style="color: rgb(0, 0, 0);"> Prima dell'Indipendenza La storia degli Stati Uniti si può dividere in due grossi blocchi, il cui spartiacque è la rivoluzione del 1776. In quell'anno infatti le colonie già presenti sul territorio si ribellarono alla corona inglese ed ottennero l'indipendenza, diventando la federazione di stati che sta alla base della moderna nazione americana. Con l'arrivo dei primi coloni, nel 1600, i rapporti con le popolazioni locali erano stati di natura relativamente pacifica. Prevalevano situazioni di piena collaborazione ed armonia, in cui il commercio di pelli e lo scambio di altri beni avvantaggiava sia gli indigeni che i bianchi, e solo raramente si registravano episodi di violenza, dovuti soprattutto a questioni di territorio. Ma con l'aumento massiccio dell'immigrazione, e l'inizio della spinta verso l'interno, la situazione si capovolse, gli equilibri iniziali si spezzarono, e lo scontro violento divenne la regola invece dell'eccezione. Fu così che al momento della rivoluzione, la maggior parte delle tribù indigene si alleò con gli inglesi, nella speranza di vedere diminuito, con la sconfitta dei coloni ribelli, il potere del loro oppressori. Purtroppo per loro invece, alla fine della guerra si ritrovarono dalla parte degli sconfitti. size="2"> alt="" src="library/Image17o.jpeg" style="width: 665px; height: 484px;"> Man style="color: rgb(0, 0, 0);"> style="font-weight: bold; text-decoration: underline;">La politica style="vertical-align: top; width: 180px; text-align: center;"> | src="library/Image19o.jpeg" style="width: 157px; height: 206px;"> George Washington size="2">La politica nazionale per le tribù indiane formulata da G. | Washington nel 1789 partiva dal presupposto che ciascuna tribù indiana fosse nazione indipendente, affermando che i trattati stipulati tra le tribù ed il governo federale erano, secondo la costituzione degli Stati Uniti, vincolanti per i singoli stati. Questi trattati garantivano ad ogni tribù il diritto all’autogoverno entro i propri confini, e imponevano al governo federale di proteggere i confini tribali da ogni intrusione dei bianchi. In cambio ciascuna tribù si impegnava a restare alleata degli Stati Uniti e a non stipulare accordi commerciali con nazioni straniere. Il timore era che Inghilterra, Francia e Spagna non avessero rinunciato ad acquisire il controllo dell’ovest e, alleandosi con gli indiani, potessero ricacciare gli americani bianchi ad est degli Apalachi. style="vertical-align: top; width: 180px; text-align: center;"> | vspace="5" hspace="5" alt="" src="library/Image18o.jpeg" style="vertical-align: top; width: 180px; text-align: center;" | height="2"> style="vertical-align: top; width: 180px; text-align: center;" | height="2"> |
size="2">"Gli indiani in quanto primi occupanti, godono di diritto di
proprietà sul suolo" disse Knox, ministro della guerra a Washington.
"Esso non può venir loro sottratto senza il loro libero consenso [….]
espropriarli[….] sarebbe una grossolana violazione delle leggi
fondamentali di natura e di quella giustizia distributiva che
costituisce la gloria di una nazione."
size="2">Knox condivideva le idee di Jefferson a di altri esponenti
dell’illuminismo secondo cui "l’indiano è, fisicamente e mentalmente
pari all’europeo". Tra il 1776 ed il 1804, gli stati del nord abolirono
la schiavitù, mentre l’elite di quelli meridionali premeva in tutti i
modi perché se ne imitasse l’esempio. Tutti i presidenti, da Washington
a Jackson, incoraggiarono i matrimoni misti tra bianchi e indiani, per
promuovere l’acculturazione di questi ultimi.
size="2">La prima acculturazione
size="2">Lo spostamento rapido degli americani bianchi verso
occidente, il costo delle guerre e il timore di nuove alleanze delle
tribù indiane con spagnoli, francesi o inglesi, indusse il governo a
porre in atto, nel 1790, una serie di leggi finalizzate ad indurre gli
indiani al passaggio dalla caccia all’agricoltura.
size="2">Knox stimava che le misure poste in essere avrebbero
determinato una completa assimilazione degli indiani, e avrebbero
portato alla progressiva estinzione dei loro diritti di proprietà sulle
terre entro cinquant’anni, tranne le piccole fattorie che ciascuna
famiglia indiana avrebbe conservato come proprietà privata.
size="2">Al fine di persuadere gli indiani a dedicarsi
all’agricoltura, il governo federale forniva gratuitamente le
attrezzature, insieme ad esperti con il compito di spiegare tecniche e
vantaggi dei sistemi agricoli.
size="2">Furono istituite a carico dello stato federale scuole di
lavoro manuale nelle quali i bambini indiani venivano preparati a
diventare agricoltori e mogli di agricoltori.
size="2">Fu istituita la vigilanza dell’esercito sui confini stabiliti
per trattato, e formulata la figura dell’agente federale con funzioni
di diplomatico residente.
size="2">Il governo infine offrì incentivi economici alle associazioni
missionarie delle diverse confessioni cristiane (soprattutto
protestanti), che si impegnavano ad istruire gli indiani e ad insegnar
loro le più avanzate tecniche agricole.
size="2"> Nel contempo gli indigeni venivano anche spinti alla
conversione verso il cristianesimo.
size="2">Alcune delle maggiori tribù degli Stati Uniti sud orientali
(Cherokee, Creek, Chicasaw, Chotaw e Seminole) fecero progressi così
rapidi sulla via dell’acculturazione da divenir note intorno al 1830
come le "cinque tribù civilizzate". Esse contavano circa 45.000
individui, e possedevano quasi tremila schiavi africani.
size="2">Nel cercare di migliorare la loro posizione sociale,
collocandosi su un piano di superiorità rispetto ai neri, molti
pellirosse finirono per accettare, insieme al processo di
acculturazione, anche gli stessi pregiudizi razziali dei bianchi.
size="2">La rapida avanzata dei pionieri verso ovest, tra il 1789 ed
il 1830, rese sempre più inadatti i territori di caccia degli indiani
al commercio delle pellicce, mentre la selvaggina diveniva sempre più
scarsa.
size="2">Poiché le terre per loro avevano valore solo come territori
di caccia - come previsto da Knox - anno dopo anno le varie tribù si
convinsero a svendere al governo federale milioni di acri di terra, che
poi sistematicamente veniva rivenduta ai coloni bianchi. Il ricavato
delle vendite andava a costituire dei fondi fiduciari, da cui le
nazioni indiane ricavavano rendite annuali per edificare segherie,
mulini, strade, e strutture necessarie all’economia di mercato.
size="2">In altre parole, l'unico indiano che il sistema accettava era
quello che accettasse, a sua volta, le regole del sistema.
L’intralcio
indiano nel progetto della nazione bianca
La
sconfitta dei Creek nel 1812, degli Shawnee e dei loro alleati del
nord, la sconfitta a New Orleans del corpo di spedizione inglese, ed il
fatto che le tribù indiane occupavano territori particolarmente adatti
alla crescita del cotone, diede motivo ai bianchi dell’ovest di
invocare l’eliminazione dei "selvaggi traditori" che avevano rotto i
trattati di alleanza con gli Stati Uniti.
Dal
1815 al 1828, perciò, la questione indiana acquistò sempre maggiore
rilevanza politica ed economica, ponendo le basi per un trasferimento
forzato.
style="font-style: italic;">"Anche se noi concedessimo
pari cittadinanza agli indiani acculturati, ed anche ammettendo che un
progetto simile sia praticabile, il massimo dei diritti e dei privilegi
che l’opinione pubblica potrebbe concedere agli indiani sarebbe di
collocarli in una posizione di mezzo tra il negro e il bianco; e se
pure dovessero sopravvivere a questa degradazione, senza la possibilità
di raggiungere l’elevazione del secondo, essi sprofonderebbero
gradualmente nella condizione del primo…"
I
sentieri di lacrime
style="color: rgb(0, 0, 0);">alt="" src="library/Image20o.jpeg" style="width: 300px; height: 297px;">
Egli
perciò ignorò le proteste delle nazioni indiane e nel maggio del 1830,
convinse il congresso ad approvare il cosiddetto "Indian Removal
Act", nonostante l’opposizione del partito whig e di migliaia di
bianchi dell’est.
Sebbene
il presidente della corte suprema di appello Jhon Marshall dichiarò
esplicitamente che la sovranità proclamata dallo stato della Georgia
sui territori contesi fosse "priva di valore ", Jackson ne ignorò la
sentenza.
Sopra:
ll sentiero delle lacrime, da un dipinto di Robert Lindenaux. 1942size="2">
size="2">"… siamo stati costretti a
bere l’amaro calice dell’umiliazione, trattati come cani mentre la
nostra vita e la nostra libertà divenivano trastullo dell’uomo bianco;
la nostra patria e le tombe dei nostri padri ci sono state strappate
dallo spietato vincitore finché, scacciati, nazione dopo nazione, ci
ritroviamo fuggiaschi, vagabondi e stranieri nella nostra stessa terra,
e contempliamo un futuro in cui i nostri discendenti saranno forse
completamente estinti […] sospinti in punta di baionetta nell’oceano
occidentale, o ridotti alla condizione di schiavi… "
size="2">John Ross, capo Cherokee
size="2">
Ralph Valdo Emerson , a nome degli oppositori.
L’ALTRO
AMERICANO
L’indottrinamento
.....cento
anni di errori e di crimini commessi per rendere l’indiano simile al
bianco.
Dopo
che nel 1886 gli americani bianchi ebbero domato le ultime rivolte
armate degli indiani, si rese necessario schiacciarne la resistenza
interiore: una volta compiuta la conquista dei loro territori, doveva
infatti proseguire quella dell’identità culturale indiana.
In
tale direzione una prima linea di pensiero era a favore di una
sistematico indottrinamento degli indiani delle riserve che puntava ad
una prospettiva di "americanizzazione " o " acculturazione" dei bambini
indiani, in quanto gli adulti "selvaggi", erano considerati
praticamente irrecuperabili.
Un
secondo orientamento prevedeva la possibilità di recidere i legami tra
l’individuo e la tribù, concedendo ad ogni capofamiglia indiano un
piccolo appezzamento di terra da coltivare, in modo da rendersi
autosufficiente e imparare a nuotare o affogare nel mare della cultura
bianca.
align="right" vspace="5" hspace="5" alt="" src="library/Image21o.jpeg"
style="width: 227px; height: 261px;">
Nel
1831 le tribù indiane erano considerate "nazioni subordinate
all’interno del territorio dello stato" e di questa affermazione gli
indiani sottolineavano il termine "nazioni" i bianchi subordinate. Nel
1871 il congresso approvò una legge secondo cui non si sarebbero più
dovuti stipulare dei trattati con le tribù indiane.
Il
congresso spogliò poi i loro tribunali del potere di giudicare secondo
il diritto tribale i casi sorti all’interno delle riserve, conferendo
poteri dittatoriali all’ufficio per gli affari indiani e, in ciascuna
riserva, ai suoi agenti e sovrintendenti. uesto controllo autoritario
venne ulteriormente rafforzato dalla creazione in ogni riserva di una
"polizia indiana" formata da giovani pellirossa disposti ad appoggiare
le nuove autorità.
L’ufficio
emanò disposizioni che consentivano ai suoi agenti di negare
le razioni di viveri agli indiani ribelli, di incarcerare gli adulti
che non collaboravano, di frustrare i bambini riottosi, e di separare i
figli dai genitori per inviarli nelle scuole statali e nelle missioni..
In
queste scuole i bambini dovevano spogliarsi di ogni residuo di
"tribalismo" venivano puniti se parlavano nella propria lingua, erano
costretti a vestirsi, comportarsi e pensare come bianchi, e non
potevano ricevere visite dai genitori né farne.
La
cittadinanza autosufficiente
L’esperimento
di cittadinanza autosufficiente iniziò nel 1887 con l’approvazione del "Dawes
General Allotment Act" ed anche in questa penosa situazione, la
condizione degli indiani delle riserve era però probabilmente migliore
rispetto a quella di quanti dovettero subire il programma di
detribalizzazione.
Tale
provvedimento era stato energicamente sostenuto non solo dai
riformatori bianchi, ma anche da quei bianchi che vivevano nei
territori indiani e che aspiravano a trasformarli in uno stato a
maggioranza bianca (Oklahoma).
Le
stesse compagnie ferroviarie erano ansiose di detribalizzare gli
indiani per ottenere nei loro territori le concessioni fondiarie
promesse dal governo, cosi come le imprese che intendevano sfruttare le
stesse riserve dei territori indiani.
Il "Dawes
Act" conferi al governo il potere di abolir ogni forma di
autogoverno tribale, lottizzare le terre delle riserve, concedere 160
acri di terre (circa 40 ettari) a ogni capofamiglia, vendere ai bianchi
quanto restava e infine cancellare ogni rapporto esistente deponendo
qualsiasi responsabilità per gli affari dei nuovi cittadini indiani,
abbandonati alla mercé dei loro vicini bianchi e di una amministrazione
statale composta principalmente da "uomini della frontiera" .
In
seguito al "Dawes Act", 67 tribù nel solo Oklahoma ed una dozzina al di
fuori dei suoi confini persero gli ultimi scampoli di territorio loro
rimasti.
Molti
indiani, e in particolare gli ex-cacciatori, di bisonti, non
avevano nessuna esperienza nella coltivazione della terra, e quella che
venne loro concessa non era certo delle più fertili; il governo non
fornì loro alcuna assistenza nel costruire, recintare, attrezzare o
dotare di bestiame fattorie autosufficienti.
In
breve tempo, impossibilitati a pagare le tasse e le rate dei prestiti,
e spesso, se le loro terre valevano qualcosa, indotti con la frode a
rinunciare ai titoli di proprietà, migliaia di indiani si trasformarono
in vagabondi senza fissa dimora. Si calcola che di tutti gli indiani
che attraverso il "Dawes Act" avevano ricevuto in concessione un
appezzamento di terreno, l’85-90 per cento l’abbia perduto negli anni
immediatamente successivi.
Le
tribù che sfuggirono alla detribalizzazione e alla "lottizzazione
individuale " continuarono a godere della proprietà comune delle loro
terre, ma furono assoggettate dal 1880 al 1930 alla dura legge della
americanizzazione sotto l’ufficio per gli affari indiani.
Nel
1910 la popolazione indiana era ridotta al livello più basso
dall’inizio della invasione europea e negli Stati Uniti non restavano
che poco più di 220.000 indiani. Quelli che non erano stati uccisi
direttamente negli scontri armati, erano stati eliminati dalle malattie
dell'uomo bianco, per le quali essi non disponevano di nessuna immunità.
Ma
per chi era convinto della incapacità della "razza rossa" di
sopravvivere alla competizione con quella anglosassone, la distruzione
morale e materiale degli indiani costituiva una dimostrazione lampante
dell’assunto.
Il
sistema di detribalizzazione ed i programmi di americanizzazione
forzata nelle riserve costituirono il punto più basso nella lunga
storia di maltrattamenti da parte dei bianchi, e il periodo di massima
disperazione degli indiani.
Il
giorno della vergogna: Massacro a Wounded Knee - 1890
size="2">Tra il 1880 ed il 1890, come reazione al degrado delle
proprie condizioni di vita, si manifestò tra le tribù occidentali
un’ondata di movimenti religiosi che invocavano l’aiuto divino.
size="2">Fu il periodo della "danza degli spettri", durante il quale
si auspicava che il Grande Spirito, avrebbe riportato in vita non solo
i bisonti i cervi e gli altri animali uccisi dai bianchi , ma anche i
guerrieri caduti
size="2"> Si sarebbe infine ottenuta la scomparsa degli uomini bianchi
e il ritorno dei giorni felici prima dell’arrivo degli europei.
size="2">Il primo grande profeta della danza degli spettri che iniziò
a predicare questa rinascita spirituale negli anni 70 fu un indiano
paiute di nome Tavibo. Il movimento ricevette nuovo impulso negli anni
80 da Wovoka figlio di Tavibo, ma quando il movimento si diffuse tra i
Sioux assunse nuova forma.
size="2">Il capo Grande Piede insegnava infatti che il Grande Spirito
avrebbe sostenuto gli indiani, in un’ultima grande rivolta. I Sioux
ignorarono le proibizioni degli agenti federali, che tentarono di
proibire la danza degli spettri nelle riserve, e Toro Seduto diede il
proprio appoggio al movimento.
size="2">Nel novembre del 1890, allo scopo di soffocare il movimento,
il commissario per gli affari indiani ordinò ai soldati di arrestare
Toro Seduto, Grande Piede e altri capi. Nei tafferugli che seguirono,
Toro Seduto restò ucciso. Duecento Sioux, guidati da Grande Piede
fuggirono dalla riserva di Pine Ridge.
size="2">I cinquecento cavalleggeri che partirono al loro inseguimento
costrinsero i fuggitivi a rientrare nella riserva, presso un fiume
chiamato Wounded Knee.
size="2">Mentre venivano perquisiti in cerca di armi, il 29 dicembre
1890, alcuni Sioux opposero resistenza: i soldati cominciarono a
sparare, alcuni con le mitragliatrici Hotchkiss; gli indiani per lo più
disarmati cercarono di fuggire, ma i soldati li inseguirono,m
uccidendone 150.
size="2">Un Sioux, testimone oculare del massacro, raccontò che in
seguito…
size="2">… "…a ovest, su per la scarpata che giungeva fino all’alta
cresta, erano sparsi i corpi di donne, ragazzi e bambini [….] i soldati
avevano sparato loro, mentre correvano, uccidendoli sul posto. Alcuni
giacevano in mucchi, perché si erano stretti gli uni agli altri…". Tra
i morti c’era anche Grande Piede.
size="2">style="width: 400px; height: 242px;">
size="2">Wounded Knee - Raccolta dei cadaveri dopo il massacro
Il
massacro suscitò numerose proteste, ed il governo nominò una
commissione d’inchiesta. La relazione finale attribuì la responsabilità
dell’accaduto ai soldati, ma nessuno di loro venne mai punito, e nessun
cambiamento venne apportato al sistema delle riserve, che proibiva agli
indiani la pratica di qualsiasi rito tribale.
style="color: rgb(0, 0, 0); text-decoration: underline;">Il nuovo
cittadino americano
A
differenza dei bisonti, gli indiani non scomparvero, e dopo il 1910 la
popolazione indiana ricominciò ad aumentare. Gli schiavi neri liberati
furono milioni, e nel territorio americano vi furono nuove ondate di
emigranti provenienti dall’Europa.
Tutto
ciò portò a riconsiderare il fatto che gli Stati Uniti fossero
una "nazione bianca protestante", e nei cinquant’anni successivi si
diffuse la consapevolezza della natura distruttrice dei tentativi di
"incivilire gli indiani".
In
occasione della grande guerra, Woodrow Wilson affermò i principio di
autodeterminazione dei popoli, e dopo la firma dei trattati di pace,
molte nazioni, già sottomesse agli imperi Austro-Ungarico e
Ottomano, ottennero l’indipendenza proprio in base alla loro
identità etnica.
Nasceva
nel frattempo tra gli intellettuali americani una nuova sensibilità
verso le differenze regionali e culturali all’interno del paese. Grazie
al patriottismo dimostrato da 15.000 indiani, che avevano prestato
servizio nell’esercito durante la prima guerra mondiale, il governo
federale concesse la cittadinanza a tutti gli indiani.
In
seguito a questo radicale riorientamento ideologico, figura di spicco
dei nuovi riformatori fu quella di John Collier, il quale applicò il
principio del relativismo culturale alla lotta degli indiani per
conservare la propria identità culturale. Nel 1923 egli fondò la
American Indian Defense Association, composta da bianchi, che aveva lo
scopo di esercitare pressioni a livello legislativo per un cambiamento
della linea di condotta nei confronti degli indiani d’America.
La
relazione della commissione incaricata dello studio della condizione
indiana (1928) risultò cosi scioccante da indurre l’opinione pubblica
alla richiesta di contromisure appropriate. Cosi nel 1933 il presidente
Franklin Delano Roosvelt nominò Collier commissario per gli affari
indiani, e l’anno dopo il congresso approvò l’ "Indian Reorganization
Act", che impresse un deciso mutamento di rotta alla politica nei
confronti degli indiani.
In
base alla nuova legge gli indiani venivano invitati a darsi
costituzioni tribali, a riappropriarsi delle terre perdute, e a creare
forme elettive di autogoverno (indipendentemente dal fatto che
disponessero di un territorio proprio).
Inoltre
l’ufficio per gli affari indiani avrebbe dovuto aiutare
ciascuna tribù ad acquisire un rinnovato orgoglio culturale per la
propria storia, i propri costumi e la propria religione, avrebbe dovuto
assicurare la piena libertà religiosa, e lavorare insieme ai consigli
della tribù per l’emancipazione sociale e culturale delle genti
indiane, considerate come unità tribali. L’assistenza sanitaria venne
migliorata a spese dell’erario federale, e furono stanziati fondi per
aiutare la nazioni indiane a metter a frutto le risorse di cui
disponevano. La politica della detribalizzazione venne cosi
definitivamente abbandonata, e il sistema della americanizzazione fu
abolito.
Tre
leggi per simulare la completa libertà
Collier
rimase in carica fino al 1947, e il suo programma fu
strenuamente avversato da quella parte di opinione pubblica bianca che
lo accusava di "coccolare gli indiani", sostenendo che il governo
avrebbe dovuto abolire del tutto il sistema delle riserve. Egli venne
convocato dinanzi al comitato per le Attività Antiamericane ed accusato
di ateismo, comunismo e sedizione a causa delle sue concessioni
eterodosse sui diritti degli indiani.
Dopo
il 1952 il presidente Dwight Eisenhower e il senatore Artur Watkins,
presidente del comitato per gli affari indiani, decisero di abbandonare
la linea indicata da Collier per seguirne una volta a dare agli indiani
"completa libertà".
Ma in
realtà le tre leggi intese a realizzare questa nuova politica segnarono
un ritorno alla detribalizzazione, oltre alla rinuncia del governo ad
ogni responsabilità giuridica o morale per la protezione degli indiani.
La
prima legge, il "Voluntary relocation Program" approvato nel
1952, forniva incentivi agli indiani disposti ad abbandonare le riserve
per cercare lavoro in determinate aree urbane. Lo scopo era quello di
eliminare dalle riserve la popolazione indiana eccedente. Ai volontari,
il governo offriva un addestramento professionale, un alloggio ed un
aiuto nella ricerca del primo lavoro: dopodiché l’indiano era lasciato
a se stesso.
L’addestramento
si dimostrò adeguato solo per i lavori più umili e peggio pagati. Molto
indiani si ridussero a fare la vita dei barboni, troppo umiliati dal
fallimento per ripresentarsi alle famiglie originarie. Dei 35.000
indiani che si offrirono volontari, solo il 30 per cento fece ritorno
alle riserve, mentre molti fra quelli rimasti in città dovettero
ricorrere all’assistenza sociale.
La
seconda legge consentiva agli stati di assumere la giurisdizione civile
e penale sulle riserve, dando un colpo di spugna alla polizia indiana,
ai tribunali locali e al sistema giuridico tribale voluti da Collier.
La
terza legge, la "Termination Policy" dichiarava infine che le
tribù indiane avrebbero dovuto svincolarsi il prima possibile dalla
supervisione e dal controllo federale. Le tribù vennero spesso
costrette con la forza o l’intimidazione ad assumersi ogni
responsabilità nella gestione del servizio sanitario, delle scuole, e
delle attività imprenditoriali. Furono abolite le restrizioni che
impedivano ai bianchi di impadronirsi delle terre delle risorse
minerarie.
Nel
1977 un gruppo di militanti indiani, membri della American Indian
Movement, presentò alla conferenza internazionale dei diritti umani
di Ginevra un memoriale di protesta in cui si chiedeva alle Nazioni
Unite di indagare sulla distruzione della cultura indiana e sulla
violazione dei diritti degli indiani americani, e di riconoscere
ufficialmente le nazioni indiane dell’America del nord.
Durante
l’amministrazione Carter e negli anni successivi, molte tribù indiane
si sono rivolte ai tribunali per ottenere il riconoscimento della
propria personalità giuridica, e la restituzione delle terre loro
sottratte con la frode.
Le
tribù dei Taos, degli Yachima e dei Narragansett hanno cosi ottenuto
per via legale la restituzione di parte dei loro territori, e molte
altre cause sono oggi pendenti presso i tribunali.
size="2">Attualmente ci sono circa un milione di indiani canadesi e
due milioni di nativi americani. Nonostante le terribili sofferenze,
sono riusciti a conservare buona parte della propria cultura, in
particolar modo dove hanno ancora accesso alla loro terra.
size="2"> Ci sono indiani in ogni stato degli Usa e in ogni provincia
canadese. Circa la metà dei nativi non vive nelle riserve ma in città.
La notevole tenacia della identità indiana la si può constatare in
popoli come i Mashantucket Pequot del Connecticut che, sebbene quasi
completamente sterminati durante la guerra Pequot del 1636-37,
riuscirono a sopravvivere nascondendosi, e oggi sono ancora una volta
un popolo prospero.
size="2"> Gli indiani continuano oggi a subire razzismo e
persecuzioni. Le condizioni di vita delle riserve sono terribili. Negli
USA, gli indiani d'America sono otto volte più soggetti a contrarre la
tubercolosi dei cittadini americani, e il 37% di tutti gli indiani
muore prima dei 45 anni. In Canada, la percentuale dei suicidi è tre
volte maggiore della media nazionale, mentre la mortalità indiana
infantile é superiore del 60% a quella dell'intera popolazione del
paese.
size="2"> Il furto delle risorse indiane non è limitato nel passato.
In tutto il continente gli indiani vengono ancora oggi privati delle
loro terre, delle loro foreste, dei minerali e persino delle sorgenti
d'acqua.
size="2">Studi vari sugli indiani americani di William G. Mc Loughlin
(Brown University).
size="2">Wayaka American Indians
size="2">An outline of American History - The United States
Information Agency
size="2">Vai href="http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=979">all'articolo
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