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  Civiltà Ebraica

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Re: Civiltà Ebraica
#361
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PALESTINA: RICONOSCIMENTO DI UNO STATO
Postato il Mercoledì, 29 dicembre @ 21:30:00 CST di davide

Israele / Palestina DI JOHN V. WHITBECK
english.aljazeera.net

Un avvocato e autore internazionale analizza la qualità e la quantità di Stati che riconoscono la Palestina

Il 17 dicembre la Bolivia ha ufficialmente riconosciuto la Palestina con i confini che le spettavano nel 1967 (tutta la striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est).

Il riconoscimento da parte della Bolivia porta a 106 il numero degli Stati membri dell’ONU che riconoscono lo Stato della Palestina, la cui indipendenza è stata proclamata il 15 novembre 1988. Pur essendo tuttora sotto occupazione armata straniera, la Palestina possiede tutti i requisiti e criteri internazionali necessari per fregiarsi del titolo di Stato Sovrano. Nessuna porzione del territorio palestinese è considerato da alcun Paese (ad eccezione di Israele) come territorio sovrano di un altra Nazione, e persino Israele ha affermato la propria sovranità solo su una piccola porzione del territorio della Palestina, la parte est di Gerusalemme, lasciando la sovranità sul resto letteralmente e legalmente incontestata. In questo scenario può essere d’aiuto considerare la qualità e la quantità degli Stati che riconoscono la sovranità della Palestina.



Dei nove maggiori Paesi al mondo, otto (tutti eccetto gli Stati Uniti) riconoscono lo Stato della Palestina. Tra i 20 Paesi al mondo a maggior densità di popolazione, 15 (tutti eccetto Stati Uniti, Giappone, Messico, Germania e Tailandia), riconoscono la Palestina. Per contro, i 72 Paesi delle Nazioni Unite che attualmente riconoscono la Repubblica del Kossovo come Stato Indipendente, includono soltanto uno dei nove Stati maggiori (gli Stati Uniti) e solo quattro dei 20 Paesi più popolati (Stati Uniti, Giappone, Germania e Turchia).

A luglio, quando la Corte Internazionale di Giustizia stabilì che la dichiarazione unilaterale d’indipendenza del Kossovo non violava leggi internazionali perché tali leggi non si pronunciano sul tema della legalità delle dichiarazioni d’indipendenza (nel senso che nessuna dichiarazione d’indipendenza contravviene ad alcuna legge per cui sono tutte “legali” benché soggette all’accettazione politica della loro dichiarata indipendenza da parte degl altri stati sovrani), gli Stati Uniti esortarono i Paesi che non avevano ancora riconosciuto il Kossovo a farlo al più presto. Passati cinque mesi, solo altri tre Paesi ritennero opportuno farlo, Honduras, Kiribati e Tuvalu. Se la Lega degli Stati Arabi iniziasse ad esortare la minoranza degli Stati appartenenti alle Nazioni Unite che ancora non hanno riconosciuto la Palestina a farlo subito è certo che la risposta sarebbe di molto superiore (sia in qualità che in quantità) alla risposta avuta di recente dagli Stati Uniti riguardo al Kossovo. E lo dovrebbe proprio fare.

Malgrado il fatto che (secondo i miei calcoli approssimativi) i Paesi che comprendono l’80 e il 90 per cento della popolazione mondiale riconoscono lo Stato della Palestina e che soltanto tra il 10 e il 20 per cento della popolazione mondiale riconosce la Repubblica del Kossovo, per i media occidentali (in effetti anche per la maggior parte dei media non occidentali) l’indipendenza del Kossovo è cosa fatta, mentre l’indipendenza della Palestina è soltanto un’aspirazione che non potrà mai essere realizzata senza il consenso Israelo-Americano, e la gran parte dell’opinione pubblica mondiale (e, a quanto pare anche la leadership palestinese di Ramallah) è, almeno finora, stata soggetta ad un lavaggio di cervello che la fa pensare ed agire di conseguenza.

Come nella maggioranza dei casi che riguardano rapporti internazionali, non è la natura dell’atto (o del crimine) che conta, ma piuttosto chi lo fa a chi. La Palestina è stata invasa 43 anni fa, ed è ancora occupata oggi, dalle forze armate d’Israele. Quella che la maggior parte del mondo (incluse le Nazioni Unite e l’Unione Europea) ancora considerano parte della provincia serba del Kossovo è stata invasa, ed è ancora occupata adesso, 11 anni dopo, dalle forze della NATO, e la bandiera americana vi ci sventola in lungo e in largo quanto le bandiere del Kossovo, mentre la capitale, Pristina, ostenta un Bill Clinton Boulevard, con una sua enorme statua. La forza fa la legge, o perlomeno la pensano così i più forti, inclusa la maggior parte di chi decide e di chi influenza l’opinione pubblica in occidente.

Nel frattempo, mentre il perenne “processo di pace” sembra improvvisamente minacciato da pacifici ricorsi a leggi ed organizzazioni internazionali, la Camera dei Rappresentanti americana ha approvato con voto unanime una risoluzione stilata dalla American Israel Public Affairs Committee (AIPAC), che invita il presidente Barack Obama a non riconoscere lo Stato della Palestina e ad opporsi a qualsiasi tentativo da parte palestinese di diventare membro delle Nazioni Unite.

In genere la politica e i media occidentali chiamano “comunità internazionale” gli Stati Uniti e qualsiasi nazione sia disposta a sostenerli pubblicamente su qualsiasi fronte, e “stati canaglia” quei Paesi che attivamente contrastano il dominio globale Israelo-Americano.

Con la sua servile sottomissione ad Israele, come ribadito ancora una volta dal fatto che non una sola voce coraggiosa si sia opposta a quest’ultima risoluzione della Camera dei Rappresentanti e dallo smacco subito dall’amministrazione Obama che aveva offerto un’enorme tangente militare e diplomatica ad Israele (e da questi rifiutata) per la sospensione di 90 giorni del suo programma illegale di colonizzazione, gli Stati Uniti si sono effettivamente autoesclusi dalla vera comunità internazionale (la stragrande maggioranza dell’umanità) e sono diventati essi stessi uno “stato canaglia”, dal momento che agiscono in costante e flagrante dispregio sia delle leggi internazionali che dei diritti umani. C’è da sperare che gli Stati Uniti possano ancora strapparsi all’abisso e ritrovare la propria indipendenza, ma tutti i segnali vanno nella direzione opposta. È una triste fine per una nazione un tempo ammirevole.

John Whitbeck, avvocato internazionale e consulente del pool palestinese nelle trattative con Israele, è autore del libro “Il mondo secondo Whitbeck”.

Fonte: http://english.aljazeera.net
Link: http://english.aljazeera.net/indepth/opinion/2010/12/20101228131929322199.html
28.12.2010

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da GIANNI ELLENA

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Al Jazeera.
Inviato il: 30/12/2010 23:30
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Re: Civiltà Ebraica
#362
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Israele stila nuove black-list in Europa per arginare danno alla propria immagine

Scritto il 2010-12-29 in News

Israele sta cercando con ogni mezzo di arginare il danno alla propria immagine, provocato da una politica criminale e al di sopra di ogni legalità e diritto internazionale, che promuove attacchi continui contro civili nella Striscia di Gaza, massacri, la colonizzazione esponenziale della Cisgiordania e di Gerusalemme Est e assalti di pirateria contro flottiglie umanitarie (Freedom Flotilla, maggio 2010).

Oltre all'armata di mille "chirurghi estetici", cioè intellettuali europei che verranno sguinzagliati qua e là in attività da promoter-venditore del prodotto "Israel", lo stato sionista manda avanti la propria collaudata, e ormai poco credibile, corazzata di servizi segreti, di sicurezza, di propaganda, a colpire associazioni e organizzazioni palestinesi in Europa che lavorano per il riconoscimento dei diritti fondamentali del popolo di Palestina.

In questi giorni l'attacco israeliano è rivolto al Palestinian Return Centre di Londra e a suoi ricercatori e rappresentanti, accusati di "attività terroristiche" quali, niente meno, l'organizzazione di conferenze e manifestazioni a sostegno della Palestina e di denuncia contro i crimini di guerra israeliani.

Mentre un Paese dopo l'altro dell'America Latina, una delle regioni del "sud del mondo" in rapida ascesa e sviluppo, sta riconoscendo il diritto a uno Stato per i palestinesi, e ha preso le distanze dalle politiche illegali israeliane, l'Europa in inarrestabile declino economico, politico e sociale è tuttora ancorata alla parabola in discesa del neo-colonialismo occidentale, di cui lo stato sionista è emblema ultimo e in grave crisi esistenziale.

Quello che segue è l'articolo comparso nel sito dell'esercito israeliano:
http://dover.idf.il/IDF/English/News/today/10/12/2703.htm

"Il ministro della Difesa Ehud Barak ha siglato un decreto, questo mese, in cui dichiara che l'organizzazione affiliata a Hamas, il Palestinian Return Center in Inghilterra, è un'associazione illegale in Israele. Sulla base di un rapporto stilato lunedì 27 dicembre dall'Agenzia di sicurezza israeliana, il Centro risulta coinvolto nell'organizzazione di attività violente e radicali contro Israele in Europa, e di delegittimazione dello status di Israele come nazione tra la comunità europea.

Tra le altre attività terroristiche affiliate, il Centro organizza molte conferenze in vari Paesi europei per attivisti di Hamas e dei Fratelli Musulmani di tutto il mondo, e per membri del Centro stesso. I partecipanti includono principalmente rappresentanti delle attività di finanziamento a Hamas in Europa, e persino dell'organizzazione di Hamas della Striscia di Gaza.

Il Centro, fondato a Londra nel 1996, ufficialmente dichiara come sua unica missione la promozione della questione dei rifugiati palestinesi. Tuttavia, in realtà, esso funziona come ramo organizzativo di Hamas in Europa e i suoi membri sono vecchi leader di Hamas che promuovono l'agenda del movimento in Europa, ed interagiscono direttamente con vari dirigenti di Hamas, particolarmente di Damasco.

I leader del Centro comprendono prominenti attivisti di Hamas, tra cui: Majad El Zir, Zahar Birawi e Maged Akil. Un altro attivista, Assan Paur, lavora come membro della Interpal Board of Trustees, un'organizzazione dichiarata terroristica in Israele e negli Usa sulla base del suo diretto coinvolgimento con il finanziamento globale di Hamas.

In anni recenti, il Centro è diventato un contribuente principale della European Campaign for Ending the Siege on Gaza (Ecesg) ed è stato coinvolto nell'invio di uno dei suoi maggiori attivisti, Arafar Madi, come parte del piano per il violento scontro a bordo della nave Mavi Marmara, a maggio del 2010. Essi avevano lavorato in cooperazione con la fondazione IHH in Turchia e con altri organismi finanziatori di Hamas in Europa e nel mondo.

Durante le recenti conferenze del Centro, sono stati mandati in onda discorsi registrati di leader di Hamas, il cui ingresso in Europa è vietato da quando Hamas è considerata un'organizzazione terroristica dall'Unione Europea. I dirigenti di Hamas comprendono il primo ministro Ismail Haniyah, la cui entrata nella Ue è bandita.

Si deve anche menzionare che il lavoro del Palestinian Return Center è soltanto una parte del più ampio attivismo e della rete di sostegno a Hamas all'interno dell'Europa, particolarmente forte in Inghilterra. Il Centro è soltanto uno degli affiliati tra le tante associazioni mondiali di Hamas che sostengono e reclutano attività terroristiche per Hamas dentro la Striscia di Gaza".

Il PRC respinge al mittente le accuse e aggiunge di non essere coinvolto con alcun partito palestinese.

Altre info: http://www.prc.org.uk/newsite/en/

(Le foto in homepage: bombardamento israeliano al fosforo bianco, durante l'operazione Piombo Fuso, dicembre 2008 - gennaio 2009; attacco alla Freedom Flotilla, maggio 2010)
Inviato il: 30/12/2010 23:31
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Re: Civiltà Ebraica
#363
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1000 minori palestinesi arrestati da Israele nel 2010

Scritto il 2010-12-30 in News

Ramallah - InfoPal. Il ministero per gli Affari dei prigionieri palestinesi ha reso noti i dati aggiornati sulle detenzioni dei minori palestinesi nel 2010.

Gli arresti da parte delle autorità israeliane si sono concentrati in particolare ad al-Quds (Gerusalemme) e sobborghi.

In totale, i minori palestinesi arrestati sono mille, nella metà dei casi gli episodi sono avvenuti nel distretto summenzionato. Si tratta di ragazzi palestinesi tra i 15 e i 17 anni.

Molti dei minori arrestati a Gerusalemme est - Silwan, 'Essawiyah, Abu Dis, 'Ezariyah, Wadi al-Helwe - avevano anche otto anni d'età.

Nella classifica degli arresti ai danni dei minori, segue al-Khalil (Hebron) dove le accuse riguardano quasi sempre il lancio di sassi contro i coloni israeliani.

Nella relazione del ministero palestinese emerge che il 95% dei minori palestinesi arrestati è stato sottoposto a maltrattamenti, ma non mancano casi di abusi sessuali, pestaggi e altri metodi di tortura eseguiti nei centri d'interrogatorio presso le colonie. E ancora, raid notturni, confessioni estorte dietro tortura e costrizione a firmare dichiarazioni scritte in lingua ebraica delle quali i minori non conoscono il contenuto.

Un anno fa, i minori palestinesi arrestati erano stati 700.

Sulle pene imposte ai minori: la media oscilla dai due a sei mesi di detenzione con l'imposizione di ingenti multe.

Ad oggi restano nelle prigioni israeliane 350 bambini palestinesi, rinchiusi in strutture carcerarie a Megiddo, Rimonim e 'Ofer, mentre altri sono distribuiti nei centri di detenzione e per gli interrogatori.

A Silwan, in particolare, processo di ebraicizzazione, demolizioni di abitazioni palestinesi, perquisizioni e istigazioni dei coloni sono alla base degli scontri giornalieri in cui collocare arresti arbitrari e maltrattamenti sui minori palestinesi da parte delle forze d'occupazione israeliane.
Inviato il: 30/12/2010 23:33
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Re: Civiltà Ebraica
#364
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L'Ocha: Israele demolisce decine di abitazioni palestinesi

Scritto il 2010-12-30 in News

Ramallah - InfoPal. Un nuovo rapporto delle Nazioni Unite ha rivelato che la scorsa settimana le autorità d'occupazione israeliane hanno demolito 16 edifici palestinesi in vari quartieri di al-Quds (Gerusalemme): Sour Baher, an-Ne'man e Ra's al-'Amoud.

Nel periodo sotto osservazione, 15-21 dicembre 2010, l'Ocha, Agenzia Onu per l'assistenza umanitaria, ha riportato lo sfratto di 30 palestinesi, di cui 13 bambini.

Altre abitazioni palestinesi, tra cui tende e stalle, A Betlemme, sono state distrutte da Israele.

Sono stati chiusi anche quattro esercizi commerciali ad al-Khalil (Hebron). A Nablus le demolizioni hanno colpito 100 palestinesi.

Nello stesso rapporto sono stati inclusi casi di violenza e attacchi da parte di coloni israeliani e sono stati messi in evidenza alcuni episodi accaduti nelle aree di Jenin e Qalqiliya, dove centinaia di ettari di terreno sono stati confiscati con la forza ai legittimi proprietari palestinesi.

Nel periodo di riferimento della relazione Ocha, si è appreso che il numero dei camion di merci ai quali Israele ha permesso di raggiungere la Striscia di Gaza è stato ridotto: si parla di 866 carichi contro i 937 delle settimane precedenti, mentre, nonostante gli impegni assunti da Israele, solo 44 camion di fragole e fiori prodotti in loco sono state esportate.

Per la Striscia di Gaza, si sono posti in evidenza alcuni punti di carenza, che vanno dal frumento al combustibile.

Quest'ultimo, in particolare, ha provocato crisi energetiche a Gaza dove, anche questa settimana, la popolazione palestinese assediata è rimasta spesso al buio, anche fino a 6 ore continuative al giorno.
Inviato il: 30/12/2010 23:33
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Re: Civiltà Ebraica
#365
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A suon di confische territoriali previe demolizioni del caso, e la riduzione in profughi di tutti coloro che vi vivenano, demandandoli al mantenimento in tendopoli a carico dei goym di tutto il mondo, la questione Palestina -Israele è avviata a risolversi definitivamente. E' soltanto questione di tempo.
Qualche decennio ancora, (e pensare che Israele ha i mezzi, solo che lo volesse, di deportare tutti i palesrtinesi in poche settimane ) e non ci sarà più nessuna questione palestinese, con buona pace di tutti.
Così va il mondo!
I 12 milioni di profughi tedeschi, cacciati dalle loro terre alla fine della guerra, lasciando ogni loro avere, pensano forse di tornare un giorno in possesso di ciò che fu loro?
Inviato il: 1/1/2011 10:58
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Re: Civiltà Ebraica
#366
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Occupazione israeliana: 'Breaking the Silence' pubblica centinaia di testimonianze

Scritto il 2010-12-31 in News

Al-Quds (Gerusalemme) - Pal-Info. L'organizzazione "Breaking the Silence" ha pubblicato il libro "Occupation of the Territories - Israeli soldiers testimonies 2000-2010" in cui si rivelano complicità e coordinamento diretti tra l'esercito d'occupazione e i coloni israeliani che vivono negli insediamenti illegali in terra palestinese.

"Il ruolo dell'esercito è quello di facilitare gli attacchi dei coloni contro cittadini e proprietà palestinesi".

Con circa 200 racconti, dalla ricca casistica qui esposta, emergono pure episodi in cui qualche soldato ammette di aver obbedito agli ordini dei coloni.

Il libro pubblicato nella settimana di Natale è una raccolta di testimonianze rilasciate da ex soldati israeliani che hanno servito in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

Non si incontrano solo racconti, ma anche chiarimenti su metodi e pratiche messi in atto nella repressione dell'esercito israeliano e le conseguenze sulle vite dei cittadini palestinesi sotto occupazione.

Si leggono storie di drastici atti e misure ai danni dei palestinesi su esplicita richiesta dei coloni, si apprendono casi di complicità o fatti di estrema gravità conseguenti ad interventi di soldati, all'apparenza giustificati dal dovere di prevenite attacchi dei coloni, i quali puntualmente si concludono con il personale accanimento dei soldati contro i palestinesi.

Qualcuno degli ex soldati ha ammesso: "Ad Hebron, era il capo dei coloni a decidere cosa fare e a comunicarcelo", un altro ha raccontato di aver allestito posti di blocco nel centro della città, anche qui su richiesta dei coloni, con l'obiettivo di intimidire i residenti palestinesi.

Con questo libro, sono centinaia le testimonianze che vanno ad aggiungersi al cospicuo materiale di denuncia pubblica collezionato nel corso degli anni d'occupazione israeliana in Palestina.

Prevedibile l'indignazione in ambienti militari israeliani che parlano di "diffamazione e scarsa attendibilità delle testimonianze raccolte" da Breaking the Silence.

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Le "giacche blu" non facevano le stesse identiche cose? Non vedo motivi di meraviglia, una volta appurata la matrice di molti comportamenti ricorrenti nella storia, dalla rivoluzione francese in poi.
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Petizione a favore di Desmond Tutu, accusato di antisemitismo per avere criticato il governo di Israele.

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L'arivescovo Desmond Tutu criticato dai gruppi sionisti in Sudafrica per il sostegno dato ai palestinesi


A causa del suo sostegno esplicito alla Palestina, la Federazione sionista sudafricana ha chiesto che l'arcivescovo Tutu venga destituito o dia le dimissioni dalla sua posizione di patrono del Centro per l'olocausto di Città del Capo, e del Centro per l'olocausto e il genocidio di Johannesburg.
Il prelato si trova infatti sotto attacco per aver parlato contro l'occupazione d'Israele in Palestina: lo scorso ottobre aveva persino chiesto all'opera di Città del Capo di non recarsi in Israele, per motivi di uguaglianza e di diritti umani: “Solo i sudafricani più insensibili non avrebbero problemi a esibirsi di fronte a un pubblico che esclude, ad esempio, gli abitanti di un villaggio occupato della Cisgiordania a mezz'ora da Tel Aviv (ai quali non è nemmeno permesso recarsi nella stessa Tel Aviv), e che include i loro vicini ebrei, sistemati in una colonia abusiva costruita su territorio palestinese occupato”.
Dopo aver pronunciato queste parole, Tutu è stato criticato duramente dai sionisti in Sudafrica e all'estero: l'ambasciatore israeliano ha accusato Tutu di “faziosità”, mentre Alan Dershowitz, professore di legge a Harvard, lo ha definito “bigotto” e “anti-semita”.
I membri di Open Shuhada Street hanno così lanciato una petizione in difesa di Tutu, la quale si oppone alla sua destituzione, chiesta dal vice-direttore della Federazione sionista sudafricana David Hersch. Nelle prime quarantott'ore, oltre 1.000 persone hanno aggiunto i loro nomi al documento; attualmente vi sono più di 1.600 firme, incluse quelle di alcuni personaggi famosi, quali Arthur Chaskalson, Lord Joel Joffe, Omar Barghuthi, Adam Hochshild, Andrew Feinstein, Annie Lennox e Zackie Achmat.
PETIZIONE A DIFESA DELL'EMERITO ARCIVESCOVO DESMOND TUTU
L'Emerito Arcivescovo Desmond Tutu ha criticato pubblicamente la politica israeliana nei confronti dei palestinesi che vivono a Gaza e in Cisgiordania. Ha inoltre criticato gli attacchi dei palestinesi ai civili israeliani. Tali critiche sono ben note. Di recente, tuttavia, le sue critiche a sfavore d'Israele hanno scatenato aspri attacchi personali. Nell'ambito delle richieste di destituirlo dal ruolo di patrono dei Centri per l'olocausto di Città del Capo e di Johannesburg, appartenenti alla Fondazione sudafricana per l'olocausto, Tutu è stato attaccato ed etichettato come anti-semita e bigotto.

Ogni disaccordo andrebbe discusso apertamente, ma simili attacchi sul piano personale sono del tutto inaccettabili.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, nella quale persero la vita 60 milioni di persone, la Germania nazista uccise socialisti, gay e lesbiche, rom e combattenti della resistenza, ma il suo sterminio più sistematico fu diretto contro il popolo ebraico.

Sei milioni di ebrei furono infatti trasferiti nei ghetti e nei campi di concentramento, prima di venire assassinati.

Questo grottesco crimine contro l'umanità non andrà mai dimenticato. Il suo retaggio e la sua lezione appartengono a tutti gli esseri umani, e tutti gli esseri umani devono farne tesoro. Il razzismo – che comprende l'anti-semitismo, il sessismo, la xenofobia, l'omofobia e l'inumanità – dev'essere contrastato dovunque nasca. Come affermato dalla dichiarazione d'intenti della Fondazione sudafricana per l'olocausto, dobbiamo costruire “una società più giusta e altruista, in cui i diritti umani e la diversità siano rispettati e valorizzati”.
Questa è esattamente la causa alla quale Desmond Tutu ha dedicato la propria vita. Tutu rappresenta la miglior tradizione di resistenza a tutte le forme di oppressione; ci ha insegnato che capire l'olocausto comincia con il comprendere che l'unico modo per garantire la sicurezza a ognuno di noi è garantirla a tutti noi. Con le sue parole, dà corpo alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, un documento nato dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale, che enuncia dei diritti che appartengono ugualmente a israeliani e palestinesi.

Utilizzare l'olocausto nel tentativo di delegittimare Tutu vuol dire minare il lascito di quel tragico evento, e insultare la memoria delle sue vittime.

.Chiamare Tutu anti-semita, perché ha attaccato le politiche del governo israeliano, è un gesto oltraggioso, priva il termine del suo significato e indebolisce gli sforzi necessari per sconfiggere i veri razzisti ed anti-semiti
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Re: Civiltà Ebraica
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Re: Civiltà Ebraica
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Re: Civiltà Ebraica
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Citazione:

Grazie Redna.


di nulla.....ma oggi anche la Norvegia riconosce lo Stato Palestinese primo e unico paese europeo che lo ha fatto.
Il sostegno i palestinesi lo hanno anche da altri paesi.

dall'articolo:

Ogni disaccordo andrebbe discusso apertamente, ma simili attacchi sul piano personale sono del tutto inaccettabili.

quando non si hanno argomenti occorre screditare mediante attacchi personali infondati come se tutti fossero ottusi da non capire la motivazione che è sempre e solo dettata dalla paura.
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Re: Civiltà Ebraica
#375
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LA VIOLENZA DI ISRAELE CONTRO LA PROTESTA PER IL MURO DI SEPARAZIONE
Postato il Domenica, 16 gennaio @ 09:45:00 CST di davide

Israele / Palestina SI VA VERSO IL TERRORISMO DI STATO

DI RICHARD FALK
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Tra le cose salienti accadute nella Palestina occupata degli ultimi anni c’è stata quella che ha interessato le pacifiche proteste settimanali contro il prosieguo della costruzione del Muro di Separazione che attraversa la Cisgiordania. Un luogo particolarmente attivo per la protesta è stato il paesino di Bil’in, vicino a Ramallah, ed è qui che la tendenza israeliana all’uso letale della forza per sopprimere le dimostrazioni non violente solleva profonde questioni morali e legali. Tali questioni si accentuano quando si pensa che già nel 2004 la Corte Internazionale di Giustizia (l’organo giudiziario principe delle Nazioni Unite), in una rara e pressoché unanime sentenza dichiarò illegale la costruzione del Muro nella Palestina occupata ed ordinò ad Israele di abbatterlo e di compensare i palestinesi per i danni arrecati. Israele contestò la sentenza, per cui il muro non solo è rimasto, ma la costruzione continua tuttora su segmenti ancora non completati.



È in tale contesto che il mondo dovrebbe analizzare la sconvolgente morte di Jawaher Abu Rahmah, avvenuta a Bil’in per soffocamento da inalazione di gas lacrimogeno il 1° gennaio 2011, senza nemmeno far parte della manifestazione. Alcuni testimoni infatti confermano che lei era lì soltanto come spettatrice della grande manifestazione di fine anno che ha visto la partecipazione di 350 attivisti israeliani e stranieri. Non c'era alcun motivo di usare un modo così violento per spezzare la protesta contro una peculiarità dell’occupazione che era stata dichiarata illegale da un autorevole organismo internazionale.

Destino vuole che il fratello della signora Rahmah fosse rimasto ucciso pochi mesi prima proprio da una bomboletta di gas lacrimogeno sparatagli a distanza ravvicinata. Ci sono poi molti altri racconti di incidenti causati dai metodi estremi che Israele usa per controllare la folla. Altri attivisti internazionali sono stati feriti e villanamente arrestati in passato, tra cui un Premio Nobel per la Pace, l’irlandese Mairead Maguire.

Queste morti dimostrano una generale attitudine da parte di Israele ad usare eccessiva forza contro i palestinesi sotto la loro occupazione. Soltanto un giorno dopo, un giovane palestinese disarmato, Ahmed Maslamani, è stato colpito a morte ad un checkpoint in Cisgiordania mentre si recava pacificamente al lavoro. Non aveva eseguito un ordine impartitogli in ebraico, lingua che non capiva.

Quando questa violenza letale è indirizzata contro civili disarmati che cercano di mantenere i diritti fondamentali alla loro terra, alla mobilità e all’autodeterminazione è evidente come lo stato di Israele sia diventato senza legge e quanto siano giustificate e necessarie le crescenti campagne mondiali di deligittimazione incentrate sul boicottaggio, il disinvestimento, le sanzioni (BDS).

Ogni episodio di eccessiva e criminale violenza israeliana non solo infligge sofferenze agli innocenti civili palestinesi, ma diventa pure una forma di martirio nella non-violenta guerra per la legittimità che i palestinesi hanno dichiarato sia all'interno della Palestina che sui virtuali campi di battaglia dell'opinione pubblica mondiale, con crescente successo.

Israele sa perfettamente come controllare le folle ribelli usando solo un minimo di forza. Lo ha dimostrato spesso nel modo in cui ha trattato con delicatezza, quando lo ha fatto, in diverse manifestazioni, i coloni che, questi sì, rappresentano una minaccia molto più grande all’equilibrio sociale che non le manifestazioni contro la costruzione del Muro.

È impossibile separare questo uso eccessivo della forza che Israele mette in campo contro i singoli palestinesi, dall’uso indiscriminato della forza che Israele ha politicamente adottato contro l’intera popolazione, come dimostrano le crudeli sanzoni che sono state imposte al popolo di Gaza da più di tre anni e dal modo criminale in cui Israele ha condotto attacchi per tre settimane sulla popolazione inerme di Gaza esattamente due anni fa. Non è forse ora che la comunità internazionale intervenga ed offra alla vulnerabile popolazione palestinese una qualche protezione contro la violenza di Israele?

Sotto l’affidarsi alla forza eccessiva come dottrina strategica che Israele persegue, si nascondono subdole idee razziste: che le vite israeliane valgono molte volte quelle palestinesi e che i palestinesi, come tutti gli arabi, capiscono solo il linguaggio della forza (sostanzialmente un'idea genocida lanciata di prepotenza anni fa, in un celebre libro La Mente Araba di Raphael Patai, pubblicato nel 1973). È anche parte di un metodo punitivo di occupazione, soprattutto a Gaza, dove i cablogrammi di Wikileaks confermano ciò che da tempo si sospettava: "Come parte del loro piano di embargo totale contro Gaza, fonti israeliane hanno confermato [a funzionari dell'ambasciata statunitense] in più occasioni che è loro intenzione mantenere l'economia di Gaza sull'orlo del collasso, senza proprio spingerla oltre il limite.” (cablo pubblicato il 5 gennaio 2011 sul Norwegian Daily).

L’allora Primo Ministro Ehud Olmert, in un discorso tenuto nel gennaio 2008 ha detto del blocco: "Non impediremo la fornitura di alimenti per bambini, di medicine per chi ne ha bisogno e di combustibile per salvare vite umane... Ma non c’è alcuna giustificazione per esigere che noi consentiamo agli abitanti di Gaza di vivere normali vite mentre bombe e razzi vengono lanciati dalle loro strade e cortili [verso il sud di Israele]”.

Questa è stata una chiara ammissione di punizione collettiva della popolazione civile fatta dal leader politico israeliano del momento, che violava platealmente l'articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra che ciò vietava nel modo più assoluto. Cotanta madornale criminalità dovrebbe costringere i leader politici israeliani a sottoporsi a meccanismi internazionali per far sì che i singoli responsabili di crimini contro l'umanità siano perseguibili. È altresì evidente che il blocco è punitivo, e non una risposta alla violenza transfrontaliera che, per inciso, ogni volta è stata più distruttiva di vite umane e proprietà palestinesi che non israeliane.

Aldilà di questo, la leadership di Hamas a Gaza, fin dalla sua elezione, aveva ripetutamente tentato di stabilire un cessate il fuoco lungo il confine, ed una volta concordato a metà del 2008 con l'aiuto dell’Egitto, le vittime di ambo le parti si sono quasi azzerate. Questo cessate il fuoco è stato provocatoriamente interrotto da Israele il 5 novembre 2008 per preparare il terreno al lancio di attacchi massicci contro Gaza, che durarono tre settimane, dopo essere iniziati il 27 dicembre 2008.

Durante quella guerra, se si può chiamare tale un conflitto a senso unico di questa portata, la criminalità delle tattiche usate dalle Forze di Difesa Israeliane sono state monitorate da Amnesty International e Human Rights Watch. Non c’è più alcuna ragione che metta in dubbio la fondatezza delle accuse di criminalità associata a quelle tre settimane di attacchi sulla popolazione e infrastrutture civili, comprese scuole ed edifici delle Nazioni Unite. Tutto ciò è stato largamente documentato sul Rapporto Goldstone, stilato dopo una particolareggiata inchiesta guidata da John Dugard, sotto gli auspici della Lega Araba.

Dettagliati resoconti, evidenziati dal Rapporto Goldstone, hanno correttamente rilevato che l'impressione complessiva lasciata dagli attacchi è stata come la prosecuzione di una certa “dottrina Dahiya”, attribuita ad un generale israeliano durante la guerra del Libano nel 2006, in cui la distruzione dall’alto di un quartiere di Beirut sud da parte di Israele, fu una risposta volutamente eccessiva, a scapito della società civile, con la scusa che la zona fosse una presunta roccaforte di Hezbollah, e in risposta ad un incidente di frontiera in cui dieci soldati israeliani persero la vita in uno scontro a fuoco con guerriglieri Hezbollah.

Il rapporto Goldstone del 2009 ricorda che il generale Gadi Eisenkot disse: "Cosa è successo nel quartiere Dahiya di Beirut nel 2006 accadrà in ogni villaggio da cui si spara su Israele. Si applica una forza sproporzionata su di esso per causarvi gravi danni e distruzione. Dal nostro punto di vista, questi non sono villaggi di civili, ma basi militari. […] Questo non è un consiglio. Si tratta di un piano. Ed è stato approvato".

In effetti, le infrastrutture civili di avversari come Hamas o Hezbollah sono trattati come legittimi obiettivi militari, il che non è solo una evidente violazione delle più elementari norme del diritto in guerra e della morale universale, ma l’ammissione di una dottrina violenta che deve essere chiamata con il suo proprio nome: terrorismo di stato.

Siamo giunti ad una fase in cui i soprusi dell'occupazione israeliana, che ormai dura da più di 43 anni, si ripropongono quotidianamente in molteplici violazioni del diritto umanitario internazionale. Nella sua essenza e per progetto, l'occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e della Striscia di Gaza dovrebbe essere intesa e condannata come terrorismo di stato, da come si rivela sia nella forma che nella sostanza.

Richard Falk, professore emerito di Diritto Internazionale all'Università di Princeton è anche autore di Esplorazione del limite del tempo: le prospettive di ordine mondiale; Crimini di guerra: l'Iraq e il costo della guerra: Diritto Internazionale delle Nazioni Unite e Ordine Mondiale dopo l'Iraq. È l’attuale relatore speciale dell'ONU per i Diritti Umani nei Territori Palestinesi Occupati.

Fonte: www.veteranstoday.com
Link: http://www.veteranstoday.com/2011/01/10/falk-israel’s-violence-against-separation-wall-protests-–-along-the-road-of-state-terrorism/
10.01.2011

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da GIANNI ELLENA
Inviato il: 16/1/2011 18:39
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Re: Civiltà Ebraica
#376
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E’ di ieri una esauriente riflessione di Sergio Romano sulle cause remote della questione araba in generale e palestinese in particolare.
Nulla quaestio sulla costante rimozione europea del risorgimento arabo, pur intriso di idee nate e sviluppate qui da noi. E nulla quaestio sulla spiegazione - scritta tra le righe - su quanto tale rimozione abbia influito nel creare l’attuale ostilità araba oggi verso l’Occidente (e l’Europa, naturalmente).
Vorremmo soltanto corroborare la disamina di Romano con un accenno alla politica britannica. E’ a Londra, infatti, con la Dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917, che si misero le basi della nascita di un’entità estranea, israeliana, in Palestina. Ecco l’incipit originale: “His Majesty's Government view with favour the establishment in Palestine of a national home for the Jewish people”...

E ricordiamo pure come, meno di 4 anni dopo, il 13 giugno 1921, il ministro di Sua Maestà, Winston Churchill ebbe così a dichiarare di fronte ai Comuni: “La causa delle difficoltà esistenti in Palestina risale al movimento sionista e all’appoggio che noi intendiamo offrire a questo movimento”. Dopo aver illustrato come in quel tempo vivessero in Palestina “500 mila musulmani, 65 mila cristiani e circa 65 mila israeliti”, Churchill ammetteva che “in base allo schema sionista di immigrazione “sono stati portati circa settemila israeliti”, ma che questa “immigrazione e la propaganda relativa hanno allarmato ed eccitato le popolazioni arabe. Gli arabi temono che in pochi anni saranno dominati e schiacciati... senonché l’Inghilterra - proseguiva Churchill - ha una completa fiducia nell’opera intrapresa da sir Herbert Samuel, il quale è un ardente sionista. Io seguo la sua azione con immensa fiducia. Io gli offro il mio incondizionato appoggio”...
Ricordiamo anche come nei 25 anni (1922-1947) di “mandato britannico” (eufemismo coloniale) su quei territori, la popolazione ebraica salì, con dosi massicce di immigrazione, ad oltre 600 mila unità.

E ricordiamo poi come tale appoggio al sionismo - e all’avvenuta rapina di una terra araba - fu completato a Jalta, alla fine della seconda guerra mondiale dallo stesso Churchill, da Stalin e da Roosevelt, con la decisione di imporre una spartizione dell’ex “Terra santa”. L’Onu fu delegata quindi alla divisione in due delle terre palestinesi e la relativa risoluzione fu emanata il 29 novembre del ‘47.

Si noti infine come alcune anime pie che si ritengono “storici” non soltanto rimuovono come per il popolo ebraico la Palestina sia una sorta di “preda” ancestrale da catturare (i Filistei vivevano lì), ma dichiarano pure un’irreale opposizione di Londra a Israele (ma la disputa era soltanto sui chilometriquadrati da rapinare agli arabi).
Ah, un’ultima nota. Peccato che quelle analisi Romano le scriva per il Corriere della sera che - pur relegando in fondo alle sue pagine tali potenti editoriali - può far finta così di equilibrare le sue opinioni al 99,99% pro-Israele.

Ugo Gaudenzi
Fonte: www.rinascita.eu
Link: http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=5955
19.01.2011
Inviato il: 20/1/2011 8:27
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Re: Civiltà Ebraica
#377
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Il negazionismo diventerà reato? Alfano: “Ci stiamo lavorando, non si può negare la verità”

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”La costituzione immediata di un gruppo tecnico di lavoro per valutare la scrittura di una norma che affermi il reato di negazionismo”. Lo ha annunciato il ministro della giustizia Angelino Alfano, intervenendo questo pomeriggio al convegno dell’Associazione di cultura ebraica Hans Jonas su ”Shoah e sua negazione”.
Il ministro ha detto, all’inizio del suo intervento, che ”negare la verità significa uccidere una seconda volta le vittime”. ”La negazione della Shoah non è un’opinione – ha poi spiegato il Guardasigilli – ma è il risultato di una operazione che si colloca all’opposto dei valori delle nostre democrazie”. A giudizio di Alfano quindi usare il diritto penale per combattere il negazionismo non è in contrasto con la costituzione.
Per questo, ha concluso annunciando la costituzione immediata di ”un gruppo tecnico di lavoro” a cui ha invitato i rappresentanti delle comunità ebraiche per ”valutare tecnicamente la scrittura materiale di una norma che affermi il reato di negazionismo”.
24 gennaio 2011 | 19:05

http://www.blitzquotidiano.it/politica-italiana/negazionismo-reato-ebrei-verita-alfano-723242/
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C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di se (Oscar Wilde)
Inviato il: 24/1/2011 22:26
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Re: Civiltà Ebraica
#378
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E finalmente avremo la Storia Ufficiale.
E la rifondazione del Minculpop o la realizzazione concreta
del Grande Fratello orwelliano.
Inviato il: 25/1/2011 14:40
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Re: Civiltà Ebraica
#379
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Qualcuno ha letto il libro di cui si parla in questo articolo?
http://ilsole24h.blogspot.com/2011/01/tedeschi-sterminati-dagli-ebrei.html

E' scritto da un ebreo e insieme al libro di Finkelstein "L'Industria
dell'Olocausto" e a quello di Ilan Pappe "Nakba, la pulizia etnica della
Palestina", mi sembra la pietra tombale apposta da ebrei sulla pretesa
superiorità etica del sionismo.
Se poi ci aggiungo le parole ascoltate l'altra sera da un sopravvissuto
ebreo dei lager, ossia che solo il 10% dei prigionieri era costituito da
ebrei, posso dire che ormai la "narrazione epica" del sionsimo sia
definitivamente seppellita e proprio per mano di ebrei.
Il che mi sembra guistissimo, visto che gli ebrei hanno pagato
a caro prezzo il progetto concepito in tandem dal binomio
Hitler-Jabotinski di un nuovo regno ebraico in Palestina...
Inviato il: 31/1/2011 15:50
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Re: Civiltà Ebraica
#380
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Su IBS mi dice "attualmente non disponibile" incredibile...
Inviato il: 31/1/2011 20:48
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Re: Civiltà Ebraica
#381
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'Non assumere lavoratori arabi'. L'ultimo atto razzista in Israele

Scritto il 2011-02-01 in News

An-Nasira (Nazareth) - InfoPal. Fonti d'informazione israeliane hanno pubblicato una preoccupante notizia che svela come, nel Paese, i fatti di razzismo siano sempre più frequenti e violenti.

Ora i cittadini israeliani di fede ebraica chiedono - attraverso una campagna mediatica - il boicottaggio di qualunque forma di rapporto con i palestinesi in Israele (Territori palestinesi occupati nel '48, ndr), a partire dal commercio.

"Non assumere 'arabi' nei negozi israeliani" è l'ultima iniziativa lanciata da influenti gruppi in Israele.

I quartieri ultra-ortodossi sono stati invasi da volantini e manifesti contenenti l'esplicito invito a non servirsi presso commercianti gestiti o di proprietà "araba", ovvero palestinese.

"Dobbiamo impedire che i nemici di Israele entrino nelle nostre vite turbandole", si legge su alcuni di questi annunci pubblici.

La notizia è stata riportata anche dalla radio israeliana con un altro particolare; "dietro queste idee c'è una forte componente religiosa ebraica, determinante per istigare le masse di israeliani".

E, in una sorta di "caccia alle streghe", che dà luogo a inquietanti reminiscenze, alcune organizzazioni israeliane intanto, starebbero mettendo a punto delle strategie per identificare i lavoratori "arabi" nei centri commerciali da boicottare.

Fonti: Quds Press, Pal-Info

Articoli correlati:
Stampa israeliana: nel Paese 'razzismo dilagante' contro palestinesi del'48


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A me ricorda "vagamente" le scritte juden raus!
Inviato il: 2/2/2011 13:59
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Re: Civiltà Ebraica
#382
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CVD.
Il nazismo lo hanno inventato gli ebrei (una parte di essi)...
Inviato il: 2/2/2011 14:51
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Re: Civiltà Ebraica
#383
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LE SQUADRE DELLA MORTE ISRAELIANE PRONTE A INFILTRARE LE PROTESTE EGIZIANE ?
Postato il Giovedì, 03 febbraio @ 20:57:09 CST di davide

Africa FONTE: KAWTHER.INFO

L’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha offerto al proprio omologo nel governo egiziano, Omar Suleiman, che è anche il capo dei servizi egiziani, di inviare squadre della morte, i gruppi degli assassini sionisti professionisti che indossano abiti civili arabi, conosciuti anche come “mistaaravim”, a infiltrare i dimostranti in Egitto per uccidere i capi dell’opposizione e il movimento rivoluzionario che partecipa alle proteste contro il regime dittatoriale di Hosni Mubarak e dei suoi criminali

Il giornale ebraico israeliano “Maariv” ha rivelato ieri che funzionari di alto livello dell’ufficio di Benjamin Netanyahu hanno avuto nei giorni scorsi una serie di telefonate con Suleiman e lo hanno edotto sulla urgente necessità di un coordinamento della “sicurezza” su diverse questioni tra Israele e l’Egitto. Il giornale ha aggiunto che la prevenzione delle armi di contrabbando attraverso i tunnel tra il confine dell’Egitto e quello della Striscia di Gaza è stata solo una delle questioni, tra le altre, che i funzionari hanno discusso.

L’agenzia Quds Press, citando fonti israeliane, ha detto che lo stato sionista ebraico ha offerto al Generale Omar Suleiman, ora nominato dal dittatore Mubarak “vice-Presidente della Repubblica di Egitto”, di mettere “tutte le risorse potenziali” a sua disposizione “per proteggere il regime in Egitto”, inclusa l’attuazione di “operazioni specifiche per prevenire la rivoluzione popolare”, e gli ha chiesto di lavorare insieme per impedire quelle che hanno chiamato “le armi di contrabbando alla Striscia di Gaza”.

Quds Press ha aggiunto che un funzionario dell’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha rivelato che loro avevano chiamato Suleiman domenica 30 gennaio 2011 per esprimere la loro preoccupazione sulla situazione in Egitto, offrendogli le risorse dei servizi israeliani al fine di attuare operazioni speciali per porre fine alle proteste.

La fonte israeliana ha aggiunto che Netanyahu e Suleiman hanno discusso dei possibili modi per mettere in sicurezza il “confine” dell’Egitto con l’entità ebraico-sionista. Il primo ministro israeliano ha offerto a Suleiman di mettere le risorse dell’entità sionista a sua disposizione se lui riteneva che il proprio regime era in pericolo.

D’altro lato, rappresentanti del governo americano hanno chiamato diverse volte funzionari egiziani per discutere la questione delle preoccupazioni israeliane per la sicurezza nei confini comuni della penisola del Sinai. Dopo tali chiamate, l’Egitto ha riposizionato migliaia di soldati nella penisola del Sinai per proteggere la cosiddetta “sicurezza” israeliana con il consenso di Israele, per rafforzare la sicurezza di fronte alle proteste che chiedono la caduta del Presidente egiziano Hosni Mubarak, che si sono diffuse in tutto l’Egitto.

Secondo il trattato di pace tra Egitto e Israele siglato nel 1979, il Sinai è un’area demilitarizzata. Ma lo “stato” ebraico chiede che l’Egitto dispieghi le sue forze nella regione ogni qualvolta ci sia bisogno di proteggere l’entità sionista. Nel 2005, quando Israele ritirò le sue forze da Gaza, l’Egitto dispiegò le sue forze nel Sinai, per la prima volta dopo la firma del cosiddetto “trattato di pace”, per proteggere il confine tra Gaza e l’Egitto.

La Cancelliera tedesca Angela Merkel, accompagnata da più della metà del suo governo, arrivata oggi 1 febbraio 2011 in Israele per discutere la questione della sicurezza israeliana e dei desiderata di Israele per ogni nuovo governo che potrebbe venire dichiarato in Egitto alla luce della rivoluzione egiziana contro l’attuale regime, ha dichiarato che “il mondo deve costringere” l’Egitto a continuare a tener fede al decrepito “trattato di pace” siglato nel 1979. l’ex ambasciatore americano in Egitto, Frank Wisner, è tornato al Cairo per incontrare alti funzionari egiziani e per discutere la questione della sicurezza israeliana e delle sue richieste, e della possibilità di un trasferimento di poteri in Egitto in favore di un regime pro-Stati Uniti e pro-Israele sulla scia di una crisi che attanaglia l’Egitto da una settimana.

Oggi, oltre 8 milioni di manifestanti hanno dimostrato in piazza Tahir al Cairo, e in altre città contro il Presidente Mubarak e il suo regime. I dimostranti hanno chiesto a Mubarak di abbandonare il potere, di “andarsene”, di “andare all’inferno”, e di lasciare il paese per permettere l’inizio di una nuova era di democrazia in Medio Oriente. Hanno cantato “la nazione vuole giustiziare il presidente” e hanno impiccato un fantoccio come simbolo di Mubarak in piazza Tahir. Nello stesso tempo, in diverse centinaia di migliaia hanno manifestato a Alessandria, Suez, Mansoura, Damnhour, Arish, Tanta, e a El-Mahalla el-Kubra contro Mubarak. Le richieste dei manifestanti sono le stesse: che Mubarak abbandoni il potere e se ne vada.

Versione originale:

Fonte: http://www.kawther.info
Link: http://www.kawther.info/wpr/2011/02/01/israeli-death-squads-to-infiltrate-egyptian-protests
1.02.2011

Versione italiana:

Fonte: http://andreacarancini.blogspot.com/
Link: http://andreacarancini.blogspot.com/2011/02/le-squadre-della-morte-israeliane.html
3.02.2011

Traduzione a cura DI ANDREA CARANCINI
Inviato il: 4/2/2011 21:08
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Re: Civiltà Ebraica
#384
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#385
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Il partito radicale è roba sionista...
Inviato il: 8/2/2011 19:08
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Re: Civiltà Ebraica
#386
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Sarà, ma la discussione è molto interessante. Anche se non tocca le implicazioni più dolorose dell'occupazione del territorio palestinese e la spoliazione a carico di questo popolo di ogni bene e diritto da parte dei nazisti con la stella di david.
Il dibattito merita di essere ascoltato fino alla fine.
Inviato il: 8/2/2011 19:42
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Re: Civiltà Ebraica
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Israele bombarda l'unico deposito di medicinali di tutta la Striscia. E' catastrofe umanitaria

L'ufficio del ministero della Salute di Gaza ha denunciato l'operazione militare israeliana con cui questa mattina un magazzino pubblico - deposito di medicinali e attrezzature medico-ospedaliere - è stato totalmente distrutto, acuendo una crisi di settore già annunciata.
E' accaduto questa mattina: aerei da guerra israeliani hanno tenuto la Striscia di Gaza intrappolata da una serie ininterrotta di raid aerei che hanno bombardato da nord a sud aree densamente popolate, da Gaza City a Beit Lahiya, da Jabaliya a Rafah. Dieci cittadini palestinesi, tra cui due bambini, sono rimasti feriti, mentre diversi laboratori siderurgici, colpiti direttamente dai missili aerei, hanno fatto divampare incendi propagatisi nel vicinato.
La condanna del ministero palestinese è stata rivolta espressamente all'attacco sferrato a nord di Gaza City (in via Salah Id-Din) che ha portato alla distruzione totale di uno stabile, di circa mille mq, dove erano immagazzinate le uniche scorte di medicinali e attrezzature mediche attualmente a disposizione nel territorio palestinese assediato.
"Non stiamo facendo propaganda! Croce rossa internazionale e l'Organizzazione mondiale della sanità sono in possesso dell'inventario", ha dichiarato Munir al-Barsh, direttore generale del dipartimento di farmacologia presso il ministero di Gaza.
"Israele sa bene cosa c'era in quell'edificio, e l'azione non può averlo colpito per un caso. Nel magazzino bombardato e andato a fuoco c'erano le uniche scorte sanitarie sul territorio e questa è stata l'unica risposta ai nostri ricorrenti appelli rivolti al mondo di fronte all'imminente catastrofe umanitaria".
L'80% delle scorte all'interno del magazzino è andato perso.
Solo due giorni fa, nella Striscia di Gaza si era spento Hassan Hussain Bares, 379° vittima dell'assedio israeliano, mentre centinaia di malati rischiano la vita nel breve termine.
A poche ore dall'attacco, il ministro della Salute, Bassam Na'im, ha tenuto una conferenza stampa: "Ora le nostre capacità d'intervento sono state seriamente compromesse. Sono centinaia i palestinesi affetti da gravi patologie, come cancro, malattie renali e malattie cardiache, alle quali non eravamo in grado di fornire il trattamento richiesto, ma a cui, da oggi, non potremo rispondere nemmeno con interventi d'emergenza basilari".
"Attacchi di questo tipo sono crimini contro l'umanità, in contravvenzione al diritto umanitario internazionale, alla IV Convenzione di Ginevra, e fanno parte della politica israeliana iniziata con l'imposizione dell'assedio anche nel settore sanitario.
"Siamo nel mezzo della catastrofe umanitaria, bisogna intervenire adesso per la salvezza dei nostri pazienti, e per non riconoscere più alcuna impunità all'occupante".


qui.........
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C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di se (Oscar Wilde)
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Re: Civiltà Ebraica
#388
Dubito ormai di tutto
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la religione è indispensabile
soltanto a un’umanità rescissa dal mondo divino-spirituale.
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Re: Civiltà Ebraica
#389
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Veto Usa blocca risoluzione Onu per una condanna delle colonie israeliane in Palestina

Scritto il 2011-02-19 in News

New York - Agenzie, InfoPal. Ieri, 18 febbraio, gli Stati Uniti hanno fatto ricorso al proprio diritto di veto, contrastando la risoluzione di condanna delle attività dello Stato di Israele in terra di Palestina (le colonie illegali, ndr).

La risoluzione di condanna era appoggiata da circa 130 Paesi, e dai 15 Stati membri del Consiglio di sicurezza, tuttavia il voto è stato annullato dal veto degli Stati Uniti.

Sono Stati aventi diritto a veto, insieme agli Usa, anche Francia, Cina, Russia e Gran Bretagna.

Le prime dichiarazioni. L'ambasciatore Usa presso l'Onu, Susan Rice, ha fatto sapere che, rammaricato per il rifiuto incontrato nelle misure per un compromesso, proposte precedentemente dagli Usa, il suo Paese non ha avuto altra scelta all'infuori del veto.

"La risoluzione avrebbe allontanato dalla realtà una soluzione basata su mutui negoziati. Gli Usa respingono le attività coloniali di Israele in Cisgiordania, ma le Nazioni Unite non rappresentano il foro appropriato per risolvere il decennale conflitto".

Per Rice, insomma, esiste una qualche autorità dell'Onu, ma, così decretando, il suo Paese dimostra di non riconoscerne la legittimità del ruolo di mediatore internazionale nella risoluzione dei conflitti.

"Gli Stati Uniti preferiscono un approccio diretto alle questioni cruciali tra israeliani e palestinesi". Forse le colonie non lo sono per la diplomazia americana, e quest'idea si ritrova anche nelle dichiarazioni rilasciate a poche ore dal voto dal Segretario di Stato Usa, Hilary Clinton, durante una conferenza stampa di fronte ai senatori statunitensi.
"In passato, l'intervento delle Nazioni Unite ha dimostrato di essere debole e inefficiente. L'America sostiene uno Stato palestinese che garantisca a Israele di vivere in frontiere sicure e che possa intrattenere relazioni pacifiche con il resto dei Paesi della regione mediorientale".

Subito dopo l'esito del voto, Francia, Gran Bretagna e Germania hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui hanno reiterato la condanna delle colonie israeliane e hanno incoraggiato una soluzione basata sui due Stati, ribadendo il sostegno alla ripresa dei negoziati sullo status finale, nell'ottica di accogliere lo Stato di Palestina tra i membri Onu entro settembre 2011.

Da parte sua, Yasser 'Abed Rabbo, segretario generale dell'Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp), ha affermato: "Da ora sarà necessario rivalutare l'intero processo negoziale".

I palestinesi hanno ricordato alla comunità internazionale che, proprio attraverso le sue attività coloniali in terra di Palestina, Israele sta creando una colonizzazione de facto della loro terra e che, di conseguenza, si è molto vicini a precludere la fattibilità della realizzazione concreta dello Stato palestinese.

Israele, invece, chiede ai palestinesi di tornare al tavolo negoziale, stando alle dichiarazioni del portavoce agli Esteri, Yigal Palmor, il quale, analogamente all'ambiguità delle dichiarazioni di Rice, afferma di "non ritenere utile il Consiglio di sicurezza Onu per assicurare pace e stabilità nella regione".

Soddisfazione per il veto Usa è stata espressa da Israele agli Usa, dove anche, l'Aipac (The American Israel public Affairs Committee - http://www.aipac.org/), ha salutato il decisivo intervento americano.

Commentando l'esito del voto, la "Human Rights Watch", invece, ha posto in evidenza la pericolosità dell'azione statunitense: "E' una lesione del potere esecutivo della legge internazionale".

Le varie Convenzioni di Ginevra, di cui Israele è parte contraente, proibiscono all'occupante il trasferimento di popolazione civile nel territorio occupato. Esattamente quello che Israele fa con le illegali colonie in Palestina.

http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=361242

http://www.palestine-info.info/ar/default.aspx?xyz=U6Qq7k%2bcOd87MDI46m9rUxJEpMO%2bi1s7dwqM2LQcpxvYJluj%2bbJBTrJqUaOz3Mqc1xFm1M2GMNBpM2NBOnKoMfUoKKtu715qsMyfvCjzsgIE3c1DGG9OVaFiWNhxCXox5DkzxDHvHQY%3d

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Inviato il: 20/2/2011 15:52
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  •  edo
      edo
Re: Civiltà Ebraica
#390
Sono certo di non sapere
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Da casa
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Crimini israeliani contro i palestinesi tra il 2000 e il 2011

Scritto il 2011-02-24 in News

Statistiche Miftah.

Perdite umane e materiali periodo di riferimento: 28 settembre 2000 - 31 gennaio 2011

Palestinesi deceduti

Totale: 7406. Bambini 1300. Donne 583. Uomini 5519

Palestinesi uccisi da coloni israeliani 83.

Palestinesi uccisi dal fuoco israeliano 2914

Decessi conseguenti a divieti imposti a personale medico presso checkpoint israeliani 401

Bambini palestinesi nati morti presso checkpoint israeliani 32

Palestinesi assassinati in operazioni extragiudiziali 841

Passanti assassinati in operazioni extragiudiziali 354


Decessi di palestinesi per distribuzione geografica
Cisgiordania (compresa Gerusalemme): 2129

Striscia di Gaza: 5081

Palestinesi feriti dalle forze d'occupazione israeliane e da coloni: 51292. Da arma da fuoco 9126. Da proiettili rivestiti di gomma 17532. Da gas lacrimogeni 6971. Da altro 17663

Palestinesi resi disabili o menomati in seguito a ferimento 3643

Israeliani deceduti

Totale: 1676. Bambini 123. Donne 306. Uomini 642. Coloni 240. Soldati 354



Istruzione
Scuola uccisi 932 Feriti 4135 In carcere 932
Studenti universitari uccisi 200 Feriti 1270 In carcere 726
Insegnanti uccisi 37 Feriti 59 In carcere 192


Distruzione di proprietà palestinese in dunum (1 dunum = 1000 m)
terre confiscate: 274405.5
terre distrutte: 83279
alberi sradicati: 1193220
case demolite:



Fonti
1. The Palestinian Central Bureau of Statistics (Pcbs)* fonte principale
2. Ministero dell'Istruzione palestinese
3. Applied Research Institute Jerusalem (Arij)
4. Palestinian Red Crescent Society (Prcs)
5. Palestinian Centre for Human Rights (Pchr)
6. Palestine Monitor
7. International Solidarity Movement

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Inviato il: 26/2/2011 18:16
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