Indulto: liberi tutti, qualcuno un po' meno

Data 7/8/2006 10:51:22 | Categoria: politica italiana

Di Giorgio Mattiuzzo

Nonostante il caldo e le vacanze, il Governo italiano ed il Parlamento lavorano senza sosta per rendere la Giustizia in Italia un meccanismo impeccabile, che lavora per il bene e la sicurezza dei cittadini.

Il Parlamento ha votato quasi compatto l'indulto, con lo scopo di decongestionare le carceri, che soffrono di sovraffollamento cronico. Non sono mancate le polemiche, naturalmente. Soprattutto perché l'indulto ha coinvolto anche i reati finanziari, quelli dei colletti bianchi. Che siano stati messi in libertà personaggi che hanno mandato sul lastrico famiglie intere ha fatto sobbalzare molti, anche nello stesso governo, anche nella “base”, dappertutto insomma.
Se poi si considera che i reclusi per questo genere di reati sono una manciata, si capisce che forse lo scopo del provvedimento non è stato quello di svuotare le carceri...
... anche perchè, ben vedere, gli innocenti in carcere sono molti di più. Infatti il 36% dei reclusi è costituito da persone in attesa di giudizio (1), cioè innocenti; quella parte di detenuti che ha beneficiato dell'indulto pur avendo sulla coscienza la sorte di migliaia di persone appare non solo inconsistente sul piano numerico, ma addirittura una provocazione. Soprattutto perché molti tra questi sono compagni di strada di coloro che li hanno liberati.

La maggior parte dei beneficiari, in ogni caso, erano ladri e tossicodipendenti, per i quali si è voluto agire seguendo più la comprensione umana che non la severa applicazione della legge. Ma con le dovute cautele, sia chiaro: anche tra i poveracci ci sono i poveracci di seria A e i poveracci di serie B.
E in tempi di lotta globale al terrorismo islamico, i poveri tra i poveri non potevano che essere musulmani. Senz'ombra di dubbio.

Il Ministro degli Interni Giuliano Amato ha sentito l'esigenza di esternare (2): "Stiamo provvedendo ad espellere un gruppo di meno di dieci immigrati sospettati di avere legami con il terrorismo." Gli immigrati "condannati sono sotto il nostro controllo. Riserviamo a queste persone un'attenzione specialissima. Ieri ho firmato i primi decreti, oggi ne firmerò altri".

A sentire queste dichiarazioni si è portati a pensare che l'indulto abbia investito anche i terroristi, non solo i “ladri di polli”. Invece no. Perché le persone di cui sta parlando il Ministro sono "immigrati sospettati di connessioni con attività terroristiche e condannati per reati minori come il falso documentale."

Ora è molto più chiaro. L'allusione di Amato, nella sua soavità, non coglie di sorpresa chi segue almeno un po' il fronte interno della guerra al terrore. La lotta al terrorismo in Italia si combatte ancora alla vecchia maniera: poliziotti e giudici, anziché bombardieri e fucili d'assalto. Solo che i giudici italiani sono molto restii a condannare qualcuno, benché musulmano, per il reato di terrorismo internazionale. In due casi il giudice ha stabilito che attaccare in armi un esercito straniero, ancorché un esercito della coalizione dei buoni, non è terrorismo. Più spesso l'esito dei processi per terrorismo internazionale è una condanna per reati minori o comunque assai meno gravi di quello – infame – di terrorismo. Ultimo, in ordine di tempo, è il caso di quattro algerini accusati di far parte del Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento. In realtà – ecco la sibillina allusione del Ministro – i quattro algerini sono accusati della falsificazione di documenti di identità, permessi di soggiorno e contratti di lavoro tali da consentire anche il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e della permanenza illecita nel territorio dello Stato italiano. (3) In aggiunta c'è l'accusa di terrorismo.

Dunque la situazione è questa: alcuni immigrati sono accusati di un reato minore, che rientra tra quelli “perdonati” con l'indulto. Ma a differenza di tutti gli altri, costoro sono musulmani. Quindi su di loro pende il sospetto del governo che siano terroristi. Quindi il governo, infischiandosene del provvedimento che lui stesso ha promosso, dichiara apertamente di “avere sotto il suo controllo” (qualunque cosa significhi) e di voler espellere delle persone non perché hanno commesso un crimine, ma per un ipotetico reato non dimostrato da nessuno. La situazione sfiora il ridicolo: sono stati messi in libertà per quello che hanno fatto, ma vengono perseguiti per quello che non hanno fatto, o che perlomeno nessun tribunale ha dimostrato abbiano fatto. A parte il fatto di essere musulmani, beninteso. E vengono perseguiti non dall'apparato giudiziario, il solo preposto a svolgere quest'azione e che ha già fatto il suo lavoro (e lo ha visto vanificato dall'indulto), ma dal potere esecutivo. Ora, noi che a scuola abbiamo studiato Montesquieu, Tocqueville, Beccaria, Alfieri, ricordiamo benissimo quale sia la forma di governo che permette all'esecutivo di perseguire il cittadino, al di fuori – ed in questo caso contro – il potere giudiziario. Ma siamo altrettanto sicuri che non è questa la volontà del governo. Non per liberalità, sia chiaro. Per insipienza. Leggiamo infatti che il Ministro Amato, uomo politico di lungo corso, un tempo militante di primo piano di un partito sostenuto a suon di miliardi dalla massoneria (4) e poi letteralmente polverizzato da quella stessa corruzione che lo rese prospero, ha una strategia imbattibile per fermare questi pericolosi falsificatori di documenti:

"L'esempio più illustre è Al Capone, condannato per evasione fiscale, che con l'indulto sarebbe uscito".

Straordinario. Considerato che Al Capone non perdeva tempo falsificando documenti di disgraziati, ma che aveva un potente impero finanziario, Amato, con una sola frase, ha ammesso che: hanno messo in libertà pericolosi criminali in colletto bianco i quali, sotto il velo di peccatucci fiscali, stavano commettendo atti gravissimi; quei quattro algerini colpevoli di una quisquilia al confronto, sono soggetti ad una “attenzione specialissima” da parte del governo.

Attenzione però: non che il governo si stia muovendo fuori della legalità, anzi. Questo fulgido esempio di garantismo nasce dalle possibilità che il nuovo diritto italiano consente, secondo Amato, "in base ai poteri che ci sono dati dall'ultima legge antiterrorismo." Infatti il Ministro dell'interno o, su sua delega, il prefetto può disporre l'espulsione dello straniero appartenente ad una delle categorie di cui all'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, o nei cui confronti vi sono fondati motivi di ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa in qualsiasi modo agevolare organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali. (5)

Ma non finisce qui, in tema di giustizia.

La stampa di questi giorni riferisce la notizia delle nuove norme che regolano le intercettazioni. Per sommi capi sono queste:

Viene limitata la possibilità di prorogare le intercettazioni oltre i tre mesi salvo che non ricorrano ulteriori e precise risultanze investigative.
Tutte le intercettazioni telefoniche non acquisite dal giudice restano coperte dal segreto e vengono custodite in un archivio riservato posto sotto la responsabilità del procuratore della repubblica.
In caso di archiviazione delle indagini il divieto di pubblicazione è previsto sempre. Al fascicolo del procedimento possono essere acquisite soltanto le conversazioni che il giudice ritiene attinenti ai fatti, cioè rilevanti ai fini di prova.
(6)

La necessità di cambiare le regole si è fatta sentire dopo lo “scandalo delle intercettazioni”, cioè dopo che alcuni noti personaggi italiani, appartenenti alla stessa categoria di colletti bianchi di cui sopra, grazie alle intercettazioni volute dagli investigatori sono stati accusati di vari reati.

In sostanza le nuove norme del governo servono a fare in modo che poco o niente trapeli di ciò che viene registrato dagli investigatori. Infatti, tanto per rendere chiari gli intenti di chi ci guida, contestualmente alle intercettazioni si è modificata anche la legge sulla “privacy” che prevede per i giornalisti (ma non per gli editori) che pubblicano le telefonate multe da 3000 a 18000 euro, che possono arrivare anche a 60000. Ed infine, è prevista la distruzione delle registrazioni e dei verbali qualora la sentenza passi in giudicato e, comunque la distruzione è prevista dopo cinque anni dall'archiviazione.

La notizia potrebbe lasciare alquanto indifferenti, visto che la maggior parte delle persone non si trova a combattere quotidianamente contro la piaga delle intercettazioni.

Quello che non lascia indifferenti è proprio quello che nella legge manca.

Negli ultimi mesi il settimanale L'Espresso ha pubblicato una lunga inchiesta riguardante degli strani intrecci tra vari personaggi e Telecom Italia, riguardanti proprio le intercettazioni, scaturita da un'indagine della procura di Milano. Le indagini, ancora in corso, stanno mettendo in luce un oscuro mondo parallelo, extra-legale e fuori da ogni controllo, dove comanda un novello Big Brother che, a differenza di quello orwelliano, non vede tutto, ma tutti ascolta. Gli autori dell'inchiesta hanno definito questa situazione “la nuova P2”.

Naturalmente Telecom Italia ha smentito l'esistenza di una struttura parallela, “informale”, in ascolto delle conversazioni degli italiani. Ma i dubbi rimangono. (7)

E questa rete parallela di ascolto ed intelligence, come era prevedibile, lambisce uno dei grandi punti oscuri delle vicende italiane più recenti: il rapimento dell'imam Abu Omar da parte della Cia. Sono i magistrati che si occupano di Telecom che vogliono sapere se al sequestro di Abu Omar hanno partecipato anche «due uomini della sicurezza Pirelli» [Telecom Italia fa parte del gruppo Pirelli]. Il particolare è fondamentale perché rivela uno scenario senza precedenti. (8) I legami tra Telecom e il caso Abu Omar sono stati resi espliciti da uno degli italiani che partecipò alla rendition, il maresciallo del Ros Luciano Pironi. Dopo l’operazione [...] si fanno vivi tutti personaggi che gravitano intorno al mondo Telecom. Tra questi c’è anche un certo Gianpaolo Spinelli, ex agente Cia che ora lavora in proprio con una sua agenzia d’investigazione raccogliendo intorno a sè ex appartenenti del Sisde. E soprattutto lavora per la Pirelli. Sul suo biglietto da visita c’è scritto: «John Paul Spinelli - Global Security Services - Security consultants to Pirelli». Ufficiale con il grado in codice Gs 14, Spinelli, tra l’altro, è stato vice capo della Cia in Somalia, ferito a Mogadiscio, viene rimpatriato in una giornata nera per l’esercito Usa: è l’inizio dell’operazione raccontata nel film di Oliver Stone «Black Hawk Down». [...] Il sospetto della Procura, a questo punto, è che dietro i vari episodi e le varie indagini si muova sempre la stessa mano: quella della Cia, in piena bulimia d’informazioni riservate. (9)

Questo dovrebbe essere lo “scandalo delle intercettazioni”: un impresa privata intercetta chi le pare per aiutare i servizi segreti italiani ed americani a rapire persone innocenti, per portarle in qualche
Paese estero dove si può torturarle a piacimento.

Invece no. Lo scandalo è che i giornalisti vengano a conoscenza di reati conclamati commessi da parte dei personaggi più in vista del mondo politico-affaristico.
Ed infatti, come dicevamo, le nuove regole di riservatezza non valgono per il reato di terrorismo. Come pure non valevano per la già citata nuova legge antiterrorismo:

[...]Fino al 31 dicembre 2007 e' sospesa l'applicazione delle disposizioni di legge, di regolamento o dell'autorità amministrativa che prescrivono o consentono la cancellazione dei dati del traffico telefonico o telematico, anche se non soggetti a fatturazione, e gli stessi, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, e limitatamente alle informazioni che consentono la tracciabilità degli accessi, nonché, qualora disponibili, dei servizi, debbono essere conservati fino a quella data dai fornitori di una rete pubblica di comunicazioni o di un servizio di comunicazione elettronica accessibile al pubblico, fatte salve le disposizioni vigenti che prevedono un periodo di conservazione ulteriore. (10)

La situazione è dunque questa: il governo emana un decreto per fare in modo che l'opinione pubblica conosca il meno possibile degli illeciti che la classe dirigente italiana commette, come pure non deve sapere cosa accade al di là del piano strettamente giuridico. Invece, per chi è accusato di terrorismo internazionale (fino ad ora soltanto pochi immigrati sempre prosciolti per questo reato) è prevista la pubblica gogna e la persecuzione extra-giudiziaria da parte del governo.

La situazione è grave e non si limita a “dieci immigrati”, come dice il Ministro. La nuova legge contro il terrorismo, infatti, applica le nuove norme anche ai delitti commessi per finalità [...] di eversione dell'ordine democratico (11), che rientra nella fattispecie del nuovo articolo 270 del codice penale (12).

Il fatto che negli ultimi mesi gli arrestati nel corso di manifestazioni siano stati accusati di questo delitto, punibile da cinque a dieci anni di reclusione, mostra chiaramente che se gli effetti delle nuove leggi antiterrorismo hanno iniziato dagli anelli più deboli (gli immigrati) lentamente stanno risalendo i gradini della società ed iniziano a sfiorarne le frange meno allineate, che non si sono certo associate per sovvertire la Costituzione. Come per gli immigrati musulmani un reato minore, falsificare documenti, diventa sostegno al terrorismo internazionale, così per gli italiani atti di vandalismo e danneggiamento diventano tentativi di sovvertire violentemente l'ordinamento politico e giuridico dello Stato. Non solo. Benché finora questi reati gravissimi non abbiano trovato riscontri processuali e quindi nessuno sia finito in galera per questo, le parole del Ministro della Giustizia fanno chiaramente intendere che il Governo (quindi la Polizia) non cesseranno di perseguire chi non è colpevole di alcunché secondo la legge italiana.

Lo scenario che si prospetta non lascia molti dubbi: nel momento in cui si viene accusati di terrorismo o della sua variante riservata ai non musulmani, si perde qualsiasi diritto, mentre il governo ottiene la libertà di disporre delle persone, di espellerle dal nostro Paese e magari di consegnarle a Nazioni che praticano la tortura per conto terzi.

Naturalmente il processo è iniziato dagli anelli deboli e non considerati della società, ma nessuno può dire dove e quando questo processo si fermerà.


Giorgio Mattiuzzo (Pausania)



Note:

(1) Ministero della Giustizia – Statistiche sull'esecuzione negli istituti penitenziari
(2) Indulto, Amato: “Espulsi immigrati sospettati di terrorismo”
(3) Terrorismo internazionale, arresti nel Nord
(4) S. Flamigni, Trame atlantiche. Storia della loggia massonica segreta P2, Kaos 2005 (2^ ed.), pp. 9-10, 119, 193-4, 198-9. Vedi anche: L. Gelli, Piano di Rinascita Democratica, Obiettivi, 1 a).
(5) Legge 31 luglio 2005, n. 155, art. 3 c. 1
(6) Intercettazioni, sanzioni e privacy. Le novità del decreto del governo
(7) Il Grande Orecchio ci ascolta, siamo noi i più spiati d'Europa
Unipol, due piste per le talpe. I dubbi su Finanza e “Super Amanda”
(8) Intercettazioni illegali. Spunta la mano della Cia.
(9) Ibidem
(10) L. 155/2005, art. 6 c. 1. Cfr. n. 5
(11) L. 155/2005, art. 1. Cfr. n. 5
(12) Legge 24 febbraio 2006, n. 85, art. 2 c. 1



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