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   UFO e alieni
  Disertore,il nuovo eroismo

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Disertore,il nuovo eroismo
#1
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/9/2006
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Disertori a stelle e strisceFuggono dalla guerra in Iraq. Centinaia di riservisti passano il confine per non combattere. Ma Ottawa non concede loro l'asilo, per paura di tensioni diplomatiche con il potente vicino. E loro rischiano l'espulsione e la pena di morte

Li chiamano Absent Without OfficialLeave, «assenti senza permesso ufficiale», e dall'inizio della guerra in Iraq sono diventati un vero e proprio grattacapo per il Ministero della Difesa statunitense. Sono i disertori che, a quarant'anni di distanza dalla guerra del Vietnam, hanno ripreso a marciare in massa verso il Canada, storica terra d'asilo dove tra gli anni '60 e '70 migliaia di giovani americani trovarono rifugio e una via di fuga dall'obbligo della leva.
Fra loro c'è l'ormai ex sergente Phil McDowell che qui arrivò nel marzo 2005 con la moglie e un bagagliaio pieno di vestiti per l'inverno. Le autorità gli danno la caccia da allora, quando Phil, in missione in Iraq con la Prima cavalleria, decise di strapparsi di dosso stellette e uniforme di un'America in cui non si riconosceva più. Per l'esercito del suo paese il soldato McDowell è un traditore della patria e come tutti i traditori il suo destino è appeso al giudizio della corte marziale.
«Decisi di arruolarmi nell'esercito subito dopo l'11settembre - racconta Phil - e a febbraio del 2004 fui spedito a Baghdad. Ci avevano convinto che Saddam nascondeva da qualche parte armi di distruzione di massa». Il suo compito era quello di guidare i convogli che trasportavano i soldati di città in città. «Un giorno mi ordinarono di speronare con il mio veicolo ogni mezzo civile che mi trovavo davanti - ricorda Phil - Disobbedii e mi spedirono in un villaggio sperduto dove vidi con i miei occhi prigionieri iracheni, colpevoli di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, trattati come animali, chiusi al freddo senza acqua né cibo e con un sacco nero in testa».
Tornato negli Stati uniti e costretto - due anni dopo, nell'ottobre 2006 - a ripartire per un'altra missione in Iraq, il sergente McDowell decise di disertare, commettendo un reato ancora oggi punibile con la pena di morte.
Incontriamo Phil in un'ex acciaieria nel quartiere di China Town, dove ogni settimana due generazioni di disertori si confrontano attorno a un grande tavolo. La sala è gremita. Ci sono vecchi veterani del Vietnam, con lunghi capelli bianchi e cappellini da baseball, che sbraitano per la mancanza di fondi per loro, donne sulla sessantina che discutono animatamente con alcuni legali e poi tanti, tantissimi giovani. Tra di loro una decina di esuli di guerra. È il quartier generale dei War Resisters, un'associazione progressista che da 20 anni si batte per difendere i diritti dei disertori.
Lee Zalosfky, coordinatore dell'associazione e disertore della guerra in Vietnam, è visibilmente preoccupato: le spese legali hanno prosciugato le casse e quasi tutte le nuove richieste d'asilo sono state rigettate dall'Ufficio Immigrazione. Lee, un omone sulla cinquantina con un grosso baffone biondastro e un paio di bretelle nere, spiega che nonostante il 64% dei canadesi sia favorevole alla concessione dell'asilo per i disertori di guerra (Angus Reid poll), una parte della popolazione comincia a chiedersi se sia giusto accogliere le richieste d'asilo dei soldati americani che vestono volontariamente l'uniforme. Attirati da assistenza sanitaria gratuita e 1600 dollari al mese, oggi i giovani americani scelgono in massa di entrare volontariamente nell'esercito. Una decisione, però, dalla quale è difficile tornare indietro. Tra il 1964 e il 1975 furono oltre 55mila i soldati che disertarono la guerra. E se durante il Vietnam rischiavano al massimo il carcere, oggi per chi diserta l'Iraq o l'Afghanistan il codice militare prevede la pena di morte.
In Canada è opinione diffusa e supportata dai media che dietro i rifiuti dell'Ufficio Immigrazione si nasconderebbero in realtà delle preoccupazioni diplomatiche. Se infatti le richieste di asilo politico di questi giovani saranno accolte, saranno in migliaia i disertori che passeranno il confine, forti del fatto che al di là dei Grandi Laghi c'è una terra pronta a dar loro rifugio. Un tradimento intollerabile da parte del più vicino degli alleati: uno scenario imbarazzante per Washington. Tra i falchi della Casa Bianca c'è già chi reclama sanzioni contro Ottawa, che negli ultimi 20 anni si è guadagnata l'appellativo di «Canadukistan sovietico», pronto a passare dalla parte del nemico nella lotta al terrorismo.
Sono lontani i tempi in cui Lyndon B. Johnson tentò di strozzare l'allora primo ministro canadese e Premio Nobel per la pace, Lester Pearson, che si rifiutava di prendere parte alla guerra in Vietnam.
Oggi il Primo ministro canadese Stephen Harper, rieletto lo scorso 14 ottobre alla guida di un ennesimo governo di minoranza, ha fortemente voluto la presenza militare canadese in Afghanistan ed è un dichiarato sostenitore del conflitto in Iraq. E non è un caso, secondo le organizzazioni pacifiste, che il numero delle richieste d'asilo rigettate dal governo canadese sia considerevolmente aumentato sotto la sua amministrazione, nonostante qualche mese fa il Parlamento abbia votato per concedere la residenza permanente a tutti i militari americani che fuggono dall'Iraq. «È molto semplice. - spiega Lee - Il governo Harper è un governo di destra, in sintonia con l'amministrazione Bush. Sono favorevoli alla guerra e meno inclini ad accogliere le richieste d'asilo dei disertori. Vogliono fare del Canada una nazione guerrafondaia. «Siamo amici degli Stati uniti e dobbiamo combattere al loro fianco. Ecco tutto».
Intanto, per far fronte all'ondata degli Absents, l'esercito americano è alle prese con la riorganizzazione delle strutture che si occupano di loro. Garrett Riotte, un disertore di 18 anni, racconta che nei Marines avevano creato una squadra denominata «The Chasers» (i cacciatori) con il compito di arrestare i soldati sospettati di diserzione. «Alla giustizia militare americana non si sfugge», aggiunge Lee. Questo i disertori lo sanno. Jerry Texiero fu uno dei primi soldati americani a lasciare il Vietnam. Si era dato disertore dalla base di Barstow in California nel lontano 1965. Lo acciuffarono nel 2005 a Tarpon Springs dove lavorava in una società nel settore navale sotto il falso nome di Jerome Conti. «Tutto questo è imbarazzante per Washington. Catturare un uomo per diserzione dopo 40anni è ridicolo! - dice Lee- Queste notizie non aiutano chi ci governa. Negli Stati uniti la gente ha perso la fiducia nella politica. Quando si parla di Iraq in tv, gli americani cambiano canale...non importa più a nessuno. Noi tutti speriamo che con Obama le cose cambieranno. Non ha una bacchetta magica, ma dovrà tenere conto della gente che l'ha votato per la sua opposizione alla guerra».
Aslan Lamarche, un ex marine di 18 anni, è residente in Florida. Aslan ci teneva a dare il suo voto ai democratici e qualche giorno prima del 4 novembre si era presentato al consolato di Toronto chiedendo informazioni sul voto dall'estero. «Dovevi vedere le loro facce. - racconta Aslan - Mi hanno chiesto: "Ma tu non dovresti essere in Iraq? Uno degli uomini della sicurezza ha urlato dicendo: 'Hai disertato la guerra, ti sei opposto al tuo governo e poi reclami il diritto di votare! Vai a fanculo!'. Fortuna che mi trovavo dall'altra parte del cancello, anche se due uomini della sicurezza mi avevano invitato ad entrare. Volevano portarmi dentro». E sono tanti i disertori che per sfuggire all'arresto sono stati costretti a rinunciare al diritto di voto.
«Prima di gettar via l'uniforme, molti dei disertori votavano repubblicano ed erano degli strenui sostenitori delle guerre in Medio Oriente» spiega J. V., 20 anni, che dice di avere il telefono e la posta elettronica sotto controllo. «Oggi - assicura- i 5mila disertori americani sparsi in tutto il mondo hanno votato in massa per Obama».

Lorenzo Tondo ilmanifesto
_________________
la religione è indispensabile
soltanto a un’umanità rescissa dal mondo divino-spirituale.
Inviato il: 8/2/2010 14:19
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Re: Disertore,il nuovo eroismo
#2
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 3/4/2005
Da Atene
Messaggi: 8134
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«Prima di gettar via l'uniforme, molti dei disertori votavano repubblicano ed erano degli strenui sostenitori delle guerre in Medio Oriente» spiega J. V., 20 anni, che dice di avere il telefono e la posta elettronica sotto controllo. «Oggi - assicura- i 5mila disertori americani sparsi in tutto il mondo hanno votato in massa per Obama».

Dei veri geni, insomma.
Inviato il: 8/2/2010 15:27
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Re: Disertore,il nuovo eroismo
#3
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 11/4/2009
Da Freedonia
Messaggi: 1463
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Citazione:
Per l'esercito del suo paese il soldato McDowell è un traditore della patria


Patria? Quale patria?

Citazione:
Oggi il Primo ministro canadese Stephen Harper, rieletto lo scorso 14 ottobre alla guida di un ennesimo governo di minoranza, ha fortemente voluto la presenza militare canadese in Afghanistan ed è un dichiarato sostenitore del conflitto in Iraq.


I disertori americani pensano di scappare.....credo che a breve le giubbe rosse avvieranno un progamma di reclutamento di massa.
Inviato il: 8/2/2010 15:51
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  •  Ghilgamesh
      Ghilgamesh
Re: Disertore,il nuovo eroismo
#4
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 27/10/2005
Da
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Citazione:

Paxtibi ha scritto:
«Prima di gettar via l'uniforme, molti dei disertori votavano repubblicano ed erano degli strenui sostenitori delle guerre in Medio Oriente» spiega J. V., 20 anni, che dice di avere il telefono e la posta elettronica sotto controllo. «Oggi - assicura- i 5mila disertori americani sparsi in tutto il mondo hanno votato in massa per Obama».

Dei veri geni, insomma.



Son dei disertori e vanno a votare (roba che ti arresterebbero pure qua in Italia!) ... se capiva che non erano proprio fenomeni!

^__^
Inviato il: 8/2/2010 17:11
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  •  abbidubbi
      abbidubbi
Re: Disertore,il nuovo eroismo
#5
Mi sento vacillare
Iscritto il: 31/8/2005
Da roma
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Non sono fenomeni, sono la norma. La massa è graniticamente certa del fatto che una matita copiativa faccia meno danni di un Uzi.
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Io sto mentendo. (Eubulide, V secolo a.C.)
Inviato il: 8/2/2010 18:30
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  •  benitoche
      benitoche
Re: Disertore,il nuovo eroismo
#6
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 30/9/2006
Da
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www.resistenze.org - popoli resistenti - stati uniti -


da: www.rebelion..org - 22/12/2004 - http://www.rebelion.org/noticia.php?id=9138


Migliaia di soldati USA si oppongono alla guerra contro l’Iraq


Intervista a Maritza Castillo, madre di Camilo Mejía, il primo soldato che si è rifiutato di andare in guerra in Iraq.



Intervista realizzata da Omar Sierra, del Circolo Bolivariano "Prof.Alberto Lovera" di New York - Cbalbertoloverayahoo.com



"Sono stato testimone della sofferenza di un popolo il cui paese è in rovina e che in più è umiliato da requisizioni, pattugliamenti e coprifuochi da un esercito d’occupazione... la mia esperienza in questa guerra mi ha cambiato per sempre" Sergente Camilo Mejía.



C’incontriamo nello stesso caffè a Manhattan, New York, dove alcuni mesi fa il sergente Camilo Ernesto Mejía scrisse il suo manifesto di 53 pagine, dichiarandosi Obiettore di Coscienza, trasformandosi in questo modo nel primo veterano dell'Iraq a rifiutare pubblicamente il ritorno in guerra e scatenando con ciò una tempesta politica sull'illegalità di questa guerra criminale.



La madre di Camilo, la signora Maritza Castillo, si trova qui per denunciare la situazione disperata di giovani umili come suo figlio, che si vedono costretti a partecipare a questa guerra disumana per soddisfare le ansie di potere del gruppo che attualmente dirige i destini di questa nazione. In questo contesto comincia l'intervista.



Mi racconti un po' da dove venite, lei e Camilo. Camilo è nato negli Stati Uniti?



No. Camilo nacque in Nicaragua, dove io vivevo con suo padre. Il padre di Camilo è il cantautore popolare nicaraguese Carlos Mejía Godoy. Camilo divenne residente permanente negli Stati Uniti dopo poco tempo dal nostro arrivo qui, quando aveva 19 anni. Attualmente ne ha 28.



Perché avete deciso di lasciare il Nicaragua e come siete arrivati negli USA?



In Nicaragua abbiamo vissuto una guerra dura, durissima. Dopo sono sopraggiunti i sentimenti di sconfitta e di delusione; non verso la rivoluzione, bensì nei riguardi di alcuni dirigenti Sandinisti. Carlos ed io eravamo molto impegnati nella Rivoluzione e per questo motivo mio figlio si chiama Camilo, per il sacerdote Camilo Torres, ed Ernesto, per il Che. Dopo la sconfitta elettorale siamo usciti dal Nicaragua ed abbiamo vissuto tre anni in Costa Rica, ma i miei figli erano molto piccoli e non si adattavano. Alla fine ho deciso di venire in questo paese poiché qui viveva mia madre che è cittadina statunitense. Una volta qui mi svincolai dalle attività politiche e mi dedicai a sopravvivere ed a lavorare senza sosta per tirare avanti coi miei figli.



Come si arruola Camilo nell'esercito?



Ebbene, ciò avvenne in una tappa molto complessa delle nostre vite. Da quando siamo arrivati come immigrati i miei figli ed io abbiamo dovuto svolgere i lavori peggio pagati. Io ero cassiera di un supermercato e la nostra situazione economica era molto difficile. La prospettiva di pagare studi universitari ai miei figli era un lusso quasi impossibile. Fu in quel preciso momento che apparve il reclutatore, nella scuola superiore dove Camilo frequentava il suo ultimo anno. Il reclutatore gli parlò dell'orgoglio che rappresenta servire questa nazione, essere parte dell'esercito meglio preparato, poter stare fra gli uomini migliori e cose di questo tipo. Inoltre gli offrivano tra i 30.000 ed i 40.000 dollari per i suoi studi universitari. Mio figlio era molto giovane ed attraversava un momento molto difficile; da una parte la nostra situazione di ristrettezza economica, dall’altra lui, disturbato dal fatto che stavamo andando di paese in paese. Quando alla fine siamo giunti qui aveva bisogno di un sentimento di appartenenza, di stabilità e questa situazione fu usata molto bene dal reclutatore.



Lei era d’accordo che Camilo si unisse all'esercito?



No. Quel giorno quando Camilo arrivò a casa lo pregai, lo supplicai che non lo facesse, ma non riuscii a persuaderlo. Egli credette di più al reclutatore. Quello fu uno dei giorni più tristi della mia vita. Mio figlio aveva un'età in cui i giovani vogliono cercare la propria strada ed indipendenza ed egli decise di seguire la sua idea contro la mia volontà. Camilo firmò un contratto per tre anni, ma la verità è che sono obbligati a servire per otto anni in qualunque momento, anche fuori dal paese. In quel periodo molta gente mi chiedeva perché non volevo che egli si unisse all'esercito, dato che eravamo in tempo di pace e non c'era più l’Unione Sovietica, ma io sapevo che questa è una nazione imperialista, con un curriculum storico ed un'agenda di guerre espansioniste. Una nazione che vuole possedere il pianeta e le sue guerre sono sempre state all’estero, là i suoi interventi: America Latina, Asia, Africa e Medio Oriente.



Che cosa fa Camilo quando termina il servizio attivo?



Una volta terminati i tre anni ottenne un bonus, grazie ai suoi eccellenti risultati accademici, all'Università di Miami. Allora l'esercito gli disse che non gli avrebbero dato denaro per un'università privata, ma doveva essere pubblica. Tuttavia Camilo riuscì ad entrare grazie ai suoi voti ed a prestiti che ottenne senza l'aiuto dell'esercito. A quell’epoca decise di entrare nel corpo dei riservisti della Guardia Nazionale, per portare a termine i suoi otto anni di contratto. Voleva utilizzare la sua esperienza di soldato rendendosi utile, aiutando la gente in disastri naturali ed emergenze domestiche.





Quando si rende conto Camilo che lo manderanno in guerra?



Nell’agosto 2002 Camilo scopre dai suoi superiori la possibilità di una guerra. Me lo menzionò soltanto ed io cominciai ad investigare per conto mio. I mezzi d’informazione non dicevano nulla, ma poco dopo diventò chiaro che l'obiettivo sarebbe stato l'Iraq. Il 5 luglio 2003 Colin Powell presentò un rapporto all'ONU sulle armi di distruzione di massa, che secondo lui possedeva l'Iraq. Un rapporto basato su menzogne, perché le armi chimiche che una volta ebbe Saddam gliele vendette quello stesso mucchio di delinquenti, incominciando da Donald Rumsfeld (Segretario alla Difesa). Quello stesso mucchio di delinquenti che appoggiano dittature come quella del Pakistan e dell’Arabia Saudita. Ogni volta che vedo tutto questo mi assale un sentimento di rabbia e d’impotenza. A soli tre mesi dalla scadenza del contratto di otto anni, Camilo si rende conto che la sua unità partirà per il Medio Oriente. Camilo stava scoprendo la verità sugli sporchi interessi dietro la guerra, tuttavia aveva in corso una lite presso la Corte per la custodia della sua figlioletta e si sentiva impaurito all’idea di dovere abbandonare il paese e di poter perdere sua figlia nel caso di rifiuto a presentarsi. Ma Camilo si fidava ancora dell'esercito. Era sicuro che, terminando il contratto, l’avrebbero congedato poiché, secondo i regolamenti, nessun residente può permanere più di 8 anni nell'esercito. Camilo era ancora residente, dal momento che non aveva mai richiesto la cittadinanza statunitense.



Che cosa successe allora? Vi siete fidati ciecamente di ciò che diceva il regolamento dell'esercito?



Io no. Cominciai a spedire lettere a vari senatori, perfino allo stesso presidente Bush, spiegando che era ingiusto mandare in guerra un giovane padre quando il suo contratto stava terminando. Dall'ufficio del presidente Bush ricevetti una lettera il cui testo non aveva assolutamente nulla a che vedere con la mia petizione; da un senatore ricevetti la risposta che doveva essere mio figlio stesso ad inoltrare la petizione ed immediatamente partii alla volta della base per parlare con Camilo. Ma era già troppo tardi. Lui aveva consultato un gruppo di avvocati dell'esercito, i quali gli avevano detto che doveva partire. In quelle condizioni partì per la Giordania ed in aprile entrò in Iraq.



Com’era la situazione di Camilo in Iraq?



Ebbene, non ricevevamo quasi nessuna informazione ufficiale. È per questa ragione che con un gruppo di madri e famigliari abbiamo cominciato a creare una rete in cui condividere quella poca informazione che ci giungeva. Condividevamo lettere, tutto, e così ci rendevamo conto che in Iraq stavano pattugliando senza giubbotti antiproiettile, scarsa acqua potabile e munizioni insufficienti. Incominciammo a scrivere lettere ai generali, denunciando le cattive condizioni in cui versavano. Le autorità militari rispondevano sempre alle nostre lettere in modo evasivo, ci scrivevano "complimenti per il vostro patriottismo" e cose del genere. A questo punto cominciammo a protestare insieme ad altre madri, chiedendo il rientro delle truppe dall'Iraq e poco a poco abbiamo iniziato ad attrarre l'attenzione della stampa, ma ogni volta che ci facevano un'intervista pubblicavano il contenuto tagliando le nostre opinioni politiche. Ci facevano apparire come delle madri che piangono e sentono la mancanza dei loro figli.



Che cosa successe quando giunse a scadenza il contratto di Camilo?



Nel maggio 2003 il suo contratto scadette ed immediatamente egli esigette il suo rientro. La risposta dei generali fu che in una situazione di guerra il suo contratto veniva automaticamente esteso, anche contro la sua volontà; noi tuttavia sapevamo che quella condizione si applica solo ai cittadini statunitensi e non ai residenti. Camilo allora chiese di rientrare per rinnovare il permesso di residenza che stava per scadere e per seguire il giudizio relativo alla custodia di sua figlia. Alla fine, data la sua insistenza, gli concedettero un permesso di due settimane. Il primo ottobre Camilo ritorna. A quell’epoca io ero già organizzata insieme ad altre madri e coinvolta in pieno nel movimento contro la guerra.



Quando e come Camilo decide di non ritornare in Iraq?



All’inizio Camilo cercò di farlo per via legale. Richiese al dipartimento legale dell'esercito copia dei regolamenti per i residenti che vi prestano servizio. L'esercito cominciò a menarla per le lunghe, aspettando che gli scadesse il permesso. Quando mancavano armai pochi giorni a tale scadenza, Camilo ricevette una copia, inviata in forma anonima, del testo con i regolamenti vigenti nell'esercito. Vi verificammo che non c'era effettivamente ragione legale alcuna che l'obbligasse a ritornare. Immediatamente Camilo inviò una e-mail al suo comandante, citandogli testualmente il paragrafo che lo esentava dal continuare il servizio attivo; la risposta del comandante fu una sfilza d’insulti, dandogli del codardo ed ordinandogli di tornare. Allora Camilo scrisse all’immediato superiore, un colonnello a Baghdad, spiegandogli la situazione. Il colonnello rispose chiedendogli tre giorni per investigare il suo caso. Tre giorni dopo la risposta fu che non trovava i regolamenti e che pertanto era meglio tornasse in Iraq, dove avrebbero rivisto il suo caso. Fu a quel punto che Camilo rifiutò di tornare.



Quando si consegna Camilo alle autorità militari?



Prima andammo a New York per contattare alcuni avvocati. Camilo era clandestino ed avevamo bisogno di protezione ed aiuto e la rete contro la guerra ce l'offrì. L'organizzazione ci diede tutto il supporto di cui avevamo bisogno e in quel periodo Camilo crebbe e rafforzò la sua coscienza; si rese conto che ci sono migliaia e milioni di persone che come lui si oppongono alla guerra. Camilo venne intervistato nel famoso programma "60 Minuti" dove fu visto da più di 27 milioni di persone e dove denunciò la guerra e dichiarò pubblicamente che non sarebbe tornato perché è una guerra immorale, illegale, basata su menzogne, motivata dal petrolio, in cui i soldati sono usati come carne da cannone ed in cui si commettono crimini di guerra e si violano i diritti umani della popolazione civile e dei prigionieri. Venne anche intervistato da Michael Moore.



Tra le organizzazioni che ci aiutarono in tutto quel periodo vi furono “Citizens Soldiers” e “Abbazia per la Pace di Massachussets”. In quei giorni Camilo ebbe la possibilità di andarsene in Canada, ma decise di rimanere, dal momento che non aveva commesso alcun delitto e che inoltre aveva sua figlia qui. Dopo una preparazione legale di cinque mesi Camilo scrisse la sua dichiarazione di obiezione di coscienza e si presentò all'esercito armato di tutte le ragioni legali oltre che morali. Era il 15 marzo. Quel giorno tutti quanti siamo partiti per stare con lui, vennero perfino famigliari dal Nicaragua, inoltre c'erano centinaia di persone e giornalisti. Compreso un soldato che si era trovato agli ordini di Camilo in guerra, che dichiarò lì davanti ai mezzi d’informazione: "Camilo è stato il capo migliore, il più umano e tornerei a mettere la mia vita nelle sue mani."



E Camilo ebbe un giusto giudizio?



No. Si giudica Camilo per non essere tornato in guerra calpestando le sue dichiarazioni di obiezione di coscienza. Ha avuto vari avvocati che l'hanno aiutato volontariamente. Anche il Dr.Ramsey Clark, ex-magistrato generale degli Stati Uniti, ha partecipato al suo gruppo di difensori. Tuttavia il giudice, ignorando tutte le prove, ha dichiarato che Camilo è colpevole di diserzione. Ancora ricordo chiaramente tutte le parole che Camilo pronunciò quel giorno, “Qui io non sono l'unico giudicato. Siete voi, siamo noi, è il Nordamerica che viene giudicata per questa guerra ed il mondo ci sta osservando” … “Io oggi sto difendendo qui la mia leadership con i miei soldati, sono qui per il popolo iracheno e non mi pento di ciò che ho fatto” ... “Voi avete il potere di condannarmi e darmi la massima pena e ciò mi addolora perché ho una figlia, ma io ho un potere più grande che è la mia coscienza e dietro quelle sbarre io sono un uomo libero!” Il giudice condannò mio figlio ad un anno per diserzione e gli toglieranno i gradi per "cattiva condotta." Una condanna ingiusta, perfino Amnesty International ha dichiarato Camilo prigioniero di coscienza.



Qualcos’altro da aggiungere?



È importante che il mondo sappia che ci sono migliaia di soldati, giovani che stanno resistendo alla guerra. Mio figlio fu il primo a denunciarlo pubblicamente, ma ci sono molti che stanno fuggendo verso altri paesi ed all’interno degli stessi Stati Uniti molti vivono nascosti, nell'ombra, scappando per non partire. Vi è inoltre un movimento di veterani dell'Iraq contro la guerra, insieme ai veterani del Vietnam, che si sta organizzando, e vi sono centinaia di giovani che stanno applicando l'obiezione di coscienza.



Quando Camilo uscirà, lei avrà concluso la sua lotta?



No. Continuerò ad essere attiva nel movimento contro la guerra. Nonostante il dolore, ringrazio la guerra che mi ha spolverato la coscienza e la memoria e per questo proseguirò.



Traduzione dallo spagnolo a cura del Ccdp

PS
Invito tutti a guardare il film Stop-Loss,2008,film denuncia

Brandon, Steve e Tommy sono tre amici che ritornano nella loro città dopo aver combattuto in Irak. Vengono accolti come eroi, ma dopo poco tempo cominciano per i tre una serie di drammatici disturbi: incubi, attacchi d'ira ingiustificati, gravi scompensi emotivi e affettivi, alcolismo.L'orrore rimosso, ma presente, ha a che fare con una azione di guerra condotta da Brandon nelle strade di un paesino iracheno che si trasformò in una tragica imboscata e nella quale persero la vita decine di uomini. Al ritorno in Texas, Brandon, che sembra il più equilibrato dei tre, riceve l'ordine da parte del governo di ritornare in guerra all'interno del misterioso programma "Stop-Loss".

La regista di _Boys Don't Cry_ torna a dirigere dopo nove anni, e realizza un film appassionato e attento ai risvolti della mente umana, mettendo in mostra una sensibilità straordinaria. Ottima prova degli interpreti
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Inviato il: 8/2/2010 21:17
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