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  Bocca: il nuovo socialismo (ambiente...)

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  •  padegre
      padegre
Bocca: il nuovo socialismo (ambiente...)
#1
Mi sento vacillare
Iscritto il: 28/11/2007
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- Bocca: il nuovo socialismo –
a cura di Paolo De Gregorio -18 febbraio 2008-

“””-libero mercato non è libera concorrenza, ma uno scontro di giganti che dispongono di montagne di miliardi e dell’appoggio dei politici al potere, non libero mercato ma spartizione tra i più forti
-il libero mercato senza regole può portare alla fine del genere umano
-il libero mercato come selezione dei migliori? In Italia è l’esatto contrario, la corsa al profitto seleziona i peggiori, sono premiati i delinquenti e puniti gli onesti
-al posto del libero mercato il socialismo della sopravvivenza arriverà mettendo fine al mercato libero dell’autodistruzione, degli sprechi, per passare al mercato ragionevole dei consumi compatibili con le risorse del benessere esente dagli sprechi e dalle competizioni insensate “”(Giorgio Bocca, L’Espresso 21 febbraio 2008)
Queste e altre riflessioni nell’articolo di Bocca intitolato “un nuovo socialismo” che alza un po’ la testa dal dibattito elettorale, guarda un po’ più lontano e fa capire un punto essenziale (che personalmente ribadisco da molto tempo): se non si affaccia una nuova politica in grado di dare regole allo sviluppo economico liberista, ossia se non si ferma la dittatura liberista, il futuro non c’è, e, questo lo dico io Berlusconi o Veltroni al potere sono la stessa cosa perché nessuno dei due vuole interrompere il ciclo distruttivo del liberismo.
Boccio soltanto, come inopportuno, definire “nuovo socialismo” la necessità di dare una guida all’economia, termine lordato in Italia da ladri socialisti e dal loro rimpianto capo Craxi, che anzi oggi viene rivalutato con costose manovre mediatiche a cura dei figli e del compare Berlusconi, che vogliono far passare per esule o martire un condannato e latitante.
Ma voliamo un po’ più in alto, e cerchiamo di capire quali sono i dogmi, le basi indiscutibili che ci legano a questa follia che si chiama “globalizzazione”: bisogna espandersi, conquistare altri mercati, aumentare produttività e produzione, arrivare alla dimensione multinazionale con rapporti bancari e finanziari della stessa dimensione, inventandosi o creandosi “nemici” per impadronirsi di materie prime o minacciare e ricattare i più deboli.
Questo mondo è diventato un formicaio impazzito con merci che vanno in tutte le direzioni, con un traffico di camion, navi, aerei, per far viaggiare spesso cose inutili, che sembra legato dall’interesse a mantenere la ragnatela dei commerci e quindi fortemente interconnesso, al punto che la salute del dollaro dipende dalla volontà del governo cinese.
E’ una logica distruttiva, che ha un tallone di Achille, e che la rende pericolosissima, non solo per la salute dell’ambiente, ma anche per la vita di intere popolazioni, e questa debolezza si chiama petrolio, o meglio l’aumento inevitabile del suo prezzo.
Un assaggio di quello che può essere la fine della globalizzazione l’abbiamo avuto in Italia quando lo sciopero dei camionisti (che si lamentavano proprio dell’alto costo del gasolio) ha lasciato, già dopo 3 giorni, i supermercati vuoti e i distributori senza carburanti.
Tutto bloccato.
Legare la propria sopravvivenza alla globalizzazione e al petrolio è da incoscienti, da liberisti appunto.
La crisi petrolifera che verrà lascerà molte macerie se non si mette mano ad una ristrutturazione economica in due assi portanti:
-autosufficienza energetica da fonti rinnovabili (principalmente dal sole)
-autosufficienza alimentare prodotta da una agricoltura legata ai bisogni del territorio con pochi km da percorrere tra produttori e consumatori.
Soprattutto conterà passare dal grande modo industriale di produrre, alla piccola e media dimensione produttiva, soprattutto energetica. La microgenerazione fotovoltaica diffusa sul territorio può fermare i monopoli energetici (anche da energia rinnovabile proprio perché rispondenti a logiche monopoliste), mentre per molti contadini sarebbe più facile rimanere a coltivare la terra quando vi può essere un reddito garantito dal destinare una frazione del proprio fondo alla generazione elettrica fotovoltaica, da vendere a prezzo remunerativo al gestore elettrico nazionale.
Ci si accorgerebbe presto che poter contare su abbondante elettricità autoprodotta può consentire di sopravvivere senza rifornimenti esterni. Puoi cucinare senza la bombola del gas, ti puoi riscaldare con pompe di calore elettriche, puoi spostarti con una macchina elettrica, puoi illuminare la tua casa e credo che così si cambia anche testa e cultura, e la globalizzazione appare come un mostro senza futuro.
Bisogna, con apposite leggi, togliere ogni pastoia burocratica all’introduzione della microgenerazione diffusa e agli incentivi che già sono previsti. Mettere un limite oltre il quale diventerebbe speculazione. In poco tempo vi sarebbe una tale abbondanza energetica che nessuno chiederebbe più nuove centrali, tanto meno quelle nucleari.
Molte persone dalle città, dove oggi si vive malissimo, si potrebbero trasferire in campagna, vivere facendo cose utili, produrre energia pulita e, mano,mano imparando qualcosa di agricoltura per l’autosufficienza alimentare.
Visto che ciò è possibile subito, e le banche già finanziano operazioni energetiche fotovoltaiche (ogni casa singola può dotarsi facilmente di tali impianti), si dovrebbe partire massicciamente prima che i monopolisti prendano in mano la situazione.
E’ questo il “mercato” possibile oggi per invertire la deriva distruttiva della nostra economia e guardare con ottimismo ad un futuro prossimo, orfano del petrolio, che sarà assai duro. Ma non chiamiamolo “ nuovo socialismo”!.
Paolo De Gregorio
Inviato il: 18/2/2008 19:05
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