Il revival del nucleare è basato essenzialmente sulla propaganda che esso sia
economicamente vantaggioso e che
potrebbe pertanto abbattere le bollette degli italiani. Ancora viene detto che il nucleare
ridurrà la dipendenza energetica dell'Italia dall'estero.
I media e i giornali, volontariamente o per ignoranza, confondono il fabbisogno energetico con quello elettrico.
Facciamo chiarezza:
il fabbisogno energetico è l'energia totale (annua per esempio) richiesta non solo per azionare dispositivi elettrici ma anche quella impiegata per il trasporto, il riscaldamento, ecc.. quest'ultima rimarrà necessariamente ancorata alle importazioni di petrolio, gas, carbone, ecc..
Il fabbisogno elettrico rappresenta un terzo di quello energetico totale: un eventuale risparmio sulla produzione dei MWh elettrici sarebbe modulato dal minor peso nel sistema dei consumi.
Altri concetti che sembrano confondere i divulgatori di sapere della carta stampata sono quelli relativi a potenza installata, energia prodotta ed energia consumata.
Si dice che l'Italia non produce tutta l'energia elettrica richiesta e deve ricorrere alle importazioni.
Questo è vero ma è dovuto a scelte economiche!
Infatti
L’Italia ha una potenza installata ormai superiore ai 90.000 megawatt, quando la rete elettrica nazionale ne richiede nelle punte massime 55.000 [con una media di 40GW di potenza elettrica netta istantanea, NDR]. Ovviamente non tutta la potenza installata può essere sempre disponibile, sia per le manutenzioni, che per la stagionalità di alcune fonti primarie come l’idroelettrico e l’eolico, ma è sicuro che l’attuale potenza disponibile è perfettamente in grado di soddisfare tutte le esigenze nazionali (330 miliardi di Kwh annui).
Allora perché l’Italia continua ad importare circa 40 miliardi di Kwh all’anno dalla Francia?
Semplice, solo ed esclusivamente perché è conveniente. da
Gli accordi Berlusconi – Sarkozy sul nucleare: come passare da una finta dipendenza ad una vera sudditanza Ma
la convenienza non discende da un minor costo del chilowattora nucleare, ma da una rigidità tecnica facilmente spiegabile. Gli impianti nucleari sono poco flessibili; non possono (a differenza di quelli idroelettrici o turbogas) variare il carico di funzionamento in tempi rapidi. Cioè una centrale nucleare non può venire spenta come una stufetta!
Inoltre
A differenza delle altre forme di energia non è possibile l’accumulo e dunque un sistema elettrico come quello francese nuclearizzato al 78% la notte,Appunto perchè le centrali nucleari sono le uniche che non possono essere
"spente"con un carico che è circa il 50% di quello diurno, si trova in condizioni di enorme sovrapproduzione che determina una necessità di vendita sottocosto all’estero.La Francia, anzichè "buttarla", giustamente preferisce svendere la corrente elettrica all'Italia.
Ma questo avviene solo di notte!
Ed infatti l’Italia importa dalla Francia essenzialmente di notte (utilizzando fra l’altro l’energia a basso costo per ricaricare i bacini idroelettrici che funzionano a pompaggio), non di giorno quando la curva del carico di rete è massima, a dimostrazione che il sistema nazionale sarebbe perfettamente in grado di fare a meno delle importazioni.Dando qualche dato la quota di importazione notturna copre il 25% del fabbisogno mentre quella diurna è meno del 10%!
Ok.. non è tutt'oro quel che luccica ma perché non arrivare anche noi ad un’energia a costo così basso?
Per una ragione molto semplice: perché, al di là degli enormi costi ambientali, è comunque impossibile. Perchè?
Il modello francese è un’eccezione nel panorama mondiale. Ha richiesto investimenti eccezionali, in buona parte legati al settore militare, ed ha goduto di un territorio assai adatto [disponibilità di grandi corsi d'acqua, ndr] ed asismico, ben diverso da quello della penisola. Solo sviluppando tutta la filiera nucleare ed arrivando ad elevatissime economie di scala è possibile ridurre veramente i costi. La Francia controlla tutta la filiera che va dall'estrazione del minerale grezzo nelle (ex) colonie fino alla rafinazione e all'arricchimento, il tutto ben collegato al suo apparato militare (missili atomici, navi e sommergibili a propulsione nucleare).
Oltre a ciò va detto che le cifre che ci vengono presentate sono un po’ “furbe”, perché non tengono conto dei costi – anche qui prescindendo da quelli ambientali – per lo smaltimento delle scorie (questione che rimane completamente irrisolta!) e per lo smantellamento degli impianti giunti a fine vita. Costi che nel caso francese sono sostanzialmente assorbiti dallo stato. E che normalmente non compaiono mai alla voce
"costi di produzione"!
Per concludere sui numeri, giova ricordare che il mostro nucleare francese copre il 78% non dei consumi energetici, bensì di quelli elettrici, mentre la quota sui consumi finali complessivi è di circa il 25% e la Francia continua ad importare petrolio quanto l’Italia. Ed ancora, a causa di quella stessa rigidità del sistema nucleare che la obbliga ad esportare sotto costo la notte, di giorno capita che la Francia sia costretta ad importare energia elettrica dalla più flessibile Germania...Che come molte altre nazioni sta abbandonando il nucleare perchè costoso, inefficiente e non flessibile.
Rimandendo in tema di convenienza resta da chiedersi perchè la Francia sia così interessata a esportare centrali nucleari in Italia. Se è così lucroso venderci la corrente elettrica, perchè privarsi del business?
Mentre Edf (già presente in Italia attraverso Edison) costruirà le centrali italiane in società con Enel, il colosso francese Areva (in crisi) ci piazzerà i sui reattori che nessuno al mondo gli compra più. Tutto il settore nucleare francese, quasi fermo in patria per raggiunta saturazione, e fermo del tutto all’estero perché fuori moda e troppo costoso (il progetto finlandese è stato bloccato per un aggravio di costi di 2 miliardi di euro), troverà il modo di rifarsi nella vergine Italia.Infine non bisogna tralasciare altri aspetti critici tra cui:
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sicurezza: gli impianti EPR (European Pressurized water Reactor) che l'ENEL installerebbe in Italia risulterebbero meno sicuri in caso di incidente (e sappiamo in Italia come funzionano le cose!)
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smaltimento delle scorie: si limitano a stoccaggio in fusti collocati in aree
"sicure". Ma ciò che è sicuro oggi potrebbe non esserlo domani (le miniere di sale tedesche sono uno dei tanti esempi!)
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indipendenza energetica: l'Italia, come la Francia, rimarrebbe dipendente dai combustibili fossili per oltre il 75% del suo fabbisogno energetico complessivo. Con il nucleare dipenderebbe anche dall'uranio francese!
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approvigionamento: non ci sono fonti certe sulla disponibilità di uranio ma i dati parlano di un esaurimento a breve con una impennata dei prezzi e la conseguente inutilizzabilità dell'uranio come combustibile. Ancora: acquistare uranio dalla Francia significa comunque alimentare un
sistema post-colonialista in antitesi con quelli che sono
"gli impegni internazionali ad aiutare i paese del terzo mondo"-
trasparenza: i siti sarebbero militarizzati; sarà possibile effettuare analisi indipendenti e affidabili sui livelli di contaminazione?
Di fronte a svantaggi di tale portata, e ignorando quelli che sono gli esempi di altri paesi (vedi Germania) che in ambito di efficienza e produzione avrebbero molto da insegnarci, è quantomeno azzardato investire cifre considerevoli nel nucleare (24 miliardi di euro per i primi 4 EPR, secondo le fonti ENEL).