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  inflazione e deflazione

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  •  a_mensa
      a_mensa
Re: inflazione e deflazione
#91
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 12/6/2009
Da roncello (mi)
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@ sik-boy
mi era sfuggito il tuo post #63 pertanto non capivo bene le tue osservazioni.
dunque tu sostieni che il valore è incommensurabile, ma perchè ?
sono d'accordo che ad ogni bene possano essere associati diversi valori, in funzione della situazione e della persona che fa la valutazione, ma se consideri il valore attribuito ad un bene come una valutazione soggettiva lo potrai sempre misurare (nel senso di confrontare con qualcosa di analogo a te noto) .
quindi perchè incommensurabile?
poi, come ho cercato di esprimere ad ashoka qualche post sopra, potremo parlare di valore di scambio, di valore di produzione, di valore dei pezzi unici e dei valori di mercato per quelli di larga produzione, ma non capisco perchè dici incommensurabile.
definire una unità di valore, che chiunque possa comprendere perchè comparabile con il valore di mercato di beni di largo uso, non vedo che difficoltà ci sia.
io penso che se tu leggi un cartellino con su scritto 5€ tu capisci benissimo che valore abbia quella merce, perchè immediatamente compari quei 5€ con il valore di altri beni che tu conosci bene.
che poi il "valore" in senso personale di un oggetto possa addirittura diventare incommensurabile (metti ad esempio il ciondolo ricordo della tua amata nonna, e che non scambieresti con nulla al mondo) ma qui entriamo in un campo assolutamente personale e affettivo che non credo sia l'argomento di cui stiamo parlando.
sono anche d'accordo sulla differenza tra valore e prezzo.
come prezzo definirei il valore di scambio , quando lo scambio avviene.
per me un oggetto può avere un valore, ma, ad esempio per necessità sopravvenute, scambiarlo per un prezzo di molto inferiore.
sono tutti casi in cui si può definire una particolarità, che comunque non tolgono il fatto che ad ogni bene si possa associare un valore.
l'unità di misura del valore, è un tantino più complessa da definire, perchè sarebbe auspicabile che restasse fissa nel tempo, come il metro o il kilogrammo.
e come ti dicevo sopra, è un problema al quale prima o poi si darà una soluzione se non ottima, ma la migliore possibile.
_________________
non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio.
Inviato il: 18/7/2009 12:13
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Re: inflazione e deflazione
#92
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 1/11/2005
Da Tavistock Square, Camden, London WC1H, UK
Messaggi: 6263
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Citazione:
io penso che se tu leggi un cartellino con su scritto 5€ tu capisci benissimo che valore abbia quella merce, perchè immediatamente compari quei 5€ con il valore di altri beni che tu conosci bene.

Quello e' il prezzo stabilito dal venditore, che e' quanto spera che l'acquirente sia disposto a sborsare perche', nella percezione dell'acquirente vale piu' di quei 5Euro.

Citazione:
sono anche d'accordo sulla differenza tra valore e prezzo.

E allora che cavolo vuol dire tutta la paccottiglia appena scritta?

Citazione:
sono tutti casi in cui si può definire una particolarità, che comunque non tolgono il fatto che ad ogni bene si possa associare un valore.

Ma non si sa come.

Citazione:
l'unità di misura del valore, è un tantino più complessa da definire, perchè sarebbe auspicabile che restasse fissa nel tempo, come il metro o il kilogrammo

Ah, si? E perche'? Come il sarchiapone? Santa Polenta...

Citazione:
e come ti dicevo sopra, è un problema al quale prima o poi si darà una soluzione se non ottima, ma la migliore possibile.

Quando splendera' il sol dell'avvenire e ogni prezzo sara' quello giusto, i leoni pascoleranno con le pecore e gli unicorni e la Carfregna sara' di nuovo vergine.
_________________
Il Portico Dipinto Network Nanopublishing
E' dall'uso (mancato) del Congiuntivo, che li riconoscerete.
Inviato il: 18/7/2009 12:33
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  •  Ashoka
      Ashoka
Re: inflazione e deflazione
#93
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 11/7/2005
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Citazione:
Valore: io mi rifaccio al concetto paretiano quantificato di ofelimità. Essa definisce la caratteristica acquisita da qualsiasi bene che venga desiderato da qualcuno, come un’etichetta che si appiccica sul bene.
Se quantifichiamo da quanti e quanto è desiderato quel bene, abbiamo il concetto di valore


Ma perché un bene è desiderato da qualcuno? Perché vuoi la benzina? Perché fa andare avanti la macchina. Perché vuoi un panino? Perché hai fame. Perché vuoi il secondo panino? Perché hai ancora fame. Perché non vuoi il terzo panino? Perché sei sazio.

Quindi non sono i beni ad avere una caratteristica chiamata valore ma sono i fini che questi beni soddisfano a dare valore ai mezzi che consentono di soddisfarli. Avevo scritto un articolo pure sul valore ma ovviamente se te lo linko divento automaticamente quello pieno di sé e bla bla bla quindi se vuoi leggertelo cercalo.

Ora rimane da capire come fai ad assegnare un valore preciso ai fini. Quanto vale essere sazi? E spostarsi da Torino a Milano? Passare due ore piacevoli al cinema?

Non si può assegnare un preciso valore a questi fini ma li si può solo ordinare in base alla loro importanza.

Prima devi placare la tua sete, poi la fame, quindi avere un tetto sotto il quale stare, etc.

Quindi preferisci dissetarti prima di comprarti una maglietta e questo significa che utilizzerai i mezzi a tua disposizione di conseguenza. Ma puoi affermare che “placare la sete” vale 102,5 val mentre comprati una maglietta vale solo 18,75 val? Assolutamente no.

Domanda: ma se placare la sete vale di più di comprati una maglietta, come mai una bottiglia d’acqua costa meno di una maglietta? (nell’articolo lo spiego. E’ il concetto di valore marginale)

Citazione:
sono d'accordo che ad ogni bene possano essere associati diversi valori, in funzione della situazione e della persona che fa la valutazione, ma se consideri il valore attribuito ad un bene come una valutazione soggettiva lo potrai sempre misurare (nel senso di confrontare con qualcosa di analogo a te noto) .


Confrontare significa dire che A è maggiore di B o viceversa ma non puoi dire che A vale 102,3 e B vale 90,37

Citazione:
definire una unità di valore, che chiunque possa comprendere perchè comparabile con il valore di mercato di beni di largo uso, non vedo che difficoltà ci sia.


La difficoltà consiste nel fatto che “definire questa unità di valore” non ha senso. Se fossimo tutti d’accordo che una pagnotta vale 1€, ovvero che possedere un euro oppure una pagnotta è perfettamente equivalente, allora nessuno si sognerebbe di andare dal panettiere a comprare la pagnotta (se hanno lo stesso valore perché dovrei fare uno scambio?). Il fatto che io dia un euro al panettiere per quella pagnotta significa che io valuto di più la pagnotta che ricevo rispetto all’euro che do al panettiere. Compro una seconda pagnotta. Valuto anch’essa di più dell’euro. Non compro la terza perché me ne bastano due. Significa che la terza pagnotta viene da me valutata meno dell’euro che darei in cambio. Valore marginale decrescente.
Inviato il: 18/7/2009 12:40
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  •  a_mensa
      a_mensa
Re: inflazione e deflazione
#94
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 12/6/2009
Da roncello (mi)
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@ Ashoka

Ok. In questi termini mi piace discutere, e quindi facciamolo pure.

Citazione:
“Quindi non sono i beni ad avere una caratteristica chiamata valore ma sono i fini che questi beni soddisfano a dare valore ai mezzi che consentono di soddisfarli. Avevo scritto un articolo pure sul valore ma ovviamente se te lo linko divento automaticamente quello pieno di sé e bla bla bla quindi se vuoi leggertelo cercalo.”

Io sostengo che è il DESIDERIO di qualcuno per un certo bene, che ovviamente se lo desidera non lo possiede o non lo possiede nella quantità voluta, a creare il VALORE di un bene. In altri termini tale valore è esattamente quanto quest’altra o altre persone, sono disposte a dare di loro (beni, lavoro, o qualsiasi cosa nelle loro disponibilità) per effettuare lo scambio.
Mi sembra di aver espresso chiaramente, pensando a questa definizione, che tale valore è soggettivo, pertanto un eventuale scambio avviene sempre nell’intervallo di valori tra quello attribuito dal venditore (inferiore) e quello attribuito dall’acquirente (superiore), a seconda della maggiore o minore abilità dei contraenti nel capire il valore che l’altro attribuisce al bene stesso.
Se le parti sono invertite lo scambio sicuramente NON avviene.
Faccio notare la differenza tra il concetto di ofelimità e quello di valore, in quanto la prima inizia ad esistere SUL BENE, dal momento in cui qualcuno lo desidera, ma non include qualcosa che QUANTIFICHI l’intensità del desiderio, cosa che esiste nel concetto di valore.
Una precisazione a proposito dei tuoi scritti: se mi indichi uno scritto già esistente in proposito, normalmente sono abbastanza umile da andarlo a leggere, cosa non accetto è la posizione del tipo “avresti dovuto PRIMA leggere …..” se per parlare o scrivere, dovessi andarmi a leggere TUTTO ciò che in proposito è stato scritto o detto, penso che capirai anche tu, che diventerebbe impossibile anche solo aprir bocca o prendere la penna in mano, oltre al fatto che credo che di ogni argomento sia stato scritto un po di tutto ed il contrario di tutto. Pertanto non mi offendo affatto se mi indichi un link in cui hai già espresso un concetto, ti evito volentieri di ripeterlo, ma non pretendere che lo legga PRIMA di esprimermi.

Altra precisazione a cui tengo è la differenza tra il concetto di valore e quella di prezzo, anche se normalmente vengono usati indifferentemente.
Come ho scritto il valore di un bene è una valutazione individuale, soggettiva, che PUO’ portare ad uno scambio con un possessore di tale bene, se si verifica la condizione sopra espressa.
Tale valore diventa PREZZO nel momento in cui lo scambio avviene, che come ho detto sarà compreso tra il valore del venditore e quello dell’acquirente.

citazione
“Quindi non sono i beni ad avere una caratteristica chiamata valore ma sono i fini che questi beni soddisfano a dare valore …”
Non direi, perché il fine è un qualcosa che solo il possessore può determinare. Un martello può servire per piantare chiodi, ma può anche essere appeso come ornamento (i gusti sono gusti).
Direi meglio che è una caratteristica che gli individui attribuiscono ai beni e, come ho cercato di esprimere prima, esistono a mio avviso, due modi di esternare il valore di un bene e farlo diventare prezzo, e sono legati alla quantità di beni simili disponibili sul mercato.
Per i beni unici o rari, esiste il metodo dell’asta.
Proprio perché raro il bene ha molti più possibili acquirenti che venditori.
Il venditore propone un valore, i partecipanti avranno ognuno una propria valutazione del valore di quel bene.
Il prezzo proposto salirà fino a che resterà uno solo ad attribuire un valore superiore a tale prezzo proposto, mentre per tutti gli altri diventerà superiore a quanto disponibili a pagare, ovvero al valore che gli attribuiscono.
Di questo meccanismo una coda interessante è l’effetto trascinamento che ha l’aver stabilito tale prezzo, su tutti i “pezzi” analoghi, che pur non hanno partecipato all’asta. Ma di questo parlerei in altra occasione.
L’altro modo di stabilire un “prezzo” ovvero un valore a cui effettuare lo scambio, per beni riprodotti e scambiati in quantità, è quello di trovare un equilibrio tra domanda e offerta (valore di mercato). Così verrà stabilito il valore (prezzo) del pane, della frutta, ecc …
Con questo sistema la quantità sarà parimenti importante quanto il prezzo, ed anzi, la quantità disponibile rispetto alla richiesta, parteciperà a stabilirne il valore.
Nello spettro possibile di disponibilità, dal pezzo unico a grossi quantitativi, i due metodi parteciperanno in proporzione.
Basta pensare al mercato immobiliare, o a quello azionario, e via dicendo.
Mi fermerei qui nella disamina della tua, in quanto, il raggiungere l’accordo su quanto sopra lo ritengo pregiudizievole al continuare sul resto.
In attesa di risposta, grazie comunque dell’attenzione
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Inviato il: 19/7/2009 18:25
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  •  Ashoka
      Ashoka
Re: inflazione e deflazione
#95
Sono certo di non sapere
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“Quindi non sono i beni ad avere una caratteristica chiamata valore ma sono i fini che questi beni soddisfano a dare valore …”

Citazione:
Non direi, perché il fine è un qualcosa che solo il possessore può determinare. Un martello può servire per piantare chiodi, ma può anche essere appeso come ornamento (i gusti sono gusti)


Guarda che qui mi stai dando ragione. Il martello non viene comprato perché ha un qualche intrinseco valore ma perché a Tizio serve per piantare chiodi e Caio lo vuole usare come ornamento.

Il “piantare chiodi” e “usare come ornamento” sono dei fini. Se ci pensi fino all’invenzione del motore a scoppio nessuno si filava il petrolio…

E’ proprio il fatto che “solo il possessore può determinare il valore del fine” che fa diventare soggettivo il giudizio di valore sui beni ed è anche il motivo per cui non ha senso determinare un certo valore quantitativo per i beni.

Citazione:
Direi meglio che è una caratteristica che gli individui attribuiscono ai beni e, come ho cercato di esprimere prima, esistono a mio avviso, due modi di esternare il valore di un bene e farlo diventare prezzo, e sono legati alla quantità di beni simili disponibili sul mercato.


I beni simili e disponibili sul mercato riguardano la scelta dei mezzi per raggiungere il fine.

Se tu vuoi dissetarti puoi scegliere ad esempio tra una lattina di Coca Cola, una lattina di Pepsi, una di aranciata, una bottiglietta d’acqua. Diversi mezzi per raggiungere lo stesso fine (magari alcuni di questi beni consentono di raggiungere anche altri fini).

La tua scelta del mezzo, che avviene quando compri la bevanda al bar, insieme a quelle di milioni di individui come te, va a determinare i prezzi secondo il meccanismo dell’offerta e della domanda.

Il fatto che l’acqua, pur soddisfacendo un bisogno primario (a cui dai tantissimo valore) costa relativamente poco è dovuto al fatto che non si valuta il bene in sé (l’acqua, il pane, l’oro) ma determinate quantità di quel bene (un bicchiere d’acqua, una pagnotta, etc.).

Perché siamo disposti a pagare poco per l’acqua? Perché il primo litro ci disseta (valore alto), il secondo lo usiamo per lavarci le mani (valore più basso), il terzo per bagnare i fiori sul balcone (valore ancora più basso), etc.

Siccome, almeno in Italia, l’acqua è disponibile in gran quantità allora è disponibile in vendita (offerta) tanta acqua, se il commerciante vuole venderla (e per far profitto deve venderla) allora è chiaro che il prezzo deve essere tale per cui lo scambio avviene anche per l’ultima bottiglia d’acqua (ovvero quando rimane una bottiglia in magazzino c’è ancora una persona disposta a pagarne il prezzo (valuta di più quella bottiglia d’acqua che il suo prezzo in euro) e siccome abbiamo già tutti soddisfatto il nostro desiderio di bere, lavarci, etc. allora quell’ultimo compratore sarà disposto a pagare solo un prezzo basso.

Se fossimo nel deserto non troveremmo disponibilità di acqua nemmeno per soddisfare la nostra necessità di bere e quindi dovremmo pagare un prezzo molto alto per aggiudicarci una delle bottigliette eventualmente disponibili.
Inviato il: 19/7/2009 18:44
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  •  a_mensa
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Re: inflazione e deflazione
#96
Sono certo di non sapere
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@ Ashoka
ho letto la tua dissertazione sul valore, e come già dissi in altre occasioni , il mio pensiero ricalca abbastanza la scuola austriaca, ma non esattamente.
devo andare perchè mi cerca il nipote, continuerò più tardi
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Inviato il: 19/7/2009 18:50
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  •  a_mensa
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Re: inflazione e deflazione
#97
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@ Ashoka
Innanzitutto una curiosità.
Vedo che sei o scrivi da Ivrea. In passato io ho abitato per 5 anni a Banchette (nel periodo in cui ho curato il Centro Elaborazione Dati all’interno dell’Olivetti). Esattamente dal ’69 al ’74. Sta a vedere che magari ci conosciamo anche.
Poi passo alla citazione:
“E’ proprio il fatto che “solo il possessore può determinare il valore del fine” che fa diventare soggettivo il giudizio di valore sui beni ed è anche il motivo per cui non ha senso determinare un certo valore quantitativo per i beni.”
Attenzione a :” solo il possessore può determinare il valore del fine”.
Non sono d’accordo. Non il valore del “fine”, ma il valore dell’oggetto. Guarda che capisco il tuo ragionamento e concordo sul fatto che se procedi in quel modo, è corretto non arrivare a stabilire un valore.
Ma questo NON è il mio modo di ragionare.
Secondo il tuo, se dovessi piantare un chiodo e mi accorgessi di non avere un martello, mi dovrei domandare qual è il mio “fine”.
Piantare il chiodo ? o appendere il quadro ? o abbellire la stanza ? ma fermiamoci a “piantare il chiodo”.
Sarebbe il fine ultimo del martello ? oppure potrei anche usarlo come ornamento ? o come fermacarte ? o per rompere le noci ?
Allora il fine sarebbe il maggiore dei tre o la loro somma? Ma consideriamo poi le possibilità : piccolo, medio, grande ? e via dicendo potrei ritrovarmi dopo ore o giorni a dissertare sul fine ultimo della mia vita, essendo partito dal chiodo da piantare.
Non voglio rendere ridicolo tale ragionamento, perchè è filosoficamente corretto e soprattutto preciso, ma è dove mi porterebbe l’analisi del “fine”,che non mi sta bene, visto che, come ho ammesso sin dall’inizio comprendo che il risultato, probabilmente, sarebbe quello di definire incommensurabile il valore del martello.
Il mio modo di ragionare si ferma molto prima.
Mi domando “quanto vale il mio desiderio di piantare il chiodo, e, in seconda analisi, quanto può valere per me il desiderio di possedere un martello ?". Con una breve analisi sul cosa so del martello, stabilirei che per me al massimo vale 5 euro.
Mi recherei al brico e guarderei se ne trovo uno per quel prezzo, se non lo trovassi proverei con la ferramenta.
Se anche li l’esito fosse negativo, tornerei a casa, raccoglierei un sasso e proverei a piantare il chiodo con esso.
Tempo massimo 1 ora, e potrei o no avere il martello, ma il chiodo sarebbe piantato. Forse non perfettamente,ma sarebbe nel muro.
Capisci la differenza ? mentre nel tuo modo di pensare approfondisci, di strato in strato, l’origine dello stimolo, io mi fermo a valutare il primo, cioè quanto vale il mio desiderio, oggi, in questo momento, in questo ambiente, in queste mie condizioni, di piantare il chiodo, anzi, meglio di possedere un martello che mi permetta di piantare questo e tutti i prossimi chiodi che potrei aver da piantare in futuro. Basta, fine li, capisci ?
In quel momento voglio piantare un chiodo, non cercare il fine ultimo della mia vita.
In un altro post, forse nel thread della medicina, ho espresso la mia attitudine a considerare sempre, quando applicabile, il concetto di approssimazione. Voglio essere io, coscientemente, a fermarmi alla prima o alla seconda o alla decima cifra decimale, perché chi dimentica questo particolare, finisce con l’accettare sempre la meno precisa delle approssimazioni.
Facevo l’esempio del quanto sono due metri più due metri, domanda alla quale la maggior parte delle persone risponderebbe 4 metri, mentre la risposta corretta sarebbe da 4 a 6 metri meno qualcosa, perché detto così i due metri potrebbero essere da 2,0000… metri a 2,9999… metri. Ecco il concetto di approssimazione. A che cifra mi è utile fermarmi in questo caso ? se la risposta è l’unità allora va benissimo 4, altrimenti no.
Quindi, nella discesa dei concetti correlati, fin dove mi serve spingere l’analisi delle cause ? se la risposta è il “fine” devo anche determinare se al più appariscente, il più superficiale, o a quelli più profondi e reconditi, ma mi serve per procurarmi un martello ? o meglio a stabilire entro che spettro di valori è per me accettabile pagare un martello ?
Capisci che mentre il mio modo di ragionare mi porta a poter stabilire se il martello esposto al Brico lo voglio comprare oppure no, il tuo non mi ci fa nemmeno provare, stabilendo che non potrò mai definire un valore accettabile per quel martello, che però, guarda caso, mi servirebbe.
Definito quindi che mentre tu tendi a una definizione filosoficamente perfetta di valore, io mi accontento di una definizione approssimata, ma in compenso usabile all’istante.
Ora stabilita questa differenza, ti interessa capire dove porta il mio modo di ragionare in proposito, oppure preferisci restare sulla tua definizione molto scolastica, ma forse meno pratica ?
Andrea
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Inviato il: 19/7/2009 22:46
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  •  Ashoka
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Re: inflazione e deflazione
#98
Sono certo di non sapere
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Citazione:
Vedo che sei o scrivi da Ivrea. In passato io ho abitato per 5 anni a Banchette (nel periodo in cui ho curato il Centro Elaborazione Dati all’interno dell’Olivetti). Esattamente dal ’69 al ’74. Sta a vedere che magari ci conosciamo anche.


Non ero ancora nato

Citazione:
Attenzione a :” solo il possessore può determinare il valore del fine”.
Non sono d’accordo. Non il valore del “fine”, ma il valore dell’oggetto. Guarda che capisco il tuo ragionamento e concordo sul fatto che se procedi in quel modo, è corretto non arrivare a stabilire un valore.
Ma questo NON è il mio modo di ragionare.
Secondo il tuo, se dovessi piantare un chiodo e mi accorgessi di non avere un martello, mi dovrei domandare qual è il mio “fine”.
Piantare il chiodo ? o appendere il quadro ? o abbellire la stanza ? ma fermiamoci a “piantare il chiodo”.
Sarebbe il fine ultimo del martello ? oppure potrei anche usarlo come ornamento ? o come fermacarte ? o per rompere le noci ?
Allora il fine sarebbe il maggiore dei tre o la loro somma? Ma consideriamo poi le possibilità : piccolo, medio, grande ? e via dicendo potrei ritrovarmi dopo ore o giorni a dissertare sul fine ultimo della mia vita, essendo partito dal chiodo da piantare.


Occhio a non divagare. Qui si stava parlando del giudizio di valore che in ultima analisi determina il prezzo dei beni e servizi. Quando hai comprato il martello perché l’hai fatto? E’ ovvio che ogni bene può avere molteplici e differenti usi.

[quote+Non voglio rendere ridicolo tale ragionamento, perchè è filosoficamente corretto e soprattutto preciso, ma è dove mi porterebbe l’analisi del “fine”,che non mi sta bene, visto che, come ho ammesso sin dall’inizio comprendo che il risultato, probabilmente, sarebbe quello di definire incommensurabile il valore del martello.


Ma vedi il problema è qui. Se fosse davvero misurabile il valore di un qualche bene (come ritenevano Smith, Ricardo e sulla stessa scia Marx) ci troveremmo di fronte a diversi problemi perché la realtà ci dice tutt’altro.

Citazione:
Mi domando “quanto vale il mio desiderio di piantare il chiodo, e, in seconda analisi, quanto può valere per me il desiderio di possedere un martello ?". Con una breve analisi sul cosa so del martello, stabilirei che per me al massimo vale 5 euro.
Mi recherei al brico e guarderei se ne trovo uno per quel prezzo, se non lo trovassi proverei con la ferramenta.
Se anche li l’esito fosse negativo, tornerei a casa, raccoglierei un sasso e proverei a piantare il chiodo con esso.
Tempo massimo 1 ora, e potrei o no avere il martello, ma il chiodo sarebbe piantato. Forse non perfettamente,ma sarebbe nel muro.
Capisci la differenza ? mentre nel tuo modo di pensare approfondisci, di strato in strato, l’origine dello stimolo, io mi fermo a valutare il primo, cioè quanto vale il mio desiderio, oggi, in questo momento, in questo ambiente, in queste mie condizioni, di piantare il chiodo, anzi, meglio di possedere un martello che mi permetta di piantare questo e tutti i prossimi chiodi che potrei aver da piantare in futuro. Basta, fine li, capisci ?


Guarda che stai descrivendo il concetto di “azione” come “comportamento con uno scopo”.

Fine: piantare un chiodo

Mezzi a disposizione: possiedo un sasso che non è proprio adattissimo. Potrei procurarmi un martello che mi servirà in futuro anche per piantare eventualmente altri chiodi. Decido di essere disposto a pagare max 5 euro per il martello (perché 5 e non 6 euro? Ed io quanto sarei disposto a pagare?)

Azione: pianto il chiodo con il sasso

Citazione:
Quindi, nella discesa dei concetti correlati, fin dove mi serve spingere l’analisi delle cause ? se la risposta è il “fine” devo anche determinare se al più appariscente, il più superficiale, o a quelli più profondi e reconditi, ma mi serve per procurarmi un martello ? o meglio a stabilire entro che spettro di valori è per me accettabile pagare un martello ?
Capisci che mentre il mio modo di ragionare mi porta a poter stabilire se il martello esposto al Brico lo voglio comprare oppure no, il tuo non mi ci fa nemmeno provare, stabilendo che non potrò mai definire un valore accettabile per quel martello, che però, guarda caso, mi servirebbe.


Nononono calma. Io ti ho detto che no è possibile valutare in modo preciso il valore del martello ma non che non sia possibile ordinare i fini su una scala di valore ordinale A>B>C>D ed effettuare le scelte sulla base di quella scala.

Vediamo se con un esempio riesco ad essere più chiaro.

Questi sono i fini da soddisfare in ordine

1) Dissetarti
2) Fame
3) Rinfrescarti
4) Voglia di qualcosa di buono

Beni a in vendita:

Panino: 2€ (sfama)
Bottiglia d’acqua a temperatura ambiente: 1€ (disseta)
Bottiglia d’acqua in frigorifero: 2€ (disseta e rinfresca)
Fetta di torta 900: 8€ (sfama + voglia di qualcosa di buono)

Se hai 3 euro in portafoglio ti compri un panino e la bottiglia d’acqua a temperatura ambiente, se invece ne hai 4 ti compri la bottiglia in frigorifero ed il panino, se possiedi invece 10 euro ti compri la fetta di torta 900 e la bottiglia d’acqua in frigo.

E se ne hai solo 9 euro? Potresti comprare la torta + l’acqua calda oppure il panino + l’acqua fredda, avanzando 5 euro. Sceglierai la seconda soluzione perché ti permette di soddisfare i tre fini più importanti.

Citazione:
Ora stabilita questa differenza, ti interessa capire dove porta il mio modo di ragionare in proposito, oppure preferisci restare sulla tua definizione molto scolastica, ma forse meno pratica ?


Visto che è pratica?
Inviato il: 20/7/2009 10:12
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  •  a_mensa
      a_mensa
Re: inflazione e deflazione
#99
Sono certo di non sapere
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@ ashoka
scusa ma ho difficoltà a seguire il tuo pensiero perchè lo manifesti spezzettato in risposta a mie affermazioni.
mi sembra di capire che:
sostieni che il valore di un bene non è un qualcosa di insito nel bene stesso ma dipende dal fine che si prefigge colui che lo possiede o vuole procurarselo.

bene sono d'accordo e mi sembra di aver fatto i due esempi del bene "unico" il cui valore viene stabilito ad un'asta e quello di beni di larga diffusione, il cui valore viene stabilito sulla base delle quantità di offerta e di richiesta.
sempre attributo personale è, nel primo caso quando resta un unico acquirente per un unico "pezzo" .
nel secondo caso è solo il "comune sentire" del complesso degli acquirenti i quali, individualmente decidono che tale bene ha un valore che soddisfa le loro esigenze. questi sono i casi estremi di uno spettro che comprende tutti i casi, nel quale il valore è stabilito con un criterio che include questi due.
sono quindi d'accordo sul fatto che NON sia una qualifica del bene, ma un compromesso tra venditori e acquirenti sulla base del loro "sentire"

mi pare poi di capire che fai tutta una disquisizione sul fine e sulle disponibilità per mostrare come esse partecipino a determinare la scelta dell'acquirente.
nel mio modo di ragionare, che per lo stesso individuo il primo panino valga 5 euro ma il secondo, visto che ha meno fame solo 3, francamente non mi interessa. ho già espresso che il valore di scambio è quello che si determina sulla base del venditore e dell'acquirente in un certo ambiente, un certo momento, ecc... pertanto mi pare di aver già dato per scontato che il primo potrebbe esser scambiato per 5€ ed il secondo per 3€.
se accettiamo che il valore di scambio, che poi chiamo prezzo, può essere un qualunque valore compreso tra quello del venditore (che deve essere più basso) e quello dell'acquirente ( che deve essere più alto altrimenti lo scambio non potrà mai avvenire) , mi sembra che questo includa i motivi e i fini sia dell'acquirente che del venditore.
io accetto che si dica che il valore di un bene è incommensurabile, al limite, solo per quei beni che di essi, o di loro simili, non c'è mai stato scambio.
ovvero che manchi un valore di riferimento
in tutti gli altri casi sia l'acquirente che il venditore potranno farsi un'idea di quali sono gli eventuali limiti entro i quali il valore di scambio si potrà determinare affinchè lo scambio avvenga.
ma questo include sia il fine, sia il valore marginale e punta a vedere solo quel valore a cui può avvenire lo scambio.
dopo si potrà parlare di costi di produzione (non di valori) o altro, ma il punto essenziale , a mio avviso, è il valore a cui avviene uno scambio, ovvero si soddisfa il desiderio di chinon ha un bene in cambio di un bene il cui valore compensi adeguatamente il venditore.
detto ciò non capisco su cosa si basino le obiezioni.
se non sei d'accordo prova ad esprimere per intero il tuo pensiero, o, se lo hai già scritto , indicami dove.
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Inviato il: 20/7/2009 21:22
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Re: inflazione e deflazione
#100
Sono certo di non sapere
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@ Ashoka

Mi scuso ma sto perdendo il filo del discorso, e mi diventa sempre più difficile, dagli spezzoni illustrati in risposta a mie affermazioni, risalire al tuo pensiero complessivo in merito.
Per contro io ti ripropongo il mio, in contrasto con l’affermazione che “non si può parlare di valore, perché incommensurabile” o indefinibile, che dir si voglia che credo fosse il punto di partenza.
Innanzitutto vorrei fosse chiaro che intendo parlare di “valore di scambio”che, come ho già scritto, se e quando lo scambio avvenga, esso diventa “prezzo” della transazione, e quindi del bene scambiato.
Poi una premessa invece per quanto riguarda il “valore intrinseco”del bene.
Io posso definire un “costo di produzione” funzione di chi e come lo produce, e della valutazione che fa del valore delle propria prestazione. Una volta che il bene è prodotto, e sul quale posso calcolarne tale costo, con il bene disponibile per lo scambio, posso valutarne il valore che esso rappresenta per me venditore.
Nota bene che ad esempio, tale valore potrebbe includere componenti assolutamente personali, come nel caso di un gioiello, il valore affettivo perché dono della nonna amata, che per contro, da parte dell’acquirente potrebbe suscitare, nella definizione della valutazione del valore, considerazioni assolutamente personali come un “innamoramento travolgente” nei confronti proprio di quel e solo quel bene.
Se trovo un acquirente, è perché esso aveva stabilito un valore superiore al mio per tale bene, ed allora il “valore di scambio” si collocherà nell’intervallo tra il valore del venditore e quello dell’acquirente.
Esso, valore di scambio, o prezzo, potrà, e sottolineo il verbo potere e non necessariamente dovere, avere un effetto trascinamento su beni analoghi, ovvero costituire un riferimento per scambi analoghi, pur conservando sempre la caratteristica soggettiva allo scambio, quindi alla valutazione personale, e non mi interessa quali siano le componenti che partecipano in tale valutazione, ma solo il suo risultato finale.
Una eventuale indagine approfondita delle componenti a tale valutazione, potrà servirmi in fase preventiva, prima di produrre il bene, per stabilire se il costo che io preventivo rende il mio bene accettabile dal mercato o meno, oppure in fase consuntiva se il mercato rifiuta il prodotto ma anche se ne richiede molto di più del preventivato.
Ho accennato anche alla differenza nel modo di generare tale valore di scambio tra beni unici e beni di larga produzione e consumo.
Nel primo caso a determinarlo è la valutazione personale dell’unico individuo che effettuerà lo scambio, nel secondo caso si dovrebbe parlare della media dei valori stabiliti dai possibili acquirenti, media che condizionerebbe anche i venditori nello stabilire la loro aspettativa di tale valore, condizionata a sua volta dalla quantità da vendere.
Produzione e quindi quantità e aspettativa di valore di scambio , per la vendita, media nella determinazione del valore di scambio per gli acquirenti.
Come vedi, quindi, per me, il valore di un bene potrà esser determinato anche con un metodo semiempirico, ma alla fine un valore, se lo scambio avviene, dovrà pur esser stabilito.
Con questo penso di aver espresso compiutamente e chiaramente il mio pensiero in merito.
Vorrei tanto conoscere il tuo, se ti è possibile esprimerlo in modo similmente succinto, oppure se ricalca fedelmente quello di una “scuola” mi indicassi quale in modo che possa andarmelo a leggere, se già non lo conosco.
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Inviato il: 21/7/2009 21:13
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Re: inflazione e deflazione
#101
Dubito ormai di tutto
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Vorrei tanto conoscere il tuo, se ti è possibile esprimerlo in modo similmente succinto, oppure se ricalca fedelmente quello di una “scuola” mi indicassi quale in modo che possa andarmelo a leggere, se già non lo conosco

Il suo sito è nella firma, sono rimasto colpito da alcuni articoli che sono stati pubblicati su usemlab, anzi, colgo l'occasione per complimentarmi, le spiegazioni date dei fatti macroeconomici, che in teoria sembrano essere difficili da capire, diventano quasi troppo semplici per non capirli.....

attendo la parte numero 5
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Quando ci immergiamo totalmente negli affari quotidiani, noi smettiamo di fare distinzioni fondamentali, o di porci le domande veramente basilari. Rothbard
Inviato il: 21/7/2009 23:37
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Re: inflazione e deflazione
#102
Sono certo di non sapere
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@ infettato
ti ringrazio per l'indicazione. ho dato un sguardo a usemlab e promette di essere molto interessante.
non capisco il collegamento con Ashoka, forse perchè conosco solo il suo nick e quindi non posso collegarlo con nessuna firma su usemlab.
forse tu puoi aiutarmi in merito.
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Inviato il: 22/7/2009 8:43
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Re: inflazione e deflazione
#103
Sono certo di non sapere
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@ infettato.
non so se il marco che scrive è ashoka, dallo stile potri anche pensare di si.
ti segnalo che vi è anche una 5° ed ultima parte.
di tutto il discorso, a parte le citazioni, emerge il pensiero relativo al sorgere di questa crisi, che però secondo me ha una grave lacuna.
il considerare la popolazione come un impasto uniforme, con le stesse tendenze e le stesse risposte alle sollecitazioni, ed è qui che trae origine la differenza del mio pensiero.
io lo esprimo con una storiella:
c'è un paese di 100 persone che lavorano e con il ricavato vivono. consideriamolo un'isola autonoma.
tra coloro che lavorano vi è un allevatore di polli che produce e vende 100 polli alla settimana perchè tutti gli isolanio hanno un reddito tale per cui possono permetterselo.
supponiamo che per abilità, destrezza, forza, uno di questi abitanti riesca ad appropriarsi gradualmente di una parte del reddito degli altri e li riduca ad aver risorse sufficienti per comprare solo più mezzo pollo alla settimana.
anche il produttore dei polli soffrirà, perchè non venderà più 100 polli a settimana ma 51, per ipotesi, 49,5 ai 99 abitanti più poveri ed 1,5 a quello ricco. difficilmente quello ricco riuscirà a compensare tutti i polli che il produttore non riuscirà piùm a vendere.
ma come lui, produttore di polli inizierà un impoverimento di tutti, tranne di quell'unico che accumulerà ricchezze a scapito di tutti gli altri.
uno risparmierà gli altri soffriranno la fame.
un aumento di liquidità in queste condizioni, cosa causerebbe, secondo te ??
pensi che coloro che hanno fame aumenterebbero i consumi o il risparmio?
il ricco seguirebbe la stessa regola ?
ecco , nella mia visione, dato che la distribuzione della ricchezza copre uno spettro molto vasto, le reazioni sono molto diverse, per cui mi pare errato pensare ad una reazione uniforme da parte della platea della popolazione.
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Inviato il: 22/7/2009 19:19
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Re: inflazione e deflazione
#104
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Sì il Marco che scrive sono io.

Citazione:
il considerare la popolazione come un impasto uniforme, con le stesse tendenze e le stesse risposte alle sollecitazioni, ed è qui che trae origine la differenza del mio pensiero.


Eh?

Citazione:
c'è un paese di 100 persone che lavorano e con il ricavato vivono. consideriamolo un'isola autonoma.
tra coloro che lavorano vi è un allevatore di polli che produce e vende 100 polli alla settimana perchè tutti gli isolanio hanno un reddito tale per cui possono permetterselo.


Che cosa vuol dire? Tu hai stabilito che il prezzo del pollo è fisso e che a quel prezzo ogni isolano può comprarne uno. Ma perché il prezzo dovrebbe essere X non due volte tanto o la metà? A quel prezzo l'allevatore guadagna oppure no? Perché alleva 100 polli e non 200 oppure 50?

Sembrano domande "rompicoglioni" però tu hai praticamente messo da parte l'azione imprenditoriale dell'allevatore, fissato il prezzo, fissato la quantità prodotta e assunto che a quel prezzo viene venduto tutto....

Citazione:
supponiamo che per abilità, destrezza, forza, uno di questi abitanti riesca ad appropriarsi gradualmente di una parte del reddito degli altri e li riduca ad aver risorse sufficienti per comprare solo più mezzo pollo alla settimana.


Anche qui cosa vuol dire? Riguardo all'appropriarsi una parte del reddito degli altri l''analogia più vicina a quello che dici è l'intervento dello Stato con le tasse...

ma immagino che tu intendessi qualcos'altro. Che cosa? Chi ha impoverito gli altri e perché? Non mi pare infatti che se un imprenditore ha successo e la sua impresa fiorisce allora danneggi il resto della popolazione. Eppure implicitamente stai dicendo proprio questo.

Cosa vuol dire poi "aver risorse sufficienti per comprare solo mezzo pollo?". Teniamo il prezzo fisso? E perchè mai? (vedi dopo)

Citazione:
anche il produttore dei polli soffrirà, perchè non venderà più 100 polli a settimana ma 51, per ipotesi, 49,5 ai 99 abitanti più poveri ed 1,5 a quello ricco. difficilmente quello ricco riuscirà a compensare tutti i polli che il produttore non riuscirà piùm a vendere.


E di nuovo il prezzo dei polli rimane fisso e non si capisce perché. Perché qui i casi sono due:

A) il "ricco" non spende e tesaurizza il denaro. Diminuisce il denaro in circolazione, aumenta il potere d'acquisto del denaro e diminuiscono i prezzi non solo dei beni finali (i polli) ma anche dei fattori produttivi. Siccome l'allevatore o taglia la produzione dei polli oppure deve abbassare i prezzi allora diminuirà la sua domanda di mangimi. A quel punto il produttore di mangimi si troverà di fronte allo stesso dilemma e così via. Il risultato non sono 50 polli prodotti ma una tendenza ad abbassare i prezzi ed i salari mentre il potere d'acquisto dell'unità monetaria aumenta.

B) Il "ricco" spende il denaro. Qui vi è un trasferimento netto di ricchezza verso il ricco ed un incremento della domanda dei beni "desiderati" dal ricco. Non è più quindi conveniente produrre 100 polli ma solo 51 e destinare gli altri scarsi fattori produttivi (come il lavoro) per la produzione di beni desiderati dal ricco.

***

Concludendo.

A) Quello che descrivi non è ciò che è successo
e
B) Non hai spiegato come si è verificata questa "appropriazione del reddito" che ipotizzi
Inviato il: 22/7/2009 19:52
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Re: inflazione e deflazione
#105
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Riguardo la scuola di economia è la Scuola Austriaca e come "libro di testo" c'è questo in inglese.

Murray Rothbard: Man, Economy and the State


P.S. Thx Infettato
Inviato il: 22/7/2009 19:58
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Re: inflazione e deflazione
#106
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@ ashoka
bene, grazie per esserti presentato.
non pensavo intervenissi tu sull'esempio, che ho fatto in effetti troppo semplificato, e come giustamente rilev iampiamente impreciso, per cui chiariamolo con un fatto effettivamente accaduto qui nel nostro paese e cioè (dati istat) un'accaparramento pressocchè totale del frutto dell'aumento di produttività da parte del "capitale" e quasi nullo da larte del "lavoro".
di conseguenza un allargamento della forbice tra redditi alti e redditi bassi con un restringimento della fascia intermedia.
questo perchè il "lavoro" è stato fortemente penalizzato da una elevata concorrenza (disoccupazione, sottooccupazione, contratti a progetto e tutta una serie di norme che ha ridotto drasticamente le garanzie), situazione della quale ha prontamente approfittato la classe imprenditoriale.
questa è una risultante dei dati rilevati dall'istat che spiega quanto è stato rilevato sulla quantità e qualità dei consumi.
per la prima volta, in questi mesi è diminuito il valore dei consumi alimentari, che come è anche comprensibile, sono gli ultimi a venire intaccati.
in questa situazione, semplificata nell'esempio degli isolani, un aumento di liquidità (disponibile nel sistema bancario ma ovviamente non pervenuta ai mercati, per la semplice ragione che chi ne avrebbe bisogno non la ottiene per carenza di garanzie, chi non ne ha bisogno , altrerttanto ovviamente non ne richiede, non vedendo neanche grandi possibilità di investimenti remunerativi oltre ai capitali che gia possiede), nel caso anche pervenisse nelle tasche della popolazione, non pensi che verrebbe usata in modi decisamente diversi ?
e cosa dire, in tale situazione, della variante "tassi di interessi" ?
in una ipotesi, in cui ci fosse un solo ricco e tanti poveri, non pensi che una manovra sui tassi avrebbe effetto pratricamente nullo ?
questa era la mia obiezione, il considerare la popolazione come un insieme economicamente omogeneo, che ha tendenze omogenee, e risposte omogenee, quando omogenea non è.
secondo me, indirizzare tale aumento di liquidità verso una classe o verso l'altra ha conseguenze ben diverse.
e questa azione non potrebbe farla altri che lo stato, di sicuro non il mercato.
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Inviato il: 22/7/2009 21:30
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Re: inflazione e deflazione
#107
Sono certo di non sapere
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Citazione:
non pensavo intervenissi tu sull'esempio, che ho fatto in effetti troppo semplificato, e come giustamente rilev iampiamente impreciso, per cui chiariamolo con un fatto effettivamente accaduto qui nel nostro paese e cioè (dati istat) un'accaparramento pressocchè totale del frutto dell'aumento di produttività da parte del "capitale" e quasi nullo da larte del "lavoro".


Sembra un copincolla della CGIL. No quello che è successo è proprio quello che voleva Keynes nella sua teoria generale, ovvero ridurre il salario reale dei lavoratori mantenendo invariato o aumentando il salario monetario. Questo è successo “grazie” alle politiche monetarie inflazionistiche di Bankitalia prima e della BCE poi che hanno determinato una distruzione del potere d’acquisto della moneta.

Poiché i salari sono l’ultima cosa ad aumentare (contratto collettivo ogni tot anni..) mentre i prezzi dei prodotti venduti sono aumentati prima, questo si è tradotto in una diminuzione del costo reale del lavoro per gli imprenditori.

Ma questa, ripeto, è una conseguenza normale delle politiche inflazionistiche quindi gli imprenditori hanno avuto sì un vantaggio ma i cosiddetti “primi prenditori della moneta”, ovvero lo Stato e le banche hanno avuto un vantaggio anche maggiore.

Citazione:
di conseguenza un allargamento della forbice tra redditi alti e redditi bassi con un restringimento della fascia intermedia.
questo perchè il "lavoro" è stato fortemente penalizzato da una elevata concorrenza (disoccupazione, sottooccupazione, contratti a progetto e tutta una serie di norme che ha ridotto drasticamente le garanzie), situazione della quale ha prontamente approfittato la classe imprenditoriale.


Vedi sopra. Ti ricordo cmq che negli stessi anni si sono verificate alcune altre cose:

- aumento delle tasse nei confronti dei lavoratori dipendenti che non possono farci nulla (loro non possono difendersi evadendo)
- aumento spropositato della spesa pubblica (specialmente dal 2001 in poi)

Insomma è aumentata la spesa pubblica e questo ha significato più tasse per chi le ha sempre pagate e non può evadere e meno risparmio destinato alla parte produttiva del paese (i risparmi se ne sono andati in debito pubblico)

****

Non capisco questo cosa c’entra cmq con la crisi negli USA che era l’oggetto del mio saggio.

***

Veniamo ad altre questioni

Citazione:
in questa situazione, semplificata nell'esempio degli isolani, un aumento di liquidità (disponibile nel sistema bancario ma ovviamente non pervenuta ai mercati, per la semplice ragione che chi ne avrebbe bisogno non la ottiene per carenza di garanzie, chi non ne ha bisogno , altrerttanto ovviamente non ne richiede, non vedendo neanche grandi possibilità di investimenti remunerativi oltre ai capitali che gia possiede), nel caso anche pervenisse nelle tasche della popolazione, non pensi che verrebbe usata in modi decisamente diversi ?


Qui stai dicendo che nelle banche arrivano tanti soldi creati dal nulla ma questi non arrivano “a chi ne avrebbe bisogno” per mancanza di garanzie.

Vediamo cosa vuol dire:

A) tanti soldi creati dal nulla, quando entrano nell’economia, distruggono il valore dei soldi che già ci sono e questo fa sì che:

- il salario reale dei lavoratori diminuisce
- i risparmi vengono distrutti
- chi è già debitore ha un vantaggio

B) Tu vorresti che il credito fosse indirizzato verso chi “ne ha bisogno” magari per comprarsi una casa, oppure anche solo beni di prima necessità e così via. Conta che l’indirizzare fiumi di credito verso chi non forniva garanzie è stato proprio il modo in cui si è creata la bolla immobiliare negli USA.

Il risultato di questa politica sarebbe disincentivare il risparmio, penalizzare i lavoratori, incentivare la gente a consumare di più ed indebitarsi. Forse si può aiutare “chi ne ha bisogno” in altro modo, non credi?

Citazione:
e cosa dire, in tale situazione, della variante "tassi di interessi" ?
in una ipotesi, in cui ci fosse un solo ricco e tanti poveri, non pensi che una manovra sui tassi avrebbe effetto pratricamente nullo ?


Fissare i tassi di interessi provoca i disastri che avvengono ogni volta che un prezzo non è lasciato al mercato ma viene fissato a priori.

Citazione:
questa era la mia obiezione, il considerare la popolazione come un insieme economicamente omogeneo, che ha tendenze omogenee, e risposte omogenee, quando omogenea non è.
secondo me, indirizzare tale aumento di liquidità verso una classe o verso l'altra ha conseguenze ben diverse.
e questa azione non potrebbe farla altri che lo stato, di sicuro non il mercato.


Ma creare liquidità ed indirizzarlo verso qualcuno significa trasferire ricchezza da A a B e quando lo fai in quel modo gli A sono sempre lavoratori e risparmiatori e B sono sempre le banche (non è che regali banconote ai poveri ma le presti)
Inviato il: 22/7/2009 22:31
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Re: inflazione e deflazione
#108
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@ ashoka
ti riconosco una abilità notevole nell'evidenziare le incongruenze che emergono in una esposizione affrettata. ( e in questo momento sto vivendo una situazione simile, visto che oggi è finalmente nato l'ottavo nipote).
ma quanto volevo esprimere, dopo aver letto le cinque parti del tuo saggio, era che non ero d'accordo nel considerare la platea della popolazione come una massa omogenea che risponde nella scelta consumo/risparmio in modo proporzionato all'interesse.
se è vero, e lo condivido, per la classe media, non lo è più per la più povera, e parlo delle famiglie con problema di 4° settimana (se non di 3°), ma nemmeno per la più ricca i cui consumi non dipendono da quanto ricavano di interesse sui risparmi.
pertanto il grafico là proposto, è valido verso una popolazione in cui la classe media sia dominante, ma non in una in cui la ricchezza si sia via via concentrata nelle mani di pochi.
anche l'accesso al credito, che è il principale veicolo tramite il quale le autorità monetarie controllano la liquidità, diminuisce con il diminuire della classe media, che è quella che ha maggiore propensione a tale accesso.
infatti se alla classe più povera, il credito viene negato, a quella ricca non serve, e così la diosponibilità resta in pancia alle banche ma non si propaga sui mercati.
poi quanto scrivi, lo condivido, e mi spiace non essermi espresso più chiaramente sin dall'inizio.
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Inviato il: 23/7/2009 15:50
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Re: inflazione e deflazione
#109
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Citazione:
ma quanto volevo esprimere, dopo aver letto le cinque parti del tuo saggio, era che non ero d'accordo nel considerare la platea della popolazione come una massa omogenea che risponde nella scelta consumo/risparmio in modo proporzionato all'interesse.


E non troverai nessuno più d’accordo di un economista austriaco. Ma se devo presentare un panorama sulla situazione di un grande paese come gli Stati Uniti allora gioco forza bisogna ragionare sui dati macro.

Citazione:
se è vero, e lo condivido, per la classe media, non lo è più per la più povera, e parlo delle famiglie con problema di 4° settimana (se non di 3°), ma nemmeno per la più ricca i cui consumi non dipendono da quanto ricavano di interesse sui risparmi.


Tu stai evidenziando qui un problema che c’è e non è da ignorare sicuramente ma che non spiega per nulla il boom espansionistico 2002-2007 a cui è seguita la crisi. Il mio saggio dice che in sostanza (ed ho utilizzato quei grafici ma avrei potuto argomentare la posizione anche senza) la Federal Reserve ha fissato un tasso di interesse molto basso per alcuni anni e le conseguenze sono state le seguenti:

- le famiglie americane hanno aumentato i consumi e ridotto i risparmi anche a zero. In molti casi le famiglie americane si sono indebitate per consumare di più oggi.

- le imprese che producono beni durevoli (es. case) oppure beni capitali che sono posti all’inizio della catena produttiva hanno espanso i loro investimenti per progetti a lungo termine non sostenibili.

- I settori influenzati dal boom (sett. Edilizio) hanno attratto lavoratori

- Quando la Fed ha rialzato i tassi i progetti a lungo termine si sono rivelati fallimentari, le famiglie troppo gravate dal debito non hanno potuto onorarlo ed il patatrac si è esteso a tutte le imprese che producono beni capitali (non solo quelle interessate dal boom) mentre si sente meno per le imprese che producono beni di consumo.

Ti pare che ho descritto qualcosa che non si è verificato?

Ne avevo parlato anche su questo sito ad Aprile 2008


P.S. Congratulazioni
Inviato il: 23/7/2009 16:12
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Re: inflazione e deflazione
#110
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@ ashoka
grazie, e mi scuso se compaio in modo saltuario e breve, ma casa mia è un po un casino... spero che in una settimana il tutto torni calmo in modo da poter esser più presente sia con le mani che con la testa.
ok , quanto dici mi sta tutto bene, ma non prenderei il caso USA come emblematico perchè alterato da troppi fattori irriproducibili in altre realtà.
se è vero che la grande liquidità ed i bassi interessi seguiti allo scoppio della bolla dot.com, manovra subitamente oscurata con la scusa dell'11/9, hanno dato inizio alla bolla immobiliare, non dimentichiamo l'altra bolla enorme già in corso ed ancora in corso, costituita dagli investimenti esteri in USA.
petroldollari (famiglia Saud), giappone e anche cina, hanno riportato in patria molti dei dollari acquisiti con lo sbilanciamento della bilancia commerciale.
un po perchè "dollari", un po perchè la maggiore economia mondiale, gli USA hanno potuto godere di una grande e costante fonte di finanziamento ed immissione di liquidità non dovuta direttamente alla FED.
se poi includiamo anche la vendita delle famose "salsicce avvelenate" con le quali sono stati venduti all'estero i rischi dei crediti facili concessi dalle banche USA, abbiamo un quadro un po più completo dell'inisieme della nascita e svilupparsi della crisi.
l'anomalia enorme rispetto ad ogni altro mercato immobiliare, era costituito dal fatto che chiedere un mutuo ed avviare un acquisto, non costava proprio nulla visto che veniva concesso anche al 120% del valore dell'immobile, oppure con rate ridicole per i primi 2 anni. dopo tale periodo, grazie alla rivalutazione dell'immobile, portava a ristrutturare il mutuo su nuove basi, e soprattutto su un nuovo valore. se il gioco avesse continuato più a lungo, coloro che si erano lanciati in tale bussiness si sarebbero trovati proprietari di casa senza quasi aver pagato nulla, oppure aver goduto per anni di un extra reddito.
tutto questo però possibile solo perchè a finanziare tale giochetto partecipava pure la finanza internazionale, sia con un flusso di ritorno di dollari, sia con l'acquisto delle "salsicce" visto che godevano di invidiabili triple A da rating (grazie anche a cds, impacchettati anche quelli in derivati).
quindi, non solo responsabile, ed anzi direi solo parzialmente responsabile di tale evento, il livello basso di interesse, mentre darei la maggiore responsabilità proprio all'aver permesso che così tanta ricchezza finisse in mani tanto avventate, da una parte, e dall'altra che gli esorbitanti guadagni sulle commissioni, abbiano fatto dimenticare ogni criterio di prudenza da parte di chi tali flussi di denaro aveva il compito ma anche la responsabilità di gestire.

ps. il tuo ps. mi è stato particolarmente gradito perchè mi ha ricordato in sintesi di conversare con una persona, e non solo con un grande esperto.( un uomo cioè e non un'enciclopedia)
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Inviato il: 24/7/2009 16:24
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Re: inflazione e deflazione
#111
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Il battibecco tra me e Ashoka, che peraltro ringrazio per le sue osservazioni competenti e pertinenti, ha sviato però il discorso da quello che voleva essere il quesito iniziale.
Visti i sintomi contrastanti attuali, tra positivi e negativi, penso che un approfondimento in merito potrebbe darci, ovviamente gli esperti non ne necessitano, ma a noi conoscitori approssimativi, una chiave di lettura dei prossimi eventi.
Pertanto nessuno mette in dubbio che l’inflazione sia il fenomeno opposto alla deflazione, già le definizioni bastano.
La domanda è se i metodi usati per causare inflazione sono adeguati in un ambiente deflattivo, per poi eventualmente dedicarsi a capire se quelli usati per causare deflazione, curano veramente l’inflazione.
I fenomeni cioè ci sono, sono chiari e definiti. Meno chiaro è se i metodi usati per curarli, in determinate situazioni siano adeguati.
Premetto che sono perfettamente d’accordo che in un ambiente “normale” le manovre sui tassi sono sufficienti a modificare di piccole percentuali i trends.
Ma in condizioni di grave scompenso, di crisi, le manovre standard e anche quelle eccezionali che abbiamo visto mettere in atto, sono/erano le migliori possibili ?
Ma soprattutto gli obiettivi denunciati in tali manovre erano quelli veri o quanto detto dalle autorità era perlopiù fumo negli occhi ?
Io un’opinione in merito ce l’ho, ma vorrei verificare prima di avere interlocutori effettivamente interessati a sviluppare questo tema. Per cui , largo ai commenti.
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Inviato il: 15/8/2009 22:24
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Re: inflazione e deflazione
#112
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grazie a Infettato ho letto il bellissimo scritto in cinque parti su usemlab di marco bollettino.
l'ottima analisi della crisi statunitense secondo la visione della scuola austriaca manca però a mio avviso, di un fattore essenziale per capirla e soprattutto per valutarne la azioni correttive adottate e in corso.
il fattore è la Cina e la funzione avuta nel fornire a credito quantitativi sempre crescenti di merci.
quando si parla di malinvestment, le conseguenze di esso in un circuito chiuso sono di un tipo, in un circuito continuamente rifornito senza controparte ed a basso costo, un altro.
se l'aumento di richiesta interna sviluppato dall'espansione monetaria, anzichè dover esser coperto da maggiori produzioni interne, al limite anche meno redditizie perchè con produttività bassa o comunque indotte da finanziamenti a bassissimo costo, viene soddisfatto da importazioni "a credito", il meccanismo descritto ne resta decisamente alterato.
ma di questo fattore occorrerà tener conto nell'azione di contrasto, guarda caso scaturita nel "buy american" soprattutto per non disperdere risorse con l'acquisto di acciai e semilavorati.
è una situazione decisamente anomala, caratterizzata dall'unicità del dollaro, ma che causa comunque, dal punto di vista produttivo, il vulnus di una sorgente di risorse a prezzo zero (poichè per buona parte a credito).
la manifestata sfiducia cinese nella stabilità del dollaro, impone quindi una ulteriore necessità per lo stato di compensare oltre alle risorse stanziate per uscire dalla crisi, anche spinte atte a rallentare, se non fermare tale flusso anomalo di beni.
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Inviato il: 16/8/2009 10:59
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  •  Davide71
      Davide71
Re: inflazione e deflazione
#113
Dubito ormai di tutto
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Ciao a_mensa:

guarda che lo scopo del saggio di Marco Bollettino é quello di dimostrare che il libero mercato non esiste, almeno nell'area del dollaro. Questo fatto deve essere ben chiaro se si vuole vedere sotto una luce corretta le affermazioni dei politici e degli economisti attuali.
Andare a verificare le singole linee di trasmissione della crisi potrebbe essere un passo successivo per una verifica "storica"; ma essa deve partire da un'idea ben chiara di come sono impostati gli stati moderni al di là della propaganda con cui ti martellano continuamente.
Marco ha anche cercato di sintetizzare le ragioni per le quali, se un libero mercato esistesse veramente, certe cose non succederebbero.
Io mi auguro, e glielo ho anche detto, che da questo saggio e dagli altri scritti apparsi su Usemlab Marco tragga la forza e l'ispirazione per scrivere un'opera di più ampio respiro sull'argomento. Ce ne sarebbe un grandissimo bisogno.
Purtroppo un tale scritto finirebbe necessariamente per dimostrare come l'America sia un regime totalitario esattamente come la Russia e la Cina, e molti non sarebbero mai disposti ad accettare una cosa del genere.
D'altra parte la scuola austriaca e Hayek hanno gli strumenti teorici per dimostrare in maniera inoppugnabile come un regime totalitario ha necessariamente vita breve, e rendere noto questo fatto farebbe più bene alla democrazia che tutti i referendum e le votazioni di questo mondo.
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Inviato il: 16/8/2009 13:16
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  •  a_mensa
      a_mensa
Re: inflazione e deflazione
#114
Sono certo di non sapere
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@ davide71
grazie per la precisazione.
per voi che vi frequentate da lungo tempo, e quindi vi conoscete decisamente meglio, è più facile capirvi.
leggendo il saggio, io ho trovato una bella esposizione delle teorie della scuola austriaca e in particolare di Mises, ma mi era sfuggito questo scopo.
o non l'ho letto o non c'era.l'ho letto come una tesi di laurea o comunque un saggio, non come un contrasto dirretto al dollaro.
su questo posso dirti che da parte mia, meno scientificamente e più emotivamente sono molto contrario alla servitù verso il dollaro, non ho mai visto il piano Marshall come un'opera di beneficenza, ed auspico che quanto prima il mondo si liberi di tale servitù, pertanto l'ultima analisi di GEAB volte a predire una svolta cinese nei confronti del dollaro le ho lette con estremo piacere.
uno dei pochi punti con cui non sono però d'accordo è l'auspicio di un gold standard, che vedrei come la sostituzione delle stamperie delle banche centrali con le miniere d'oro, visto anche che se si dovesse tornare ad una copertura al 100 % del denaro emesso con l'oro, esso dovrebbe acquisire un valore di circa 2.000.000.000 al grammo, considerando la quantità di denaro anche solo delle principali economie e quanto oro vi sia disponibile nei vari caveau delle banche sia pubbliche che private. un po grande come unità di misura, non trovi ?
per il resto , cosa pensi delle domande proposte ?
ti pare che le azioni proposte ed in corso di contrasto alla crisi, la possano risolvere ?
ti saluto.
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Inviato il: 16/8/2009 16:07
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  •  Davide71
      Davide71
Re: inflazione e deflazione
#115
Dubito ormai di tutto
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Ciao A_Mensa:
in effetti posso dire che questo scopo ti é sfuggito, ma non é colpa tua.
Nell'introduzione Marco é stato molto chiaro, ma poi non ha sviluppato il tema in maniera approfondita.
Infatti noi tutti spingiamo perché crei un'opera di più ampio respiro.
Per quanto riguarda il Gold Standard lo trovo una misura draconiana, ma in questo momento é fondamentale che la gente si renda conto dell'importanza del problema della moneta inflazionata.
Per quanto riguarda le tue domande secondo me i politici hanno solo in mente di salvare le banche, e per fare quello sono disposti a buttare alle ortiche l'economia del mondo intero.
Questo perché, di nuovo, non capiscono cosa stanno facendo.
In realtà la soluzione sarebbe proprio quella di commissariare le banche, punire duramente i banchieri e coloro che hanno abusato della fiducia dei risparmiatori, e rivenderle, depurate, a imprenditori seri e onesti.
Ma questo significherebbe privarsi di una fonte di potere non indifferente...
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Inviato il: 18/8/2009 17:23
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  •  Mande
      Mande
Re: inflazione e deflazione
#116
Dubito ormai di tutto
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a_mensa
Citazione:

La domanda è se i metodi usati per causare inflazione sono adeguati in un ambiente deflattivo, per poi eventualmente dedicarsi a capire se quelli usati per causare deflazione, curano veramente l’inflazione.

Come metodi usati penso tu ti riferisca alla modifica del tasso di sconto della banca centrale che poi teoricamente influenza a cascata gli altri tassi.

Per curare l'inflazione funzionano. Non saranno i migliori ma funzionano. Per la deflazione il discorso cambia. Non sempre è sufficiente abbassare il "costo" del denaro per invogliare l'indebitamento dei cittadini o delle aziende. Il fattore principale per avere questo effetto è la tanto decantata "fiducia nel futuro". Senza di questa l'indebitamento non riprende e continua la deflazione.

Citazione:

Ma in condizioni di grave scompenso, di crisi, le manovre standard e anche quelle eccezionali che abbiamo visto mettere in atto, sono/erano le migliori possibili ?

Questa ultima crisi ha avuto un punto particolare di divergenza rispetto al passato. Questo molto probabilmente è stato causato dal massiccio uso di derivati ma comunque bisogna notare che fra le manovre standard vi è anche il salvataggio di pochi e selezionati grandi colossi bancari.
I fallimenti delle banche sono comuni in caso di crisi come di ogni altra azienda infatti dall'inizio della crisi in America sono già "saltate" più di 90 banche. Quel che differisce dal passato è che una volta i colossi bancari erano coperti da soli e fagocitavano i piccoli diminuendo la concorrenza mentre oggi sono stati salvati dallo stato.
Ovviamente comunque la manovra migliore sarebbe una totale riforma del sistema bancario che lo faccia uscire da questa situazione di truffa legalizzata.

Citazione:

Ma soprattutto gli obiettivi denunciati in tali manovre erano quelli veri o quanto detto dalle autorità era perlopiù fumo negli occhi ?
Io un’opinione in merito ce l’ho, ma vorrei verificare prima di avere interlocutori effettivamente interessati a sviluppare questo tema. Per cui , largo ai commenti.

Gli obbiettivi secondo me sono quelli veri e non mi pare che le autorità mentano più di quel tanto se li si sa interpretare.
Ovviamente l'obbiettivo è perpetrare il sistema economico intatto così com'è invece di arrendersi all'evidenza che come ogni schema ponzi che si rispetti vede periodicamente l'avvicinarsi della fine.
La differenza sostanziale tra l'odierno sistema economico ed i comuni schemi ponzi è che essendo basato sull'indebitamento. Questo è teoricamente una variabile illimitata poiché fittizia e non fisica. Finché esisteranno persone disposte ad indebitarsi ulteriormente lo schema può crescere. E' quando l'indebitamento cala o non cresce abbastanza che scoppiano le bolle.
Inviato il: 18/8/2009 18:54
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  •  Mande
      Mande
Re: inflazione e deflazione
#117
Dubito ormai di tutto
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A_Mensa
Citazione:

uno dei pochi punti con cui non sono però d'accordo è l'auspicio di un gold standard, che vedrei come la sostituzione delle stamperie delle banche centrali con le miniere d'oro, visto anche che se si dovesse tornare ad una copertura al 100 % del denaro emesso con l'oro, esso dovrebbe acquisire un valore di circa 2.000.000.000 al grammo, considerando la quantità di denaro anche solo delle principali economie e quanto oro vi sia disponibile nei vari caveau delle banche sia pubbliche che private. un po grande come unità di misura, non trovi ?

Ci sono diverse scuole di pensiero su quale sarebbe il miglior sistema monetario in assoluto. Divergenze a parte sottoscrivo pienamente il fatto che il sistema più equo è quello standard. Si può discutere su quale tipo di "standard" ma comunque si intende un sistema dove la massa monetaria è fissa o almeno quasi.

Per quanto riguarda i tuoi calcoli sull'oro non sono sicuro siano corretti. Andrebbe stabilito in primo luogo che parametro hai usato nella definizione "denaro emesso". Se hai usato m[3] non mi trovi d'accordo. Sarebbe più corretto a mio avviso usare m[1].
Inviato il: 18/8/2009 19:05
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  •  edo
      edo
Re: inflazione e deflazione
#118
Sono certo di non sapere
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E' da un po' che non seguo l'argomento e, a rischio OT, riprendo questa frase "@ ashoka
grazie della precisazione.
ho controllato ancora anche sullo statuto ma neanche l'art.39 riferisce a quale titolo il "restante" viene versato allo stato, mentre specifica quanto deve esser versato agli azionisti (partecipanti)."

ringrazio chi vorrà portare luce a una questione per me poco chiara: quali norme descrivono (quantitativamente) che i benefici della produzione di denaro ritornino allo stato?
Inviato il: 19/8/2009 12:34
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  •  Mande
      Mande
Re: inflazione e deflazione
#119
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 13/1/2008
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edo
Citazione:

ringrazio chi vorrà portare luce a una questione per me poco chiara: quali norme descrivono (quantitativamente) che i benefici della produzione di denaro ritornino allo stato?

Esiste effettivamente una precisa norma nello statuto della banca d'Italia che prevede l'esatta percentuale di utili che vanno allo stato e mi pare siamo intorno al 80-90%. Se vuoi posso linkare anche il documento preciso ma mi sono accorto che poi i funzionari della banca d'Italia vanno sul sito che linka seguendo il refer per cui non lo faccio più spesso.

La questione trattata così però è altamente fuorviante perché lascia intendere una equivalenza utile-signoraggio che in realtà non esiste.

L'utile della banca d'Italia è quel che resta dei profitti tolte le spese come per ogni altra azienda e guarda caso spende la maggior parte dei sui profitti.

L'ultima volta che ho controllato, per darti le dimensioni, nel 2008 i profitti si aggiravano intorno a 5.000 milioni di euro e gli utili erano poco più di cento milioni di cui una ottantina allo stato. Irrilevante direi per una società che all fine neppure emette le banconote (costo se pur irrisorio) ma fa al massimo qualche statistica.
Inviato il: 19/8/2009 19:49
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  •  edo
      edo
Re: inflazione e deflazione
#120
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 9/2/2006
Da casa
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Grazie Mande,
credo che sarebbe utile approfondire questo importante aspetto legato al signoraggio primario.
Tra tutte le osservazioni alle posizioni più radicali legate al signoraggio, ho trovato interessanti quelle di Lino Rossi, che proprio sul punto in questione è piuttosto vago.
Peronalmente ritengo improponibile un ritorno al sistema aureo ma auspico la creazione di un sistema pubblico di produzione del valore monetario condiviso.
Tra l'altro non si capisce come mai, chi ritiene il signoraggio un falso problema, non colga il fatto che le banche private non siano disposte a "mollare l'osso" della loro preponderante partecipazione alle banche centrali per la quale partecipazione, seconto i "controsignoraggisti" queste banche non trarrebbero che benefici nulli o (meglio) fittizi.

Cosa significa: "mi sono accorto che poi i funzionari della banca d'Italia vanno sul sito che linka seguendo il refer per cui non lo faccio più spesso." ?
Inviato il: 20/8/2009 13:02
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