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   Politica Interna & Estera
  Ecco perché non vogliamo le discariche

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      Garrett
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#31
Mi sento vacillare
Iscritto il: 8/7/2009
Da The Lost City
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Le TV e gli I-Pod vanno smontati e trasformati in componenti discreti (rivendibili o riutilizzabili; dentro un I-Pod ci sono un Display da 15€ e un HD da 1,8" che costa 60€ nei negozi). Il resto è plastica, riciclabile autonomamente. Parlo ancora, naturalmente, di una soluzione idealistica.
Come tale inapplicabile su larga scala, ma per qualche persona illuminata (come i presenti) sarebbe relativamente facile da trasformare in realtà (a meno che non si viva in case molto piccole).


Sì ma per smontare schede e similia servono attrezzi e conoscenze.. ma non solo.. stanze adatte, impianti di aerazione, ecc... tutte cose che sarebbero economicamente folli in un centro città dove i metri quadri valgono oro.
Inoltre il materiale ottenuto sarebbe inaffidabile, essendo praticamente impossibile valutare lo stato di salute di un condensatore o di una resistenza.
Va benissimo se lo fai per te, per hobby personale, ma non si può applicare alla realtà di un condominio dove francamente non credo si trovi nessuno in grado di dedicarsi a questa attività (che per'altro andrebbe remunerata!): dissaldare componenti elettronici, riconoscerli, testarli,... ?

Io personalmente appena mi trasferirò (e finanze permettendo) mi costruirò immediatamente un bel forno per fondere i metalli (ho alcune fantasie da soddisfare)!. Le istruzioni ci sono anche su Youtube...

Basta del cherosene...

Volevi dire dalla canapa, eh?

Eh...
Inviato il: 12/9/2009 13:33
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#32
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 22/7/2004
Da Bronx
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Citazione:


Sì ma per smontare schede e similia servono attrezzi e conoscenze.. ma non solo.. stanze adatte, impianti di aerazione, ecc... tutte cose che sarebbero economicamente folli in un centro città dove i metri quadri valgono oro.
Inoltre il materiale ottenuto sarebbe inaffidabile, essendo praticamente impossibile valutare lo stato di salute di un condensatore o di una resistenza.
Va benissimo se lo fai per te, per hobby personale, ma non si può applicare alla realtà di un condominio dove francamente non credo si trovi nessuno in grado di dedicarsi a questa attività (che per'altro andrebbe remunerata!): dissaldare componenti elettronici, riconoscerli, testarli,... ?




In Cina tutto ciò è già realtà. Una pagina a caso dal Web: link

Citazione:


Appunto, il cazzo di sistema per cui deleghiamo tutto a qualcun altro,



Se c'era la dittatura invece .

Se c'era lui, lui si che avrebbe.

Se invece ci fosse l'autogestione , l'autodetermianzione dei popoli, l'anarchia allora si che.



Citazione:


compreso il culo ed il cervello,



Il cervello il potere s'è l'è preso da un pezzo. Diceva Pasolini decenni fa:




Per il resto .. si pensava fosse solo un'eufemismo; purtoppo ci sono le poco edificanti cronache politiche degli ultimi mesi.

Citazione:

che tanto piace ai lettori del Manifesto e detto cio' si sono messi la coscienza in pace.


Già.

I lettori de Il Manifesto.

Che si son messi la coscienza in pace.

Loro si che sono il problema, mica i radionuclidi.

Erano gli anni 90, non mi ricordo se il 94 o il 95; la rivista Cuore, una rivista di satira, pubblicò in splendida solitudine la storia delle navi radioattive fatte affondare dalla mala nel mediterraneo; l'articolo indicava i luoghi, indicava la politica coinvolta; indicava i nomi di colore che ci avevano lasciato la vita perchè avevano osato indagare su queste storie.

Una storia terribile quella raccontata da Cuore.

E purtuttavia nessuna eco nè nei giornali anzionali, nè nella Tv , nè locali nè nazioanli.

Nemmeno un cenno, nemmeno una parola nei discorsi dei politici.

C'è stato qualche articolo de L'Espresso, c'è qualche sito WEB che cerca di raccontare qualcosa, qualche rigo su qualche giornale a tiiratura piu' che limitata.

Per il resto c'è solo l'indifferenza: dei media, della politica, di tutti.
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The undeserving maintain power by promoting hysteria F. Herbert

You don't need to take drugs to hallucinate: improper language can fill your world with phantoms and spooks of many kinds R. A. Wilson

La verità raramente è pura e non è mai semplice
Inviato il: 12/9/2009 15:07
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#33
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 22/7/2004
Da Bronx
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La rivista Cuore aveva, purtroppo, ragione :

Citazione:


Trovata la nave dei rifiuti radioattivi
l'hanno inabissata al largo della Calabria


E' il mercantile descritto da un pentito di mafia. L'ha fotografato
un robot della Regione. Ha uno squarcio a prua. Si vedono i fusti

E' una delle tre imbarcazioni che la malavita organizzata
avrebbe affondato nei nostri mari con il loro carico mortale
di ANNA MARIA DE LUCA


CETRARO (Cosenza) - E' lei. E' la nave descritta dal pentito di mafia Francesco Fonti. E' come e dove lui aveva indicato. Sotto cinquecento metri di acqua, lunga da 110 a 120 metri e larga una ventina, con un grosso squarcio a prua dal quale fuoriesce un fusto. Si trova venti miglia al largo di Cetraro (Cosenza). I fusti sarebbero 120, tutti pieni di rifiuti tossici. E la nave sarebbe una delle tre fatte sparire nei nostri mari con il loro carico mortale.

La verità è venuta fuori oggi pomeriggio: ora ci sono le foto scattate nei fondali da un robot inviato lì sotto dalla Regione Calabria. Sono abbastanza nitide. Si vede un mercantile adagiato su una fiancata lunga dieci metri, coperto da reti, costruito dopo gli anni Cinquanta. Si vede la prua squarciata e il fusto che fuoriesce. Sono foto importantissime, che abbiamo rischiato di non avere mai.

"E' un risultato - spiega il Procuratore Capo della Repubblica di Paola, Giordano Bruno - al quale siamo arrivati grazie al sostegno dell'assessorato all'ambiente della Regione Calabria che ha mobilitato uomini e risorse economiche per questo". Sì, perché in Procura spesso non arrivano neanche i soldi per comprare la carta per le fotocopie, figuriamoci per finanziare un'operazione cosi complessa. "Sono contentissimo - continua Bruno - ma anche triste: speravo di sbagliarmi. Quella che fino a ieri poteva essere una ipotesi diventa ora un fatto concreto e rivela un progetto tanto macabro da lasciare sconcertati".

Ora le indagini proseguiranno e sono davvero tanti gli interrogativi da sciogliere. "A quella profondità - dice il Procuratore Capo - la pressione è tale che non si sa fino a che punto dei fusti possano reggere senza spargere il loro contenuto in mare. E non sappiamo quanto siano isolati".

Di certo i misteri che hanno sempre avvolto questa vicenda non lasciano sperare bene. Come aveva già confermato la Marina militare, nella zona - siamo a venti miglia al largo di Cetraro (Cs) - non ci sono relitti bellici né della prima né della seconda guerra mondiale. Ma di battaglie pare ce ne siano state ben altre nei nostri mari, diventati il tavolino dove politica e mafia giocano le loro partite di soldi e di potere.

Certo, per avere la certezza matematica di cosa ci sia in quei fusti occorre aspettare che vengano tirati fuori dall'acqua e analizzati. Ma a questo punto il quadro sembra completo anche in considerazione della presenza di un'altra nave nei fondali di Amantea, la Jolli Rosso e del recente ritrovamento in zona di una collina di rifiuti radioattivi. Per non parlare dell'aumento dei tumori sulla costa, sui quali indaga proprio la Procura di Paola.

Quali saranno i prossimi passi? "Il robot - spiega il procuratore Bruno - non è potuto entrare nelle stive. Ora servirà usarne un altro, con un supporto più "morbido" capace di fotografare anche l'interno. Il nostro lavoro continua.




link

Per adesso ne hanno trovata una, ma la rivista Cuore parlava di decine e decine di navi affondate con il loro carico di rifiuti tossici.
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Inviato il: 12/9/2009 21:25
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      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#34
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 22/7/2004
Da Bronx
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Citazione:


Citazione:
Il problema è il sistema

Appunto, il cazzo di sistema per cui deleghiamo tutto a qualcun altro, compreso il culo ed il cervello, che tanto piace ai lettori del Manifesto e detto cio' si sono messi la coscienza in pace.


Il "sistema" è cosa ben diversa dalla cosa very pittoresca dipinta da quest'infelice e sprezzante battuta.

E' un sistema contro cui possiamo fare ben poco.

Nel seguente sito il sistema viene ben descritto: Blog dei vinti.


Il sito descrive con minuzia le manovre che ci sono state dietro l'affondamento delle navi: nomi, circostanze, luoghi, cifre.

Il sito nella sezione "i temi del blog" parla anche di altre cosette, tipo la strana fine di Pasolini e Gaetano, del fascismo dell'informazione, di responsabilità "padane" etc etc.

Sempre Il Manifesto dice:

Citazione:

Allarme per le "vecchie" e le nuove scorie

Lo scoop del manifesto riporta a galla, è il caso di dirlo, l'annosa vicenda delle navi dei veleni, delle "carrette" a perdere che "armatori" tanto criminali quanto astuti facevano affondare, a partire dagli anni '80, attorno alle coste italiane, soprattutto a sud, per smaltire rifiuti tossici o addirittura radioattivi a costo zero invece che a quelli, elevati, previsti. Di più, la perdita delle carrette affondate veniva risarcita dalle case assicuratrici. Nessuna meraviglia quindi se furono i Lloyds di Londra tra i primi a denunciare 39 affondamenti presso le coste italiane.
Nonostante l'impegno della Commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti ("Ecomafie") che appoggiò con determinazione l'azione delle procure più sensibili e attente alla questione, non si cavò un ragno da un buco, incluse le ricerche fatte espletare dall'Anpa per la "Rigel", affondata nel 1987 in prossimità di capo Spartivento nel sud della Calabria (non si trovò nulla: forse non fu felice la scelta della società operativa cui venne affidata la ricerca).
Si capì subito che il traffico di rifiuti pericolosi aveva alte complicità, si ammantava di progetti "internazionali" quali l'Oceanic Disposal Management di Giorgio Comerio, che intendeva inabissare nei fondali più scoscesi - tipo quelli della Calabria, ma non solo - i "penetratori", cioè dei contenitori ogivali carichi di scorie tossiche e radioattive. Il traffico attraversava tutto il Mediterraneo, aveva superato lo stretto di Suez per raggiungere le coste della Somalia e la "Ecomafie" fu la prima sede istituzionale a ufficializzare l'ipotesi della waste connection - armi ai signori della guerra somali in cambio di territorio per lo smaltimento dei rifiuti tossici - alla base dell'assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che attendono ancora giustizia.
Oggi la solerzia di una procura e le precise indicazioni di un pentito cominciano a togliere veli a una verità che era rimasta indimostrata. Ma in quale contesto avviene questo "svelamento"?
Le ricerche del robot a largo di Cetraro avvengono non troppo lontano dalla "collina del Cesio 137", ritornata alla ribalta pochi giorni fa. E viene fuori l'immagine di un Paese in cui la labilità dei controlli è troppo spesso un argine immaginario all'incosciente avidità di ditte e operatori, che si sono storicamente avvalsi della criminalità organizzata, fossero i Casalesi o la 'ndrangheta, per smaltire rifiuti di ogni genere. Si scorge sempre più corposa la minaccia di contaminazioni radioattive in territori già lesi da una loro fragilità di fondo, dal disboscamento selvaggio, da un abusivismo demenziale. Un Paese vulnerato e vulnerabile dove "garantire la sicurezza" è un obiettivo che non riguarda solo la violenza "metropolitana" e non, ma addirittura la capacità e la volontà di assicurare almeno quella fisica. Un Paese che, a proposito di radioattività, non ha ancora un deposito per i rifiuti di "seconda categoria", quelli più gestibili, per colpa di un governo che, proprio col piglio militaresco usato con il decreto Scanzano (novembre 2003) rivelò una vena autoritaria e al tempo stesso fallimentare rispetto alla soluzione del problema.
Un governo che si fa vanto del nucleare e marcia imperturbabile, in una direzione reazionaria, nel senso più proprio della parola, rispetto alla politica dei tre 20% della Ue, divenuta riferimento per Obama e la stessa Cina.
Fa rabbrividire che si possa affrontare il nucleare e il suo complesso ciclo nello stesso modo con cui si acquisisce il titolo di miglior premier degli ultimi 150 anni. Affronti almeno Berlusconi, al suo quarto governo, la gestione delle scorie del nucleare, assai modesto, che si è fatto da noi.
Mentre Scajola va avanti intrepido, fa annusare la mappa dei siti che gli hanno passato Enel e Edf e propone: perché no una centrale atomica a Termini Imerese? Si potrebbe pensare a una riconversione industriale e occupazionale dell'area. Magari trova anche qualche sindacalista disposto a credergli.


link

Citazione:

Red_Knight ha scritto:

Comunque l'accenno al XXII secolo era solo un modo carino per dire che moriremo in un mondo di merda.


Siamo già sepolti dallo sterco, sterco "industriale" però, sterco non "biodegradabile", sterco che non fa crescere nulla, sterco che ha distrutto il futuro.

E' brutto scoprire che vaste aree del nostro territorio sono cimiteri di scorie tossiche d'ogni tipo. Ed è brutto scoprire l'indifferenza che c'è su questo.

Indifferenza non casuale ma voluta, voluta dal pensiero che tutto può proseguire come prima e piu' di prima: depredare il territorio, le risorse, ogni cosa (es.: guadagnare due volte: smaltendo rifiuti tossici in maniera illegale facendosi rimborsare dalle assicurazioni per la perdita delle navi) il piu' possibile senza che nessuno rompa, senza che nessuno dica "ehi! ma che state facendo ... " (che magari dopo hai visto mai che le assicuarzioni non vogliono pagare o magari il gidice ti condanna a ripulire tutto: il silenzio è comodo, previene queste cose ) .



E' in quest'ottica che tutto si inquadra. E in quest'impresa ci sono riusciti, eccome se ci sono riusciti.
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La verità raramente è pura e non è mai semplice
Inviato il: 13/9/2009 9:03
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#35
Sono certo di non sapere
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Già. I lettori de Il Manifesto. Che si son messi la coscienza in pace. Loro si che sono il problema, mica i radionuclidi.


Si. Perche' appoggiano una cultura legalitario piagnona per cui bisogna delegare la nostra difesa a qualcun altro.

Per lo stesso motivo in Somalia si stanno difendendo: li chiamano pirati, ma devono scendere a patti con loro.

Noi invece qui siamo incatenati da sbirri e giudici.

Come mai il cazzo di staato vigila su di noi e permette che affondino navi cariche di rifiuti sulle coste italiane????
Cosa fai, ti appelli alla costituzione o scrivi articoli su giornali in cui ti dicono che viviamo nella libbertta' e democrazia? Chi permette a questi bastardi di attaccare il territorio nazionale e' complice, lo Stato e' complice. Se gli abitanti delle coste avessero la loro milizia armata di lanciarazzi, motoscafi d'assalto ed in genere quello che ha la Marina Italiana (che a questo punto penso che sia una ragazzuola di facili costumi) e la Guardia Costiera e i bastardi rischiassero di essere passati per le armi sul posto - visto poi che tutti sanno tutto - li vedresti scegliere altri lidi. Invece scelgono i lidi che il concessionario locale del governo centrale (si chiama La Mafia) favorisce in cambio di altri favori. Ma su di li' navigano un sacco di natanti armati pagati dal contribuente per vedere solo quelli che si allontanano dalla costa in canoa cosi' da poterli arrestare. Per il resto sono piu' ciechi di Nelson, da tutti e due gli occhi.

Consideriamo anche che chiunque, via internet, puo' vedere il traffico navale in tempo reale, con informazioni sulle navi (provenienza, carico, tonnellaggio etc.). Cosa cazzo paghiamo a fare il Ministero della Difesa dei Mafiosi? Lo paghiamo per difendere gli interessi dei Clan siciliani in kaffiristan.

Vedi tu se non puoi FACILMENTE identificare il problema, che non e' piu' un problema di smaltimento rifiuti e discariche ma un problema di Alto Tradimento: come mai i sinistrosi, tanto buonini, non denunciano nessuno per questo reato? Perche' fino a ieri (e all'epoca dei fatti) uno di loro era il Traditore della Patria.
_________________
Il Portico Dipinto Network Nanopublishing
E' dall'uso (mancato) del Congiuntivo, che li riconoscerete.
Inviato il: 13/9/2009 11:52
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#36
Sono certo di non sapere
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Citazione:
Si. Perche' appoggiano una cultura legalitario piagnona per cui bisogna delegare la nostra difesa a qualcun altro.



No! Sono un problema perchè il loro giornale manifesta, parla, scrive, denuncia.

Un giornale che parla, che dice, che racconta, che manifesta è un problema perchè ha dei lettori, lettori che voglio essere informati, lettori che vogliono sapere.

Ma sapere certe cose non è cosa gradita al sistema: se le cose si sanno delle conseguenze inevitabilmente si hanno. Se l'assicurazione avesse saputo che non incidente fu ma che fu speculazione sulla speculazione, bè forse non avrebbe staccato l'assegno (speriamo che adesso almeno l'assicurazione faccia causa agli armatori di quelle navi).


"Cultura legalitario piagnona". Very pittoresco.


Citazione:

Per lo stesso motivo in Somalia si stanno difendendo: li chiamano pirati, ma devono scendere a patti con loro.
..

Se gli abitanti delle coste avessero la loro milizia armata di lanciarazzi, motoscafi d'assalto ed in genere quello che ha la Marina Italiana (che a questo punto penso che sia una ragazzuola di facili costumi) e la Guardia Costiera e i bastardi rischiassero di essere passati per le armi sul posto - visto poi che tutti sanno tutto - li vedresti scegliere altri lidi. Invece scelgono i lidi che il concessionario locale del governo centrale (si chiama La Mafia) favorisce in cambio di altri favori.



Ancora con la triste storia del "popolo che vuole 'altruismo contro il padrone che non ama che i suoi soldi".

Ancora l' Hollywoodiana storia del popolo che lotta contro l'impero, con l'eroe che compie imprese epiche accompagnato sempre da una bellissima principessa e da amici un pò strani e brontoloni ma con un cuore d'oro.

Pensavo che queso genere di pensiero fosse farina del sacco della corrente del tipo sull'altro forum, ma vedo che è farina comune a molti sacchi.

Cosa diceva il pentito che ha svuotato il sacco ? Lo rivela il sito su citato:


http://atavicarabbiabruzia.splinder.com/post/19284148/Jolly+Rosso%3A+la+Calabria+da+ve


Citazione:

Il pentito parla degli accordi fatti con la mafia di Cetraro . Testualmente il pentito dichiara: «Io stesso»,dice il boss pentito, «mi sono occupato di affondare navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi. Nel settore avevo stretto rapporti nei primi anni Ottanta con la grande società di navigazione privata Ignazio Messina, ( in seguito la società Messina smentirà tutto questo) di cui avevo incontrato un emissario con il boss Paolo De Stefano di Reggio Calabria. Ci siamo visti in una pasticceria del viale San Martino a Messina, dove abbiamo parlato della disponibilità di fornire alla famiglia di San Luca navi per eventuali traffici illeciti. Fu assicurato che non ci sarebbero stati problemi, e infatti in seguito è successo. Per la precisione nel 1992, quando nell'arco di un paio di settimane abbiamo affondato tre navi indicate dalla società Messina: nell'ordine la Yvonne A, la Cunski e la Voriais Sporadais. La Ignazio Messina contattò la famiglia di San Luca e si accordò con Giuseppe Giorgi alla metà di ottobre. Giorgi venne a trovarmi a Milano, dove abitavo in quel periodo, e ci vedemmo al bar New Mexico di Corso Buenos Aires per organizzare l'operazione per tutte le navi. La Yvonne A, ci disse la Ignazio Messina, trasportava 150 bidoni di fanghi, la Cunski 120 bidoni di scorie radioattive e la Voriais Sporadais 75 bidoni di varie sostanze tossico-nocive. Ci informò anche che le imbarcazioni erano tutte al largo della costa calabrese in corrispondenza di Cetraro, provincia di Cosenza. lo e Giorgi andammo a Cetraro e prendemmo accordi con un esponente della famiglia di ndrangheta Muto, al quale chiedemmo manodopera. Ci mettemmo in contatto con i capitani delle navi tramite baracchino e demmo disposizione a ciascuno di essi nell'arco di una quindicina di giorni di muoversi. La Yvonne A andò per prima al largo di Maratea, la Cunski si spostò poi in acque internazionali in corrispondenza di Cetraro e la Voriais Sporadais la inviammo per ultima al largo di Genzano. Poi facemmo partire tre pescherecci forniti dalla famiglia Muto e ognuno di questi raggiunse le tre navi per piazzare candelotti di dinamite e farle affondare, caricando gli equipaggi per portarli a riva. Gli uomini recuperati», si legge nel memoriale, «sono stati messi su treni in direzione nord Italia. Finito tutto, io tornai a Milano, mentre Giuseppe Giorni andò a prendere dalla Ignazio Messina i 150 milioni di lire per nave che erano stati concordati». " So per certo», racconta l'ex boss della 'ndrangheta, «che molti altri affondamenti avvennero in quel periodo, almeno una trentina, organizzati da altre famiglie, ma non me ne occupai in prima persona." Il pentito poi parlerà anche di ciò che aveva fatto in Basilicata. Riferì di una nave che doveva trasportare 500 fusti radioattivi in Somalia : (...) Il fatto è che, secondo i nostri calcoli, nella stiva ci sarebbero stati solo 500 bidoni, e dunque si poneva il problema di dove smaltire gli altri 100. Fu così che decidemmo di procedere con un doppio piano: 500 fusti sarebbero partiti per la Somalia, mentre i rimanenti 100 sarebbero stati nascosti in Basilicata. Per l'esattezza, diedi ordine che fossero trasportati e seppelliti nel comune di Pisticci, in località Coste della Cretagna, lungo l'argine del fiume Vella". (...) "Partecipai direttamente all'operazione, che si svolse tra il 10 e l'11 di gennaio 1987", racconta l'ex boss. "Partimmo con i 40 camion caricati a Rotondella verso le due di notte e un'ora dopo arrivammo con sette o otto di essi al fiume Vella, dove era stata predisposta la buca che fu riempita con i bidoni e poi ricoperta. A preparare la fossa erano stati i macchinari messi a disposizione da Agostino Ferrara, uomo di Musitano che abitava a Nova Siri, il quale procurò anche i fari per illuminare l'area. Nelle stesse ore, gli altri camion proseguivano per il porto di Livorno, dove li aspettava la Lynx e dove finito il lavoro in Basilicata sopraggiunsi anch'io a bordo della mia Lancia Thema con Giuseppe Arcadi. Le fatture con descrizioni false per imbarcare le scorie tossiche e radioattive erano state preparate da un commercialista di Milano, che mi era stato presentato dal commercialista Vito Roberto Palazzolo di Terrasini (oggi latitante), ed erano intestate alla International consulting office di Gibuti. La nave infatti partì da Livorno diretta a Gibuti, ma invece di attraccare raggiunse Mogadiscio. A quel punto, entrò in azione l'appoggio che avevo chiesto al segretario generale della Camera di commercio italo-somala, il quale aveva organizzato camion e manodopera per lo scarico dalla nave e il carico su camion. I rifiuti", si legge, "sono stati portati alla foce morta del fiume Uebi Scebeli, dove sono stati seppelliti alla bene e meglio con gli escavatori reperibili sul posto, in accordo con il capo tribù della zona Musasadi Yalaitow". Tutto il lavoro, racconta l' ex boss, "ci costò 260 milioni, che furono aggiunti al compenso. Quanto ai 660 milioni concordati, provenivano dal conto criptato 'whisky' della Banca della Svizzera italiana di Lugano. Il faccendiere Marino Ganzerla mi diede appuntamento nella stessa Lugano ai primi di febbraio e mi pagò in contanti per conto di Candelieri. Mi consegnò la cifra in dollari, e io inviai 500 milioni di lire alla famiglia di San Luca".


Piu' popolare di così ...



Citazione:

Noi invece qui siamo incatenati da sbirri e giudici.


Bè, si certo, secondo una certal linea di pensiero dominante il probema, dopo i lettori del manifesto, sono giudici e gendarmi, mica i criminali.

La storia di un gendarme:

http://atavicarabbiabruzia.splinder.com/post/20986117/Natale+De+Grazia%3A+una+storia+i

Citazione:


De Grazia, capitano di fregata in servizio presso la procura della repubblica di Reggio Calabria, morto in circostanze a dir poco sospette mentre indagava sul traffico di rifiuti pericolosi, le cosiddette “navi a perdere”. Carrette del mare lasciate colare a picco negli abissi con la stiva carica di rifiuti tossici e radioattivi. De grazia è morto durante il tragitto che da Reggio Calabria l’avrebbe condotto a La Spezia per raccogliere importanti deposizioni sullo spiaggiamento della Motonave Rosso, meglio conosciuta come Jolly Rosso, la nave che il 14 dicembre 1990 si è spiaggiata sulle coste di Amantea e che il pool investigativo di cui De Grazia era la punta di diamante, sospettava trasportasse rifiuti pericolosi successivamente interrati sul territorio circostante.


La storia di un funzionario che lavorava presso il tribunale di Paola:
http://italy.indymedia.org/news/2005/12/953112.php

Citazione:

Giovanni Losardo, 54 anni, fu assassinato perchè batteva strenuamente contro le cosche del Tirreno. Ne ostacolava i perversi disegni, ne denunciava pubblicamente i sopprusi. Lo hanno rivelato molti pentiti di 'ndrangheta. Losardo, capogruppo del partito comunista a Cetraro e segretario capo della procura paolana, venne barbaramente ucciso in una calda sera di giugno.




IL problema sono i radionuclidi che scaldano il terreno al punto da creare macchie di calore visibili dallo spazio, non sono i lettori de Il Manifesto.

Il problema in questo paese sono i criminali, non la gente , tra cui giudici e gendrami, che li hanno combatutto e tutt'ora li combattono con armi sempre piu' spuntate dalla politica che il paese s'è data.


Citazione:

Come mai il cazzo di staato vigila su di noi e permette che affondino navi cariche di rifiuti sulle coste italiane????


Una risposta:

da http://atavicarabbiabruzia.splinder.com/post/18812071/La+ndrangheta+vuole+bene+ai+ca

Citazione:


«La Jolly Rosso trasportava uranio»

Sulla motonave dell'armatore Ignazio Messina, inviata nel 1989 dal governo italiano a Beirut per recuperare circa 2.000 tonnellate di rifiuti tossici, c'era materiale radioattivo che è stato bruciato a Porto Marghera

«La motonave Jolly Rosso dell'armatore Ignazio Messina, inviata nel 1989 dal governo italiano a Beirut per recuperare circa 2,000 tonnellate di rifiuti tossici trasportate in Libano da un'azienda lombarda, trasportava materiale radioattivo. Per l'esattezza uranio, che è stato bruciato dalla società Monteco nell'impianto Sg31 di Porto Marghera, dove malgrado la consapevolezza del pericolo lo smaltimento è proseguito per mesi».

Lo rivela il settimanale L'Espresso in edicola oggi, sottolineando che la notizia trova conferma nel documento del 28 febbraio 1990 intestato all'Unità locale socio sanitaria 36 dov'era allora direttore del servizio di igiene pubblica Corrado Clini, attuale direttore generale del ministero dell'Ambiente.

«Il referto - scrive il settimanale - include l'analisi della condensa dei fumi usciti dal forno Sg31 il 19 gennaio e il 7 febbraio 1990. La prima volta l'uranio fu trovato con una concentrazione di 0,005 milligrammi per metro cubo, la seconda di 0,004». Quantità «preoccupanti», secondo Gianni Mattioli, docente di Fisica a La Sapienza di Roma, «che superano le percentuali allora fissate per legge. Nessuno può ormai negare che sia stata smaltita una sostanza radioattiva. Anzi - conclude il fisico - è necessario aprire un'inchiesta per capire che uranio fosse e da dove venisse».
4 febbraio 2005





Citazione:

Cosa fai, ti appelli alla costituzione o scrivi articoli su giornali in cui ti dicono che viviamo nella libbertta' e democrazia?


La seconda che hai detto: possiamo solo scrivere articoli su un giornale.




Citazione:
Vedi tu se non puoi FACILMENTE identificare il problema, che non e' piu' un problema di smaltimento rifiuti e discariche ma un problema di Alto Tradimento: come mai i sinistrosi, tanto buonini, non denunciano nessuno per questo reato? Perche' fino a ieri (e all'epoca dei fatti) uno di loro era il Traditore della Patria.


La rivista Cuore in illo tempore fece i moni dei politici coinvolti. Politici che erano coinvolti anche in altre strane storie, tipo riciclaggio di titoli di stato, traffico d'armi verso la ex-Jugoslavia e altre cosette ancora.

Bè, dopo tanti anni il popolo è andato alle urne piu' volte ed ha eletto una nuova classe politica che tra altre cose ha ben saputo riscrivere la toponamastica del paese.

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Inviato il: 13/9/2009 13:30
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      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#37
Sono certo di non sapere
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A quindici e passa anni dall'articolo della rivista Cuore sui traffici illeciti di rifuti tossic finiti in fondo ai nostri mari, articolo in cui lo confortante scenario era descritto nel dettaglio con nomi, cognomi, luoghi e circostanze, ecco che quanto già allora detto ritorna su L'Espresso.

Citazione:


'ex boss della 'ndrangheta Francesco Fonti è soddisfatto e amareggiato allo stesso tempo. "Per anni nessuno ha voluto ascoltare quello che dicevo ai magistrati. Ho sempre ammesso di essermi occupato dell'affondamento di navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi. Ho indicato dove cercare: al largo di Cetraro, nel punto in cui il 12 settembre la Regione Calabria e la Procura di Paola hanno trovato a 480 metri di profondità un mercantile con bidoni nella stiva. Eppure, anche oggi che tutti mi riconoscono attendibile, devo affrontare una situazione assurda: vivo nascosto, senza protezione, con il pericolo che mi cerchino sia la cosca a cui appartenevo, sia i pezzi di Stato che usavano me e altri 'ndranghetisti come manovalanza". L'altra sera, aggiunge Fonti, "mi ha telefonato Vincenzo Macrì, il consigliere della Direzione nazionale antimafia. Ha detto: "Speriamo che ora non ci ammazzino tutti?". Ecco di cosa stiamo parlando. Di vicende che puntano dritte al cuore della malavita internazionale e delle istituzioni". Nonostante questo, Fonti, trafficante di droga condannato a 50 anni di carcere, poi diventato collaboratore di giustizia, si sente sereno: "La mia è stata una scelta di vita: mi sono pentito perché ho avuto ribrezzo di quanto fatto da malavitoso, dopodiché succeda quel che deve succedere". Ecco perché non intende restare in silenzio. "Sono tanti i retroscena da chiarire", assicura. Tantopiù dopo sabato, quando è stato annunciato il ritrovamento lungo la costa cosentina della nave con i bidoni lunga circa 120 metri e larga una ventina: "In questo clima apparentemente più disposto alla ricerca della verità, voglio fornire un mio ulteriore contributo. In totale trasparenza. Senza chiedere niente in cambio, tranne il rispetto e la tutela della mia persona". Con tale premessa, Fonti squaderna storie di gravità eccezionale e con particolari che, ovviamente, dovranno essere vagliati dagli investigatori.
suo racconto parte dal 1992, quando l'ex boss spiega di avere affondato le navi Cunski, Yvonne A e Voriais Sporadais dietro indicazione dell'armatore Ignazio Messina. "Nel dossier che ho depositato alla Direzione nazionale antimafia (pubblicato nel 2005 dal nostro settimanale), ho scritto che in quell'occasione abbiamo inviato uomini del clan Muto al largo di Cetraro per far calare a picco la Cunski, mentre ho precisato che la Yvonne A era stata affondata a Maratea", dice Fonti: "Quanto alla Voriais Sporadais, indicai che a bordo aveva 75 bidoni di sostanze tossiche, ma non segnalai il punto esatto dell'affondamento. Oggi voglio precisare che la portammo al largo di Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, sulla costa jonica, e che a occuparsi materialmente dell'operazione fu il boss della zona Natale Iamonte ". Di più: "Lo stesso Iamonte", prosegue Fonti, "si è dedicato spesso allo smaltimento in mare di scorie tossiche. Specialmente quelle che provenivano da ditte chimiche della Lombardia". Nel caso della Voriais Sporadais, precisa, accadde tutto in una notte autunnale del 1992: "Io e il figlio di Natale Iamonte, di cui non ricordo il nome, salimmo sul motoscafo con un terzo 'ndranghetista che guidava e aveva una cassetta di candelotti di dinamite. Arrivammo al limite delle acque territoriali, montammo sopra la nave, facemmo portare a riva il capitano e l'equipaggio, dopodiché piazzammo i candelotti a prua e sparimmo indisturbati".

Fonti non ha problemi ad ammetterlo: "Era una procedura facile e abituale. Ho detto e ribadisco in totale tranquillità che sui fondali della Calabria ci sono circa 30 navi". E non parla per sentito dire: "Io ne ho affondate tre, ma ogni anno al santuario di Polsi (provincia di Reggio Calabria) si svolgeva la riunione plenaria della 'ndrangheta, dove i capi bastone riassumevano le attività svolte nei territori di loro competenza. Proprio in queste occasioni, ho sentito descrivere l'affondamento di almeno tre navi nell'area tra Scilla e Cariddi, di altre presso Tropea, di altre ancora vicino a Crotone. E non mi spingo oltre per non essere impreciso". Ciò che invece Fonti riferisce con certezza, è il sistema che regolava la sparizione delle navi in fondo al Mediterraneo. "Il mio filtro con il mondo della politica è stato, fin dal 1978, un agente del Sismi che si presentava con il nome Pino. Un trentenne atletico, alto circa un metro e ottanta con i capelli castani ben pettinati all'indietro, presentatomi nella Capitale da Guido Giannettini, che alla fine degli anni Sessanta aveva cercato di blandirmi per strapparmi informazioni sulla gerarchia della 'ndrangheta. Funzionava così: l'agente Pino contattava a Reggio Calabria la cosca De Stefano, la quale informava il mio capo Romeo, che a sua volta mi faceva andare all'hotel Palace di Roma, in via Nazionale. Da lì telefonavo alla segreteria del Sismi dicendo: ?Sono Ciccio e devo parlare con Pino?. Poi venivo chiamato al numero dell'albergo, e avveniva l'incontro" Il contenuto degli appuntamenti, era sempre simile. "L'agente Pino mi indicava la quantità di scorie che dovevamo far sparire ", spiega Fonti, "e mi chiedeva se avessimo la possibilità immediata di agire". La maggior parte delle volte, la risposta era positiva. Ed era un ottimo affare: "Si partiva da 4 miliardi di vecchie lire per un carico, e si arrivava fino a un massimo di 30". Soldi che venivano puntualmente versati a Lugano, presso il conto Whisky all'agenzia Aeroporto della banca Ubs, o in alcune banche di Cipro, Malta, Vaduz e Singapore. Tutte operazioni che svolgevamo grazie alla consulenza segreta del banchiere Valentino Foti, con cui avevamo un cinico rapporto di reciproca convenienza ". Quanto ai politici che stavano alle spalle dell'agente Pino, secondo Fonti, sarebbero nomi noti della cronaca italiana. "Mi incontrai più volte per gestire il traffico e la sparizione delle scorie pericolose con Riccardo Misasi, l'uomo forte calabrese della Democrazia cristiana", dice, "il quale ci indicava se i carichi dovessero essere affondati o seppelliti in territorio italiano o straniero. La 'ndrangheta, infatti, ha fatto colare a picco carrette del mare davanti al Kenya, alla Somalia e allo Zaire (ex Congo belga), usando capitani di nazionalità italiana o comunque europea, ed equipaggi misti con tunisini, marocchini e albanesi". Rimane l'incontrovertibile fatto, aggiunge Fonti, "che la maggior parte delle navi è stata fatta sparire sui fondali dei nostri mari ". Non soltanto attorno alla Calabria, "ma anche nel tratto davanti a La Spezia e al largo di Livorno, dove Natale Iamonte mi disse che aveva ?sistemato? un carico di scorie tossiche di un'industria farmaceutica del Nord".



E non è finita. Secondo Fonti, un altro politico di primo piano avrebbe avuto un ruolo nel grande affare dei rifiuti pericolosi. "Si tratta dell'ex segretario della Dc Ciriaco De Mita, indicatomi a metà Ottanta da Misasi per trattare in prima persona il prezzo degli smaltimenti richiesti dallo Stato". Stando al pentito, lui e De Mita si sono visti "tre o quattro volte" nell'appartamento del politico a Roma, dove il boss fu accolto "con una fredda gentilezza". Nella prima occasione, ricorda, "mi fece sedere in salotto e disse: ?Sono soltanto affari??; frase che mi ha ripetuto negli incontri successivi, come a sottolineare un profondo distacco tra il suo ruolo e il mio". Fatto sta, continua Fonti, che "concordammo i compensi per più smaltimenti ". Poi, quando l'affondamento o l'interramento delle scorie veniva concluso, "l'agente Pino ci segnalava la banca dove potevamo andare a riscuotere i soldi "?. Denari accreditati "su conti del signor Michele Sità, un nome di fantasia riportato sui miei documenti falsi. Andavo, recuperavo i contanti e li consegnavo alla famiglia Romeo di San Luca, dove ricevevo la mia parte: circa il 20 per cento del totale".

Da parte sua, l'ex segretario della Dc Ciriaco De Mita nega qualunque rapporto con Fonti: "Smentisco nella maniera più netta", commenta, "le affermazioni di una persona che non credo di conoscere. Porterò questo individuo innanzi al tribunale per rispondere penalmente e civilmente delle sue calunniose dichiarazioni". Vero è, specifica De Mita, "che Misasi era mio amico, e che abitava sotto di me, ma tutto il resto non ha assolutamente senso". Una replica alla quale seguono altri racconti dell'ex boss, che dopo il ritrovamento del mercantile sui fondali di Cetraro, non si limita a occuparsi dei retroscena di casa nostra, ma apre una pagina internazionale finora ignota sulla Somalia: "Avevo rapporti personali", dice, "con Ibno Hartomo, alto funzionario dei servizi segreti indonesiani, il quale contattava me e la 'ndrangheta per smaltire le tonnellate di rifiuti tossici a base di alluminio prodotte dall'industriale russo Oleg Kovalyov, vicino all'allora agente del Kgb Vladimir Putin". Un lavoro impegnativo per le dimensioni, spiega Fonti, gestito in due fasi: "Nella prima caricavamo le navi in Ucraina, a Kiev, le facevamo passare per Gibuti e le dirigevamo a Mogadiscio oppure a Bosaso. Nella seconda fase, invece, le scorie venivano affondate a poche miglia dalla costa somala o scaricate e seppellite nell'entroterra". Facile immaginare le conseguenze che tutto ciò potrebbe avere avuto sulla salute della popolazione. E altrettanto facile, secondo Fonti, è spiegare come le navi potessero superare senza problemi la sorveglianza dei militari italiani, che presidiavano il porto di Bosaso: "Semplicemente si giravano dall'altra parte", racconta il pentito. "Anche perché il ministro socialista Gianni De Michelis, che come ho già raccontato all'Antimafia gestiva assieme a noi le operazioni, era solito riferirci questa frase di Bettino Craxi: ?La spazzatura dev'essere buttata in Somalia, soltanto in Somalia?. Naturale che i militari, in quel clima, obbedissero senza fiatare". Allucinante? Incredibile? Fonti allarga le braccia: "Racconto esclusivamente episodi dei quali sono stato protagonista, e aspetto che qualcuno si esponga a dimostrare il contrario". Magari, aggiunge, "anche su un altro fronte imbarazzante: quello delle auto sulle quali viaggiavo per recuperare, nelle banche straniere, i soldi avuti per gli affondamenti clandestini dei rifiuti radioattivi". Gliele forniva "direttamente il Sismi", dice, "con la mediazione dell'agente Pino. Per salvarmi la vita, in caso di minacce o aggressioni, mi sono segnato il tipo di macchine e le matricole diplomatiche che c'erano sui documenti ". In un caso, "ho usato una Fiat Croma blindata con matricola VL 7214 A, CD-11-01; in un altro ho guidato un'Audi con matricola BG 146-791; e in un altro ancora, ho viaggiato su una Mercedes con matricola BG 454-602. Va da sé, che ci venivano assegnate auto diplomatiche perché non subivano controlli alle frontiere". Ora, dopo queste dichiarazioni, "i magistrati avranno nuovi elementi sui quali lavorare ", conclude Fonti. "Troppo facile e troppo riduttivo", sostiene, "sarebbe credere che tutto si esaurisca con il ritrovamento nel mare calabrese di un mercantile affondato ". Questa, aggiunge, non è la fine della storia: "È l'inizio di un'avventura tra i segreti inconfessabili della nostra nazione. Un salto nel buio dalle conseguenze imprevedibili".





link articolo

link video intrecci ad alti livelli

Lo scenario è a dir poco allucinante.

Non ci sono parole per descrivere lo sconforto ch viene dopo che si leggono e si ascoltano queste cose.

E' incredibile il silenzio della politica attuale: perchè politici tanto loquaci su queste cose tacciano ? Non una filippica, non una richiesta di dimissioni, non una richiesta di commissione d'inchiesta.

A parte qualche assessore che in Tv dice "non i sono probelmi" dove sono le satistiche sulla qualità del pescato, del mare, dei sedimenti ?

Dove sono le statistiche epidemiologiche ?

Come al solito è sempre il solito film: noi del pubblcio dobbiamo solo applaudire ed idolatrare il politico che ma non dobbiamo sapere certe cose perchè magari.

Viene da ridere e da piangere allo stesso tempo pensando agli spettacoli di Grillo e alle sue filippiche sui rifiuti, sull'ambiente, sull'energia. Mentre lui ci faceva ridere con la storia dello spazzolino che nei nostri mari e nel nostro territorio avvenivano cose terribili.

Una sola cosa mi chiedo: con che faccia quelle persone coinvolte, quei politici, si presentavano al proprio elettorato ? Quando a quei tempi andavano a fare un comizio, un incontro, un convegno a Cetraro, a Brancaleone, a Soverato la coscienza non ribolliva, non gli si rivoltava ? Quando magari stringevano la mano di un pescatore o di un albergatore loro elettore non gli cascava la faccia per terra per il rimorso ?

La risposta l'ha data Fonti alla fine dell'intervista: i soldi facili hanno distrutto ogni remora morale.
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Inviato il: 17/9/2009 19:00
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#38
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Leggendo qua e là la situazione è peggio di quanto si possa immagginare.

Dice L'Unità:

Citazione:


...


«È nata l’idea di una mappa per prevenire l’emissione di veleni. Con l’obiettivo di costituire un data-base per il monitoraggio e la bonifica in profondità. Anche se è un’operazione molto complicata. Ma il punto è che possono passare anche 50-60 anni, ma a un certo punto il carico finisce in acqua. Questo progetto, finanziato dalla Commissione Europea, ha individuato come luogo test il santuario dei cetacei (tra la Liguria e la Corsica, ndr)».

Risultato?
«Oltre 500 relitti che giacciono sul fondo dalla Seconda Guerra Mondiale in poi.

....

Il caso della Cunsky è una terribile eccezione?
«No. Basta che delle 500 navi che abbiamo censito 6-7 siano pericolose per rendere il nostro mare una polveriera. Del resto, da sempre l’oceano è stato usato come discarica. Il nostro team ha da poco individuato un sito con 20mila armi chimiche 35 miglia al largo del porto di Molfetta.




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Inviato il: 17/9/2009 20:26
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#39
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Qualcosa pare finalmente muoversi a livello di CE:

Citazione:


Nave veleni, commissario Ue ambiente Dimas scrive a Italia

Il commissario europeo all'Ambiente Stavros Dimas sta inviando una lettera alle autorità italiane in cui chiede chiarimenti sulla nave ritrovata al largo delle coste della Calabria con a bordo sospetti rifiuti tossici.

Lo riferisce a Reuters la portavoce di Dimas, Barbara Helfferich.

Nella lettera, Dimas si dice "molto preoccupato" e chiede all'Italia di chiarire la situazione.



link

A livello di politica nazionale, tra un "non c'è mica problema" e una disgressione in vernacolo , come al solito pare non sia mai successo niente.
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Inviato il: 19/9/2009 9:04
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#40
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Amare considerazioni sul sito "atavicarabbiabruzia.splinder.com":

Citazione:

"Noi calabresi andiamo fieri della nostra terra. Perché c’è sempre. Non è un luogo, un dipinto o una fotografia, è una rappresentazione mentale, un’immagine ideale che fa parte di una “geografia romantica”. Nonostante tutto e tutti, in una vita dove tutto scorre, in un tempo dove tutto cambia e in un mondo dove tutti vanno di fretta, la Calabria c'è sempre e ogni volta che ce ne allontaniamo e poi torniamo, la Calabria ci riabbraccia stringendoci forte, fortissimo, come facevano i nonni quand'eravamo bambini facendoci illudere che quell’attimo potesse essere eterno.
Noi calabresi andiamo fieri del nostro mare, perchè il nostro mare è il più bello del mondo.
Per le ferie, non prenotiamo pacchetti vacanze a Sharm o Ibiza ma prendiamo la macchina e andiamo a passare un mese, una settimana, una domenica a Sibari o a Cittadella, a Soverato o ad Amantea, a Tropea o a Copanello.
Nel marasma mentale quotidiano di un cosentino che cerca di sbarcare il lunario, nella preoccupazione dei padri dei bambini delle scuole di Crotone fatte col cemento tossico, nella speranza di chi soffre negli ospedali di Catanzaro ma ha imparato a soffrire un po’ di meno, negli occhi delle madri reggine che (nel 2009!) accolgono i figli emigrati per bisogno, nel cuore degli innamorati di Tropea che in ogni tramonto dietro lo Stromboli cercano l’infinito…In tutti i calabresi onesti e meno onesti che sanno bene su quale terra camminano e sanno bene che l’ora della fine verrà per tutti… in tutti loro c’è sempre il pensiero che in fondo, quando luglio arriva, chi prima chi dopo ha un appuntamento con il mare, sbocco naturale degli affluenti dei problemi, delle preoccupazione, della nevrosi.


Qualcuno qualche anno addietro, per fare un po’ di soldi, ha deciso di togliere ai calabresi anche il mare. Qualcuno ha deciso che a Campora, a Serra d’Aiello e in altri paesi calabresi quasi ogni famiglia dovesse avere un caso di tumore e che il reparto di oncologia dell’ospedale di Paola si dovesse riempire.
I fusti tossici rilasciano sostanze che entrano nella catena alimentare.
I nostri bambini fanno il bagno nel mare al mercurio, al cromo, all’arsenico.
I pupazzi politici calabresi parlano di un “mare da bere”.
Ilaria Alpi muore in Somalia dietro i fantasmi dei rifiuti tossici dello Stato italiano.
Lo Stato italiano, come al solito, è latitante. Da dove vengono le scorie? Chi doveva controllarle?
I giornali locali, come al solito, per anni “si fanno i fatti loro” per poi oggi fare gli speciali per vendere più copie….
I padani, come al solito, non conoscono la storia e quella dei loro imprenditori.
E noi calabresi andiamo a mangiare il pesce “dalle parti del mare” perché lì è fresco e lo cucinano meglio.
Non ce ne vogliano i pescatori che vivono di pesca. Capiamo il loro dramma e anche il dramma che vivrà l’anno venturo l’industria turistica calabrese.

...

Ci taglieggiano, ci usurano, ci avvertono, ci intimidiscono, ci avvelenano, ci tolgono il mare, ci uccidono.
E lo Stato sta a guardare.
Che senso ha essere cittadini in uno Stato così, che senso ha eleggere dei rappresentanti e che senso ha pagare le tasse se già quotidianamente i calabresi pagano una tassa “ambientale” altissima?
".

Da Ci hanno tolto anche il mare

Dallo stesso sito:

Citazione:

"«Dieci casse di esplosivo militare
Così ho affondato le navi dei veleni»

Calabria, il pentito: fusti radioattivi dalla Norvegia.

...

Forse un giorno verrà ascoltato anche il dottor Giacomino Brancati, medico e consulente della Procura. La sua relazione fa paura. «Si può confermare l’esistenza di un eccesso statisticamente significativo di mortalità nel distretto di Amantea rispetto al restante territorio regionale, dal ‘92 al 2001, in particolare nei comuni di Serra d’Aiello, Amantea, Cleto e Malito ». Parla di tumori maligni di colon, retto, fegato, mammella. Invita a indagare lungo il corso del l’Oliva. "



Uno scenario da paura.
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Inviato il: 19/9/2009 21:15
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#41
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La politica pare fare un timido cenno di interesse verso questa triste vicenda delle navi dei veleni:

Citazione:


L'ex segretario Pd ha incontrato il Procuratore di Paola per fare il punto sulla vicenda
"Anche molte cave usate dalla 'ndrangheta per rifiuti tossici e scorie radioattive"
Nave dei veleni, allarme di Veltroni
"Verificare inquinamento di terra e acqua"



link source

Anche qualche associazione a difesa dell'ambiente fa un timido cenno di interesse:

Citazione:


Navi tossiche

"Ci costituiremo parte civile"

Calabria: esponenti di Legambiente dal procuratore di Paola, Bruno Giordano.



link


Da notare lo stile :

Dall'articolo di Repubblica:

Giornalista: " esperti denunciano che in aree lontane da insediamenti industriali o da fonti di inquinamento, tra la popolazione si registrano picchi anomali di tumori e leucemie. "


Politico intervistato: "Non bisogna creare allarme ..."

Da notare la data dell'intervista: "(25 settembre 2009)"

La rivista Cuore, nata come supplemento de L'unità, pubblicò questa storia almeno 15 anni fa.

Il politico intervistato è stato a suo tempo direttore de L'Unità.

Possibile che non leggesse Cuore ?

Possibile che una denuncia fatta da una rivista nata dal suo stesso giornale sia rimasta inoservata persino da lui per 15 e rotti anni ?

Non una notizia qualunque, si badi bene, bensì una notizia da far accapponare la pelle. Un anotizia di un fatto che il giornale on-line "La Voce " chiama con il suo vero nome: un crimine contro l'umanità link source.
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Inviato il: 26/9/2009 7:45
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#42
Mi sento vacillare
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La politica pare fare un timido cenno di interesse verso questa triste vicenda delle navi dei veleni:

Considerando che siamo di fronte al più grande crimine ambientale di sempre...
Inviato il: 26/9/2009 8:26
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#43
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Un grave crimine ambientale.

Un grave crimine contro l'umanità.

Negli anni tanti crimini contro l'umanità sono passati sotto i nostri occhi, dalla Cambogia ai conflitti africani per finire alle tristi vicende dei Balcani. E mentre osservamo questi tristi eventi un crimine veniva commesso a due passi da noi, in sordina.

Carlo Bertani cerca di tracciare un quadro della situazione:


Citazione:

Fin troppo facile prevedere il seguito della vicenda che i giornali relegano oramai in terza e quarta linea sulle loro pagine, tradizionali od elettroniche, perché la tragedia delle navi cariche di veleni, affondate dalla ‘ndrangheta, è il più grave attacco subito dall’Italia nel dopoguerra.
E’ facile perché in questo sciagurato Paese si ritiene che le notizie non siano tali se solo si riescono ad occultare, oppure a ridimensionare, ma non è così: quando Der Spiegel farà un servizio sulla vicenda, addio turismo tedesco. E la stessa cosa avverrà quando lo faranno i giornali inglesi, francesi e americani: siamo irrimediabilmente fottuti.


Per prima cosa voglio tracciare i confini di questo articolo, il quale non si occuperà delle indagini e dei retroscena – che sono tanti – della vicenda, giacché mi riprometto di farlo in un prossimo pezzo, che sarà necessariamente lungo (e che ho già iniziato a scrivere), il quale richiede molto lavoro di ricerca: per ora, fermiamoci all’evidente. Che è già tanto.

Partiamo da una riflessione: il mare non ha confini, sono gli uomini ad imporli.
Per questa ragione non ha nessun senso parlare di “tragedia calabrese”, poiché se è vero che il pentito Foti fu creduto soltanto quando i medici s’accorsero di una “impennata” dei tumori in quelle aree[1], è altrettanto vero che, per semplici principi chimico-fisici quali l’osmosi ed il prodotto di solubilità, quei veleni sono destinati a diffondesi non solo nel Tirreno, bensì nell’intero Mediterraneo. Comprendiamo che sia difficile da capire per la gran parte del pubblico, ma quelle navi rappresentano – per l’ambiente – il corrispettivo di una bomba atomica sganciata sulla Calabria, una sorta di fall-out che durerà secoli. E, questo, anche se non saranno ritrovate scorie radioattive.
La Procura competente – nemesi della Storia, il magistrato che se ne occupa si chiama Giordano Bruno – non ha nemmeno i soldi per far svolgere dettagliate ricerche, al fine di conoscere il contenuto di quei relitti.

Il Ministro Brunetta ha trovato, invece, 40.000 euro da consegnare a De Michelis, suo antico mentore nel PSI, per “consulenze” ed il vecchio “Unciòn" – come lo chiamano a Venezia, ossia “unto” (non certo dal Signore) bisunto, capello sporco, ecc – ha ricambiato comunicando che, stante la cifra, considerava il suo lavoro al Ministero come “volontariato” [2]
. Noi, che per la metà di quei soldi lavoriamo tutti i giorni, ricambiamo ricordando come lo appellò Enzo Biagi: “un avanzo di balera”.
Per prima cosa, quindi, chiediamo al Governo, come misura immediata – ma anche a Walter Veltroni che si dice “molto allarmato” – di cacciare questo “pendaglio di storta” (è un chimico…) dal Ministero (se fosse possibile fare “ambo” con Brunetta, se non è chiedere troppo…), per consegnare quei 40.000 euro ad un rappresentante delle “élite di merda” – come definisce il nostro Brontolo veneziano chi ha ancora un cervello – e, specificatamente, nelle mani del magistrato competente. Meglio, con una cerimonia a Campo dei Fiori.
La dimensione della tragedia non è stata nemmeno avvertita dalla popolazione, poiché per “comprenderla” bisognerebbe sapere, e per sapere servono soldi, tanti soldi.

Partiamo da quello che sappiamo.
Foti parla di una trentina di navi affondate, di fronte ai litorali del Tirreno e dello Ionio (ma la “Anni” fu colata a picco in Adriatico), approssimativamente da La Spezia a Crotone, con prevalenza sulle coste calabre. Quanta roba c’è dentro a quelle navi?
Senza pretendere di cercare il pelo nell’uovo, possiamo affermare che per quei “lavori” furono utilizzati mercantili di non grande stazza, diciamo intorno alle 5.000 tonnellate. La tonnellata di stazza, però, non coincide con la comune unità di misura per la massa, giacché corrisponde a 100 piedi cubici anglosassoni, 2,83 m3 i quali, considerando per semplicità la densità dell’acqua pari ad uno, corrispondono ad una massa di 2,83 tonnellate. Chi vorrà una dettagliata esposizione, la troverà in nota [3].
E’ difficile fare una stima del carico trasportato, giacché non sappiamo se tutti gli spazi interni disponibili per il carico fossero stati utilizzati: il buon senso direbbe che, volendole usare come semplici “cassonetti” da affondare, le avessero riempite fino alla falchetta, ma non abbiamo prove.
Stiamo quindi “bassi” e conteniamo il carico a sole 3.000 tonnellate di peso: trenta navi – ma sono 180, secondo altre fonti, quelle “disperse” – fanno 90.000 tonnellate di materiali tossici disseminati in mare. Una montagna di robaccia.
Cosa ci può essere in quelle stive?

Non vorremmo che, in breve tempo, qualcuno rassicurasse: “Non ci sono scorie radioattive! Dormite sonni tranquilli!”, poiché il problema diverrebbe meno grave per un’inezia.
Quelle scorie, come ha affermato Foti, provenivano per la gran parte dalle industrie del Nord: quali sono gli scarti industriali che furono ritenuti così difficile da smaltire, al punto di rivolgersi ai mammasantissima?

1) Residui di verniciatura
2) Residui delle industrie galvaniche
3) Scarti dell’industria conciaria
4) Scarti dell’industria tessile e tintoria.

Fermiamoci qui, anche se le tipologie saranno probabilmente molte di più, perché basta ed avanza.
I prodotti versati in mare sono, a questo punto, tantissimi e si deve tener presente un secondo dato: queste sostanze sono, a loro volta, reattive. Quindi, non possiamo sapere cos’abbiano generato dopo essere state immagazzinate alla rinfusa nei fusti, né le interazioni che possono essere intervenute – sono oramai decenni che sono in fondo al mare – con le strutture metalliche della nave e con l’ambiente marino (la salinità dell’acqua di mare, la pressione, ecc).
Insomma, là sotto c’è di tutto.
Per capire, almeno a grandi linee, cosa ci può essere partiamo dalle sostanze utilizzate per sintetizzare quei prodotti tecnici:

Metalli pesanti

Piombo: presente nelle comuni vernici di fondo in funzione antiruggine, usato per decenni (ricordate la classica “antiruggine” arancione?) in tutta l’industria, soprattutto in quella meccanica.

Cromo: è uno dei principali composti di vernici e sostanze coloranti (in greco, chroma, significa proprio colore), soprattutto nella forma esavalente (giallo ed arancio) mentre in quella trivalente è verde. Usatissimo nell’industria conciaria ed in quella metallurgica.

Mercurio: usato anch’esso per vernici e nell’industria farmaceutica. C’è da sperare che, siccome costa parecchio, le industrie cercassero di recuperarlo almeno in parte, così come per l’Argento dell’industria fotografica.

Rame: usato in agricoltura, ma certamente meno pericoloso e meno diffuso dei precedenti.

Stagno: usato per saldature in elettronica. Prodotto costoso, e c’è da sperare che proprio per questa ragione non sia presente in quantità significative.

Composti organici
La tipologia dei composti organici è vastissima, ci limiteremo al minimo:

Naftoli: usati per sintetizzare coloranti (vernici, tinture, ecc).

Ammine aromatiche: anch’essi adoperati per la sintesi dei coloranti. Entrambi causano il cancro alla vescica.

Altre sostanze

Solfati, Nitrati, Cloruri: Zolfo, Azoto e Cloro costituiscono, con l’Idrogeno e l’Ossigeno, gli acidi minerali più usati e conosciuti. Per loro natura non sono molto inquinanti, ma è difficile prevedere quali composti possano generare se lasciati, per anni e sotto pressione, in “compagnia” di un “pudding” di molecole organiche.

Cianuri: usati nel processi galvanici e di cromatura. Basta il nome.

Ci rendiamo conto che la trattazione è assai esigua (diserbanti, fitofarmaci, idrocarburi, ecc) ma ciò basta ed avanza per comprendere il problema: tutte queste sostanze, se entrano in contatto con organismi biologici, causano interazioni gravissime, che si manifestano con malattie della pelle e degli organi interni, malattie nervose e tumori.
Di più: non dimentichiamo che i molluschi, e gli organismi bentonici in genere, tendono a concentrare nei loro liquidi biologici sali tratti dall’acqua marina. Noi, mettiamo loro “a disposizione” il peggior campionario di veleni che si possa concepire: immaginate i risultati.

La catena biologica dei mari italiani è quindi definitivamente compromessa giacché, quelle 90.000 tonnellate delle peggiori schifezze, s’espanderanno lentamente: non è detto che l’Italia non si ritrovi, domani, al centro di costosissime richieste di risarcimento da parte degli altri Paesi rivieraschi.
Siccome il mare non ha confini, e la catena alimentare marina tende ad espandere ciò che è concentrato in un punto, nessuno sarà più certo di non “beccarsi” un pesce che contenga quella robaccia. Personalmente, mangerò soltanto più pesce congelato di sicura provenienza atlantica.
Perché si è giunti a questo punto?

Sicuramente perché il profitto è alla base del crimine: ovunque e chiunque possa sperare di farla franca, risparmierà denaro fregandosene della salute altrui. Non è nemmeno il caso d’approfondire.
Alla base di tutto, però, c’è una generale e diffusa ignoranza da parte della classe politica: sanno pochissimo di queste cose, e quando si trovano di fronte a problemi del genere stentano a comprenderli. Nominano “esperti” per ricevere lumi, si stendono inutilmente chilometriche relazioni, quando il dato è semplice. Solo a volerlo osservare nella sua crudezza.
Ci sono precedenti storici?

In Italia, per moltissimi anni, il Lago d’Orta (Piemonte) fu completamente sterile dal punto di vista biologico: gli scarichi della Bemberg (fibre tessili artificiali), ricchi di Rame, uccisero tutte le forme di vita. Solo dopo anni, s’ottenne finalmente che lo stabilimento fosse dotato dei più moderni ritrovati tecnici per la depurazione dei fanghi in uscita. Oggi, la situazione è decisamente migliorata e sono tornati i pescatori.
Il lago d’Orta, però, è un bacino ristretto, dove fu possibile pianificare gli interventi: mica una “sepoltura” a casaccio in tutti i mari d’Italia.
Un evento che fa invece gelare il sangue è quello di Minamata, in Giappone: nel dopoguerra, nella baia di Minamata, iniziò una catena di morti sospette. Nel 1956, si resero conto che la ragione erano gli scarichi (contenenti principalmente Mercurio) di un’azienda chimica. La “svista” causò 2.265 vittime e 1.784 morti [4].
Cosa possiamo attenderci?

Non è allarmismo ingiustificato e nemmeno spregio della Patria affermare che la situazione non è gravissima: è tragica. Se i giornali stranieri non minimizzeranno come i nostri, non sarà per una sorta di “italianofobia”: avranno soltanto ragione.
Possiamo continuare tranquillamente a mangiare il pesce pescato nei mari italiani? Portare i nostri figli al mare? Riflettiamo che una concentrazione, anche minima, di metalli pesanti nell’acqua genera danni biologici.
Chi avrà il coraggio di sospendere cautelativamente (ma totalmente!) la pesca, almeno nelle regioni colpite da questo crimine? Chi darà ancora le “Bandiere Blu”? Siamo invece certi che prevarrà la logica del voto e del “lavoro”, poiché il danno generato è incommensurabile. Insomma, dovremo accettare d’essere avvelenati giorno dopo giorno: ci chiediamo come faranno, da domani, Sgarbi ed i paladini di Italia Nostra a portare avanti la loro crociata contro gli aerogeneratori, che “distruggono le nostre coste”. Ci hanno già pensato altri.

Il problema poteva essere risolto in altro modo?
Alla base di tutto, come ricordavamo, ci sono due fattori: il profitto e l’ignoranza.
Se il primo non può essere, almeno a breve termine (cosa che, personalmente, gradirei) eliminato, la seconda sì.
Da anni studiosi, tecnici, scrittori e giornalisti avvertono che con l’incenerimento dei rifiuti non si distrugge nulla: le sostanze inquinanti cambiano semplicemente forma e s’espandono nell’atmosfera.
Così è per il mare (e per le discariche): se non si giunge a comprendere che, come abbiamo costruito, così dobbiamo demolire quel che scartiamo, le tragedie come queste si ripeteranno. Anche se, per come stanno le cose, oramai siamo alla frutta.
Considerare quel “pudding” di sostanze alla stregua del petrolio greggio, e quindi recuperare sostanze mediante processi di cracking per poi riutilizzarle, sarebbe possibile se, solo, s’investisse nella ricerca. Ma, noi, usiamo la ricerca solo come fonte di “posti” per i figli dei notabili, com’è stato ampiamente dimostrato [5].

Se qualcuno pensasse “in qualche modo le tireremo su”, si metta tranquillo: il recupero di grandi navi su alti fondali è solo roba per Hollywood. Fosse solo una pilotina, a 500 metri sarebbe già un problema: figuriamoci quelle affondate a 1.000 metri e più! Nemmeno da pensare.
Inoltre, anche spiccando un salto nella fantascienza, durante la risalita perderebbero il carico: niente da fare.

Dopo l’affondamento dell’Andrea Doria, nel 1956, si pensò di recuperarla ma i costi furono considerati proibitivi: l’Andrea Doria, però, ha la chiglia a meno di 100 metri dalla superficie!
Inoltre, questi bei affondatori di veleni, non le hanno colate a picco con il sistema tradizionale, ossia aprendo le valvole a mare (i cosiddetti Kingston): troppa fatica. Come ha confessato Foti, piazzavano trenta chili d’esplosivo a prua e le facevano saltare.
Se, anche, per un caso dei casi, potessero essere recuperate immettendo aria nello scafo, le falle non consentirebbero di raggiungere una spinta positiva. Ma, lo ripeto, è una pura ipotesi “di scuola”.

Molto probabilmente, cercano di minimizzare il fatto – ossia che i mari italiani sono irrimediabilmente avvelenati – perché non sanno che pesci (sic!) pigliare: affidano i titoli di testa alle solite beghe, dalle escort alla RAI, perché un Ministro come la Prestigiacomo non ha assolutamente le capacità d’affrontare un simile scempio. Come sempre, s’adotta la strategia dello struzzo.
L’unica ipotesi – ma, sottolineo, è tutta da verificare – potrebbe essere quella di metterle in sicurezza ricoprendole di teli impermeabili e poi “sigillarle” con un “sarcofago” di materiale inerte. Ripeto: è soltanto un’ipotesi (data la profondità) e bisognerebbe scomodare le “teste pensanti” dell’ingegneria e della ricerca italiana, magari proprio i ricercatori universitari. Sono anch’essi “élite di merda”, Brunetta?

Cosa si dovrebbe fare?
Per prima cosa sospendere totalmente la pesca e la balneazione ovunque ci sia solamente il sentore di una nave affondata: chi avrà il coraggio di farlo?
In seconda battuta, chiamare rapidamente le migliori menti che abbiamo (e ci sono…) in Ansaldo, OTO Melara, Italcantieri, FIAT, ecc, e domandare loro se esiste una sola ipotesi d’arrestare la dissoluzione di quei carichi nell’acqua marina.
Come atto simbolico – come ricordavamo – sarebbe d’uopo rimandare il “veneziano da balera” a casa e consegnare al magistrato competente quei 40.000 euro: sarebbe soltanto un simbolo, ma sarebbe ugualmente importante.
Da ultimo, riflettiamo che le operazioni militari italiane all’estero sono ben 30, che assorbono 8730 militari [6] e risorse per svariati miliardi di euro (parecchi camuffati nelle “pieghe” dei bilanci): ad Ottobre, ci sarà il voto per il ri-finanziamento.
Cos’è dunque l’Italia?

Siamo un Paese che spende miliardi di euro per discutibili (uso un eufemismo…) interventi a casa d’altri, mentre è impestato da un cancro ancor peggiore: di certo, lo Stato italiano non governa un terzo del Paese!
Siamo, quindi – seguendo proprio la loro logica – messi ancor peggio di Karzai!
Potremmo chiedere il dispiegamento nel Sud di una forza multinazionale, oppure richiamare i nostri ragazzi da missioni impossibili, pericolose e senza costrutto per mandarli a presidiare il nostro territorio, perché ne abbiamo un gran bisogno.
Qualcuno potrà ribadire che le mafie non si combattono più con il presidio del territorio, giacché hanno assunto dimensione nazionale ed internazionale: ciò è vero – e serve dunque l’attività d’intelligence – ma solo in parte.
Le mafie hanno bisogno del controllo del territorio, perché la droga si raffina nei laboratori clandestini, le armi s’immagazzinano nell’attesa d’essere vendute, il “pizzo” non viene chiesto a Stoccolma, bensì da Roma in giù. Questa vicenda ne è la dimostrazione lampante.
Bisognerebbe anche avvertire i mammasantissima in carcere che, qualora qualcuno torcesse anche solo un capello di quei ragazzi, potrebbe essere messo in atto nei loro confronti non il "41-bis", ma il “metodo Stammheim”.
Se, invece, credete che queste siano soltanto fanfaluche, domani comprate un bel branzino, fatelo “al sale” e mangiatelo allegramente, come se niente fosse. Oppure, datelo al gatto del vicino: ma solo se lo odiate.

Carlo Bertani
Fonte: http://carlobertani.blogspot.com/
Link: http://carlobertani.blogspot.com/2009/09/fottuti.html
26.09.2009

[1] Fonte:http://www.terranauta.it/a1052/rifiuti_e_riciclo/navi_dei_veleni_in_calabria_rifiuti_radioattivi_provocano_decine_di_morti.html [2] Fonte:http://www.corriere.it/politica/09_settembre_23/demichelis_57f058c4-a803-11de-94a2-00144f02aabc.shtml
[3] Fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/Stazza
[4] Fonte:http://it.wikipedia.org/wiki/Malattia_di_Minamata
[5] Vedi:http://www.clandestinoweb.com/box-focus/182631-ricercatore-denuncia-pressioni-gelmini-malcostume-indag.html e http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=9263&iso=96&is=7
[6] Fonte:http://www.difesa.it/Operazioni+Militari/Riepilogo_missioni_attività_internazionali_in_corso/
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Inviato il: 27/9/2009 17:35
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  •  Garrett
      Garrett
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#44
Mi sento vacillare
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Concordo con l'autore dell'articolo: siamo fottuti.

Questa parte riassume bene la situazione:
La catena biologica dei mari italiani è quindi definitivamente compromessa giacché, quelle 90.000 tonnellate delle peggiori schifezze, s’espanderanno lentamente: non è detto che l’Italia non si ritrovi, domani, al centro di costosissime richieste di risarcimento da parte degli altri Paesi rivieraschi.
Siccome il mare non ha confini, e la catena alimentare marina tende ad espandere ciò che è concentrato in un punto, nessuno sarà più certo di non “beccarsi” un pesce che contenga quella robaccia.


Queste non sono le solite storie, tutte italiane, di puttane e appalti alla sanità.

Personalmente, mangerò soltanto più pesce congelato di sicura provenienza atlantica.

A 'sto punto meglio il Pangasio pescato nelle luride acque del Mekong.

In seconda battuta, chiamare rapidamente le migliori menti che abbiamo (e ci sono…) in Ansaldo, OTO Melara, Italcantieri, FIAT, ecc, e domandare loro se esiste una sola ipotesi d’arrestare la dissoluzione di quei carichi nell’acqua marina.

No, non c'è nessun metodo: le conseguenze sono inimmaginabili.
Inviato il: 27/9/2009 23:05
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#45
Sono certo di non sapere
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L'Unità in articolo on-line parla anche di altre vicende misteriore che sembrano intrecciarsi con questa storia delle navi dei veleni: la tagedia del Moby-Prince, il caso Alpi, i misteri del Corno d'africa.

Citazione:

Le verità affondate da Sibari a Mogadiscio

di Marco Bucciantini.

Le storie andrebbero raccontante dall’inizio ma questa bisogna prenderla per la coda, e risalirla con tenacia e per amore del vero. Forse svelerà vent’anni di affari, di omicidi lontani e di stragi vicine, nel mare di casa. Nei bidoni del Cunsky può esserci il veleno e forse si nasconde anche un capitolo del libro di questo Paese. Ci sono vittime da onorare, debiti da saldare con i familiari di innocenti uccisi. Una stella, la più luminosa, in fondo allo Ionio: si può cominciare dal 21 settembre del 1987, quando la Rigel s’inabissò al largo del golfo di Sibari. Rigel è un nome da romantici: è la stella più nitida della costellazione di Orione. Affondò fino ai mille metri di quel tratto di mare, sprofondo perfetto per occultare qualunque cosa. Nessun Sos venne lanciato e non ve n’era bisogno: ad attendere l’equipaggio c’era una nave jugoslava diretta in Tunisia. Fu provato il naufragio doloso e l’armatore fu condannato per truffa all’assicurazione (i Lloyd’s di Londra).

A quella data dunque era già oliato il traffico di rifiuti tossici. Un esposto di Legambiente avviò l’inchiesta che il procuratore reggino Francesco Neri condusse insieme al capitano di vascello Natale De Grazia. L’inchiesta fu archiviata per l’impossibilità di proseguire le indagini in assenza del relitto.Ma i due batterono quella pista, trovando conferme - nel 1995 - in una nota appuntata sull’agenda di Giorgio Comerio, industriale lombardo che si era appropriato di un’idea dell’Ispra (istituto per la ricerca ambientale che lavora per Euratom): smaltire i rifiuti nocivi non più in cavità geologiche ma nel profondo del mare. Fu l’Onu a impedirlo, vietando con una convenzione lo sversamento di materiale pericoloso sui fondali marini. Comerio rivendette il progetto alla mala e agganciò i governi di mezzo mondo. Nell’appunto ritrovato nella sua villa a Garlasco c’era scritto che la Rigel trasportava rifiuti pericolosi e rientrava tra le 50 affondate. Gli spazzini erano le cosche dei luoghi, ricompensate a dovere. La scoperta dette un senso all’arenaggio della Jolly Rosso sulla spiaggia di Amantea (40 km a sud del Cunsky). La nave era partita dalla Spezia con diecimila fusti di sostanze tossiche recuperate in Libano. Barili che non furono rinvenuti e che si teme siano interrati in zona. A distanza di 19 anni parlano i morti: i casi di tumore nei comuni di Serra D’Aiello e Aiello Calabro sono sopra la media. Sulle acque del limitrofo torrente Olivo esistono analisi controverse, alcune proverebbero la presenza di scorie radioattive. I porti diprovenienza- lo sanno i servizi segreti e lo sa anche De Grazia e lo annota - sono quelli del Tirreno Tosco-Ligure. In uno di questi scali si consuma la più grande tragedia nella storia della marina mercantile. È il 10 aprile 1991, alle ore 22.26 il traghetto Moby Prince in servizio di linea tra Livorno e Olbia, lancia il may day. Si è scontrato con la petroliera Agip Abruzzo. Il Moby ha mollato gli ormeggi da poco. S’infiamma, è ancora vicina alla città, il rogo si vede dalla Terrazza Mascagni e nonostante questo i soccorritori la raggiungono alle 23.35, quindi 59 minuti dopo la richiesta d’aiuto. Il ritardo costò la vita ai 140 a bordo del Moby: si salvò solo il mozzo Alessio Berthrand. Cosa accadde non si è mai saputo.

I processi sono finiti additando «il destino cinico e baro», come disse un pm. Quella sera in porto c’era molto traffico: cinque navi affittate dai militari americani che rientravano con le armi inusate nella guerra del Golfo. Per riportarle a Camp Darby o per trasbordarle su altre imbarcazioni? I registri del porto piazzano tra le navi in movimento quella sera il 21 Octobar II, peschereccio che tre anni dopo comparirà in un’inchiesta sul traffico d’armi con la Somalia: lo scovò Ilaria Alpi, che indagava su queste compravendite. Forse Moby e Agip si scontrarono per evitare le navi che stavano mercanteggiando armi. Sicuramente il ritardo dei soccorsi consentì di ripulire la scena dalle presenze proibite. Le armi in Somalia servono sempre. La guerra è perenne. E anche nel Corno d’Africa si producono rifiuti. Lo sa bene Comerio, che si propone ai governanti africani: ai somali offre 5 milioni di dollari per inabissare le ingombranti scorie radioattive. Fax spediti dalla lombardia e destinati ai capi fazione dimostrano tangenti e commesse. Sono documenti acquisiti dalla commissione d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi. Ma prima di lei e dell’operatore Miran Hrovatin - trucidati a Mogadiscio il 20 marzo del 1994 - in Somalia (a Balad) era stato ucciso anche il maresciallo del Sismi Vincenzo Li Causi, già attivo nella struttura paramilitare Gladio. Per gli inquirenti italiani, Li Causi si sarebbe interessato all’operazione Urano (un progetto di smaltimento di rifiuti tossico- nocivi e di scorie nucleari, in Somalia e in altri Paesi africani) e avrebbe manifestato una crescente inquietudine. S’è confidato con Ilaria Alpi? Il maresciallo dei Carabinieri Francesco Aloi, che fu in servizio al comando della missione Ibis in Somalia, i due si conoscevano. Che Ilaria avesse contatti con un uomo del Sismi l’hanno affermato anche l’operatore della Rai Alberto Calvi e Giancarlo Marocchino, imprenditore italiano a lungo presente in Africa. La Alpi conosceva una parte di questa storia. Che nelle testa del capitano De Grazia si era ingigantita: il 12 dicembre del 1995 sta raggiungendo La Spezia per cercare nei registri navali i nomi di circa 180 imbarcazioni affondate intorno alle coste meridionali e partite da quell’area. Ci pensa su, mentre un misterioso malore lo stronca sul sedile posteriore dell’auto che lo porta verso la verità.


Fonte: http://www.unita.it/news/italia/88965/le_verit_affondate_da_sibari_a_mogadiscio


La conclusione fa impressione: si sospetta di centinaia di navi affondante con il loro carico.

Siamo fottuti perdavvero.
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Inviato il: 28/9/2009 14:41
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#46
Dubito ormai di tutto
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Citazione:
Non vorremmo che, in breve tempo, qualcuno rassicurasse: “Non ci sono scorie radioattive! Dormite sonni tranquilli!”


Invece è quando si sentono queste parole che bisogna scappare.

Citazione:
La catena biologica dei mari italiani è quindi definitivamente compromessa giacché, quelle 90.000 tonnellate delle peggiori schifezze, s’espanderanno lentamente: non è detto che l’Italia non si ritrovi, domani, al centro di costosissime richieste di risarcimento da parte degli altri Paesi rivieraschi.


Il cuore d'oro di chi praticava pesca selvaggia o utilizzava le spadare aveva messo al riparo la vita biologica dell'ecosistema marino dimezzando in pochi anni la fauna marina. Ma guarda un pò tu sono anche veggenti questi soggetti...

Citazione:
Cosa si dovrebbe fare?


Forse dotare di armi la popolazione che avvista chiunque voglia scaricagli merda nel cortile, visto che la marina non è in grado di "prevenire" (si fa per dire) tali catastrofi. Sarei curioso di vedere a quanto sono stati venduti persone e ambiente dalle istituzioni per permettere un simile scempio.
Inviato il: 28/9/2009 17:12
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  •  Garrett
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#47
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A Crotone, per esempio, con le scorie tossiche ci fanno le scuole.
E poi dicono che in Italia non si fa riciclaggio.
Inviato il: 28/9/2009 21:24
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  •  ivan
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#48
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Cronache da Crotone:

Citazione:


Scorie a Crotone, chiuse 2 scuole

Tracce di veleni sui bambini

Dalle analisi su un campione di 290 studenti sono emerse tracce di metalli pesanti

...

Dallo studio di Andò, compiuto su un campione di 290 alunni di una scuola elementare e dell'infanzia e su quelli di un istituto superiore di Crotone, è emersa la presenza nei loro organismi di metalli pesanti come cadmio, arsenico e nichel.

...

Secondo la Procura della Repubblica le scorie, i residui della cottura nei forni speciali, detti "cubilot", anziché seguire un processo di smaltimento a norma, peraltro costoso, venivano reimpiegate come materiale inerte per la pavimentazione di opere edili anche pubbliche. Nel 1997 i vertici della Pertusola Sud ottennero dal ministero dell’Ambiente l’inclusione del cubilot nel decreto che il governo si apprestava ad emanare come rifiuto non pericoloso, malgrado le perplessità che pare avessero espresso alcuni componenti del gruppo di lavoro incaricato dal ministro di studiare la materia.
Così le scorie finirono, insieme alla loppa d’alto forno proveniente dall’Ilva di Taranto, in una miscela chiamata “conglomerato idraulico catalizzato” (Cic) con il quale dal 1999, sono stati riempiti i piazzali della scuola elementare ‘San Francesco’ in via Cutro, dell’Istituto tecnico commerciale di via Acquabona, della scuola elementare ubicata nel rione Pozzoseccagno a Cutro, l'area dei parcheggi di un noto centro commerciale, una casa per anziani, alloggi popolari e villette private, strade e perfino spazi della Questura e della banchina di riva del porto di Crotone.





link source

Ancora :

1) "perfino spazi della Questura": http://www.nuovacosenza.com/cs/08/novembre/scorietossicheKR.html

2) http://www.crotone1.net/staff/newsflash/black_mountain:_tracce_chimice_nel_sangue_dei_bambini_2009092817027.html

Citazione:


Dall'analisi del sangue compiute su 290 alunni, della scuola elementare di San Francesco e dell'istituto tecnico commerciale Lucifero, sono emerse tracce di cadmio, nichel e arsenico. I primi sospetti sono nati, quando numerosi bambini hanno iniziato ad ammalarsi per cause inspiegabili. Le motivazioni purtroppo, sono da collegare ad una discarica abusiva di rifiuti tossici: questi materiali, oltre ad essere stati inseriti nei piloni delle strutture dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, sono stati utilizzati anche nelle fondamenta di queste due scuole e di altre opere pubbliche. Parte delle scorie radioattive, si suppone, provengano dagli scarti dell'industria Pertusola.

Fonte: Notiziario Italiano, 28/09709

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Inviato il: 28/9/2009 21:34
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#49
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Dalle analisi su un campione di 290 studenti sono emerse tracce di metalli pesanti

effetto collaterale
Inviato il: 28/9/2009 23:21
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  •  ivan
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#50
Sono certo di non sapere
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Altri effetti collaterali (link source) :

Citazione:


Morti quaranta operai nella fabbrica tessile
Il tumore dopo una vita a respirare coloranti

...

Ci sono voluti anni e anni di indagini, prima lungo un doppio percorso, poi riportate in un unico fascicolo, per dimostrare la connessione tra i decessi e l'uso di alcune sostanze usate nella fabbrica di coloranti azoici, che contengono "ammine aromatiche", indicate da una ampia letteratura scientifica come responsabili delle insorgenze tumorali.

...

La Procura di Paola ha infatti sequestrato il terreno circostante l'azienda: sotto, tonnellate di rifiuti industriali. Sostanze che erano nocive ancora prima di diventar rifiuti e che per questo avrebbero dovuto seguire l'iter di smaltimento secondo legge. Ma evidentemente qualcuno ha preferito seppellirli lì. Per questo, all'indagine iniziale sulle morti bianche se ne è aggiunta una seconda: non si indaga solo sulle modalità del ciclo di produzione ma anche sull'interramento dei rifiuti

...

Ma le questioni sulla Marlene non finiscono qui. Ci si interroga sui finanziamenti dall'Unione europea e dalla Regione, sulle storie di precariato e cassa integrazione, sui sindacati e sui partiti e persino, come si può leggere nei rapporti del Ministero della Sanità, sul mare non balneabile di fronte alla fabbrica, nonostante ci fosse un depuratore.




Coloranti azoici per colorare i tessuti. Sostanze che a quanto dicono hanno avuto effetti nefasti sugli operai.

E al consumatore che indossava la maglietta colorata con quelle sostanze succedeva mica nulla ?

E quando il consumatore lavava la maglietta, il pantalone , i calzini , i coloranti azoici si degradavano per strada (nelle acque reflue) o proseguivano la loro azione nefasta nell'ecosistema avvelenando flora e fauna , batteri e protozoi, insetti e pesci ?

La tecnologia del passato era quella che era e queste contraddizoni si superano con l' innovazione.

Ci si sarebbe aspettato che i fondi dell'Unione Euroepa fossero serviti a mantener al passo con i tempi le produzioni.

E invece la fabbrica ha chiuso i battenti.

Al suo posto forse un dì ci sarà un complesso edilizio con tanti miniappartamenti di lusso .

Quel che di sicuro non c'è stato è la tecnologia, l'innovazione, il saper produrre in maniera innovativa.
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#51
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Citazione:

ivan ha scritto:



Coloranti azoici per colorare i tessuti. Sostanze che a quanto dicono hanno avuto effetti nefasti sugli operai.

E al consumatore che indossava la maglietta colorata con quelle sostanze succedeva mica nulla ?

E quando il consumatore lavava la maglietta, il pantalone , i calzini , i coloranti azoici si degradavano per strada (nelle acque reflue) o proseguivano la loro azione nefasta nell'ecosistema avvelenando flora e fauna , batteri e protozoi, insetti e pesci ?

La tecnologia del passato era quella che era e queste contraddizoni si superano con l' innovazione.

Ci si sarebbe aspettato che i fondi dell'Unione Euroepa fossero serviti a mantener al passo con i tempi le produzioni.

E invece la fabbrica ha chiuso i battenti.

Al suo posto forse un dì ci sarà un complesso edilizio con tanti miniappartamenti di lusso .

Quel che di sicuro non c'è stato è la tecnologia, l'innovazione, il saper produrre in maniera innovativa.


Credo che la cosa non sia così semplice.,.. intanto i coloranti azoici non son tossici per inalazione, ma per rottura dei legami. Per rompere un legame tra i gruppi azoici e rilasciare arilamine ci vuole il calore o una radiazione di una lunghezza d' onda più ampia di quella della luce.
A meno che non avvenga una decomposizione chimica, ma ciò avviene solo se oltre al colorante nel tessuto non é stato usato un fissante (tipicamente sali di diazonio).
Un capo colorato con azoici normalmente non rilascia niente, deve verificarsi una condizione particolare.
Credo più che il tumore sia dovuto a solventi (spesso si usa trileina) o ai componenti con cui si preparava il colorante (se li preparavano in loco).
Alcuni azoici diretti per esempio vengono prodotti dalla benzidina a sua volta preparata dalla condensazione della aldeide benzonica, che é cancerogena per inalazione (per accumulo però...).

Cmq la disposizione CE N. 31/2002 prevede un progressivo passaggio ad altri coloranti... ma si sa, in Italia le direttive vengono fatte ma mai rispettate.
Inviato il: 1/10/2009 10:08
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#52
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riguardo ai cubilot... non capisco.,. metali pesanti come cadmio? io non son un esperto di fonderia ma avendo studiato i forni qui in azienda so che i cubilot vengono usati per fondere le ghise... ci son ghise contenenti cadmio e robe simili?
Inviato il: 1/10/2009 10:14
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#53
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Quel che volevo sottolineare era l'evoluzione nel tempo delle cose : c'era lì, in quella contrada, un processo produttivo, la produzione di tessuti.

Questo processo produttivo è passato da un'attività agricola-pastorale (es. il baco da seta che era diffuso nel nostro meridione, o la ginestra o il lino ) ad un'attività industriale che ha soppiantato la prima.

La seconda è stata raccontata e vissuta come un progresso : la fabbrica, i macchinari, i pordotti della chimica, la ricaduta occupazionale etc .

Ma la realtà era piu' complessa e meno semplice : : leggiamo che i coloranti azoici avevano certi effetti, lo stesso dicasi per parti di macchinario, e così via.

Quel che era certo era che con la fabbrica la gente ci viveva: ci vivevano i proprietari, ci vivevano gli operai, ci viveva l'indotto .

Ci si sarebbe aspettato che il "sistema paese" avesso difeso con le unghie e con i denti la propria fabbrichetta di tessuti colorati, difesa che doveva avvenire con l'innovazione, con produzioni all'avanguardia tali che si potesse affrontare il mercato a testa alta: "ecco questi sono nostri tessuti, prodotti nel migliore dei modi posiibili, ecco guardate che qualità".

Invece non è andata così , dice l'articolo "Ci si interroga sui finanziamenti dall'Unione europea e dalla Regione, sulle storie di precariato e cassa integrazione, sui sindacati e sui partiti" : La CE, la Regione, la politica, i politici ... e la fabbrica oggi è chiusa, non è proprio un bel risultato.

Nel futuro forse ci sarà un complesso residenziale, dopo che avranno bonificato l'area ovviamente.

Ossia ci sarà un'attività specualtiva, una bolla.

Ma la fabbrica, la produzione di tessuti, ossia un'attività produttiva di pregio che si poteva proiettare nel futuro , non ci sarà piu'.

Lo stesso è accaduto per il mare; il mare, da cui discendiamo tutti, era un'attività produttiva: la pesca il turismo ... la gente ci viveva .
Cosa è successo? Una bramosia di soldi facili ha messo una pesante ipoteca sul fututo di chi di pesca e turismo viveva. Ossia una bolla specualtiva ha distrutto una fiorente attività produttiva.

Che sarà nel futuro della pesca e del turismo in quelle zone ? Vedremo politici tuffarsi felici vicino ai reliltti e fare sorpracciate di crudo appena pescato ? Vedremo politici che andranno con il calice a bere l'acqua di quei fiumi ?
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Inviato il: 2/10/2009 0:15
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#54
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Da Yahoo Notizie:

Citazione:


Nave veleni, Wwf chiede nomina commissario e stanziamento fondi

Versione stampabiledi Daniele Mari Continua a leggere questa notizia
Il Wwf ha chiesto ufficialmente al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi la nomina di un commissario che si occupi della vicenda delle "navi dei veleni" e in particolare del recupero della Cunsky, il relitto ritrovato al largo delle coste della Calabria che si teme possa contenere rifiuti radioattivi

...

Ora Wwf e regione Calabria chiedono che vengano avviate le indagini relative ad altre due navi che Fonti ha detto di aver contribuito ad affondare.

"Questa, e il governo deve capirlo al più presto, è un'operazione di interesse nazionale. Non può essere lasciata alla magistratura, né a una Regione", ha detto l'assessore all'ambiente della Regione Calabria Silvio Greco.

"Aspetteremo la scadenza della settimana, e se ancora non avremo risposta, mi recherò personalmente a Bruxelles per chiedere l'intervento sulla vicenda del Parlamento Europeo".

Il direttore dell'Ufficio Legale del Wwf-Italia, Patrizia Fantilli, ha specificato che "non si parla solo di 30 navi, ma anche di siti a terra, come Serra d'Aiello e Amantea, e di fiumi, come l'Oliva. Vogliamo inchiodare il governo alle sue responsabilità e, in tal senso, è assordante il silenzio del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo".

"Questo è ormai un fenomeno internazionale - ha proseguito Fantilli - dal momento che al Wwf è arrivata una richiesta di documentazione storica dell'Alto Commissariato Onu sui diritti umani e che si sospettano inabissamenti anche in acque straniere come le coste dell'Africa o del Sudamerica".

...




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Inviato il: 2/10/2009 6:29
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#55
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Da L'Unità:



Nave dei rifiuti, è allarme per i tumori in età giovane

di Marco Bucciantinitutti


Ci sono vite a perdere, e non solo navi. Chissà se sono occhi di marinai quelli che sembrano guardare spaventati dagli oblò del Cunsky. Per qualcuno quel relitto è un cimitero, per altri contiene solo bidoni pieni di scorie radioattive, ma nessun uomo è affondato fino a quattrocentonovanta metri del mare di Cetraro. Ci sono vittime però già sepolte in questa storia.

DESTINO CINICO E BARO
Nomi e cognomi, date di nascita, date di morte. Del capitano di vascello Natale De Grazia abbiamo parlato, e lo faremo ancora. E Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E i passeggeri del Moby Prince, che un giudice volle morti «per il destino cinico e baro». Il destino che ruba i giorni e violenta le vite della popolazione intorno Paola, Cosenza, Calabria. Lì al centro geometrico di due vicende oscure, il Cunsky e prima il Jolly Rosso e dove ancora si discute se i rifiuti della nave apparsa sulla spiaggia come una stella cadente a ridosso del Natale di 19 anni fa siano o meno interrati, e abbiano o meno inquinato il torrente Oliva, le terre di Serra D'Aiello e di Aiello Calabro. Lì dove si sono seppelliti uomini e donne fra i 30 e i 60 anni, e queste sono classificazioni che fanno i dottori, quando devono cercare di mettere in numero una percezione di lavoro: «Muoiono in troppi».

DATI ALLARMANTI
Così otto medici di famiglia della cittadina di mare del cosentino hanno incrociato le cartelle cliniche dei loro pazienti. L'incidenza dei tumori nella popolazione «giovane» è maggiore che nel resto della regione e del Paese. Quasi doppia. Mentre in Italia la maggior parte dei malati di cancro muore fra i 65 e gli 80 anni, a Paola – per dirla come quel giudice – il destino cinico e baro si compie con una ventina di anni di anticipo. E la percentuale di decessi fra i trentenni è del 2,9%, quando in Italia sta decisamente sotto l'1. Altro picco anormale intorno ai quaranta anni (Paola 4,15%, Italia 2,8% circa). Quello che ha allarmato i dottori del Smi (sindacato medici italiani) è stata la comparsa di tumori «classici» (alla prostata per gli uomini e alla mammella per le donne) in età giovane. Questo screening, compiuto su tredicimila assistiti, verrà presentato oggi alla commissione sanità del consiglio comunale di Paola. La relazione preparata da Cosmo De Matteis, uno degli otto medici che ha deciso di vederci più chiaro, comincerà con un macabro aggiornamento: «Da quando abbiamo preparato questi documenti, appena un mese fa. sono deceduti altri quattro pazienti, fra i 50 e i 63 anni». Se c’è stato lassismo e pressappochismo nella ricerca delle navi a perdere escluso i martiri di questa storia la stessa superficialità sembra attanagliare la ricerca dell’eventuale inquinamento ambientale. L’iniziativa dei medici di famiglia prova a squarciare questo velo. Fino adesso si conosce solo un allarme del veterinario di Paola, che negli ultimi cinque anni ha più volte rilevato un tasso di metalli pesanti nel pescato del luogo. Pochi chilometri più a sud c’è la certezza della presenza di diossina e mercurio nel letto del fiume Oliva: lo certificò l’agenzia Arpacal per conto della Procura. Qualcosa di «ufficiale » arriverà a giorni insieme ai risultati delle analisi sul pescato compiute il giorno dopo le foto sul relitto in fondo al mare di Cetraro.

03 ottobre 2009



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Inviato il: 3/10/2009 19:30
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Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#56
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Citazione:

sitchinite ha scritto:
riguardo ai cubilot... non capisco.,. metali pesanti come cadmio? io non son un esperto di fonderia ma avendo studiato i forni qui in azienda so che i cubilot vengono usati per fondere le ghise... ci son ghise contenenti cadmio e robe simili?


Dal blog dei vinti - qui-:

Citazione



Scorie cubilot, trovato di tutto: anche il tallio

Il professor Giuseppe Chidichimo, del Dipartimento di Chimica dell’Università della Calabria nonché profondo conoscitore della realtà industriale di Crotone, lo aveva detto. Chiamato a deporre a gennaio davanti alla commissione ‘Igiene e Salute’ del Senato in merito alla vicenda delle scorie dell’ex Pertusola Sud, aveva anticipato che i tecnici, disgregando durante le analisi i campioni di materiali prelevati dalla Procura della Repubblica, avrebbero trovato “grandi quantità” di metalli pesanti. E così è stato!
Arsenico, piombo, zinco, rame, vanadio, ferro, nichel e manganese. Ma anche, in misura minore ed a corredo dei primi, berillio, cobalto, bario e qualche altro elemento chimico della tavola periodica. C’è un po’ di tutto nei campioni di terreno prelevati in nove dei diciotti siti sequestrati lo scorso settembre dalla magistratura nell’ambito dell’inchiesta ‘montagne nere’. Gli stessi metalli pesanti sono stati rinvenuti nell’acqua di falda (che non è quella che esce dai rubinetti delle nostre abitazioni), nell’acqua di decantazione delle carote utilizzate per perforare il suolo e sul selciato degli ultimi sei siti sequestrati lunedì scorso: il parcheggio laterale della scuola di San Francesco, il campetto di Lampanaro e quattro diverse aree ai bordi della strada di Trafinello (via Federico Fellini). Ad oggi i siti sequestrati sono complessivamente ventitrè, essendo stato il campetto di Lampanaro già sequestrato a settembre, anche se oggi i sigilli sono stati estesi dal sottosuolo al suolo.
L’aspetto più inquietante di questa vicenda è che qualche campione di terreno è risultato positivo anche ai test di cessione, cioè ha rilasciato in laboratorio, a contatto con acqua bidistillata, quantitativi di metalli pesanti superiori ai limiti di legge. Il che può voler dire tante cose: 1) la scoria del forno cubilot ottenuta dal riprocessamento delle ferriti di zinco (imputata principale di questa vicenda) conteneva quantitativi tali di veleni che non poteva essere ammessa alla procedura semplificata; 2) non è stata miscelata bene nella tramoggia con gli altri componenti per la produzione del conglomerato idraulico catalizzato (Cic); 3) non sono stati rispettati i protocolli di applicazione sui cantieri. Insomma, in un modo o nell’altro, le scorie depositate nei siti sequestrati tutto erano tranne che materiale inerte.
I nove siti dei quali la Procura ha fornito nei giorni scorsi il referto delle analisi sono risultati a vari livelli tutti positivi. Vediamoli uno per uno, distinguendo i risultati dei campioni di terreno del sottosuolo da quelli del suolo, i risultati della falda da quelli dell’acqua di decantazione e dei test di cessione.
San Francesco - Le analisi hanno rilevato tracce di contaminanti fino a due metri sotto il piazzale della scuola. Nello specifico: arsenico, che in un punto raggiunge i 642,84 mg/kg (limite di legge 20); piombo, con un valore massimo rinvenuto di 2.550,54 (limite di legge 100); zinco, contaminazione massima accertata 13.958 (limite di legge 150). Per quanto riguarda il parcheggio laterale sequestrato lunedì scorso non si registra contaminazione del sottosuolo, ma solo dello strato superficiale, per via del trasporto e del dilavamento con le piogge del materiale inquinante abbancato nel cantiere durante i lavori di costruzione dell’edificio. Su quell’innocente (all’apparenza) spiazzo di terra battuta, le analisi hanno rilevato tracce di arsenico (63,95), piombo (685,08), vanadio (239,14 - limite di legge 90) e zinco (18.636). Negativi i test di cessione, mentre in due campioni di acqua di falda sono state trovate tracce di arsenico del valore doppio e triplo rispetto alla normativa.
Lampanaro - I valori più alti sono affiorati sulla superfice in terra battuta del campetto al centro del quartiere, il cui sottosuolo era stato sequestrato lo scorso anno e lunedì i sigilli sono stati estesi al tratto superficiale: arsenico 396,76 mg/kg, piombo 1.926,6, vanadio 336.4, zinco 16.910,78. Più contenuti, ma sempre fuori norma, i valori riscontrati nel sottosuolo, con lo zinco che raggiunge in un punto i 1.628,9 mg/kg, il vanadio 131,5 ed il piombo 141,21. Fuori dalla norma anche il berillio. Per quanto riguarda i campioni liquidi, solo l’acqua di decantazione recuperata da una carota presenta una concentrazione di manganese pari a 67,79 ug/l (limite di legge 50).
Commerciale - Tutti nella norma i valori dei campioni di terreno, tranne una concentrazione di arsenico poco sotto il limite normativo. Lo stesso arsenico è invece affiorato dalla falda in quantità superiori quattro volte al limite normativo, ad una profondità di un metro e venti centimetri, insieme a tracce fuori norma di ferro. Positivi i test di cessione per il piombo: 57,597 a fronte dello sbarramento normativo fissato a 50 ug/l.
Questura - Forse è uno dei siti che stanno messi peggio. Oltre ad arsenico, piombo, vanadio e zinco abbondantemente fuori norma, sono affiorate tracce di cadmio dieci volte superiori alla normativa e di rame che in un punto raggiunge i 944,3 mg/kg (limite 120). Eccedenti anche i dati del berillio e del cobalto, mentre tracce di arsenico sono state trovate nella falda e nell’acqua delle carote; queste ultime hanno restituito anche valori fuori limite di ferro e manganese.
Margherita - In questo quartiere ai margini della periferia Nord della città sono stati campionati due piazzali. L’unico inquinante rinvenuto nel sottosuolo del primo piazzale è il vanadio. Più complessa la situazione del secondo piazzale dove i carotaggi hanno restituito campioni di terreno contaminati da arsenico, rame, piombo, vanadio e zinco; superiori alla media anche cadmio, berillio e cobalto. Dalle acque delle carote è venuto fuori del ferro leggermente superiore alla media.
Trafinello - I carotaggi effettuati lungo via Federico Fellini hanno portato alla luce un inquinamento da arsenico e zinco. Gli stessi inquinanti sono stati rinvenuti in quantità maggiori ai bordi della strada, al livello superficiale dei quattro siti sequestrati lunedì scorso, che confinano con i campi. Non si hanno notizie invece sulla falda, che pure sarebbe interessante avere, visto che da quelle parti insistono numerose coltivazioni.
Casillo - È l’unico sito dove in un punto è stato trovato un rilevato di conglomerato idraulico catalizzato a norma. Ma è solo un’eccezione, considerato che anche il piazzale dell’ex Euronics è stato classificato come inquinato, per via della presenza eccessiva di arsenico, rame e zinco nel sottosuolo. Situazioni di rischio arrivano anche dal responso sulle acque di decantazione delle carote che hanno restituito una concentraziona doppia di arsenico e tracce di selenio fuori norma.
Via Poseidone - Anche per questo sito, una parallela di viale Magna Grecia, il responso parla di inquinamento per la presenza eccessiva di vanadio.
Ponte Lampanaro - Il cavalcavia di viale Ghandi è stato campionato a tappeto. Il referto è inequivocabile: tracce elevate di arsenico, bario, cadmio, ferro, manganese, piombo e zinco. Finanche il tallio, un materiale molto tossico che in passato ha trovato uso in topicidi e pesticidi ma vista la sua pericolosità è stato bandito, è risultato in un punto leggermente superiore al limite di legge.

(Fonte: Il Crotonese)




Conseguenze:

Citazione


Black Mountains: un'indagine nel cassetto da 10 anni

Veri e propri viaggi della speranza, in località del Settentrione. I genitori di molti bambini di Crotone le tentano tutte per salvare i propri figli. Glieli hanno avvelenati. Andavano a scuola ogni giorno, non potevano pensare di poggiare i piedi su un immenso tappeto di scorie radioattive, non potevano pensare di respirare veleno per diverse ore della giornata. Adesso molti di loro sono affetti da patologie tumorali, devono essere curati. Le sostanze, zinco, cadmio, nichel, gliele hanno trovate nello stomaco, nei capelli. Appoggiavano i piedi sulle scorie dell’ex Pertusola Sud, respiravano i veleni dell’ex Pertusola Sud. Lo hanno fatto per dieci anni.
Si perché sui veleni della Pertusola Sud era stata aperta un’indagine già nel 1998. Per dieci anni, però, oblio e polvere hanno avvolto il fascicolo. Ci ha pensato il sostituto procuratore di Crotone, Pierpaolo Bruni, a riaprire il caso nel 2008 con l’inchiesta “Black Mountains”. Secondo la stima effettuata da Bruni, fino al 1996, nei depositi dell’azienda erano stoccati almeno 200.000 metri cubi di materiale, pari a 400.000 mila tonnellate di scorie. "Black Mountains”, montagne nere. Nere di veleno. Il sindaco di Crotone, Peppino Vallone, è tra i più attivi: alcuni giorni fa ha disposto la chiusura a tempo indeterminato della scuola elementare San Francesco e dell'istituto tecnico commerciale Lucifero. Deve fare i conti con una città in cui la ‘ndrangheta uccide i bambini mentre giocano a calcetto, “la gente non si indigna più”, ha detto a strill.it il 21 settembre scorso, deve fare i conti con una città avvelenata.
La gente a Crotone muore e i bambini si ammalano. Che qualcosa di strano stesse accadendo, negli anni, è certificato anche nel “Rapporto Annuale su Salute e Ambiente in Italia” del 2001 dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) nel quale viene considerato, tra le diverse zone di criticità ambientale presenti nel nostro paese, anche quello di Crotone. A riguardo è scritto: “Gli eccessi osservati a Crotone, con particolare riferimento al tumore polmonare tra gli uomini, suggeriscono un possibile ruolo delle esposizioni legate alle attività industriali dell’area, soprattutto di carattere professionale (…). Anche prescindendo dalle singole cause di morte, è inoltre da segnalare un eccesso di mortalità totale intorno al 10 % in entrambi i sessi, ad indicare un carico negativo non trascurabile sulla salute”.
Lo stabilimento della Pertusola Sud, sequestrato nel dicembre del 2008, cessa la produzione nel 1999, lasciando in attività un numero ridotto di unità lavorative per completare lo smaltimento delle ferriti; l’industria trattava solfuro di zinco, proveniente dal Canada, dall’Australia e dall’Irlanda, per la produzione primaria del metallo, con un ultimo passaggio che avveniva di norma presso gli impianti di Porto Vesme, a Portoscuso, in Sardegna. L’inchiesta “Black Mountains” si occupa dell’utilizzo, a Crotone, per l’esecuzione di lavori pubblici, di scorie tossiche derivanti appunto dalla produzione della Pertusola. Sono in tutto 23 i siti sequestrati, dislocati tra i comuni di Crotone, Isola Capo Rizzuto e Cutro. Sarebbero tutti avvelenati dalle scorie dello stabilimento di Crotone, un tempo appartenuto all’Eni, e da quelle dell’Ilva di Taranto, il più grande impianto siderurgico d’Europa.
Zinco, cadmio, nichel e altri metalli pesanti: le basi delle scuole di Crotone, ma anche di altri edifici pubblici e complessi residenziali. Un piazzale sarebbe stato realizzato con il cubilot, una miscela letale di zinco e altri veleni. La ditta Pertusola si difende: l'uso di tali rifiuti per la realizzazione di rilevati e sottofondi stradali di opere pubbliche e private sarebbe previsto dal Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1998 relativo alla procedura semplificata per lo smaltimento di rifiuti. Ma la realtà è questa: un simile smaltimento appare assai conveniente perché permette di risparmiare, eccome, i costi di costruzione e, nello stesso tempo, di far sparire enormi, e scomodissimi, carichi di veleno.
Appena alcuni giorni fa, il sostituto procuratore Pierpaolo Bruni ha notificato l’avviso di conclusione dell’indagine “Black Mountains” ai 47 indagati tra cui figurano Edo Ronchi, Ministro dell’Ambiente dal maggio del 1996 all’aprile del 2000; l’allora direttore generale del Ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini; l’ex presidente della Provincia di Crotone, Sergio Iritale, l’ex sindaco ed attuale consigliere regionale della Calabria, Pasquale Senatore. Sono anche indagati il legale rappresentante pro-tempore della Pertusola Sud; quelli di tre imprese edili, due di Crotone e una di Parma, e tre funzionari dell’ex Presidio multizonale di prevenzione dell’ex Azienda sanitaria di Catanzaro. Le accuse sono gravi: si va dal disastro ambientale, alla realizzazione di discariche abusive, passando per avvelenamento di acque, turbativa d’asta e frode in pubblica fornitura.
I tecnici non si sbilanciano sui possibili danni arrecati alla catena alimentare: “Ci vorrà del tempo per capirlo”, dicono. Quel che è certo è che Crotone è, da anni, immersa nel veleno. C’è una perizia inquietante di un consulente della Procura della Repubblica di Crotone: le scorie adoperate per il conglomerato idraulico catalizzato utilizzato nelle aree sequestrate a Crotone sono “altamente tossiche e cancerogene, le scorie rilasciano veleni nelle falde acquifere. Se ingerite o inalate sono altamente tossiche e cancerogene”. La Calabria soffocata dalla ‘ndrangheta, dalla malapolitica, da faccendieri senza scrupoli, dopo le navi dei veleni viene risucchiata in un nuovo incubo. Questa volta, però, tutto è ancora più sconvolgente e spregevole per i responsabili, perché di mezzo ci sono bambini che, come unica colpa, pagano il fatto di essere nati in una terra senza speranza.

di Claudio Cordova

Fonte: Strill.it, 30/09/09
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La cosa é vergognosa, e c' é da sperare (poi chissà) che qualcuno prenda provvedimenti...
ma da quel che capisco questi cubilot erano stati caricati con scorie tossiche non con ghisa... un uso improprio di quel genere di forno.
Inviato il: 12/10/2009 7:57
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Citazione:

sitchinite ha scritto:
La cosa é vergognosa, e c' é da sperare (poi chissà) che qualcuno prenda provvedimenti...



Dice Il Manifesto today:

Citazione:



Il relitto di Cetraro, lentamente, sta ritornando nel buio dei fondali. I 500 metri di profondità che lo hanno nascosto per diciassette anni si allungano, diventano inaccessibili. Il rischio del silenzio è dietro l'angolo. Eppure è lì. Eppure nessuno ha smentito la storia delle navi dei veleni. Anzi, man mano che gli archivi risalgono in superficie la lista delle conferme si allunga, si rinsalda.
La prima notizia è pessima: i rifiuti pericolosi al largo di Cetraro ci sono. Due aree vicine alla zona del ritrovamento del relitto dello scorso 12 settembre - una un po' più a nord, l'altra più a est, vicina alla costa - sono contaminate da metalli pesanti: arsenico, cobalto, alluminio e cromo. Tutte sostanze che non possono provenire dalla costa, dove non esistono industrie. Tutte sostanze, quindi, che qualcuno ha gettato in mare.
Non si tratta di studi del governo arrivati in questo mese di attesa. L'individuazione dei residui è del 2006 ed è riportata in una ordinanza della Capitaneria di Porto di Cetraro, la 03/2007. Il documento indica due quadrilateri, vietando la pesca a strascico nelle zone contaminate. La Marina militare, dunque, sapeva dell'esistenza di rifiuti tossici al largo di Cetraro da almeno tre anni. Peccato che quando il procuratore di Paola chiese aiuto per individuare il relitto la risposta fu evasiva: non abbiamo navi da inviare.

E il consulente della Mitrokhin?
C'è poi una seconda notizia, passata inosservata, riportata solo dai quotidiani della Calabria. Sulle navi a perdere è intervenuta una fonte autorevole, l'ammiraglio Bruno Branciforte, da poco a capo dell'Aise - i servizi segreti militari - convocato dal Copasir, il comitato parlamentare per il controllo dei servizi segreti. Secondo quanto riportato dal quotidiano Calabria ora, l'ammiraglio ha confermato l'esistenza di almeno 55 navi utilizzate - in vario modo - per il trasporto illegale di rifiuti. La questione doveva poi essere approfondita in un'altra audizione dedicata, ma di rinvio in rinvio non se ne è saputo più nulla. Eppure le domande da fare a Branciforte non mancano: perché fin dal 1995 si parla di interventi più o meno velati dei servizi segreti nella questione senza, però, avere mai una risposta chiara? E che ruolo hanno avuto personaggi come Scaramella - il mitico consulente della commissione Mitrokhin - o come Aldo Anghessa, apparsi varie volte nelle inchieste degli anni Novanta sulle navi?
Tutto tace
Il silenzio, intanto, è sceso anche sull'inchiesta giudiziaria. A metà settembre il procuratore di Paola Bruno Giordano ha dovuto passare tutte le carte alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Il pentito Francesco Fonti, con le sue dichiarazioni alla stampa, ha accusato direttamente la 'ndrangheta di tre affondamenti, tra i quali quello del relitto al largo di Cetraro. Fonti è andato, però, oltre, individuando i possibili mandanti ai più alti livelli in diverse interviste. Ed è quindi sconcertante che ancora non abbia deposto davanti ai magistrati, mentre il programma di protezione - che era stato sospeso negli anni scorsi - non è stato ancora riattivato. E come spesso accade in Calabria, i fatti vengono avvolti da una sorta di opacità, che impedisce di capire cosa stia accadendo. Tre magistrati di Catanzaro - Lombardo, Borrelli e Pignatone - lo hanno in realtà convocato nei giorni scorsi a Roma, presso la sede della Direzione nazionale antimafia. Quel giorno, però, l'avvocato di Fonti, Claudia Conidi, era impegnata in un altro processo. «Avevo avvisato i magistrati della Dda con un fax - spiega - ma hanno voluto fare lo stesso l'interrogatorio». Francesco Fonti, a quel punto, non ha voluto proseguire. «Si è sentito insicuro, senza un avvocato di fiducia - continua l'avvocato Conidi -, senza ancora un programma di protezione». E l'attesa deposizione è saltata. Il problema è che - secondo il legale del pentito - i magistrati di Catanzaro non avrebbero intenzione di risentirlo, almeno per il momento. «Il procuratore Borrelli - spiega il legale - mi ha detto che lo sentirà solo se ci sarà una necessità processuale». Per ora le parole pesanti di Fonti non verranno, dunque, messe su un verbale. Preoccupato, il pentito ha preso carta e penna e ha scritto ieri alla procura di Salerno, competente per la vigilanza sull'operato dei magistrati calabresi: «Vuole essere sentito - racconta l'avvocato - con tutte le garanzie, che finora non ha avuto».
C'era una volta l'entusiasmo
Lontanissimi sono quindi i giorni di metà settembre, quando l'entusiasmo del procuratore di Paola Bruno Giordano e dell'assessore regionale all'ambiente Silvio Greco annunciava la svolta nella lunga e complessa storia delle navi dei veleni. I veleni - e questo è certo - rimangono lì, nel mare di Cetraro e sulle colline vicino Amantea. Aspettano che qualcuno scriva i nomi che erano stampati sulle etichette dei fusti, gettati in mare nelle navi a perdere.







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Inviato il: 15/10/2009 7:39
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  •  sitchinite
      sitchinite
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#59
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/6/2007
Da Roma - Pomezia
Messaggi: 3270
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davvero vergognoso...
ivan, che tu sappia, c' é un forum o un blog che raccolga tutte queste notizie?
secondo me ci sarebbe il tanto da dedicare una sezione qui dentro... così giusto per memoria storica.
Inviato il: 15/10/2009 7:57
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  •  ivan
      ivan
Re: Ecco perché non vogliamo le discariche
#60
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 22/7/2004
Da Bronx
Messaggi: 11520
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Un servizio di una TV locale, Teleuropa:

link video.


Dal servizio emerge il panico che si è scatenato in quelle contrade .

Quelle sono zone molto fertili, con l'acqua di quel fiume la gente ci irriga coltivazioni di pregio, con quell'acqua e quei suoli e quei monti e quel mare la gente ci vive e questo fa ancora piu' rabbia.

Il referto illustrato, per la parte che si riesce a vedere, è parziale : illustra un pò di metalli pesanti.

Manca, o quanto meno nel servizo non si vede' la parte degli inquinanti organici previsti dal decreto 152/2006 cos' come non si vede la parte relativa ai radionuclidi, che se è vero che ci sono scorie radioattive sarebbero avrebbero dovuti essere loro le priorità, e non i metalli pesanti.

Aspettiamo l'evolversi delle cose.
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Inviato il: 17/10/2009 0:19
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