidentale, il Mulino, Bologna 1998 [1982]); e a conseguenze largamente convergenti è arrivato, per altre vie, anche il sociologo Rodney Stark (La vittoria della ragione. Come il cristianesimo ha prodotto libertà, progresso e ricchezza, Torino, Lindau, 2006 [2005]).

26 Un volume assai interessante nel mostrare la curiosa sintonia tra la musica mozartiana “più mondana” e alcuni importanti interpreti della teologia cristiana del Novecento (Karl Barth, Hans Küng, Hans Urs von Balthasar, Joseph Ratzinger) è: Pierangelo Sequeri, Eccetto Mozart: una passione teologica, prefazione di Vittorio Mathieu, Glossa, Milano 2006. Analogamente interessanti, in un àmbito del tutto differente, sono le riflessioni di Étienne Gilson («Rabelais franciscain», Revue d’histoire franciscaine, 1924, 1, pp. 257-289) e di Lucien Febvre (Le problème de l’incroyance au XVIe siècle. La religion de Rabelais, Albin Michel, Paris 1942) sul carattere intimamente cristiano delle opere più che profane 
di un autore come François Rabelais.

27 Perfino un teologo marxista come Ernst Bloch ha di fatto 
attestato la superiore civiltà della società capitalista su quella socialista – non già con un’astratta predicazione, ma con i propri effettivi comportamenti – quando nel 1961 ha lasciato il “Paradiso socialista” della DDR per trasferirsi nella Germania Federale. Si tratta di un riconoscimento per il capitalismo assai significativo se si considera che proviene da un pensatore che, in Das Prinzip Hoffnung, (Schneider Verlag, Baltmannsweiler 2006 [1953-9]), aveva scritto «Ubi Lenin, ibi Jerusalem».
_________________
Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 11/1/2014 17:41
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  perspicace
      perspicace
Re: Totalitarismo e Socialismo
#57
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
Offline
Sono sempre curioso di conoscere i vostri limiti, a quanto ammonterebbe il vostro "Tot" di libertà cedibile allo Stato?

Quale secondo "voi" la giusta forma di Socialismo?

Quali sono le precauzioni da prendere affinché il "Socialismo Obbligatorio" non diventi "Totalitarismo"?
_________________
Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 11/1/2014 17:46
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  Merio
      Merio
Re: Totalitarismo e Socialismo
#58
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 15/4/2011
Da
Messaggi: 3677
Offline
Secondo me bisogna evitare che chi assumerà posizioni di potere, ci stia troppo tempo...

Guardiamo oggi la vecchia politica, gente che da oltre 40 anni ha le mani in pasta ovunque...

Ricordano i parassiti...
_________________
La libertà di parola senza la libertà di diffusione è come un pesce rosso in una vasca sferica...
Ezra Pound
Inviato il: 11/1/2014 17:53
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  perspicace
      perspicace
Re: Totalitarismo e Socialismo
#59
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
Offline
La Chiesa e il Mercato: introduzione, parte III.

Terza e ultima parte dell’introduzione di Carlo Lottieri a La Chiesa e il Mercato: una Difesa Cattolica della Libera Economia, di Thomas E. Woods Jr., edito dalla Casa Editrice LiberiLibri. Seguiranno le puntate dedicate ai capitoli I e III dell’opera.

**********************

5. La lezione austriaca e l’eredità greco-cristiana

Le tesi di Woods hanno suscitato aspre critiche nel mondo cattolico americano, ma è interessante rilevare come le accuse più veementi siano venute soprattutto dagli ambienti tradizionalisti (di cui pure egli, per tanti versi, è parte). Studiosi cattolici conservatori come Thomas Fleming e Thomas Storck, tra gli altri, hanno contestato il fatto che Woods abbia giudicato negativamente alcuni pronunciamenti della Chiesa su questioni assai particolari, opponendo su quegli specifici punti (come dicevo, è questo ad esempio il caso del commercio internazionale) argomenti propri della scienza economica. L’accusa sarebbe quella di disconoscere l’autorità dei papi, che avrebbero sempre predicato le stesse dottrine economiche, e per giunta di farlo in nome di un liberalismo che la Chiesa ha sempre condannato. 28 Quanti contestano Woods non mancano neppure di rilevare che ogni sistema economico esigerebbe un quadro politico-giuridico, definito da precise regole morali e quindi anche tale da poter fare emergere comportamenti economici del tutto lontani da quelli previsti dalla scienza economica professata da Woods: non già dominati da logiche individualiste, ma aperti a uno spirito più cooperativo e solidale, del tutto in linea con una certa forma di interventismo statale.
In realtà, Woods è molto attento nel distinguere l’insegnamento teologico e la stessa dottrina morale cattolica, da un lato, e le concrete applicazioni economiche che in vario modo si possono far derivare, dall’altro. Egli sembra ugualmente consapevole che gli attori economici operano sempre entro definiti quadri giuridici, ma questo certo non basta a negare l’esistenza di leggi economiche: le quali esistono sicuramente, anche se gli esseri umani le conoscono assai imperfettamente.

È pure curioso che i critici de La Chiesa e il mercato sembrino non avvedersi che nelle accuse rivolte a Woods e alla scienza economica essi finiscono spesso per sposare quel relativismo che l’autorità cattolica, non solo grazie agli ultimi due papi, ha ripetutamente criticato. Proprio su tale punto si ha invece una fortissima sintonia tra la filosofia cristiana per eccellenza (la Scolastica tomista) e la Scuola austriaca dell’economia, dato che entrambe queste tradizioni di pensiero muovono da un’idea forte e oggettiva della realtà, dalla convinzione che l’uomo sia dotato di ragione e che quindi gli sia possibile (sebbene in modo imperfetto) migliorare la propria comprensione del mondo e delle sue leggi. 29 Contro larga parte del nichilismo e del positivismo prevalenti, i filosofi scolastici e gli economisti prasseologi considerano la realtà un dato di fatto, che pone vincoli naturali all’agire umano e che la ragione è chiamata a riconoscere.

Da questa diatriba tra Woods e i tradizionalisti di Chronicles mi pare emerga con una certa chiarezza come di fronte al magistero della Chiesa si debbano assolutamente evitare letture in stile protestante, di tipo “letterale”, prive di ogni sensibilità storica ed ermeneutica. Non cogliere alcuna separazione tra ciò che in quei testi riguarda l’autorità papale e le più concrete indicazioni operative significa, tra le altre cose, cadere in contraddizione con le stesse encicliche. Nella Quadragesimo Anno, ad esempio, è scritto a chiare lettere che alla Chiesa fu dato il compito «d’intervenire con la sua autorità, non nelle cose tecniche, per le quali non ha né i mezzi adatti né la missione di trattare, ma in tutto ciò che ha attinenza con la morale» (Quadragesimo Anno, § 41). La distinzione tra i due piani e la necessità di rispettarla è quindi ben chiara ai pontefici stessi.

Al di là di queste polemiche tutte interne al mondo cattolico-conservatore americano, 30 è comunque importante rilevare come sullo sfondo di simili discussioni vi sia la questione del rapporto tra religione e ragione, e quindi anche tra lo spazio proprio dei dogmi di fede e l’autonomia di una scienza che per definizione è aperta, obbligata a confrontare congetture, naturalmente “critica”.

La relazione tra fides e ratio, però, non è di semplice impostazione, tanto che è possibile delineare due tesi che appaiono egualmente fondate e pure del tutto inconciliabili.

Il primo argomento è che in numerosi àmbiti i leader religiosi non avrebbero nulla da dire. Vi sono questioni scientifiche (ad esempio: “cos’è l’inflazione?”, “quali fattori la producono?”, “in che modo, se è opportuno, possiamo evitarla?”, e così via) le quali sono al di fuori del campo dell’autorità spirituale della Chiesa. Papa Paolo VI non aveva alcuna competenza in tema di teoria economica e commercio internazionale, tale da permettergli di formulare analisi ponderate su ciò che fosse più utile ai popoli dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina, ma lo stesso si può dire per i pontefici che l’hanno preceduto e per quelli che sono venuti dopo di lui.

Da qui derivano alcune conseguenze.

Innanzi tutto, è necessario prendere atto che vi è una piena autonomia dei laici negli àmbiti aperti al confronto scientifico e perfino al savoir faire tecnico. Spesso non c’è alcuno legittimo spazio per chi intenda ricercare una soluzione “precipuamente cristiana”, e men che meno cattolica, di fronte a simili questioni. E al riguardo è certamente molto corretta la riflessione sviluppata da Samuel Gregg sui testi “economici” del cardinale Joseph Ratzinger, specie dove si insiste che nella sua prudenza l’uomo di Chiesa si è spesso limitato a criticare iniziative e scelte palesemente in contrasto con l’insegnamento evangelico. 31

Non c’è né ci poteva essere un vero “pensiero economico” in quegli scritti.

Ma se da un lato vi è un’autonomia dei credenti di fronte a innumerevoli diatribe scientifiche (quando si discuta sulla natura della moneta o sui fattori della crescita), è però egualmente vero che lo sforzo maggiore del mondo cattolico contemporaneo – come Woods sottolinea a più riprese – consiste proprio nel ricreare le condizioni per un’unità tra ragione e fede, e quindi anche per il superamento di quell’artefatta divisione tra una religione senza ragioni ed una razionalità irreligiosa.

L’economia in quanto scienza appartiene a quell’àmbito di questioni per affrontare al meglio le quali, al tempo della Scolastica, si era soliti interpellare la sapienza di un “pagano” come Aristotele. Nel corso del XIII secolo certamente non mancarono resistenze di fronte a ciò, ma è pur vero che la massima espressione della filosofia cristiana medievale (la Scolastica tomista) è del tutto impensabile al di fuori di quel lavoro di integrazione tra Rivelazione cristiana e conoscenza greca.

Ieri come oggi, i cristiani devono essere consapevoli che lo Spirito soffia dove vuole, e che l’esigenza di servire la verità obbliga ad ascoltare chiunque con attenzione e autentica curiosità. Ma gli uomini di fede sono in qualche modo chiamati a collocare tutto entro una prospettiva che conferisce comunque un significato particolare a ciò che è proprio della scienza e della tecnica. Non tutto Aristotele poteva essere integrato da Tommaso nella sua architettura teologico-filosofica, e una volta inserito in quel contesto è almeno in parte un Aristotele “rivisitato” quello che viene utilizzato da una filosofia che sia ispirata dal cristianesimo.

Per un cristiano, le ragioni della scienza (da chiunque provengano) sono riscritte in un quadro esistenziale e concettuale che è definito nelle sue linee essenziali dall’incontro con Cristo. Il che significa che le analisi razionali dell’economia sono per forza collocate entro una prospettiva antropologica le cui implicazioni religiose sono evidenti.

Un utilitarista ateo può anche esaminare l’inflazione e il suo rapporto con la moneta senza porsi scrupoli morali, ma questo non può essere l’atteggiamento di un cristiano. Per riprendere l’esempio sopra indicato, certo è questione scientifica assai delicata cosa sia l’inflazione e come si sviluppi, ma se comprendiamo che in date circostanze si tratta di un furto (poiché è la sottrazione di ricchezza operata dalla Banca centrale attraverso l’espansione artificiosa del credito e l’emissione di moneta), essa deve essere duramente condannata da quanti – anche e in primo luogo perché uomini di fede – hanno a cuore la giustizia e cercano di individuare i criteri di una buona convivenza tra gli uomini.

Per questo motivo Woods non teme di affermare che, in una prospettiva cattolica «il sistema dello standard aureo è quello che meglio rispetta le più basilari regole morali: non rubare e non frodare». 32

È quindi errato ritenere che da corretti principî etici (come la norma secondo cui dobbiamo aiutare il prossimo) si possano ricavare dirette implicazioni operative, senza considerare l’esigenza di una mediazione che tenga conto di quanto conosciamo grazie alla scienza economica e alle discipline che esaminano le interazioni sociali. Ma è egualmente sbagliato pensare che sia possibile accettare tutta una serie di ricette politiche (si pensi alle tesi di John Maynard Keynes, pure largamente adottate dai partiti di ispirazione cristiana) senza avvertire come esse si basino sull’oblio dell’altro e dei suoi diritti.

D’altra parte, la scienza è di fondamentale aiuto in tante circostanze affinché gli scrupoli morali vengano guidati ad offrire risposte adeguate, così come i principî della statica aiutano un missionario a costruire un ponte che regga all’urto dei venti e all’usura del tempo. In tal senso, l’obbligo di aiutare il prossimo in difficoltà non sempre e necessariamente può trovare una concreta attuazione nel trasferimento di risorse monetarie (dipende, ad esempio, da come il destinatario ne farebbe uso). Ed ancor meno evidente è la pretesa di quanti ritengono che dall’obbligo di amare i nostri simili si possa far derivare un illimitato potere di tassare, ridistribuire, limitare la libertà individuale.

In questo preciso senso, la migliore scienza economica ci permette proprio di comprendere che ciò che più aiuta una società a uscire dalla miseria è l’esistenza di un ordine giuridico in grado di tutelare la proprietà privata e i contratti. Le logiche redistributive che tolgono ad alcuni per dare ad altri minano proprio il pilastro di ogni futura prosperità: comprendere questo permette di interpretare con senso di responsabilità il proprio impegno a favore del prossimo.

Ma perché la scienza economica possa aiutare la moralità cattolica, e perché a sua volta l’ispirazione esistenziale dei cristiani possa rettamente guidare l’uomo di cultura, è necessario che si operi – anche di fronte all’economia – una seria critica dei fondamenti (tutt’altro che neutrali) di questa o quella metodologia di studi.

Non è vero che tutte le scienze e tutte le ricerche possano essere ricondotte a semplici tecnologie, neutrali, asettiche, egualmente utilizzabili da cristiani, atei, buddisti o confuciani. A tale proposito è anzi importante sottolineate come Woods abbia certamente ragione quando sottolinea che il mondo cattolico trarrebbe enormi beneficî da una nuova attenzione per la Scuola austriaca, dato che questa tradizione ha arginato la cultura positivista affermatasi nel secondo Ottocento all’interno della teoria economica.

Gli autori di Scuola austriaca non sono allora solo gli esponenti della linea di pensiero più limpidamente liberale: oltre a ciò, essi interpretano quella teoria economica che ha rigettato la prospettiva teorica e metodologica del positivismo, la quale utilizza la matematica nell’analisi della vita sociale e soprattutto riduce le azioni individuali e le preferenze dei singoli a qualcosa di misurabile e oggettivabile. Come poi questa impostazione produca spesso anche esiti meccanicistici, è qualcosa che si può comprendere assai facilmente.

È chiaro, ad esempio, come l’econometria rappresenti in sé uno strumentario concettuale che in quanto tale porta a negare la dimensione personale (soggettiva e relazionale) che si trova al cuore della vita economica.

Per questo motivo la cultura cattolica dovrebbe tenere in massima considerazione autori come Carl Menger, Eugen Böhm-Bawerk, Ludwig von Mises, Friedrich A. von Hayek, Murray N. Rothbard e Israel M. Kirzner, che hanno continuato a vedere nell’economia una scienza umana anche quando questo li ha confinati in una posizione per certi aspetti “marginale” all’interno del dibattito teorico.

Ma una simile sintonia tra cattolicesimo e Scuola austriaca è spesso ignorata, così come non mancano intellettuali cattolici che nell’esame delle questioni di economia politica adottano un pragmatismo poco coerente con la loro identità culturale (oltre che un relativismo scientifico che finisce per vanificare la dignità stessa della ragione). Woods sottolinea che in molte occasioni, «come fece la Scuola storica tedesca contrastata da Mises, i sostenitori della dottrina sociale cattolica tendono in pratica a negare l’esistenza delle leggi economiche. La loro posizione pertanto trascura del tutto il ruolo che la ragione deve giocare tanto nel valutare le conseguenze di politiche economiche “progressiste” quanto nel comprendere l’ordine e l’armonia che possono esistere all’interno di fenomeni complessi (in questo caso quelli di mercato)». 33 In tal modo il confuso umanitarismo e pragmatismo di tanti cattolici sociali finisce per scindere quel nesso tra fides e ratio così caro ai due ultimi pontefici.


6. Principî morali ed effetti economici

Come Woods evidenzia, negli ultimi vent’anni all’interno della Chiesa si è assistito a positive evoluzioni e infatti taluni autorevoli pronunciamenti delle autorità vaticane hanno dato indicazioni di notevole interesse ai cattolici che da tempo si sforzano di evidenziare le ragioni dell’economia libera.

Le encicliche più recenti (e specialmente la Centesimus Annus) contengono decisi apprezzamenti verso il ruolo dell’imprenditore, l’esigenza di tutelare i prezzi liberi, l’urgenza di avversare lo strapotere del ceto politicoburocratico. E nonostante questo Woods non nega che pure permangano nel magistero cattolico gravi incomprensioni (anche di natura tecnica) sul reale funzionamento della società e sulle interazioni che hanno luogo nel mercato. 34 È vero che certi accenni critici al capitalismo spesso si orientano verso le economie attuali (un mix incoerente di Stato e mercato) e non già verso il modello di un capitalismo puro, ma non si può negare che qua e là siano evidenti forti incomprensioni nei riguardi di un’economia concorrenziale.

A questo proposito è auspicabile che molti cattolici leggano il capitolo che Woods riserva al “distribuzionismo”: non solo per il rilievo culturale degli autori che hanno proposto le tesi che Woods contesta (da Hilaire Belloc a Gilbert Keith Chesterton), ma anche perché analoghe obiezioni nei riguardi del mercato sono assai ricorrenti nella riflessione cattolica e protestante.

Assai caratteristica, in tal senso, è la critica dei grandi conglomerati produttivi, 35 che non ha alcun motivo di essere se la dimensione è il risultato convergente delle scelte dei consumatori e delle iniziative di imprenditori volti a servire al meglio il pubblico. In altre parole, small is beautiful solo se la piccola impresa è meglio attrezzata (come talora succede) a soddisfare le esigenze del consumatore; se viceversa, essenzialmente per ragioni tecniche, la costruzione di automobili o la raffinazione e distribuzione di petrolio esigono grandi complessi, perché solo in quel modo è possibile avere prezzi contenuti, sarebbe da irresponsabili ostacolare l’affermarsi di imprese anche colossali.

Se i colossi industriali dell’informatica o dell’industria farmaceutica non avessero mai visto la luce, il mondo non sarebbe affatto migliore; al contrario, tutti noi saremmo più poveri e meno attrezzati ad affrontare le piccole e meno piccole difficoltà dell’esistenza.

Come spiega lo storico di sinistra Gabriel Kolko, il declino ad esempio della Standard Oil (già monopolista nel settore dell’energia) fu «principalmente opera sua – responsabilità della sua gestione conservatrice e della sua mancanza di iniziativa». 36 Ma questo ci dice che il suo precedente successo era in larga misura l’effetto di una abilità imprenditoriale che aveva servito al meglio i consumatori, offrendo loro idrocarburi a basso prezzo.

Nessun problema quindi dalle grande imprese? Non proprio. Esattamente come i sindacati più forti o le organizzazioni religiose che riuniscono milioni di persone, le aziende di notevoli dimensioni attirano spesso su di sé l’avversione dell’opinione pubblica per la loro indubbia capacità di trasformare un legittimo successo (nel mercato) in un meno legittimo potere di influenzare le istituzioni (nella politica). Ma questo – lungi dal farci demonizzare imprese, Chiese o sindacati – deve solo orientare tutti gli uomini di buona volontà verso una progressiva riduzione del potere pubblico.

Quest’ultima considerazione è spesso assente nella riflessione che gli intellettuali cattolici svolgono a tale proposito. Ma ben al di là di specifiche incomprensioni su questioni particolari, la difficoltà ad intendere quanto sia legittima e desiderabile l’economia di mercato è figlia in primo luogo di una troppo frequente accettazione delle logiche del potere e della pianificazione economico-sociale.

In questo senso è davvero triste dover constatare come di fronte allo Stato moderno, che è stato il nemico principale della cristianità e l’attore fondamentale della secolarizzazione che ha dominato l’Europa degli ultimi secoli, numerosi cattolici abbiano adottato una sorta di machiavellismo ammantato di buone intenzioni. Si accetta di fare ricorso a mezzi intimamente perversi per conseguire fini buoni o ritenuti tali: ma al cristiano è chiesta una costante coerenza tra gli strumenti e gli obiettivi. Tale coerenza è necessaria non soltanto perché manca la possibilità di “calcolare” i beneficî e i costi di ogni nostra azione individuale (e tanto meno di ogni nostra pianificazione sociale), ma ancor più perché è necessario ricordare che l’altro è sempre un nostro fratello in Cristo.

L’esperienza religiosa originaria dell’incontro con il prossimo obbliga a immaginare ordini politici che rifuggano dalla coazione, tutelino l’autonomia dei singoli e dei gruppi, risultino dalla libera adesione e non già dall’obbligo politico.

È quindi un ripensamento delle istituzioni in senso radicalmente volontario, cooperativo e federale quello che s’impone a quanti vogliano seguire le orme dei discepoli del Messia, i quali – del tutto spontaneamente – lasciarono ogni cosa per seguire una vocazione più alta, costruire relazioni umane su altre basi, dare vita a una comunità che fu anche una comunione delle anime. 37

7. Conclusione

Alla luce di tutto questo, è necessario riconoscere che Woods ha ragione quando suggerisce che nel corso della storia quella tra Chiesa e mercato non è stata una relazione lineare. Ma oggi vi sono tutte le premesse perché si possa comprendere quale è stato davvero il ruolo storico giocato dalla Chiesa di Roma e, al tempo stesso, perché i cattolici si facciano coerenti difensori della libertà che Dio ha consegnato agli uomini, creandoli a sua immagine e somiglianza.

D’altra parte, quanti – come fa l’autore di questo libro – invitano i loro correligionari ad esaminare con più attenzione le ragioni e le virtù della proprietà, dello scambio e di un diritto reso autonomo dagli arbitrî del Principe, non intendono ripetere in forme diverse – seppure in direzione opposta – ciò che fu infelicemente tentato in precedenza dai cosiddetti cristiani per il socialismo.

La teoria della libertà è solo una prospettiva sulla giustizia: non offre all’umanità alcuna liberazione, ma solo un orizzonte giuridico che elimini (o almeno minimizzi) il ricorso alla coercizione. La “piccola libertà” ricercata dai liberali e dai libertari ha quindi un merito: non offre risposte ultime. Si limita a delineare qualche buona regola per la convivenza umana, e lo fa muovendo da un rispetto incondizionato nei riguardi della persona che si incontra. L’intransigenza libertaria nasce dalla concretezza dell’altro e dal rifiuto di ridurlo a un oggetto di comandi.

Quella liberale non è quindi un’ideologia che si proponga di soddisfare l’uomo nelle sue esigenze profonde: essa s’impegna unicamente per un mondo giusto, ma non è in condizione di sottrarlo alle sue infermità ontologiche. Non promette la società senza classi, la compiuta soddisfazione dei bisogni umani, la redenzione di un sistema sociale che accompagni l’uomo dalla culla alla bara.

Non pretende di salvare l’uomo, e quindi lascia aperta la porta a Dio.

Carlo Lottieri

NOTE:

28 La discussione si è sviluppata a più riprese, nel 2004, sulle pagine della rivista Chronicles e soprattutto su due siti: quello (paleoconservatore) del Rockford Institute e quello (paleolibertario) di Lew Rockwell, intellettuale cattolico e presidente del Mises Institute.

29 Quando poi si accusa Woods di sposare le tesi della Scuola austriaca quasi fossero dogmi si fa un’affermazione del tutto priva di senso, dato che ciò è pure materialmente impossibile poiché non vi sono due autori austriaci che abbiano le stesse tesi e quindi non si può sposare ad un tempo e integralmente le tesi di Menger, Mises e Rothbard se essi avevano – su vari temi – opinioni del tutto divergenti.

30 Nel corso della polemica, Woods non ha mancato di ricordare ai suoi critici quanto sia incoerente pretendere da lui il pieno rispetto delle indicazioni politico-economiche interventiste espresse dalle encicliche in merito al commercio internazionale o al “giusto salario”, e poi però continuare a difendere una posizione accesamente avversa alle Nazioni Unite (come fanno gli ambienti conservatori americani) a dispetto dei ripetuti pronunciamenti papali pro-Onu: anche all’interno di talune recenti encicliche.

31 Samuel Gregg, «Morality, Economics and the Market in the Thought of Benedict XVI», Economic Affairs, vol.25, n.3, September 2005, pp.52-54 (la traduzione italiana è disponibile on line a questo indirizzo: <www.brunoleoni.servingfreedom.net/OP/23_Gregg.pdf>.

32 Thomas Woods, infra, p.177.

33 Thomas Woods, infra, p.65.

34 Si veda, ad esempio, quanto scrive al termine della «Intro
duzione»: Thomas Woods, infra, pp. 20-21.

35 Tale questione, per giunta, si ritrova perfino nelle riflessio
ni di un importante liberale e cristiano del Novecento quale fu Wilhelm Röpke. Si veda: Wilhelm Röpke, Il Vangelo non è socialista. Scritti su etica cristiana e libertà economica (1959-1965), Rubbettino-Leonardo Facco, Soveria MannelliTreviglio 2006.

36 Citato da Thomas Woods, infra, p. 253.

37 Quanti vogliano trovare indicazioni su come sia possibile 
immaginare una politica al di là dello Stato e senza coercizione possono trovare utili suggerimenti in Leoni, il quale ricorda come «nel 1221, il vescovo di Winchester “chiamato a consentire ad una tassa di scutagium, rifiutò di pagare, dopo che il consiglio l’aveva concessa, perché dissentiva, e lo Scacchiere sostenne la sua difesa”» (Bruno Leoni, La libertà e la legge, trad. it. di Maria Chiara Pievatolo, Liberilibri, Macerata 1994 [1961], p.132.). Qui il filosofo torinese enfatizza come la tassazione non si sia imposta dal nulla e come, prima del compiuto trionfo del potere statale, l’Europa medievale avesse talora conosciuto relazioni assai più “negoziate”. Quando la modernità non si era ancora del tutto dispiegata, d’altra parte, i rappresentanti erano strettamente collegati ai rappresentati, tanto che quando nel 1295 Edoardo I convocò i delegati eletti dalle città, dalle contee e dai borghi, «le persone convocate dal re a Westminster erano considerati veri e propri procuratori e mandatari delle loro comunità» (Bruno Leoni, La libertà e la legge, cit., pp.131-132). Leoni enfatizza pure come agli albori della modernità il principio no taxation without representation fosse da intendersi in un senso assai particolare, dato che esso affermava che niente era dovuto senza un esplicito e diretto consenso dell’individuo tassato, lì rappresentato dalla persona che il primo aveva scelto quale tutore dei propri interessi.

Fonte: http://vonmises.it/2014/01/17/la-chiesa-e-il-mercato-introduzione-parte-iii/

_________________
Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 18/1/2014 16:26
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
  •  perspicace
      perspicace
Re: Totalitarismo e Socialismo
#60
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/9/2011
Da località sconosciuta
Messaggi: 3281
Offline
Citazione:

Merio ha scritto:
Secondo me bisogna evitare che chi assumerà posizioni di potere, ci stia troppo tempo...

Guardiamo oggi la vecchia politica, gente che da oltre 40 anni ha le mani in pasta ovunque...

Ricordano i parassiti...


Sono d'accordo, invece per quanto riguarda "quanta" della propria ed altrui libertà sia giusto cedere allo Stato?

Quanto è il TOT di libertà che lo Stato deve sottrarti per essere ancora nella normalità?

Non so il numero di figli che puoi fare, con chi devi avere figli, chi devi sposare, cosa devi mangiare, che lavoro devi fare, quanto devi guadagnare per il tuo lavoro, dove devi vivere, quante e quali libertà deve lasciarti lo Stato secondo te?

Che percentuale della tua libertà sei disposto a cedere allo Stato?
_________________
Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 18/1/2014 16:33
Crea PDF dal messaggio Stampa
Vai all'inizio
 Vai all'inizio   Discussione precedente   Discussione successiva
<123>

 


 Non puoi inviare messaggi.
 Puoi vedere le discussioni.
 Non puoi rispondere.
 Non puoi modificare.
 Non puoi cancellare.
 Non puoi aggiungere sondaggi.
 Non puoi votare.
 Non puoi allegare files.
 Non puoi inviare messaggi senza approvazione.

Powered by XOOPS 2.0 © 2001-2003 The XOOPS Project
Sponsor: Vorresti creare un sito web? Prova adesso con EditArea.   In cooperazione con Amazon.it   theme design: PHP-PROXIMA