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  Ecco perché non vogliamo le discariche

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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#61
Sono certo di non sapere
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Da Repubblica:



Lunedì l'Arpacal di Catanzaro, l'agenzia per la tutela ambientale della regione calabrese,
darà inizio alle analisi del terreno nei luoghi dove sarebbero stati seppelliti i rifiuti tossici

Navi dei veleni, ora si cerca anche a terra

Rifiuti radioattivi nel greto del fiume Oliva

di CARLO CIAVONI e ANNA MARIA DE LUCA

CATANZARO - Mentre a Cetraro il sottosegretario all'Ambiente, Roberto Menia, è assediato dai pescatori che protestano per l'assenza del governo rispetto ai problemi legati al fatto che nessuno compra più pesce per paura, L'Arpacal (l'agenzia regionale per l'ambiente) promette che lunedì prossimo, dopo 19 anni, cominceranno seriamente le "operazioni di terra", a caccia dei veleni seppelliti, qua e là, nel territorio calabrese. S'inizierà, a quanto pare, dalla foce del fiume Oliva, nella zona di Foresta Aiello, comune di Serra d'Aiello, provincia di Cosenza, dove sarebbero sepolti i rifiuti radioattivi e tossici trasportati dalla nave "Rosso" (ex "Jolly Rosso"), finita sulla spiaggia di Campanara San Giovanni - frazione di Amantea - nella notte del 14 gennaio del 1990.

La riunione operativa. A Roma, a dimostrazione del fatto che si vuole fare sul serio, si è svolta una riunione negli uffici del Servizio Interdipartimentale per le Emergenze Ambientali dell'Ispra (l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) per la presentazione della bozza del "Piano di caratterizzazione" - cioè di analisi e bonifica - nelle aree del fiume Oliva, nei Comuni di Serra D'Aiello ed Aiello Calabro in provincia di Cosenza.

Gli scavi. Si comincerà a scavare su una collinetta a monte della "briglia", una struttura in cemento che serve, normalmente, per frenare il corso dei torrenti, ma che in questo caso sembrerebbe essere stata più utile a chi in quella specie di diga ha nascosto materiale tossico o radioattivo. Già in passato nella collinetta - ma senza che questo avesse prodotto una qualche contromisura - erano state trovate tracce di Mercurio e Cesio 137 a 4 metri di profondità.

L'altro scavo ci sarà in una cava, sempre ai margini del fiume Oliva, in un punto dove in passato era stato individuato materiale radioattivo e , anche in questo caso, senza che la cosa avesse preoccupato nessuno.

Infine, si effettueranno "carotaggi" nel terreno lungo una piccola vallata - una delle tante che fiancheggiano l'Oliva, chiamata "valle del Signore" - dove si teme possano essere stati sepolti altri rifiuti tossici o radioattivi.

Gli anni di ritardo. Ma il sentore che alla foce di quel fiume qualcosa di pericoloso fosse stato sepolto dopo il sospetto "spiaggiamento" della "Rosso", cominciò a sorgere già nel giugno del 2003. Fu quando la Procura di Lamezia Terme trasmise l'indagine a quella di Paola, per competenza territoriale e maturò, in particolare, quando si scoprì un altro scavo nella zona di Serra d'Aiello, fatto dalle maestranze della nave, secondo alcune testimonianze. Quello scavo si aggiungeva ad un altro autorizzato nella discarica di Grassullo (sempre nei pressi di Amantea) per seppellire il carico "ufficiale" della "Rosso".

Finora solo impunità. I dati di fatto in mano a diverse Procure italiane (calabresi, pugliesi, toscane e lombarde) dicono, insomma, che l'avvelenamento sistematico del mare lungo i 700 chilometri della costa tirrenica calabrese e del suo immediato entroterra è avvenuto finora, non solo nell'assoluta impunità dei responsabili, ma senza che neanche una delle decine di navi affondate, dette "a perdere", sia stata individuata o ispezionata. Anche se con anni di ritardo, dunque, sembra che i pubblici poteri mostrino ora di mobilitarsi, quanto meno per capire cosa esattamente sia nascosto in fondo al mare e sotto terra.

Il carico della Rosso. In particolare, si comincerà davvero (almeno così si promette) ad accertare cosa sia stato nascosto vicino all'alveo del fiume Oliva, in un'area di uso agricolo. La nave italiana Rosso di proprietà della società Ignazio Messina e C. partita da Malta e diretta a La Spezia, la notte del 14 dicembre 1990 finì sulla spiaggia di Camponara S. Giovanni, frazione di Amantea. Oltre alle 16 persone dell'equipaggio, il carico ufficiale sarebbe stato composto da nove containers con 23.325 tonnellate di nylon; 75.465 di tabacco; 70 tonnellate di prodotti da bevande.

Gli accertamenti che avranno inizio lunedì, a cura dell'Arpacal (l'agenzia regionale per l'ambiente della Calabria) incaricata come perito tecnico dalla Procura di Paola, dureranno fino alla fine di novembre. Solo allora, dunque, si potrà conoscere almeno una parte di verità.

L'allarme inascoltato. A tracciare una ricostruzione dettagliatissima del dramma dei veleni sepolti, chissà da quanto tempo, in mare e sotto terra da cosche mafiose con connivenze politiche e istituzionali, fu l'ex sottosegretario per i Rapporti con il Parlamento in carica nel 2004 - l'onorevole Cosimo Ventucci del Pdl - in occasione della risposta ad un'interpellanza il 15 luglio dello stesso anno. Un allarme assolutamente inascoltato per anni e anni, soprattutto dal suo stesso Governo.

Il rappresentante dell'Esecutivo, tuttavia, in sostanza disse che per quanto riguardava gli aspetti penali della vicenda, nel gennaio 2004 la Procura di Paola incaricò la sezione inquinamento radioattivo del Reparto Operativo di Carabinieri di indagare nelle zone interessate dallo "spiaggiamento", presentato come un incidente. In particolare si raccomandò l'Arma di controllare l'area di Grassullo e Foresta Aiello, a ridosso della foce del fiume Oliva.

La ragione stava nel fatto - disse Ventucci - che "secondo testimonianze sarebbe stato interrato del materiale proveniente dalla motonave Rosso". E aggiunse che la Procura fece misurare il grado di tossicità nell'area: furono trovate cospicue quantità "di fanghi", oltre ad un'altissima "concentrazione di alcuni metalli pesanti che superano il limite accettabile di inquinamento, provocando un pericolo concreto per il suolo, il sottosuolo e i corpi idrici". Da allora nulla di concreto è mai stato fatto, né dal governo di cui Ventucci era membro, né da altri governi.

Il pentito "scovato". Intanto, a 11 miglia a largo di Cetraro, una nave geostazionaria ha cominciato le ricerche nel luogo dove si presume ci siano i resti del cargo Kuski, inzeppato di scorie radiattive o rifiuti tossici, affondata a colpi di dinamite da un commando del quale faceva parte anche Francesco Fonti, il pentito della 'ndrangheta di San Luca, che svelò a Riccardo Bocca dell'Espresso il traffico micidiale per l'eliminazione di veleni d'ogni sorta.

Traffico che, secondo Fonti, coinvolgerebbe governi, servizi segreti e mafie dislocate in diverse latitudini. Il "pentito", nonostante le sue rivelazioni stiano attivando iniziative delle pubbliche autorità (sebbene tardive) risulta essere ancora senza protezione da parte dello Stato. Si era nascosto a Mantova, ma un deputato assai solerte della Lega l'ha subito "scovato". Poi ha protestato e segnalato immediatamente alla pubblica opinione la sua "inopportuna" presenza nel mantovano. Col piccolo problema di far saltare la copertura di Fonti.



Source: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/nave-rosso2/nave-rosso2.html

Notare l'accadimento finale: "un deputato assai solerte della Lega l'ha subito "scovato". Poi ha protestato e segnalato immediatamente alla pubblica opinione la sua "inopportuna" presenza nel mantovano."

Bè, si certp, la presenza di un pentito che ha aiutato a far venire alla luce gravi misfatti viene ritenuta "inopportuna".

Cero, certo, un film giò visto: per taluni il problema sono i pentiti, mica i crimini.

Che brutta aria tira nel bel paese.
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#62
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Dal manifesto:

Citazione:


Sigillata la cava radioattiva

<E' una macchia rossa, intensa. Quasi un cuore, che batte sottoterra, a trenta metri dal suolo. E’ quello che gli esperti chiamano sito con radionuclidi artificiali, non presenti in natura. Un cuore inumano, dunque. E velenoso, mortale. Ieri la Procura di Paola - per mano del coraggioso e silenzioso Bruno Giordano - lo ha fermato, mettendo i sigilli ad un pezzo di montagna tagliata, come da una falce. Per la cronaca giudiziaria è un sequestro cautelativo, serve, cioè, ad impedire che qualcuno possa cambiare la carte in tavola. E nella nebbia fitta della storia dei traffici di rifiuti radioattivi non è per nulla scontato che mani estranee e molto furbe cerchino di confondere le acque. Tecnicamente si chiama depistaggio.
«Io non ho mai detto che sono i rifiuti della Jolly Rosso», sottolinea, dunque, il procuratore Giordano. Di passi falsi fino ad ora non ne ha fatti e adesso il terreno diventa scivoloso. Il fatto che nella cava posta a fianco del fiume Oliva siano stati trovati i segnali della presenza di rifiuti nucleari è grave. E’ la prova inoppugnabile che la Calabria è stata la meta dei peggiori traffici. Via terra o via mare, a questo punto, poco importa.
La genesi dell’inchiesta racconta molto bene questo pezzo della storia dei crimini ambientali in Italia. A poche centinaia di metri dalla cava radioattiva per anni la Procura di Paola aveva cercato i resti di una nave. Si chiamava Rosso - anche se era più conosciuta nell’ambiente con il nome precedente di Jolly Rosso - e si arenò nella spiaggia a valle del fiume Oliva il 14 dicembre del 1990. Era appena ripartita dopo una lunga sosta forzata sul molo di La Spezia , dove era giunta nei primi mesi del 1989 con un carico terribile, fatto di fusti di rifiuti tossici scaricati vicino a Beirut nei mesi precedenti da una ditta di Opera, la Jelly Wax di Renato Pent. Così era nato il nome di nave dei veleni, tanto pesante da convincere gli armatori - la Ignazio Messina di Genova - a cambiare il nome, chiamandola semplicemente Rosso.
Un cambio strano, per chi mastica un po’ di marineria, visto che contemporaneamente la Messina acquistava una nuova nave, dandogli quel nome maledetto di Jolly Rosso. Una nave ancora oggi in circolazione nelle acque del Mediterraneo.
La domanda che dopo lo spiaggiamento - che terminò in una rottamazione sul posto, durata diversi mesi - si posero gli inquirenti era che fine aveva fatto il carico della nave. Sulla carta si trattava di cose di poco conto, tabacco e prodotti alimentari.
Ma c’erano tanti dubbi sulle modalità del naufragio, prima, e della gestione del relitto poi. Ma soprattutto era la storia della nave che inquietava, anche perché poco prima dello spiaggiamento un tale ingegner Giorgio Comerio - esperto di smaltimento di rifiuti nucleari - aveva fatto un’offerta alla Messina per acquistare la nave.
Pare che volesse utilizzarla per l’inabissamento di siluri carichi di scorie radioattive. Una storia molto curiosa, con presenze di faccendieri, trafficanti d’armi e stati compiacenti. Una storia ancora oggi da raccontare.
I tanti anni di ricerche e di indagini non portarono a nulla. L’armatore è uscito dal processo con una archiviazione e l’unico che ha ricevuto una condanna - in realtà una oblazione - è la società che smantellò la nave. Ora a trecento metri da dove veniva cercato il carico della Rosso è apparsa la cava radioattiva.
Le ricerche erano iniziate lo scorso anno, dopo l’apertura di una indagine della Procura di Paola contro imprenditori di Amantea accusati di traffico di rifiuti: scorie che venivano dal nord, mischiate con rifiuti locali e smaltiti illegalmente in Puglia. Per questa indagine venne chiamato un nucleo specializzato della Guardia Costiera, che per mesi osservò il movimento di camion e tenne d’occhio la zona del fiume Oliva. Durante gli appostamenti si resero conto che quella zona aveva qualcosa di particolare, di sospetto. La scorsa primavera il Procuratore Giordano va a verificare: nel fiume c’era un sarcofago di cemento con rifiuti tossici e sulla cava la radioattività era cinque volte superiore al normale.





link

Citazione:



La rivolta del popolo calabrese

Per secoli i calabresi hanno visto il mare come un pericolo, il vettore su cui passava l’invasore, una distesa acqua e sale di cui non coglievano il senso (anche la letteratura calabrese fino al Novecento ignora il mare). Poi, improvvisamente, la svolta. Dalla metà del secolo scorso, i calabresi hanno abbandonato in massa colline e montagne e hanno occupato gli 800 e passa chilometri di coste. L’hanno fatto spesso in modo selvaggio, come testimoniato dalla estetica delle costruzioni, in modo illegale – la gran parte delle costruzioni hanno usufruito dei vari condoni edilizi - e senza quella cura e quel senso di appartenenza, quel genius loci che lega gli abitanti alla storia di un territorio.
Ma, le nuove generazioni sono in gran parte nate sul mare ed hanno imparato ad amarlo, a viverlo come parte costitutiva della loro identità. Il film di Mimmo Calopresti «Preferisco il rumore del mare» può essere assunto come il punto di svolta, un messaggio emblematico che segna il salto culturale compiuto dalle nuove generazioni. In questi ultimi venti anni sono sorti decine e decine di circoli e centri di vela, canottaggio, wind surf, immersioni e foto subacque, pesca sportiva. Sono decine di migliaia i giovani calabresi emigrati, per ragioni di studio e lavoro, che tornano ogni anno per questo mare e queste spiagge che adorano, che non cambierebbero con nessun altro posto.
Molti di loro saranno ad Amantea sabato prossimo, parteciperanno con rabbia e convinzione a quella che sarà sicuramente una grande manifestazione che ha una valenza storica: si tratta della prima rivolta di massa contro la ‘ndrangheta.
Mai sono state scritte, dal cittadino calabrese medio, parole di disprezzo così dure e cariche di rabbia contro i signori della ‘ndrangheta e della politica che hanno prodotto il più grande disastro ambientale nella storia calabrese. In pochi giorni, sono più di trentamila le firme raccolte dal Quotidiano della Calabria per protestare contro l’inerzia del governo e chiedere la bonifica integrale dei fondali marini a Cetraro, Vibo e Capo Bruzzano, e la ricerca delle altre navi affondate. Sindaci della costa dell’Alto Tirreno calabrese, di qualunque colore politico, sono andati a Roma a protestare e saranno centinaia i sindaci che da tutta la Calabria verranno ad Amantea. Niente aveva prodotto tanto sdegno, rabbia, ribellione. Non i settecento morti ammazzati nella guerra di ‘ndrangheta dal 1985 al ’92, non i centinaia di sequestri di persona che colpirono anche molti professionisti locali , non le decine di scandali che coinvolgono una parte significativa della classe politica calabrese. Nemmeno l’efferato omicidio Fortugno, malgrado il clamore nazionale e la nascita di un movimento di giovani «ora ammazzateci tutti» che ebbe un forte lancio mediatico, riuscì a coinvolgere tutta la Calabria e, soprattutto, tanti giovani.
Chi ha trasportato e fatto affondare decine di navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi, ha prodotto un disastro ecologico che rischia di fare concorrenza a Chernobil per le conseguenze sulle catene alimentari. La ‘ndrangheta ci ha messo la faccia e ne è uscita a pezzi, ma gli ‘ndranghetisti hanno fatto solo i manovali di questa impresa criminale. I mandanti si trovano nelle sedi delle multinazionali, tra i manager delle centrali termonucleari, i dirigenti dell’Enea di Rotondella, pezzi importanti dello Stato, a partire dai servizi segreti. Un intreccio di interessi che vanno al di là dell’immaginabile e che fa emergere sulla scena della storia una nuova classe dirigente: la borghesia mafiosa. Di fatto è una classe sociale già arrivata al potere in molti paesi – Colombia, Messico, Russia... – e non c’è da stupirsi se in questo bel quadretto sia già finito il nostro paese.
D’altra parte, studiosi di lungo corso come Umberto Santino o il procuratore generale della Repubblica Piero Grasso da anni parlano di «borghesia mafiosa» e non più di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Per la prima volta si va a uno scontro aperto con questa «nuova borghesia» che farà di tutto per insabbiare le indagini, impedire che i fusti vengano ripescati, che altre navi affondate vengano individuate.E’ una lotta impari. Ma questa volta, statene certi, il popolo calabrese non si farà ricacciare sulle montagne. Qui non si tratta di saraceni selvaggi e violenti, di OttoMani che razziavano e fuggivano, qui si tratta di una SolaMano, una Mano Nera che ha messo in discussione il diritto alla vita nel mare e fuori.
Per questo sarà una battaglia epocale. Non una questione calabrese, ma una questione nazionale e internazionale perché il mare non conosce frontiere.



link

Dal Messaggero

Citazione


Nave dei veleni, Menia: radioattività 3-6 volte superiore alla media

...


Inquinamento grave. In alcune zone del comune di Aiello Calabro (Cosenza) è stato rilevato un «inquinamento grave» con valori radioattivi «da tre a sei volte superiori alla norma». Lo ha detto il sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia nel corso dell'informativa del governo alla Camera sulla cosiddetta nave dei veleni scoperta al largo della Calabria. Il sottosegretario ha elencato tutti gli interventi che si stanno mettendo in campo - sia sulla terraferma che in mare - per procedere entro tempi brevi all'accertamento dei reali valori di inquinamento della zona ed ha annunciato che verrà fatta una «indagine sistematica» su tutto il fiume Oliva.

Quattro zone inquinate. Quanto alle aree dove è stato rilevato l'inquinamento, sulla terraferma, Menia ne ha indicate quattro: nella zona di Valle del Signore è stata scoperta una cava «riempita di rifiuti di diversa tipologia»; in località Carbonara gli esperti hanno ravvisato la presenza di «migliaia di metri cubi di rifiuti urbani e industriali»; in due diversi punti in località Foresta sono stati individuati sia una zona (2.000 metri quadri per uno spessore di tre metri) piena di rifiuti composti da «polvere di marmo, caratterizzato dalla presenza di metalli pesanti con valori superiori a quelli consentiti dalla legge per siti industriali e una presenza di Cesio 137», sia un manufatto di cemento, alla profondità di 11 metri, pieno di «rifiuti con concentrazioni elevatissime di metalli pesanti quali mercurio, cobalto, selenio».

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Inviato il: 22/10/2009 20:21
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      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#63
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Mentre apprendiamo che altrove dichiarano lo stao d'mergenza nazionale per l'influenza suina (qui), i tristi fatti della Calabria, così come quelli della Campania, vengono messi in disparte dai mass-media di un certo rilievo.

Oggi ad Amantea c'è sta una manifestazione di protesta, Repubblica pubblica alcune foto : link servizio .

E mentre i titoli principali dei media anche today sono dedicate alle poco edificanti cronache della politica, sul Messaggaero c'è un articoletto in merito alla manifestazione di Amantea che tra l'altro dice:


link


Citazione



Il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha invece accusato: «È irresponsabile la speculazione politica che pezzi della sinistra stanno conducendo sul caso della cosiddetta 'nave dei velenì in Calabria». «Siamo davanti ad una situazione complessa - ha aggiunto il ministro - con ipotesi di inquinamento sulla terraferma e un relitto non ancora identificato, ad oltre 400 metri di profondità, che si teme possa contenere rifiuti inquinanti o radioattivi e che è al centro di una inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Credo che dinanzi ad una realtà di tale problematicità la politica debba mostrare responsabilità e capacità di intervento». «Il ministero dell'Ambiente, di concerto con la DDA di Catanzaro - conclude - sta lavorando per dare la prima essenziale risposta: qual è il relitto in fondo al mare e cosa contiene. Fatta questa verifica, si deciderà se e come intervenire per tutelare nel modo più rapido ed efficace salute delle popolazioni, ambiente, patrimonio ittico. Questo è un modo di agire serio, onesto, responsabile. Agitare paure, rabbie, pericoli, davanti a un rischio ad oggi non dimostrato e incerto, è un modo, invece certo, per avvelenare la politica, la Calabria e il futuro dei calabresi».



Invece di essere momento di unità, anche questa occasione diventa momento di dissidio politico.

Che tristezza.

Un altro garnde assente da quete cronache è il sito di Grillo; su Youtube ci sono decine e decine di filmati in cui l'attore fa filippiche su energia, rifiuti, sviluppo sostenibile, etc etc ma anche lui , non si sa perchè, su queste tristi storie del navi radioattive, di due Regioni, la Calabria e la Campania, in pratica senza piu' un futuro, non si spreca molto.


Di seguito un intervento di Francesco Neri, Sostituto Procuratore:







Dice che gli affondamenti iniziarono nel 1987 e che ci sono piu' di 50 navi affondate, che in Calabria sono successe cose gravi ...

E la politica fa finta di niente ... ma si sa, i politici hanno ben altro a cui pensare.

Sconvolgente la parte finale del secondo filmato, da far accapponare la pelle.


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Inviato il: 24/10/2009 20:34
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#64
Sono certo di non sapere
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Altra puntata di questa triste storia delle navi dei veleni.

Stando alle alle ultime cronache pareva che il tutto fosse stato debunkato: non di relitto tossico trattasi, bensì di relitto di nave affondata in tempo di guerra.

Tutto a posto dunque ?

A sentire Bertani su CDC no, tutt'altro, anzi, la faccenda è piu' seria di prima.

Dice Bertani:

Citazione:




E SE FOSSE L'OLANDESE VOLANTE ?
Postato il Venerdì, 30 ottobre @ 07:03:32 CDT di davide

DI CARLO BERTANI carlobertani.blogspot.com/

Gentile Ministro Prestigiacomo, quella che può osservare nella fotografia, sarebbe il relitto scovato dalla nave oceanografica “Mare Oceano” al largo di Cetraro, in Calabria. Molto probabilmente lo è, perché la nave “Città di Catania” (all’epoca si apponeva sempre, prima, la locuzione “Città di”) fu affondata nel Marzo 1917 da un sommergibile tedesco – all’Ufficio Storico della Marina lo confermeranno di certo – e siamo dunque felici che la “Città di Catania” (proveniente dall’India e diretta a Napoli) sia stata finalmente ritrovata.

Siamo un po’ più freddi, invece, al riguardo della “cessata emergenza” diramata ai quattro venti poiché – a nostro avviso – la conclusione ci sembra cozzare contro le più elementari regole della logica.
Soprattutto della logica delle costruzioni navali.
Partiamo dall’inizio.

La presunta “nave dei veleni”, individuata dalla ricerca finanziata dapprima dalla Regione Calabria, doveva essere la Kunsky (che risultava, invece, demolita in Oriente ma, sulle pratiche di demolizione in quelle aree, meglio non fare troppo affidamento) ed invece si scopre che è un relitto italiano risalente alla Prima Guerra Mondiale. Le vendite di pesce sono crollate dell’80%, ed è dunque un bel sollievo sapere che si tratta di un innocente piroscafo italiano.

Ci sono, però, alcune discrepanze fra le due descrizioni, che saltano agli occhi.
Nelle risultanze pubblicate sui primi rilevamenti – quelli ordinati dalla Regione Calabria – si dice che:

E' lei. E' la nave descritta dal pentito di mafia Francesco Fonti. E' come e dove lui aveva indicato. Sotto cinquecento metri di acqua, lunga da 110 a 120 metri e larga una ventina, con un grosso squarcio a prua dal quale fuoriesce un fusto. Si trova venti miglia al largo di Cetraro (Cosenza). I fusti sarebbero 120, tutti pieni di rifiuti tossici [1].

Ci sono dei fusti. Fusti in metallo, ovviamente. Peccato, Ministro Prestigiacomo, che lo stivaggio di materiali in fusti metallici non fosse assolutamente in uso agli inizi del ‘900: all’epoca, tutto veniva stivato in barili di legno, tanto che le tabelle d’armamento, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale, prevedevano che a bordo vi fosse almeno un mastro bottaio con alcuni aiutanti. Controlli, la prego.
Ci sono dei fusti nei pressi della “Città di Catania”? Approfondisca.

Altro capitolo che non ci convince riguarda le dichiarazioni della “Grande Silenziosa”, la Regia Mar…pardon, oggi Marina Militare Italiana:

Di certo i misteri che hanno sempre avvolto questa vicenda non lasciano sperare bene. Come aveva già confermato la Marina Militare, nella zona – siamo a venti miglia al largo di Cetraro (CS) – non ci sono relitti bellici né della prima né della seconda guerra mondiale. [2]

Ohibò, vuoi vedere che alla gloriosa Marina Italiana era sfuggita la povera “Città di Catania”? Oppure qualcuno se n’era scordato? Per di più: una nave che porta il nome della sua città natale…
Insomma: furono oppure no affondate navi, per eventi bellici, nel mare di Cetraro? Controlli, la prego: se desidera, posso inviarle i riferimenti dell’Ufficio Storico della Marina, ma sono certo che lei già li possiede.

Se il mistero dei fusti e dei barili, più le incertezze della Marina, ancora non la convincono, le sottoponiamo la relazione stesa durante i primi rilevamenti:

L’epoca della costruzione della nave affondata, secondo quanto emerso dai primi rilievi, risalirebbe agli anni `60-´70. Secondo quanto riferito dal procuratore Bruno Giordano, infatti, non sarebbe visibile la bullonatura, il che indurrebbe a pensare che sia stata costruita in quegli anni. Il relitto è coperto da numerose reti da pesca [3].

Non vorremmo tediarla con inutili dissertazioni sulle costruzioni navali, ma vorremmo ricordarle – questa è Storia, non invenzioni – che le prime navi a non avere bulloni per collegare le lamiere alle ordinate furono le corazzate “tascabili” tedesche della classe Admiral Graf von Spee (più precisamente, Admiral Graf von Spee, Admiral Scheer e Deutschland, poi Lützow), le quali – dovendo sottostare ai limiti imposti dalle Conferenze Navali di Londra e Washington – non potevano dislocare più di 10.000 tonnellate.
I tedeschi, per risparmiare il peso dei bulloni, “inventarono” la saldatura della lamiere alle ordinate, il che consentì di costruire navi con cannoni di maggior calibro (280 mm) al posto dei 203 mm dei “classici” incrociatori pesanti da 10.000 tonnellate.
Tutto questo, per dirle che – come afferma il Procuratore di Paola – se la nave in questione non ha bulloni nello scafo, non può essere la “Città di Catania” (varata nel 1906, quando si “bullonava” sempre, da non confondere con l’omonima nave affondata in Adriatico durante il secondo conflitto mondiale), ma un’altra. Che la Kunsky sia solo un poco più in là? Perché chiudere così frettolosamente le indagini? “Caso chiuso”: così in fretta?

Rimane il mistero del Cesio 137 ritrovato nei molluschi [4], proprio in quel mare: siccome il Cesio 137 non si trova in natura, chi ce lo avrà messo? Lei ha un’idea? Che siano stati gli iraniani?

Le ricordo, infine, che le precedenti rilevazioni stabilirono che – nel mare di Cetraro – il SONAR aveva individuato ben sette “macchie scure”, che non indicano necessariamente una nave, ma che forniscono alte probabilità che lo siano.
Ciò che insospettisce, è che la notizia fu pubblicata da AdnKronos e – proprio mentre scrivevo questo articolo – è sparita! Sì, ritirata dal circuito!
Credo che, anche per lei, la cosa risulterà assai strana.
Non vorremmo che, per correre dietro all’urgenza economica di garantire la pesca, per ovviare alle proteste dei pescatori e per tacitare chi fa “allarmismo”, aveste semplicemente scambiato una nave per un’altra. Capita. In fin dei conti, quel che conta è la verità mediatica: il resto…

Provi a rifletterci un poco; se mai, chieda lumi a Bertolaso ed alla Marina: vedrà che – con un poco di calma e di riflessione – tutto si chiarirà. Come sempre, in Italia.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2009/10/e-se-fosse-lolandese-volante.html
30.10.2009


[1] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/trovata/trovata.html
[2] Ibidem.
[3] Fonte: Il Secolo XIX – 12 Settembre 2009.
[4] Fonte: http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/nave-veleni/risultato-indagini/risultato-indagini.html
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#65
Sono certo di non sapere
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Leggiamo su http://www.carmillaonline.com/archives/2009/11/003229.html

Citazione:



il mare ormai contiene di tutto. Non solo migliaia di resti umani appartenenti ai disgraziati clandestini che perdono la vita sulle rotte della disperazione, ma ogni genere di sostanza tossica così smaltita dall'ecomafia. Non che la cosa non fosse già nota. Così Roberto Saviano a pagina 324 di Gomorra:

“Una delle cose che mi sconvolgeva era vedere i volti degli stakeholder campani tesi e preoccupati i giorni dello tsunami. Appena osservavano le immagini del disastro nei telegiornali, impallidivano. Era come se ognuno di loro avesse mogli, amanti e figli in pericolo. In realtà in pericolo c'era qualcosa di più prezioso: i loro affari. A causa dell'onda del maremoto infatti vennero trovati sulle spiagge della Somalia, tra Obbia e Warsheik, centinaia di fusti stracolmi di rifiuti pericolosi e radioattivi intombati negli anni '80 e '90.

L'attenzione avrebbe potuto bloccare i loro nuovi traffici, le nuove valvole di sfogo. Ma il rischio fu subito scongiurato. Le campagne di beneficenza per i profughi distolsero l'attenzione sui bidoni di veleni fuoriusciti dalla terra, che galleggiavano a fianco dei cadaveri. Il mare stesso stava divenendo territorio di smaltimento continuo. Sempre più i trafficanti riempivano le stive delle navi di rifiuti e poi, simulando un incidente, le lasciavano affondare. Il guadagno era doppio. L'assicurazione pagava per l'incidente e i rifiuti si intombavano in mare, sul fondo.”

Val la pena di approfondire questo aspetto, non così conosciuto, legato alle conseguenze dello tsunami di fine dicembre 2004. La potenza distruttiva dell'evento riportò in superficie tutte quelle scorie che per anni erano state scaricate nell'Oceano Indiano, con le coste africane divenute la pattumiera illegale di certi paesi europei, Italia in testa. Le conseguenze del rigurgito in superficie non tardarono a manifestarsi: sin dai primi mesi del 2005 alcune anomale patologie iniziarono a colpire le popolazioni della costa settentrionale della Somalia, manifestandosi con emorragie addominali, acute infezioni alle vie respiratorie e sanguinamenti della bocca, sintomi che sembravano essere tutti riconducibili a fenomeni di inquinamento.
L'intera costa africana subì certamente un pericolosissimo contagio dal mix di uranio, mercurio e cadmio fuoriuscito dalle rudimentali cisterne interrate sui fondali, con danni di cui poco si sa – ma che si possono immaginare – per le popolazioni locali. Una situazione gravissima – purtroppo solo una delle tante – che dimostra che dal mare prima o poi riemerge tutto quel che per anni gli abbiamo “donato”, ovvero le scorie e i fantasmi del nostro benessere.
...



E' il solito dilemma del prigioniero reiterato in una situazione in cui il "tardimento" ahimè "paga".

Però paga nel breve periodo: nel breve periodo qualcuno ci si arricchisce e trova subito la patch "tanto, se anche gli altri ...".

Ma che succede nel lungo periodo quando l'ecosistema viene aggedito continuamente senza dargli tregua ?

Ovvio, il caso dell'Isola di Pasqua è noto.

E adesso pare ne stia venendo fuori un'altro analogo, la scomparsa della civiltà di Nazca.

Dicono qui, su http://dsc.discovery.com/news/2009/11/02/nazca-collapse-trees.html :

Citazione:



Civilization Collapsed After Cutting Key Trees
Rossella Lorenzi, Discovery News


Nov. 2, 2009 -- The ancient Nazca people, who once flourished in the valleys of south coastal Peru, literally fell with the trees they chopped down, new research has concluded.
The Nazca caused their own collapse when they cleared their forests in order to make way for agriculture, thus exposing the landscape to wind and flood erosion, according to a study published in the journal Latin American Antiquity.
Best known for carving hundreds of geometric lines and images of animals and birds in the Peruvian desert that are fully visible from the air, the Nazca flourished between the first century B.C. and the fifth century A.D.
During these centuries they made sophisticated ceramics and textiles and amassed one of South America's largest collection of human trophy heads.
Then, between 500 and 600 A.D., this enigmatic civilization slid into oblivion.
"It was not just that they were hit by a huge mega El Nino in about 500 A.D., but that they had already cleared their forests of huarango, a tree that lives in highly arid zones and stabilizes the soil with some of the deepest roots of any tree known-and can live up to 1000 years," Alex J. Chepstow-Lusty a palaeoecologist from the French Institute for Andean Studies in Lima, Peru, told Discovery News.
Stretching down as deep as 180 feet to subterranean water channels, the huarango roots not only suck up water for the tree, but bring it into the higher subsoil, creating a water resource for other vegetation.

"This is one of the most fragile ecosystems on Earth. It hardly ever rains here and the huarango tree is indeed a keystone ecological species," David Beresford-Jones, from the McDonald institute for archaeological research at Cambridge University, told Discovery News.
A leguminous hardwood tree, the huarango (Prosopis pallida) enhances soil fertility and moisture, while being a source of food for humans and animals.
"If you remove it, you destroy the ecosystem," Beresford-Jones said.
That was exactly what the Nazca did. Analysis of pollen from an excavation area of the lower Ica Valley of the Nazca domain, which is in complete desert today, has revealed a sequence of human-induced events that led to the Nazca's catastrophic collapse.
"At the bottom of the profile, I found lots of huarango pollen. This indicates that large forests were originally growing in that area.
Subsequently, I saw cotton pollen and other weeds, but still a lot of huarango pollen. It seems at this stage farming was in balance with the environment," Chepstow-Lusty said.
Then, about 400 A.D., the Nazca apparently stopped growing cotton, switching to large crops of maize.

The researchers found a major reduction of huarango pollen, indicating that people started clearing the forests to plant more crops.
But the agricultural gain from clearing forests was short-lived. When a mega El Nino event hit the south coast of Peru in about 500 A.D., there were no huarango roots to anchor the landscape.
The fields and canal systems were washed away, leaving a desert environment. Today, only pollen from plants adapted to salty and arid conditions can be found, Chepstow-Lusty said.
"The bottom line is that the Nazca could have survived the devastating El Nino floods had they kept their forests alive. Basically, the huarango trees would have cushioned that major event," Beresford-Jones said.
According to the researchers, some important lessons can be learned today from the Nazca's disastrous environmental strategies.
Indeed a similar scenario threatens Peru as the few remaining pockets of old-growth huarango trees on the south coast are being cleared by illegal charcoal burning.
"With most of Peru's glaciers predicted to disappear by 2050, the Andes need trees to capture the moisture coming from Amazonia. A major program of reforestation is desperately required both in the Andes and on the coast " Chepstow-Lusty said.





Gli antichi abitanti di Nazca non avevano i mezzi per capire la portata catastrofica delle modifiche che man mano apportavano al loro territorio e quindi non potevano sapere di essere loro stessi i portatori dei germi del loro futuro collasso.

Oggi invece i mezzi per capire cosa avviene se continuiamo a reiterare il dilemma del prigioniero in una situazione dove non viene premiata la collaborazione li abbiamo tutti ma purtuttavia il mondo continua ad andare rotoli lo stesso.

Diceva un vecchio adagio " E di noi cosa sarà ..."

E diceva Pasolini in " Uccellacci ed uccellini": "Dove va l'umanità! Boh!"
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Inviato il: 3/11/2009 20:44
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#66
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Perchè non vogliamo le discariche? Ma perchè abbiamo già i fiumi in cui smaltire rifiuti e sostanze tossiche:

Egregio onorevole, la invitiamo a intervenire su quanto appresso, anche oggetto di esposto alla Procura della Repubblica di Alessandria. Un nuovo rischio per ambiente e salute che sta agitando il mondo scientifico.

Lo studio realizzato dall’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del CNR ha evidenziato una concentrazione abnorme di composti chimici « perfluorati » nelle acque del fiume Po: acido perfluoroottanico (PFOA) ed acido perfluoroarchilsolfonato (PFOS), sostanze accumulabili nel sangue soprattutto tramite inalazione oppure bevendo acqua potabile contaminata vista la loro solubilità. La situazione risulta particolarmente grave a Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, dove sono stati riscontrati tassi di PFOA dalle 10 alle 200 volte superiori a quelli dei principali fiumi europei con picchi di 200ng/L ed un range attuale che oscilla tra i 60 e i 174ng/L. Ma risulta drammatica nei fiumi affluenti Tanaro e Bormida, dove sono stati riscontrati livelli ancora più allarmanti (1.200-1.500 ng/L), per la presenza in provincia di Alessandria di un sito industriale che produce e utilizza tali composti: la Solvay di Spinetta Marengo.

Come confermano le analisi sugli scarichi dello stabilimento.

Tali polimeri sono presenti in una miriade di oggetti di uso comune (padelle antiaderenti, detergenti, pellicole fotografiche, componenti elettronici, eccetera), e a livello scientifico si sostiene che per le loro caratteristiche di persistenza e bioaccumulabilità interferiscono con il sistema endocrino umano, che abbiano correlazione con i problemi di fertilità femminile, che siano in grado di indurre nei ratti in laboratorio l’insorgenza del tumore epatico oltre a determinare seri danni all’ambiente. La ricerca di cui sopra ha evidenziato un incremento insolito di malformazioni a carico delle varie specie ittiche, che presentano entrambi le gonadi, sia maschili che femminili. Oltre all’acqua potabile contaminata, si suppone che fonte di esposizione umana possa essere il consumo di pesce, addirittura quello allevato nella zona dell’Adriatico influenzata dal delta del Po.

Lo stesso Parlamento europeo, come lei potrà verificare, ha inserito tali molecole nella direttiva per le sostanze prioritarie che debbono essere sottoposte a monitoraggio obbligatorio, e siano da far rientrare nei limiti proposti entro il 2012.

Egregio onorevole, quanto sopra riportato, come lei si ricorderà, è stato anche oggetto di denunce presentate da alcuni lavoratori Solvay alla Procura della Repubblica di Alessandria. Non solo i lavoratori, anche gli abitanti della Fraschetta sono esposti ai danni del PFOA. Infatti, presso la Fondazione Maugeri di Pavia (professor Minoia, dott.ssa Sottani) risultano allarmanti referti di esami ematici per il PFOA addirittura per una lavoratrice non esposta a operazioni che prevedono l’utilizzo della sostanza. Non risulta peraltro che l’ARPA ne abbia in passato provveduto alle analisi nelle falde che alimentano le reti idriche comunali.

Egregio onorevole, quanto sopra illustrato è stato anche fatto oggetto di interrogazione alla Camera dei deputati: la risposta del Governo ha confermato a) lo studio del CNR, b) il rischio di interferenza dei PFOA con i meccanismi endocrini, c) il rischio dell’uso dell’acqua di fiume come fonte di approvvigionamento idropotabile, d) il rischio di consumo di prodotti ittici, e) il rischio per la salute umana, f) le misure a livello europeo per una progressiva riduzione e ritiro dal mercato delle sostanze, g) i limiti già imposti da Germania e Usa, h) in Italia invece il non rispetto della Direttiva della Commissione europea, i ritardi, l’assenza di monitoraggi e piani di tutela secondo i criteri legislativi, i) l’inerzia delle amministrazioni locali, l) la necessità di maggiore ricerca scientifica e di interventi.

Egregio onorevole, perciò la invitiamo a intervenire. Consideri inoltre che negli Usa l’EPA (Enviromental Protection Agency), dopo aver accertato tracce di PFOA nel sangue umano (nei cordoni ombelicali, nel sangue delle donne incinte), ha già chiesto ai colossi 3M e Du Pont di sospendere la produzione e l’utilizzo della sostanza. La stessa Du Pont ha già sborsato centinaia di milioni di dollari per patteggiare controversie legali sia con l’EPA per avere omesso le informazioni sui rischi sanitari e gli inquinamenti, sia con gli abitanti avvelenati nelle faglie acquifere.

La invitiamo a intervenire con le azioni e nelle forme più efficaci, anche con strumenti legislativi, anche di concerto con gli enti e le strutture locali coinvolti, anche tramite monitoraggi esaustivi e provvedimenti d’autorità, onde tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini nonchè lo stato ecologico non solo di Bormida e Tanaro ma di un territorio vasto che comprende la regione padana, la sua biodiversità, le implicazioni con la catena alimentare umana eccetera. Restiamo a sua disposizione per ogni collaborazione che riterrà opportuna.


http://www.unonotizie.it/7068-acque-fiume-po-inquinate-rischi-per-ambiente-e-salute-lettera-a-parlamentare-europeo-oreste-rossi.php


Ora vi riporto invece un evento che è accaduto vicino le zone in cui abito:

Lazio, allarme fiume inquinato 25 vacche muoiono sulla riva

ANAGNI (Frosinone) - Venticinque vacche trovate morte sulla riva. Stramazzate dopo aver bevuto l'acqua avvelenata di un ruscello, un affluente del fiume Sacco, nella zona di Anagni. E' accaduto ieri nella zona industriale della cittadina del frusinate, in un'area già al centro di polemiche per l'inquinamento prodotto dalle numerose industrie chimiche e farmaceutiche. "Siamo di fronte a un vera e propria emergenza ambientale", ha detto Piero Marrazzo, presidente della Regione Lazio. La procura della Repubblica di Frosinone ha aperto un'inchiesta.

Non è il primo episodio di grave inquinamento prodotto dalle fabbriche della valle del Sacco. Il responsabile allevamenti della Asl di Frosinone è cauto: "La maggior parte delle vacche era stanziata qui, nel fiume bevevano tutti i giorni - dice il dottor Osvaldo Caperna - Se c'è stato un versamento di sostanze velenose, si è trattato soltanto di un episodio". Dopo i campionamenti dell'acqua, nell'area incriminata (circa 200 ettari), previsti nuovi controlli sui sedimenti, per cercare tracce della sostanza che avrebbe causato la strage.

Il rischio ora è una possibile contaminazione delle falde acquifere. "Non possiamo dire se siano state inquinate o meno. Questo almeno fino a quando non avremo capito quale sostanza scorra nel ruscello che si immette nel fiume Sacco", spiega il vicesindaco di Anagni, Carlo Noto. "La concentrazione della sostanza inquinante doveva essere altissima - continua il vicesindaco - Le mucche sono morte sul colpo". Il ruscello scorre proprio nella zona industriale di Anagni. "Le aziende versano dei liquidi, che dovrebbero essere controllati, ma l'esperienza di ieri mi ha messo sul chi va là".

Da tempo ormai, gli allevatori della valle del Sacco vivono una lunga serie di disagi, causata dal crescente inquinamento nel fiume ciociaro e nei suoi affluenti. Nei mesi scorsi, nel triangolo di Colleferro, Gavignana e Segni, il latte prodotto da alcuni allevamenti di mucche è risultato contaminato. In quel tratto della valle è stata anche rilevata la presenza di clorofluorocicloesano, un pesticida che non viene più prodotto da 30 anni. Nella stessa area erano stati scoperti fusti interrati della stessa sostanza, un tempo prodotta da una fabbrica di Colleferro.

Il sindaco di Anagni Franco Fiorito è andato in Regione per un incontro urgente con il presidente Piero Marrazzo. Prima ha firmato un'ordinanza, girata ai comuni della zona, con il divieto di abbeveramento nel ruscello e nel fiume. "Non possiamo certo correre il rischio che qualche bambino giochi in quell'acqua - spiega il vicesindaco. "Qui c'è stato un avvelenamento, non un inquinamento - dice Daniela Valentini, assessore regionale all'Agricoltura - Dobbiamo dare un segnale agli agricoltori di questa zona perché sono spaventati. Non devono andare via da qui". "Ieri pomeriggio, quando abbiamo capito che qualcosa stava succedendo, ci siamo avvicinati al rio - racconta l'allevatore Luigi Sabene - L'acqua era diversa, più scura rispetto a oggi, asciugava la bocca". Questa situazione dell'acqua avvelenata "va avanti da un anno e nessuno finora è intervenuto", aggiungono altri suoi colleghi.


http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/cronaca/muccavv/muccavv/muccavv.html


Come è potuto succedere e cosa ci fosse in quelle acque è presto detto:

Valle del Sacco: da disastro ambientale a distretto agroenergetico.
La Valle del Sacco è un territorio situato nel Lazio meridionale, tra la provincia di Roma e quella di Frosinone, ed attraversato dal fiume Sacco. Valle fertile e ricca di risorse, dal 2005 si è trasformata in un inferno

Il fiume Sacco, inquinato per anni da sostanze chimiche ed industriali derivanti soprattutto dalle discariche di rifiuti tossici di Colleferro, ha, infatti, contaminato l’intera valle. Nel maggio del 2005 sono state rinvenute sulle sponde del fiume, nel fieno, nel mais e nel latte dei bovini quantità elevate di una sostanza tossica per l’uomo e vietata in Italia dal 2001. Si tratta del beta-esaclorocicloesano, una sostanza oleosa derivante dal pericoloso pesticida lindano. Da allora il governo ha bloccato l’attività di numerose aziende del luogo, l’uso dei foraggi, la produzione di latte e carne ed è ha dichiarato lo stato d’emergenza per i comuni di Colleferro; Gavignano; Segni; Paliano; Anagni; Sgurgola; Morolo; Supino, Ferentino.


http://comunicati-stampa.versiliainrete.com/2009/02/valle-del-sacco-disastro-ambientale-distretto-agroenergetico/

Ed ancora:

ROMA - Qualche volta pneumatici. In un’occasione anche rifiuti tossici industriali. Lo ha rilevato i carabinieri del Noe di Roma. Tutto finiva incenerito nel termovalorizzatore di Colleferro, cittadina a sud della capitale, già colpita duramente negli anni passati dall’avvelenamento del fiume Sacco. Arrestate 13 persone (25 gli indagati in totale), sequestrato l’impianto, a pieno regime da fine giugno 2003; era indicato come buon esempio di innovazione. Peccato che la sua gestione non fosse così “innovativa”, secondo la procura di Velletri. Ora l’attività del termovalorizzatore prosegue sotto stretta sorveglianza di carabinieri e Arpa.Truffa e guadagni illecitiI militari hanno appurato che il “combustibile derivato dai rifiuti” (cdr, le cosiddette ecoballe) non era affatto costituito da scarti a norma. Ciò era possibile grazie a certificazioni false redatte da chimici compiacenti. Il guadagno stava nello smaltimento illegale di rifiuti che sarebbe stato obbligatorio trattare con ben altri costi. Una vera truffa allo Stato. A questo si somma il conto dell’elettricità prodotta e pagata più del normale, come succede quando questa proviene da fonti alternative. Il cdr incriminato arrivava da Campania e Lazio. Agli arresti, oltre al direttore tecnico della gestione dei rifiuti, è finito un dirigente dell’Ama, l’azienda romana di nettezza urbana. Ora si deve chiarire se nell’aria di Colleferro sono finite sostanze velenose. “Siamo destinati ad avere un tumore”, diceva ieri, sconsolata, un’abitante della zona.

http://city.corriere.it/2009/03/10/milano/i-fatti/rifiuti-industriali-velenosi-nell-inceneritore-13-arresti-20348895252.shtml


Notate il lasso di tempo che è stato impiegato ad accertare i responsabili. Che schifo!
Inviato il: 12/11/2009 19:18
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#67
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Dal Manifesto:


Le navi dei veleni? eccole qua, tutte e 70

In fondo al mare italiano non ci sono solo centinaia di navi affondate. I nostri fondali hanno nascosto per almeno un ventennio verità che nessun governo vuole rivelare. E' il nostro un paese non solo di navigatori, ma anche di trafficanti di rifiuti, di logge massoniche più o meno coperte che sulle scorie fanno campare generazioni di imprenditori senza scrupoli, di servizi molto segreti che pensano più alla copertura degli affari sporchi che alla difesa della democrazia. Di governi impegnati – ora come nel passato – ad appoggiare accordi inconfessabili con paesi lontani, per esportare il peggior made in Italy, i rifiuti mortali della nostra industria.
(...)
Oggi sono due mesi esatti dal ritrovamento di un relitto di una nave al largo di Cetraro, in Calabria. Il ministro Stefania Prestigiacomo ha voluto chiudere la vicenda con un sorriso, quasi ironico: quanto siete ingenui – raccontava il suo volto – avete abboccato, era solo un piroscafo affondato nel 1917. Rapida, definitiva la sua risposta. Ma dal fondo del mare la verità, a volte, torna a galla.
(...)
Il 27 ottobre scorso, ventiquattro ore prima dell'annuncio sorridente del ministro Prestigiacomo, la direzione marittima di Reggio Calabria consegna alla commissione antimafia un elenco di quarantaquattro navi affondate nella zona di sua competenza. Ci sono nove affondamenti fantasma, con coordinate conosciute ma senza un nome della nave. Tra questi c'è anche il relitto di Cetraro, che il giorno dopo verrà identificato come Catania. Ma c'è qualcosa che non torna in quell'elenco.
Nella lista mancano molte navi, il cui affondamento è noto e certo. La Capraia, la Orsay e la Maria Pia, ad esempio, risultano essere affondamenti sospetti – o almeno da verificare – secondo i dati dei Lloyd's (le schede possono essere consultate sul sito infondoalmar.info). Altre navi potrebbero dunque mancare all'appello. E viene da chiedersi: perché in commissione antimafia viene presentato un elenco incompleto? La nostra Marina non possiede tutti i dati? La vicenda di Cetraro e la gestione dell'informazione in questi ultimi mesi non fa che rilanciare i tantissimi dubbi e qualche legittimo sospetto.
Almeno settanta navi sospette sono sui fondali del mediterraneo, con coordinate note, con documentazione facilmente accessibile, con carichi spesso dichiaratamente tossici. Il ministro Prestigiacomo ha spiegato che non può seguire quello che raccontano i giornali, ma per andare a cercare una nave la notizia deve partire da una Procura. I dati che oggi presentiamo sulle settanta navi sono ufficiali, tratti dai registri navali, riscontrati uno per uno negli uffici dei Lloyd's di Londra. In alcuni casi si tratta delle stesse navi che apparivano nelle mappe del faccendiere Giorgio Comerio...
(...)



Source: http://www.ilmanifesto.it/archivi/fuoripagina/anno/2009/mese/11/articolo/1834/


L'articolo dà il link all mappa dalle navi affondate: http://www.infondoalmar.info/

Nave per nave c'è la descrizione del caso. I dati utilizzati provengono da documenti ufficiali ottenuti dai Lloyds di Londra, da dossier sul caso pubblicati associazioni ambientaliste e dai giornali.

E a quanto pare, non è sola la Calabria essere coinvolta, anche la Grecia, ha il suo fardello, così come i mari della Sicilia e il mare Adriatico.

Nel resto del mondo le cose non vanno meglio; dice Repubblica (http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/nyt-lettori/nyt-lettori/nyt-lettori.html) che nel bel mezzo dell'Oceano Pacifico c'è un vortice di rifiuti grande due volte la Francia raccolte lì dal gioco delle correnti.

Tornando alle storie nostrane dal Blog dei Vinti ( http://atavicarabbiabruzia.splinder.com/) apprendiamo un episodio accaduto in diretta su una TV locale:


La sera di venerdì 30 ottobre, l'emittente calabrese Telespazio trasmette una puntata davvero speciale del talk show "Perfidia". In studio, c'è un gruppo di pescatori della costa tirrenica per parlare dei fondi a loro sostegno, dopo il crollo delle vendite dovuto al caso "navi dei veleni". Uno dei pescatori, Franco, non è però d'accordo. Ha saputo che il giorno prima, nel corso di una conferenza stampa, il ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo e il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, hanno tranquillizzato tutti: «Il caso è chiuso», ha detto Grasso. La nave di cui il mondo intero ha parlato, a 480 metri di profondità nelle acque davanti a Cetraro, non è la pericolosa Cunski affondata dal pentito Francesco Fonti. «Si tratta del piroscafo Catania», ha spiegato Prestigiacomo, «costruito a Palermo nel 1906 e silurato il 16 marzo 1917 da un sommergibile tedesco ». Risultato: a bordo non ci sono fusti radioattivi, anzi la stiva è vuota e non c'è rischio per la popolazione.

I pescatori, Franco compreso, dovrebbero sentirsi sollevati: fine della paura, riprende la pesca. Invece no. Franco s'infuria e urla: «Negli anni Novanta c'erano sei o sette pescherecci a Cetraro, e due sono andati (quella notte con Fonti) a mettere la dinamite!». A questo punto, nello studio scende il gelo. Gli altri pescatori sono spiazzati ma lui continua, invitando la magistratura a indagare, «a mettere sotto torchio» chi andava per mare in quel periodo.

Il giorno dopo, la cassetta del programma viene acquisita dal procuratore capo di Paola Bruno Giordano. Intanto monta l'angoscia del pescatore Franco, isolato da colleghi e parenti. «La verità non interessa a nessuno», si lamenta con un cronista.
...



Lo stesso blog propone un servizio sulle scuole chiuse per l'inquinamento:


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Inviato il: 13/11/2009 14:47
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#68
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Altre news sulla storia delle navi dei veleni:

Citazione:


Navi dei veleni, c'è un nuovo pentito

Sembra riaprirsi la vicenda dei rifiuti tossici affondati. L'avvocato di Francesco Fonti: "Ritengo utile che la commissione parlamentare ascolti anche la sua versione"

...

"Parlò degli affondamenti già nel 2004"
...

"Proprio nel giorno in cui ho chiesto l'audizione, è stato investito da un'auto"

...



link articolo
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Inviato il: 9/12/2009 4:55
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#69
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Spenti i riflettori sulla triste vicenda delle navi tossiche, lontano dalle telecamere dei principali mass-media , si è svolta oggi, a Villa San Giovanni, una manifestazione contro il ponte sullo stretto link.

Il Manifesto propone il seguente articolo:

Citazione:


Il Ponte, il Faraone e la Fata Morgana

Si racconta che quando i Normanni nell'XI secolo arrivarono sulla punta estrema dello stivale si trovarono di fronte a una inattesa visione: la terra dei Siculi si era unita a quella dei Bruzi. Stupiti, spronarono i cavalli recalcitranti ad attraversare lo Stretto e così finirono nelle sue gelide acque, vittime di un effetto ottico di rifrazione della luce. Intuirono subito che lo scherzetto non poteva che essere stato organizzato dalla Fata Morgana , la quale doveva abitare necessariamente nel suo castello di vetro in mezzo allo Stretto. D'altra parte, di fronte sorge l' Etna, il gigante che sputa fuoco e nelle cui viscere viveva Re Artù.
Lo Stretto di Messina è un luogo peculiare in tutto il Mediterraneo, un concentrato di miti e di effetti speciali, di culture arcaiche, di paesaggi mozzafiato e di straordinari fenomeni fisici. Qui avviene lo scontro/incontro tra lo Jonio ed il Tirreno che genera le correnti più forti del mare nostrum, nelle quali importanti studi del Cnr individuano un enorme potenziale di produzione di energia pulita. Qui spiaggiano i pesci abissali, uno spettacolo unico della natura, oggetto di ricerca da parte di studiosi provenienti da tutto il mondo. Qui si ambienta e si rinnova una delle pagine più belle del viaggio di Ulisse che Omero ci ha regalato: Scilla è tutt'ora una grande roccia con aspetti mostruosi, oggi inabissata a circa cinquanta metri di fronte al castello dei Ruffo; Cariddi è un vortice tutt'ora pericoloso se ci si avvicina con una piccola imbarcazione.
Di fronte a queste meraviglie della natura chi poteva pensare di costruirci un ponte? E chi poteva solo pensare di progettare un ponte che per essere collegato alle ferrovie ed alle corsie autostradali esistenti deve mettere a soqquadro due territori di straordinaria bellezza e fragilità? Passare sopra la testa dei messinesi, bucare colline di sabbia friabile, coprire con una colata di cemento Ganzirri e i suoi laghetti salati, devastare le montagne di Scilla, gettare un'orgia di bretelle autostradali e ferroviarie per portare macchine e treni a novanta metri di altezza.
Solo un novello Faraone poteva accanirsi per realizzare un'opera così devastante, che distrugge l'economia locale , riduce l'occupazione e cancella uno dei paesaggi più belli al mondo. Naturalmente il Faraone ha al suo fianco un'ampia schiera di cortigiani, capi tribù, astrologi che non sbagliano mai. Per questo il costo complessivo dell'opera non è mai stato calcolato, la stime variano di anno in anno, in base alla configurazione degli astri e al mutare delle stagioni. Questa volta però non si tratta di costruire una piramide in un deserto, ma un'opera gigantesca in un'area ricca di natura e cultura. Soprattutto, il Faraone non sa, come non lo sapevano i celti-normanni, che questo è lo spazio della Fata Morgana, che è ancora viva e vegeta e non finisce di sorprenderci. E' lei che unisce Reggio e Messina, il nord ed il sud di questo paese, portando oggi decine di migliaia di persone di fronte alla magia dello Stretto, spostando le nuvole minacciose che incombono, inabissando nelle sue acque l'idea stessa del Ponte. Un'idea malefica, che è costata finora centinaia di milioni di euro per accrescere la platea dei servi e dei cortigiani allevati dalla Società Stretto di Messina. Un'idea malvagia, che ha provocato già lo smantellamento dei servizi di trasporto tra le due sponde, con un grave danno agli oltre seimila passeggeri che quotidianamente prendono la metro del mare, cioè l'aliscafo che unisce le due città.
Attento Faraone, sembra dire la Fata Morgana dal profondo blu dello Stretto, qui si sono inabissati i Normanni, qui in un attimo, nel 1908, si sono sbriciolate le case a cinque piani che sorgevano sul mare, qui il mito prometeico della nostra civiltà trova il suo limite invalicabile. Qui possiamo ritrovare la strada che porta alla salvaguardia degli ecosistemi e della vita sul nostro pianeta.


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Se lo stretto già ai tempi di Ulisse era foriero di non buone nuove, anche oggi son successe cose strane.

Dice il sito di Grillo:


Manifestazione "No Ponte" oggi a Messina. Sempre oggi 23 scosse di terremoto tra 2.5 e 4.6 di magnitudo nelle province di Catania e Messina. Sulla A3, la Salerno-Reggio Calabria, un camion, uno solo, esce di strada e blocca il traffico per ore. I manifestanti dal continente arrivano con due ore di ritardo. Franco Nisticò, responsabile del Comitato per la statale 106 jonica, ha un malore mentre parla sul palco. Muore, secondo gli organizzatori, per il ritardo dell'ambulanza del 118 che comunque non era attrezzata per l'intervento di emergenza richiesto. La manifestazione è stata sospesa in segno di protesta. Sanità e trasporti a pezzi e in più un terremoto endemico nell'area. Il Ponte diventerà come la Salerno Reggio Calabria, lo inizieranno, ma non lo finiranno mai.


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Non so se il ponte farà la fine della Salerno Reggio Calabria, una delle opere piu' complesse d'Europa per via dell'orografia del territorio, da sempre un eterno cantiere.

Quel che è sicuro è che son tempi di vacche magre, visto che sempre il sito di Grillo ci dice:



Il debito pubblico supera i 1.800 miliardi

Il debito pubblico italiano è un treno senza freni. Il macchinista è Tremorti. I passeggeri tutti gli italiani. Un treno in corsa verso l'ignoto del default. Che poi tanto ignoto non è: lo scippo del TFR e la riduzione delle pensioni del 4% sono solo l'antipasto. Nel mese di ottobre il debito è aumentato di 14,7 miliardi di euro. Un miliardo ogni due giorni. E' stata sfondata la barriera dei 1.800 miliardi di euro (1.801,6 per la precisione). Oggi è stata approvata la Finanziaria 2010 con il voto di fiducia, ma Tremorti ci indebita di una finanziaria al mese senza mai passare dal Parlamento. Soldi nostri, debiti nostri. Nel 2008 il debito era di 1.664 miliardi a fine 2009 potrebbe raggiungere i 1.830. Circa 150 miliardi di debito in più in un solo anno.



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E ancora una volta Pantalone si vede recapitare il conto:


TFR addio

... userà 3,1 miliardi di euro del TFR depositati presso l'INPS a copertura di un terzo della Finanziaria. I risparmi di una vita vengono sottratti senza nessun consenso. E' la finanza creativa di uno Stato prossimo al default, l'azione disperata di ...., un curatore fallimentare che non sa più che pesci pigliare. Quale sarà la prossima mossa? Il quinto dello stipendio? La diminuzione delle pensioni? Il congelamento dei BOT? Il prelievo forzoso di una percentuale a piacere dai conti correnti? Il TFR una volta serviva per garantire ai lavoratori una vecchiaia dignitosa. Oggi garantisce il buco dello Stato.


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Splendido futuro, davvero... TFR in forse, pensioni pure, ma in compenso, vuoi mettere tante belle opere faraoniche su e giu' per il bel paese ...
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Inviato il: 19/12/2009 22:34
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#70
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Di nuovo protagonisti i fiumi e stavolta in particolare il lambro:

E' arrivata quasi a Orio Litta, nel Basso Lodigiano, a otto chilometri a sud di Lodi, la macchia di petrolio fuoriuscita dai serbatoi della Lombarda Petroli a Villasanta (in provincia di Monza e Brianza). L'inquinamento sta avanzando verso la provincia pavese ed è ormai a pochi chilometri dal Po. L'incessante lavoro dei vigili del fuoco non riesce a fermare il gasolio e petrolio combustibile che ha passato anche la barriera di galleggianti, posta nel territorio di Sant'Angelo Lodigiano. I galleggianti dovrebbero arrivare fino a fondo fiume, ma questo non accade perchè la forza dell'acqua lo impedisce. Una parte della macchia viene aspirata e una nuova squadra dei vigili del fuoco di Lodi sta posando nuovi galleggianti.

Caccia ai colpevoli. Il giorno dopo il disastro ecologico è caccia ai colpevoli. Non c'è dubbio che la fuoriuscita dell'onda nera dai serbatoi della Lombarda Petroli a Villasanta (in provincia di Monza e Brianza) sia stata dolosa: nel mirino degli inquirenti c'è anche la gigantesca speculazione edilizia progettata sull'area della vecchia raffineria. Si tratta di uno dei più gravi disastri ambientali verificatisi di recente in Lombardia. E potrebbe avere conseguenze di lungo periodo, considerata anche la messa fuori servizio del grande depuratore di Monza San Rocco, che tratta le acque fognarie di oltre mezzo milione di brianzoli.

"Stato di calamità". Il prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi, ha spiegato al termine di un vertice in prefettura che per il momento "sono esclusi rischi per la salute pubblica". L'assessore regionale al Territorio, Davide Boni, ha invece anticipato che la Regione Lombardia chiederà al governo lo stato di calamità per assicurare in tempi brevi il finanziamento degli interventi. Sul piede di guerra i sindaci dei comuni attraversati dal Lambro. Il primo cittadino di San Zenone al Lambro, Sergio Fedeli, ha affermato: "Si tratta di un grave disagio per i nostri concittadini. Certamente ci costituiremo parte civile".


http://milano.repubblica.it/dettaglio/Lambro-ora-e-allarme-per-il-Pola-marea-nera-non-si-e-fermata/1869262?ref=rephp


Ma guarda tu le coincidenze, perchè proprio 10 giorni prima:

Sembra un'affermazione assurda, infatti l'ente di gestione di un parco regionale esiste proprio per tutelare il territorio e migliorare la qualità della vita, ma è apparsa sui giornali locali una notizia molto preoccupante: Arcore, Berlusconi vuole Milano 4, un business da 220 milioni di euro.

L' Idra, l'immobiliare di famiglia del premier, ha presentato alla giunta della cittadina, capitanata da Marco Rocchini, un progetto che vuole edificare 150.000 metri cubi in cambio una casa di riposo e di 20 milioni di oneri di urbanizzazione, che non riparerebbero per nulla i danni dell'insediamento.

Tra Milano 4 ed area Falck, Arcore avrebbe quasi il 20% di abitanti in più in pochi anni. Significherebbe servizi al collasso e traffico ancor più caotico, una vivibilità compromessa per sempre.

L'area, all'interno del parco regionale, è uno dei corridoi ecologici della Dorsale Verde nord Milano, un progetto inserito nel PTCP per salvare e connettere tra di loro le ultime aree verdi della Brianza. Con la colata di cemento ipotizzata i parchi brianzoli dell'Est Milano diventeranno giardinetti di una megalopoli, più o meno come lo è Parco Solari nel centro di Milano 1.

Le aree agricole sono importanti per creare anche a nord di Milano un parco di cintura intorno alla Brianza, territorio con percentuali urbanizzazione più alte d'Europa e in cui vivono ammassati quattro milioni di esseri umani, che devono condividere gli spazi disponibili con aree produttive di ogni genere e dimensione, autostrade, strade statali e provinciali, svincoli giganteschi, vaste superfici degradate, ex paesi e cittadine ormai conurbate senza soluzione di continuità a costituire agglomerati dormitorio, tutti uguali e senza identità.

Nel cuore della Lombardia il fiume Lambro e il Parco Valle Lambro “hanno già dato", concedendo larga parte del territorio a Pedemontana, un nastro d'asfalto che porterà altre auto, altro rumore ed inquinamento e speriamo non ulteriore cemento. Pedemontana taglierà in due il parco, modificando per sempre il territorio; saranno aperti cantieri che dureranno anni, aggiungerne altri nello stesso comune produrrà la paralisi del traffico.

L’acqua del fiume è importante, ma il parco del Lambro, non è solo quello, non è solo un parco naturalistico, è parco perché ha brandelli del bel paesaggio agrario della Brianza, ammirato da grandi viaggiatori e poeti del mondo. Noi brianzoli lo stiamo distruggendo. La Valle Lambro, se ripensata, potrebbe essere non solo conservata nei suoi valori storico-paesistici, ma anche diventare una straordinaria risorsa ricreativa per il buon vivere di chi abita in questa regione. Costruire edifici nelle zone agricole extra parco naturale di queste o di più piccole dimensioni, vuol dire invece distruggerlo in modo irreversibile.

Anche se il richiedente del progetto è una persona molto influente nella politica e negli affari, si può creare un precedente pericolosissimo. Se un parco regionale può' essere cementificato con tanta facilità allora ci chiediamo: ma i parchi a cosa servono?

L'Ente Parco ha il dovere morale e una precisa responsabilità istituzionale di dire NO a questo scempio, non tanto per noi che scriviamo oggi, quanto per le generazioni che verranno. Vogliamo che i nostri figli possano conoscere e identificarsi con la Brianza, ossia un territorio ben preciso con la sua cultura e la sua storia millenaria, e non con un ammasso interminabile di case, capannoni e strade tutte uguali.

La difesa dell'identità del nostro territorio passa da scelte cruciali come questa, siamo sicuri che Lei e l'ente che Lei rappresenta non vorrà assumersi la responsabilità di una scelta così clamorosamente contro la nostra storia.


http://www.brianzapopolare.it/sezioni/territorio/20100215_salviamo_parco_vallelambro.htm


Si tratta ancora di coincidenze?
Inviato il: 24/2/2010 13:15
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#71
Sono certo di non sapere
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A proposito di inquinamento, sensibilità ambientale e via discorrendo , dice il Corriere

Citazione:


Scaricati altri veleni nel Lambro
Nuova grande macchia inquinante sul fiume: materiale di scarico da tintoria. «Pericolo emulazione»

...
A questo punto si teme che il disastro di lunedì scorso porti con sé gesti di emulazione. O incoraggi i siti produttivi a scaricare a fiume nella convinzione di poter confondere i propri rifiuti in acque già sporche.

...



Il colpevole ?

Come al solito il maggiordomo, visto che l'articolo dice


Citazione:


....

Intanto sul fronte delle indagini tutte le piste restano aperte. La soluzione del rebus è dentro la Lombarda Petroli, l’ex raffineria trasformata in centro di stoccaggio da cui nella notte tra lunedì e martedì sono uscite oltre 3.000 tonnellate di materiale, di cui 1.662 di gasolio e il resto di olio combustibile. Dipendenti ed ex dipendenti sono stati sentiti in procura, a Monza.

Protesta estrema e scellerata di lavoratori disperati per la perdita del posto?
...



Link source: http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/10_febbraio_28/lambro-scaricati-altri-veleni-sciacalli-1602569139849.shtml
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Inviato il: 28/2/2010 13:05
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#72
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Ennesima discarica a cielo aperto, ma stavolta sotto gli occhi e il naso di tutti:

http://www.vignaclarablog.it/201003029593/una-discarica-di-amianto-a-ponte-milvio/
Inviato il: 2/3/2010 20:35
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#73
Sono certo di non sapere
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Qualche cassonetto in cemento amianto e una carcassa di motorino, bazzecole rispetto ad altre situazioni.

Dice l'Ansa:

Citazione:


Rane in pericolo, pesticida ne "tramuta" il sesso
L'atrazina devasta la vita sessuale degli esemplari maschi

- Scatta l'allarme per le rane: l'atrazina, uno dei pesticidi più usati al mondo, devasta la vita sessuale degli esemplari maschi adulti, evirandone tre quarti e trasformandone una su 10 in femmina. A dirlo è uno studio dei biologi dell'Università californiana di Berkley.

L'analisi, pubblicato sul Journal of experimental biology, ha evidenziato ancora una volta come l'atrazina sia la probabile causa del declino degli anfibi sulla Terra: nuovi studi hanno dimostrato che il 75% delle rane, che sono chimicamente castrate, sono morte a causa della loro inabilità di riprodursi in natura e il 10%, che si è trasformato in femmina, riesce a dare alla luce solo figli maschi. Comportamento questo che comporta uno squilibrio tra i sessi tale, che può provocare la scomparsa totale della specie.

"Queste rane maschio non hanno il testosterone e tutto ciò che esso controlla, incluso lo sperma - ha spiegato il professore di biologia integrativa di Berkely, Tyrone Hayes - in questo modo la loro fertilità è ridotta al 10% solo se isoliamo questi animali e li accoppiamo con femmine. In un ambiente in cui competono con animali non malati invece si riduce a zero la loro possibilità di riproduzione". Nel corso degli anni numerosi studi hanno dimostrato l'alta tossicità che l'atrazina ha sugli animali, per questa ragione infatti ne è stata proibita l'utilizzazione in alcuni Paesi europei, inclusa l'Italia dal 1992.

Nonostante ciò negli Stati Uniti tuttora circa 40.000 tonnellate di erbicida, a base di atrazina, vengono applicate ogni anno per controllare l'insorgenza di erbacce e aumentare i raccolti di grano. I ricercatori lanciano ancora una volta l'allarme, sottolineando che l'uso così esteso ha reso questo comune erbicida il contaminante principale di terreni e bacini idrici, interferendo anche nella produzione degli ormoni endocrini, come estrogeni e testosterone di pesci, anfibi, rettili, uccelli e roditori.



link articolo

Chi scarica 40.000 tonnellate di atrazina nei campi, le cui acque di scolo poi portano al disastro ambientale di cui all'articolo un minino di coscienza non c'è l'ha ?

E il governo di quei paesi nulla dice ?

Assistermo a un qualche debunking che assolverà l'atarzina e accuserà qualche qualche virus palustre che così sarà suo malgrado il capro espiatorio di questa situazione ?
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Inviato il: 2/3/2010 21:29
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  •  astro7
      astro7
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#74
Mi sento vacillare
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Citazione:

ivan ha scritto:
Chi scarica 40.000 tonnellate di atrazina nei campi, le cui acque di scolo poi portano al disastro ambientale di cui all'articolo un minino di coscienza non c'è l'ha ?

E il governo di quei paesi nulla dice ?

Assistermo a un qualche debunking che assolverà l'atarzina e accuserà qualche qualche virus palustre che così sarà suo malgrado il capro espiatorio di questa situazione ?


ciao, ivan.
sai a quei governanti cosa importa della sorte delle rane o simili...
comunque a me risulta che in Italia l'atrazina è vietata dagli anni 1990/1992 .
Inviato il: 2/3/2010 23:50
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#75
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Citazione:
Chi scarica 40.000 tonnellate di atrazina nei campi, le cui acque di scolo poi portano al disastro ambientale di cui all'articolo un minino di coscienza non c'è l'ha ?


Caro ivan, nonostante la tua notizia sia preoccupante di sversamenti in Italia ce n'è di peggiori e proseguono da anni ormai:

http://www.peacelink.it/ecologia/a/10787.html

http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/docs/2000.pdf

http://www.ecoblog.it/post/6914/taranto-la-diossina-contamina-1300-capi-di-bestiame-la-regione-puglia-ne-ordina-labbattimento

Se quella zona non sia ormai una discarica, ben poco ci manca.


Citazione:
comunque a me risulta che in Italia l'atrazina è vietata dagli anni 1990/1992 .


Oibò! Un ossimoro
Inviato il: 3/3/2010 1:08
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#76
Sono certo di non sapere
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E' vero che l'atrazina è stata vietata quasi venti anni fa , purtuttavia in questo ventennio la medesima ha fatto quattro passi ed è finita in parte nelle falde profonde, in parte a mare, nei sedimenti .

Lo stesso vale le sostanze di cui ali link di Taranto: sono tutte lì, nei fondali del mare prospicenti la città.

Si ai governati non importa un granchè delle rane e dell'ecosistema, purtuttvia essi non vivono su Pandora; si, fosse per loro sarebbero migrati lì da un pezzo, ben lontani dalle contraddizioni del loro modello economico la loro stessi voluto e curato, ma ci sono ancora un ò di problemi tecnici per arrivarci.

Il bello delle notizie spesso è che contengono il debunking incorporato, o meglio, mi correggo, hanno la patch psicologica incorporata.

Mi spiego meglio: l'articolo parla degli effetti gravi di un erbicida, effetti da far rizzare i capelli , visto che la continuità della vita viene spezzata.

Ora viene detto che per avere raccolti abbondanti bisogna usare quell'erbicida. Ossia, ancoar una volta ecco applicata con maestria una regoletta magica del marketing: "quando devi coprire uno scandalo, parla dei vantaggi - veri o presunti - che i fatti dello scandalo procurano"

Ecco allora che la notiza acquista un'altra parvenza, ecco che una piccola breccia si apre nell'inconscio ed l'amaro calice va giu' senza troppe difficoltà.

Questi del marketing ci sanno fare, eccome se ci sanno fare.
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Inviato il: 3/3/2010 2:25
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