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   Scienze Economiche
  riserva di valore e dintorni

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  •  a_mensa
      a_mensa
riserva di valore e dintorni
#1
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 12/6/2009
Da roncello (mi)
Messaggi: 3180
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è almeno dal 2008 che l'argomento non viene più toccato, pertanto alcune osservazioni non mi paiono fuori luogo.

Prima di iniziare ad esprimere le mie considerazioni in merito, vorrei chiarire che d’ora in poi userò per il vocabolo “inflazione” la definizione derivata dalla scuola austriaca, ovvero aumento della massa monetaria, e non più la definizione corrente (o significato più comunemente usato) di processo di perdita di valore della moneta, conseguente all’aumento dei prezzi a sua volta conseguente all’aumento di massa monetaria.
Dato che qui, su LC è più usata questa definizione per tale parola, mi adeguo, tanto l’importante è definire cosa si intende, con le parole, ma, uniformandosi si crea sicuramente minor confusione.
Ovviamente cambierà la definizione di altri fenomeni che darò man mano che ne tratterò.
Sull’aspetto del denaro come mezzo per facilitare gli scambi, credo si sia già detto quasi tutto, ed anche un po’ in tutti i modi.
Sull’aspetto della moneta come unità di misura del valore, accettato che il valore sia una grandezza strettamente individuale, legata anche al contesto in cui la persona si trova,si è detto molto ma resta innegabile però che, soprattutto per beni di larga diffusione, si possa tranquillamente parlare di valore medio, o valore diffusamente accettato, espresso in quantità di denaro.
Verissimo che il denaro ha un valore variabile dipendente da molte altre grandezze, verissimo che anche i beni hanno un valore variabile secondo altre grandezze, resta il fatto che dato che tutte queste variazioni sono relativamente lente, soprattutto se riferite ai tempi di uso dei beni, allora tali variazioni vengono si rilevate, ma senza mettere in dubbio che il denaro ne resti l’unità di misura. O almeno che il denaro resti il parametro di riferimento.
Quello che vorrei invece affrontare qui è l’aspetto del denaro come riserva di valore. Ma non solo. Vorrei affrontare il concetto stesso di riserva di valore.
Da quando l’uomo ha imparato a fare cose più grandi della sua capacità individuale, ha dovuto creare questo concetto.
Voglio costruire un ponte che mi permetta di raggiungere la mia caverna o palafitta, o capanna, anche quando piove (ad esempio), ma da solo non ce la faccio.
Chiedo l’aiuto di miei amici, o vicini. Tale aiuto lo devo o lo dovrò compensare.
Magari lo compenso con qualche bistecca (che magari marcirebbe prima che possa consumare tutta la carne che mi sono procurato uccidendo un animale) oppure con della frutta che ho raccolto OLTRE la mia capacità di consumarla, ecc… oppure prometto il mio aiuto quando anch’essi ne avranno bisogno, in ogni caso, nei primi due esempi mi avvalgo di una riserva di ricchezza GIA’ generata, nell’ultimo è una riserva di ricchezza che offro, ma non è ancora stata generata (il mio aiuto/lavoro futuro).
Vediamo quindi che per tutte quelle opere che non sono individuali, occorre una riserva di valore.
Oppure la schiavitù, in cui se è vero che gli schiavi non li pago (non pago il loro lavoro), essi stessi rappresentano una “riserva di valore” essendo una “riserva di lavoro”.
Quindi la nascita del denaro, per la sua stessa natura, soddisfa oltre alle altre necessità, anche quella di permettere un accumulo di valore, o riserva di valore, da poter usare per realizzare tutte quelle opere in cui la sola persona del futuro proprietario non è materialmente sufficiente a permetterne la realizzazione.
Ecco allora che il risparmio assume una funzione sociale, nel senso che permette il fatto di realizzare opere che altrimenti nessuno sarebbe stato in grado di realizzare.
Lo stato stesso, o con le corvee, o con le tasse, diventa un collettore di risparmio (valore prodotto ma non utilizzato), che utilizza tale valore accumulato per le opere “pubbliche” (considerando anche il proprio mantenimento come tale).
Una considerazione moralistica a riguardo è che la “riserva di valore” non è un qualcosa di amorale, non etico, ma è proprio quanto permette di realizzare tutto ciò che è sovra-individuale. Che richiede cioè la collaborazione attiva di molti individui.
Al concetto di “riserva di valore” consegue il concetto di ricchezza, come insieme di tutto ciò di cui si può disporre senza avere l’immediata necessità di usare.
Per chiarire questo concetto ricorro ad un esempio estremo, ma che può dare un’idea della relatività di tale concetto.
Due uomini sono dispersi nel deserto uno possiede una pistola, l’altro un lingotto d’oro.
Entrambi hanno sete. L’uomo con la pistola non uccide quello col lingotto, primo perché il lingotto non lo disseterebbe, e poi perché un secondo uomo potrebbe invece rivelarsi utile nel caso che…
Incontrano un uomo con un barile d’acqua, questi capisce subito la situazione e minaccia , nel caso si tenti violenza su di lui, di vuotare immediatamente il barile nella sabbia.
Chi è il più ricco ?
Secondo me quello con l’acqua in quanto che, quello con la pistola uccide quello col lingotto e poi scambia il lingotto di cui si è impossessato e i proiettili della pistola (che sono inutilizzabili come la pistola senza di essi) con mezzo barile d’acqua.
È un esempio molto particolare, estremo direi, ma non impossibile.
Esso si ricollega al solo fatto che per ogni uomo il bene più importante è la propria sopravvivenza, in secondo piano la capacità di esercitare violenza, in terzo la ricchezza.
Anche se nella maggior parte dei casi tale ordine sembra invertito o stravolto.
È anche importante capire che l’oro, pur essendo un bene universalmente riconosciuto, ha anch’esso un valore relativo al contesto che si considera, come d’altronde qualsiasi bene al quale si attribuisca un valore.
Ma tornando alla ricchezza, dobbiamo capire come il sistema bancario, dal momento in cui ha cominciato a creare denaro senza nulla sottostante, abbia stravolto questi concetti.
Smettendo di fungere da intermediario, o meglio, come centro di raccolta del risparmio, al quale poter attingere valore per opere sovra-individuali, e diventando creatore di denaro, quindi di valore, ha smesso come prima conseguenza, di retribuire adeguatamente il risparmio, incassando il premio relativo all’utilizzo di un valore non proprio (quello creato ed imprestato).
Si è cioè interposto tra la sorgente del valore (coloro che dopo aver generato valore, non lo hanno consumato tutto subito), peraltro ancora necessario anche solo per attivare le leve finanziarie, e l’utilizzatore del valore, il quale con esso crea attività produttive ( o comunque a vantaggio della società).
E si è interposto appropriandosi della maggior parte del “premio” per l’uso di tale capitale.
È lo stesso schema che si è creato nella produzione – commercializzazione – utilizzo, dei beni.
Oggi possiamo assistere allo strano fenomeno per cui , ad esempio, il produttore della maglietta (parlo dell’operaio che la produce), ne debba produrre 20 per avere di che acquistarne una (di quelle prodotte) presso il negoziante.
Il fatto è che più entità si frappongono tra la produzione ed il consumo, più individui dovranno generarsi un reddito a carico di tali beni aumentandone il valore. Se è vero che i servizi che offrono alla collettività trasportando, distribuendo, immagazzinando, e offrendo al pubblico tali beni hanno un valore, è difficile immaginare come essi arrivino a rappresentare anche il 95% del valore finale del bene stesso.
Ed è più o meno quanto accade anche con il denaro. Benché con esso il tutto sia molto meno evidente, più veloce, meno trasparente. E con conseguenze ancor meno collegate ad esso.
Ma torniamo alla riserva di valore.
Il concetto resta quello esposto inizialmente, ovvero un modo per realizzare in un dato momento qualsiasi cosa che necessiti dell’opera di molti individui, ovvero una creazione di valore molto elevata e concentrata nel tempo. Per compensare la quale occorre o averne accumulato in precedenza, oppure far si che, chi crea valore oggi, si ritenga pago di una promessa di compenso ( magari maggiorato) domani.
La creazione bancaria di denaro unisce queste due possibilità pagando la creazione di valore oggi con valore ”inventato” ma immediatamente spendibile, cui però verrà data copertura un domani (forse).
Se accetto la definizione “austriaca” di inflazione, come creazione monetaria, anziché quella corrente anche se impropria di diminuzione di valore del denaro (della quale quella summenzionata ne è la causa), occorre fare anche una grande distinzione sugli effetti.
Se è vero che la creazione di denaro senza sottostante, aumentando la massa monetaria, crea la premessa per una diminuzione del valore del denaro già circolante, questa conseguenza ha però tempi di realizzazione molto diversi a seconda delle condizioni in cui si realizza.
Se il denaro appena creato confluisce immediatamente o molto rapidamente nel circuito produzione/consumi, allora certamente si assisterà ad un immediato aumento dei prezzi e quindi ad una diminuzione del valore del denaro stesso.
Ma ci sono altre due possibilità:
che venga intercettato e accumulato
che venga dirottato sui beni specifici.
Se viene accumulato il conseguente aumento generalizzato dei prezzi, con annessa sensazione di calo nel valore del denaro, viene semplicemente rimandata a quando tale denaro confluirà sul mercato.
Quindi non un effetto immediato ma potenziale, legato cioè ad un secondo evento.
Se viene “speso” su beni specifici avremo quella che si chiama una bolla, ovvero una rivalutazione del valore di tali beni.
È da notare inoltre che i beni si possono suddividere in due grosse categorie:
quelli il cui valore è stabilito sulla commercializzazione di tutti i beni dello stesso tipo (ad esempio il pane che produco oggi lo vendo oggi, tutto, quello che produrrò domani lo venderò domani e domani quello che eventualmente non ho venduto oggi avrà perso il proprio valore), e quelli il cui valore è stabilito dalla compravendita di una sola piccola parte di tutti quelli simili ( vedi azioni, immobili).
Mentre i primi rappresentano il mercato, immediatamente sensibile ad un aumento del circolante (m0,m1)
Immediatamente spendibile, i secondi sono molto più adatti a creare bolle, proprio perché, pur avendo normalmente valori unitari abbastanza elevati, creano una “sensazione” di ricchezza moltiplicata per il rapporto tra quelli esistenti e quelli scambiati, in quando una variazione di valore legata a quelli scambiati viene “propagata” anche a quelli NON scambiati.
Ma l’importante è assistere al come tali beni, definiti impropriamente investimenti, acquistino valore con la creazione di moneta, e, quando accade di dover ricollegare il valore del denaro a beni concreti, lo perdano altrettanto velocemente.
Sono anche i maggiori responsabili del fatto che l’effetto della creazione di denaro non sveli immediatamente le sue conseguenze sui prezzi della maggior parte dei beni, mascherando per tempi anche relativamente lunghi l’inflazione monetaria.
Poi comunque il troppo discostarsi del loro valore dal valore di produzione, oltre a provocare una sovra produzione degli stessi difficilmente utilizzabile, porta ad un certo punto il rigonfiamento della bolla ad un livello non più sostenibile, e quindi a scoppiare.
Il paradosso di quest’ultima crisi è stato dato dal fatto che la bolla è stata creata da eccessivo credito, utilizzato prima nell’immobiliare, poi nei derivati, per dare valore al quale, nel momento dello scoppio, le banche centrali hanno dovuto “stampare” quantità enormi di denaro proprio e solo per coprire tale credito, che, se fosse semplicemente scomparso come in tutti i valori gonfiati dalle bolle, avrebbe trascinato nel fallimento i creditori, ovvero le banche in primo luogo, ma anche le assicurazioni, e i grandi investitori, che avevano riciclato tali crediti.
Pertanto, un male creato da eccessivo credito è stato “curato” da altrettanto credito (il cui debito però è finito sulle spalle del contribuente).
Ma non è tutto. Ho messo tra virgolette il termine “curato” perché in effetti questa non è stata una cura, nel senso convenzionale del termine.
Normalmente con tale termine si intende una correzione ed un annullamento delle cause di un male.
Questa volta la “cura” è consistita solo nello spostare il problema, soprattutto con la speranza di diluirlo nel tempo, e quindi abbassarne l’intensità dell’impatto.
Pura illusione soprattutto perché non è seguita alcuna azione correttiva verso le cause, e già oggi, a crisi non ancora conclusa, si può assistere ad un ripresentarsi degli stessi fenomeni che hanno creato questa crisi. Viene solo da rammentare che, se sbagliare è umano, perseverare è diabolico, ma soprattutto il conto che si accumula per chi dovrà pagarlo, continua ad aumentare.
_________________
non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio.
Inviato il: 10/11/2009 9:40
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  •  a_mensa
      a_mensa
Re: riserva di valore e dintorni
#2
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 12/6/2009
Da roncello (mi)
Messaggi: 3180
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aggiornamento...

Questo discorso si lega molto bene ad un’altra credenza che andrebbe chiarita e sfatata una volta per tutte, ovvero che le banche centrali, stampando denaro, creino valore.
Questo è un falso. Stampando denaro creano “veicoli di valore”.
Il denaro in se, le banconote, per intenderci, non è valore, ma lo trasportano, lo assumono provvisoriamente per permetterne gli scambi, e, ovviamente, se metto una banconota sotto il materasso, avrò anche messo il valore che porta con se, sotto il materasso.
Bisogna ricordare e avere sempre bene in mente che quando una banconota viene depositata in banca, il valore che trasporta si trasferisce sul saldo del conto su cui si versa. E la banconota resta un mero pezzo di carta.
Nello stesso modo, quando faccio un prelievo in contanti, il valore relativo esce dal saldo del mio conto e viene “appiccicato” alle banconote che mi vengono date. Da quel momento, e fino a quando quella banconota non verrà depositata nuovamente in banca, essa “trasporterà” valore.
Allora, se le banconote NON fanno altro che trasportare un valore già presente (in un conto corrente), come fa, la stampa del denaro a causare quegli effetti dell’inflazione che gli si attribuisce ?
A questo riguardo ricordo come nei vari computi di M1, M2, ecc… il denaro dentro le banche (quello che è stato depositato), NON entra nel computo, ma solo il CIRCOLANTE più l’ammontare dei conti correnti e postali, costituiscono M1, che fotografa l’immediatamente spendibile.
A creare valore, oltre al lavoro, è il meccanismo delle riserve frazionate, che peraltro, essendo valore IMPRESTATO, resta un valore provvisorio, o almeno non definitivo, stabile, consolidato, in quanto annullato alla restituzione.
Ma allora da dove nasce ciò che causa l’aumento dei prezzi, la svalutazione della moneta, e tutto ciò che ne consegue ?
L’arcano sta nella SIMULTANEITA’ dei prestiti. Se si parla di UN singolo prestito, sarà stata creata UNA singola quantità di valore, che circolerà per un periodo determinato.
Ma se parliamo di prestiti che giorno dopo giorno vengono erogati, e restano “in essere” per anni, allora la somma di tutti questi singoli “valori” che entrano in circolazione può essere anche superiore a quella riserva di valore rappresentata da beni concreti.
Questa massa di valore, legata ai prestiti, è quella che causa la svalutazione del valore presente o rappresentato, e con esso l’aumento dei prezzi espresso in quell’unità di misura.
Se fosse possibile rendere i prestiti “in essere” e smettere di contrarne di nuovi, torneremmo ad avere come riferimento di unità di valore, il lavoro, unica grandezza che realmente CREA valore.
Anche l’inflazione, intesa come maggiore quantità di denaro, cartaceo o elettronico, è legata non a quanto denaro viene stampato, ma quanto è in circolazione, cioè FUORI dalle banche, oltre a tutto il denaro IMPRESTATO.
Sorge la domanda: “ma esiste del denaro, anzi meglio, del valore che NON rientri in questa definizione ? ovvero che non sia imprestato e pertanto rappresenti qualcosa di reale, tangibile, e come è arrivato sul mercato ?”
Allora la risposta immediata è si, esiste del valore reale ed è tutto quello che è stato creato con del lavoro, ed è stato scambiato con il denaro giunto sul mercato tramite lo stato e le sue spese, tramite le banche, e le loro spese, e da allora ha cominciato a circolare ed a rappresentare valore, un valore assegnato, non sicuramente frutto di una contrattazione, ma assegnato dallo stato tramite la banca centrale.
Ogni bene concreto, che sia desiderabile da qualcuno, ha un valore. E quindi rappresenta una “riserva di valore”, ma solo tanto quanto altre persone sarebbero disposte a scambiarlo con qualcosa di loro proprietà.
Se poi si vuole riconoscere a qualche bene, tipo l’oro, un valore riconosciuto con buona approssimazione da tutti, allora avremo trovato anche l’unità di misura del valore.
Sotto questo aspetto, riserva di valore, moneta, e credito (o debito) che dir si voglia acquistano una valenza complementare nella comprensione della materia economica.
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non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio.
Inviato il: 13/11/2009 16:16
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  •  Manfred
      Manfred
Re: riserva di valore e dintorni
#3
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 3/11/2009
Da Osnabrück
Messaggi: 2094
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Per questo con le leggi fiscali si sta finendo di distruggere i piccoli?

ciao
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Manfred
Inviato il: 14/11/2009 22:32
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  •  a_mensa
      a_mensa
Re: riserva di valore e dintorni
#4
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 12/6/2009
Da roncello (mi)
Messaggi: 3180
Offline
@ manfred
cit:
"Per questo con le leggi fiscali si sta finendo di distruggere i piccoli?"

si
ciao
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non vorrei mai appartenere ad un club che avesse me come socio.
Inviato il: 15/11/2009 17:46
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