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Tesina sull'11 settembre - 1a parte

“Odiare i mascalzoni è cosa molto nobile”

Tesina di maturità - di Luigi Boncristiano

Classe VB - Liceo scientifico statale E. Curiel - Anno scolastico 2010/2011


Dieci anni dopo l’11 settembre

il “film” che ha sconvolto il mondo intero

Giugno 2011



Indice


Prefazione ..………………………………………………………………………………….…… 3

Introduzione .………………………………………………………………………………….….. 5

Parte 1 I precedenti storici ..……………………………………………………………………… 6

1.1 La guerra ispano-americana .………………………………………………………………..... 6

1.2 La prima guerra mondiale ..…………………………………………………………………... 7

1.3 La seconda guerra mondiale .…………………………………………………………….…… 8

1.4 La guerra in Vietnam ..……………………………………………………………………….. 10

1.5 L’operazione Northwoods ..………………………………………………………………….. 11

1.6 Il Pnac (Project for the New American Century) ..………………………….………………. 12

Parte 2 La Pearl Harbor del XXI secolo ..……………………………………………………….. 15

2.1 Introduzione ..………………………………………………………………………………… 15

2.2 Il Pentagono ..………………………………………………………………………………… 15

2.3 Il “quarto aereo” ..……………………………………………………………………………. 17

2.4 Il World Trade Center ..……………………………………………………………………… 19

2.5 I terroristi ..…………………………………………………………………………………… 21

Parte 3 Le utili stragi ..…………………………………………………………………………… 23

3.1 Introduzione ..………………………………………………………………………………… 23

3.2 La guerra in Afghanistan ..…………………………………………………………………… 23

3.3 La guerra in Iraq ..……………………………………………………………………………. 24

Postfazione ..……………………………………………………………………………………… 27

Note ..…………………………………………………………………………………………….. 28

Bibliografia ..……………………………………………………………………………………... 33



Prefazione

Il corso della storia segue l’andamento di una spirale, i cui cerchi rappresentano un’intera epoca storica, formata da singoli avvenimenti coerenti fra loro che tendono a costruire una struttura logica, compatta e unita. L’uomo non ha la capacità di cogliere il significato dell’epoca in cui vive fino alla sua conclusione; solamente allora potrà voltarsi indietro e tirare le fila, azione che gli permetterà di accedere ad un panorama chiaro e trasparente del periodo passato, che lo condurrà finalmente a giudicare con spirito critico assente da ogni tipo di pregiudizio.

È la visione della storia che emerge dal pensiero del filosofo tedesco Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 1770 – Berlino, 1831), secondo cui l’uomo comune, dal momento che non comprende le contraddizioni e i meccanismi che innescano il principio e la fine della sua epoca, si trova a disagio in essa e quindi soffre; ma ciò non importa, perché ogni persona fa parte di un disegno più grande ed è solo una piccola componente del progetto disegnato dallo Spirito, il quale si realizza attraverso la storia.

Ogni epoca, tuttavia, come il corso degli eventi ci insegna, ripete se stessa. Cambiano i popoli, i falsi profeti, gli usurpatori, le vittime, gli Stati, le culture, le tecnologie, ma una cosa resta immutabile: lo scheletro e le fondamenta alla base degli avvenimenti. Ci saranno sempre potenti e deboli, vincitori e vinti, ricchi e poveri. Ci saranno sempre le guerre, non perché sono intrinseche alla natura dell’uomo, ma perché soddisfano i disegni politico-economici di pochi a spese dei molti. Ci saranno sempre false ideologie e religioni, potenti strumenti di controllo delle masse utili a non farle pensare e a sfruttarle.

Cosa può fare il singolo per difendersi? Quali sono i suoi mezzi a disposizione? Tutti noi abbiamo una sola arma nella nostra vita: la conoscenza. Senza di essa si è soggetti al dominio di chi sa di più, in altre parole si è schiavi. Dal momento che i potenti temono cultura e intelligenza, a meno di non farne prostitute del potere, lasciano volontariamente i popoli nell’ignoranza: pertanto nessuno è realmente libero.

Il gravame della nostra epoca è la totale assenza di criticità circa gli scenari internazionali sviluppatisi negli ultimi sessanta anni, e in particolar modo negli ultimi dieci. Questa mancanza di analisi critica è essenzialmente frutto dell’utilizzo perverso dei mass media, televisioni in testa, argomento meritevole di attenzione in uno specifico contesto, differente, seppure complementare, a quello che stiamo sviluppando.

Chi ha vissuto gli ultimi decenni è stato testimone di innumerevoli eventi, ma raccontati da un unico punto di vista, quello della civiltà Occidentale, tra i cui interessi non vi è certamente quello di fornire ai cittadini una rappresentazione bilaterale delle vicende. A testimonianza di ciò, si immagini durante la Guerra Fredda che opinioni potevano avere rispettivamente il popolo russo e quello americano a partire dalle notizie pilotate dei giornalisti russi, che erano le uniche a trapelare nell’ex-regime Sovietico, e dalla propaganda statunitense contro il pericolo rappresentato dal comunismo.

In tale contesto, è credibile affermare che i media e gli storici siano riusciti a studiare e rappresentare la storia recente in maniera assolutamente oggettiva e super-partes? La risposta naturalmente è orientata più in senso negativo che affermativo. La mancanza di un riferimento storico-culturale corretto, il cui ruolo è stato malamente rimpiazzato da un falso giornalismo sia cartaceo che televisivo, ha condotto le ultime generazioni a pagarne lo scotto di crescere senza spirito critico, scaraventati in una società di cui riescono a vedere solamente la carrozzeria, e non il motore interno che la mette in moto.

In conseguenza di ciò, troppe persone sottovalutano o dimenticano l’impatto storico che hanno avuto gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001, al di là dell’orrore e del dolore dei morti di quel giorno. Gli attacchi alle torri gemelle hanno scombussolato permanentemente le politiche internazionali e la storia del mondo. Ma da una lettura scorretta di questa giornata storica non può che conseguirne un’interpretazione errata dei suoi effetti: è per questo motivo che, anche a dieci anni di distanza, è assolutamente fondamentale capire chi ha organizzato quegli attentati e a quale scopo.

Senza troppe ricerche e troppi indugi i media, a poche ore di distanza dagli attacchi, avevano già scelto: i soli responsabili erano diciannove arabi, affiliati dell’organizzazione terroristica denominata “al-Qaida”, che avevano preso parte all’orribile piano architettato dal loro capo, tale Osama bin Laden. Questa chiave di lettura spiegherebbe e giustificherebbe la guerra al terrorismo che è stata portata avanti dagli Usa e dai suoi alleati nei paesi del Medio Oriente. Tuttavia, col passare del tempo, la versione ufficiale degli eventi dell’11 settembre ha creato non poche polemiche: infatti, anziché fornire un quadro credibile degli avvenimenti, ha fatto sorgere pesanti dubbi sull’accaduto. Le valutazioni critiche si sono lentamente accumulate nella rete informatica, con una tale mole di notizie e informazioni discordanti dalla versione ufficiale, da dare vita al movimento per la verità sull’11 settembre1, la cui nascita ha generato sul web decine di altri movimenti2, riportati da innumerevoli altri siti di controinformazione3. Questo flusso inarrestabile di rapporti, dati, idee e opinioni ha consentito a molti l’ascolto di ipotesi discordanti da quelle ufficiali, stimolando l’interesse ad essere informati in dettaglio sulle vicende dell’11 settembre, attraverso l’utilizzo di fonti di pubblico dominio.

Ci proponiamo, nel seguito, di porre all’attenzione, attraverso un percorso rigidamente coerente dei fatti incontrovertibili sin qui riscontrati, e quindi senza sposare alcuna tesi preconcetta, le principali discrepanze fra le versioni ufficiali ed i fatti in questione sino alle loro logiche deduzioni e conseguenze.

Introduzione

In una società come la nostra dove gli strumenti di persuasione di massa sono a completa disposizione dei potenti che pilotano l’informazione in base ai loro interessi è difficile distinguere le notizie “vere”, quelle corrispondenti alla realtà dei fatti. Consentire alle masse di accedere alle verità nascoste rappresenta un dovere morale anche se tale impresa risultasse ardua, o quasi impossibile.

Tra i mezzi di informazione alternativi, oggi è sicuramente Internet quello che maggiormente consente una libera comunicazione globale, che sostiene la ricerca della verità agevolando lo scambio di informazioni.

Prima di cominciare è necessario stabilire una metodologia di corretto utilizzo di tale strumento. Dal momento che la rete è accessibile a tutti coloro che possiedono un computer e un fornitore di servizi di rete, ed è possibile a chiunque vi acceda scrivere ed inserire ciò che desidera, è spesso oggetto di controversia l’affidabilità e l’attendibilità delle informazioni reperibili in essa.

In primo luogo non è corretto estendere il giudizio di inattendibilità a tutte le informazioni che si trovano su Internet solo poiché una parte di tali informazioni sono frutto di opinioni personali anziché di fatti oggettivi; questa illogica deduzione comporterebbe uno scenario totalmente irreale in cui ogni persona sulla Terra è in malafede o bugiardo. Ciò non toglie ovviamente che è possibile imbattersi in notizie inaffidabili di ogni genere, pertanto occorre definire i criteri che consentano di rintracciare sul web le informazioni utili. In secondo luogo si deve comprendere che navigare sulla rete è molto più difficile di quel che si crede, specialmente se si è alla ricerca di notizie non trasmesse in televisione, motivo per cui bisogna essere dei bravi internauti, il che significa non dar retta a personaggi che fanno affermazioni senza fornire fonti o bibliografie. Criteri di affidabilità consistono piuttosto nel visitare siti web gestiti da giornalisti, non utilizzare come fonte sempre lo stesso sito, non fermarsi nella ricerca sulla prima fonte della notizia che si stava cercando, ma continuare a esplorare altre pagine web che la confermino.

Alla fin fine, i requisiti minimi per fare un buon uso di Internet è essere persone valutative e accorte in grado di diffidare dai siti contenenti notizie false ed appositamente divulgate a scopo di disinformazione. Ha scarso fondamento, pertanto, la critica a tale strumento soprattutto quando proviene da personaggi che si fidano ciecamente dei telegiornali i quali spesso utilizzano fonti non confermate o verificate o, peggio, non utilizzano alcuna fonte oltre quelle istituzionali, operando una, cosciente o meno, ma reale disinformazione1.

E’ stata cura e puntiglio dello scrivente, verificare l’attendibilità di ciascuna fonte web utilizzata, sia per prassi di coerenza, sia per sottrarsi ad infondate accuse di superficialità od inattendibilità dei fatti che si vanno ad esporre.

Parte 1

I precedenti storici

1.1 La guerra ispano-americana

1.1.1 Il contesto storico

Alla fine dell’Ottocento, mentre Stati Europei come Gran Bretagna, Francia, Germania, Portogallo, Italia e Belgio si spartivano il territorio africano per colonizzarlo, la Spagna attraversava una fase di decadenza. Le erano rimaste poche ed antiche colonie, conquistate durante il suo periodo d’oro, risalente all’immediato periodo successivo alla scoperta dell’America: Cuba, Puerto Rico e le Filippine. A Cuba, in particolare, le condizioni di vita erano precarie a causa del colonialismo spagnolo, il che accese nel 1895 una rivolta popolare repressa violentemente dal governatore Valeriano Weyler, che aveva successivamente inviato in campi di concentramento non solo gli insorti, ma anche la parte di popolazione che simpatizzava per essi1.

Di fronte alle atrocità perpetrate, il governo statunitense inviò una dura nota di protesta alla Spagna che sollevò il governatore dal suo incarico. Nel febbraio del 1898 venne inoltre mandata una corazzata del tipo pre-dreadnought: la USS Maine (ACR-1), che si ancorò poco a largo dalle coste cubane col preciso scopo di proteggere i cittadini americani ivi residenti, in pericolo per via dei frequenti scontri tra la popolazione insorta e l’esercito spagnolo.

1.1.2 L’affondamento della USS Maine

Il 15 febbraio 1898 alle ore 21:402 la corazzata USS Maine affondò nelle acque cubane in seguito ad una forte esplosione trascinando con sé la vita di circa 254 marinai3. Secondo i testimoni presenti ci furono due esplosioni a breve distanza: la prima è a tutt’oggi di origine sconosciuta, descritta dai testimoni dell’epoca simile a un forte sparo, che innescò la seconda, più intensa, riconducibile agli scoppi delle munizioni all’interno del magazzino che si trovava in prossimità dei depositi di carbone della sala macchine.

Gli spagnoli vennero immediatamente additati come responsabili dell’incidente, apparentemente causato da una loro mina navale. Senza che si aprisse un’indagine ufficiale per approfondire le esatte dinamiche circa l’esplosione, e dopo che alcuni giornali importanti (come il “New York Journal” di William Randolph Hearst, coadiuvati dai primi cinegiornali dell’epoca che mostravano la nave semi-affondata e i funerali dei marinai rimasti uccisi) contribuirono a fomentare l’indignazione già preesistente dei cittadini americani4; il presidente McKinley si convinse infine ad

intervenire militarmente contro gli spagnoli, sebbene questi, fin da subito, si fossero dichiarati completamente estranei ai fatti, e nonostante che gli stessi insorti cubani, che stavano conducendo vittoriosamente la loro guerra di indipendenza, non avessero alcun bisogno dell’aiuto degli Stati Uniti. D’altro canto la Spagna non poteva neanche permettersi le spese di una guerra che avrebbe combattuto da sola contro gli Usa, e probabilmente perso.

1.1.3 Le indagini

La prima commissione d’indagine fu nominata mentre era ancora in carica il presidente McKinley. Dopo aver ascoltato i testimoni e studiato l’incidente, essa concluse che la nave era stata affondata da una mina esterna. Più tardi però, nel 1911, in occasione di una seconda indagine, i sommozzatori non riuscirono a trovare possibili ubicazioni delle mine, allontanando così definitivamente l’ipotesi dell’aggressione spagnola; oltre a questo, non fu scoperta la causa della prima esplosione. Verso la metà degli anni settanta, dopo una terza ed ultima indagine, gli esperti che ipotizzavano l’affondamento della Maine a un incidente interno, indicarono che l’origine del primo scoppio poteva essere localizzato nel deposito di carbone, luogo poco distante da dove si trovavano le munizioni5.

Nel 1987, infine, una commissione speciale d’inchiesta americana riconobbe
che gli spagnoli non erano in alcun modo responsabili dell’incidente, ma che l’esplosione del Maine avvenne “a causa di esplosivi stivati troppo vicino alle caldaie”6.

Dalle vicende che emergono da questo conflitto ispano-americano circa le cause dell’affondamento del Maine, si deducono due fatti: in primo luogo che gli Stati Uniti avevano una gran fretta di fare guerra alla Spagna, infatti non attesero che fossero chiarite le circostanze dell’incidente, dalle quali si è poi appurato che lo stato Iberico non c’entrava nulla e che non avrebbe quindi dovuto subire quell’intervento armato; in secondo luogo, dal momento che è prassi molto strana ubicare degli esplosivi “troppo vicini alle caldaie”, è quanto meno lecito ipotizzare uno scenario in cui gli Usa si siano auto-inferti un tale danno, per avere un legittimo pretesto (giacché la propaganda non era sufficiente di per sé) per attaccare la Spagna.

1.2 La prima guerra mondiale

1.2.1 Il contesto storico

Fin dallo scoppio della prima guerra mondiale gli Stati Uniti, in accordo con la dottrina Monroe risalente al 1823, si dichiararono neutrali, tuttavia concessero in segreto ingenti capitali a Francia e Inghilterra per aiutarle a trionfare sul comune nemico, la Germania.

Nonostante le speranze della Germania, riposte nella “guerra-lampo”, il conflitto si tramutò dopo pochi mesi in una logorante e sanguinosa guerra di posizione combattuta nelle trincee. Gli Usa capirono che, senza un loro intervento diretto, il rischio che la Triplice Intesa venisse sconfitta si sarebbe concretizzato e ciò avrebbe significato la perdita di tutto il denaro prestato. D’altro canto gli aiuti statunitensi non erano solo economici ma anche concreti: materiale bellico veniva trasportato clandestinamente verso l’Europa attraverso le stive di navi mercantili o addirittura civili, come nel famoso caso del transatlantico Lusitania.

1.2.2 L’affondamento del Lusitania

Il 1° Maggio 1915 il transatlantico Lusitania, a bordo del quale vi erano in parte cittadini americani, partiva da New York verso Liverpool. Nonostante il giorno prima l’ambasciata tedesca si fosse premurata di avvertire i passeggeri con annunci sui giornali che il Lusitania, entrando in acque ostili come quelle Inglesi, sarebbe stato affondato, l’annuncio non fu preso molto sul serio e non produsse quindi particolari effetti1.

Il 7 Maggio, ormai prossimo alla meta, la nave venne a conoscenza della presenza di un sommergibile tedesco. Il capitano Turner ritenette di essere abbastanza lontano dal U-20 tedesco, e così continuò verso Liverpool; ma circa alle 14:10 un siluro colpì il Lusitania e al primo colpo seguì una grande deflagrazione, causata dall’esplosione dei depositi di carbone, e nel giro di meno di mezz’ora la nave venne inghiottita dal mare2. Dei circa 2000 passeggeri ne morirono 1198, tra cui 144 di nazionalità americana.

1.2.3 Le reazioni e l’entrata in guerra degli Stati Uniti

L’affondamento del Lusitania gettò l’opinione pubblica Americana in un forte sentimento di indignazione e di sconcerto, tanto da mutare la maggioranza neutralista in interventista; ne seguirono le campagne di arruolamento militare. Più o meno un anno dopo, il 24 Marzo 1916, avvenne un incidente simile: fu affondato il piroscafo Sussex, che trasportava presumibilmente anche materiale bellico, oltre che cittadini americani3.

L’episodio della Sussex non fu il solo, e di fronte a queste, che considerava provocazioni, il governo Tedesco lanciò un monito indiretto agli Usa dichiarando il 1° febbraio 1917 che la guerra sottomarina sarebbe stata intensificata in maniera indiscriminata. Due giorni dopo gli Usa ruppero le relazioni diplomatiche con la Germania finché non si giunse alla dichiarazione di guerra del 6 aprile4.

Tra lo sdegno delle masse americane per gli attacchi subiti passarono inosservate le responsabilità del governo statunitense circa l’affondamento del Lusitania. Prima di tutto la nave trasportava un carico di munizioni destinate ad essere impiegate contro la Germania, come confermato nel 2005 dallo stesso governo americano5, in secondo luogo gli Stati Uniti non potevano dichiarare la vita dei cittadini americani protetta e al sicuro a bordo di una nave belligerante (considerata tale dal momento che la Gran Bretagna aveva soppresso la distinzione tra navi da guerra e navi mercantili) in acque pericolose, e, in ultimo, gli armatori del “Lusitania” avevano violato le disposizioni riguardanti le navi da passeggeri, contenute nella legislazione marittima degli stessi Stati Uniti6. A conti fatti appare verosimile l’ipotesi secondo cui l’affondamento del Lusitania sia stato strategicamente sfruttato per manipolare l’opinione pubblica in senso interventista. D’altronde, un presidente pacifista come lo era Woodrow Wilson non avrebbe potuto in nessun’altra maniera giustificare al suo popolo l’entrata in guerra, necessaria per proteggere i fondi concessi in precedenza alla Francia e all’Inghilterra.

1.3 La seconda guerra mondiale

1.3.1 Il contesto storico

La prima fase della seconda guerra mondiale era stata condotta con successo dalle armate tedesche che indussero addirittura l’Italia a entrare in guerra. La Francia aveva capitolato, l’Inghilterra resisteva, ma era soggetta a massicci bombardamenti tedeschi, mentre veniva stipulato nel settembre del 1940 il patto tripartito tra Italia, Germania e Giappone. Alla fine del 1941 l’Asse possedeva o assoggettava l’intera Europa continentale.

Gli Stati Uniti avevano compreso con largo anticipo che la guerra avrebbe preso una piega favorevole agli obiettivi di Hitler e Mussolini e che avrebbe messo alle strette gli alleati. Non bastarono, come avvenne durante la prima guerra mondiale, i soli aiuti economici per volgere in loro favore gli esiti della guerra. La loro conclusione verso la fine del 1940 fu infatti “che c’era poco che potessero fare in quel momento per aiutare la Gran Bretagna che non fosse già stato fatto”1.

1.3.2 Il giorno dell’infamia

All’alba del 7 dicembre 1941, una serena domenica, 350 aerei partiti dalle portaerei giapponesi affondarono quattro delle otto corazzate ancorate alla base di Pearl Harbor, nelle isole Hawaii, mentre le rimanenti subirono gravissimi danni provocando la morte di circa 2400 militari.

Il Ministero degli Esteri giapponese inviò lo stesso giorno la dichiarazione di guerra alla Segreteria di Stato americana alle ore 13 di Washington, corrispondenti alle 7 e 30 delle isole Hawaii. In realtà, per una serie di contrattempi ed a causa delle lentezze imposte dal sistema di decrittazione della dichiarazione di guerra, il documento ufficiale riuscì a essere consegnato alla Segreteria di Stato solo alle 14 e 20, ora di Washington, quando le bombe degli aerosiluranti e dei bombardieri giapponesi cadevano già da oltre mezz'ora sulle navi americane ancorate a Pearl Harbor.

L’indomani l’attacco a sorpresa, non provocato, spinse il presidente Roosevelt a pronunciare un discorso al congresso per chiedere di dichiarare lo stato di guerra con il Giappone facendo passare alla storia il 7 dicembre 1941 come il giorno dell’infamia2.

1.3.3 Un disastro da non evitare

Grazie al Freedom of Information Act del 1966, voluto dall’ex-rappresentante della California John E. Moss, oggi sono consultabili negli archivi di stato degli Usa una ingente quantità di documenti risalenti alla seconda guerra mondiale che spiegano passo passo i retroscena politici dell’amministrazione di Roosevelt nel periodo che va dall’ottobre 1940 fino al 7 dicembre 1941.

Un sondaggio realizzato nel settembre del 1940 rivelava che l’88% della popolazione americana era contraria a mandare i loro figli in guerra3, e d’altronde, Roosevelt in persona promise che non lo avrebbe mai fatto4, di conseguenza non avrebbe mai potuto dichiarare guerra senza l’appoggio del popolo e quindi del congresso. Il 7 ottobre 1940, dieci giorni dopo la stipula del famoso Patto Tripartito tra Germania, Italia e Giappone, veniva presentato sul tavolo del presidente il piano McCollum che prende il nome dal suo ideatore. Questo piano consisteva in una serie di misure da attuare col preciso scopo di provocare il Giappone che, in tal modo, avrebbe attaccato gli Usa. L’attacco avrebbe indignato l’opinione pubblica che si sarebbe finalmente convinta ad entrare nel conflitto mondiale. Il piano McCollum declarava i seguenti 8 punti:

A. Accordarsi con la Gran Bretagna per utilizzare le basi inglesi nel Pacifico, soprattutto Singapore.

B. Accordarsi con l’Olanda per utilizzare le attrezzature della base e poter ottenere provviste nelle Indie orientali olandesi (oggi Indonesia).

C. Dare tutto l’aiuto possibile al governo cinese di Chiang Kai.shek.

D. Mandare in Oriente, nelle Filippine o a Singapore, una divisione di incrociatori pesanti a lungo raggio.

E. Mandare due divisioni di sottomarini in Oriente.

F. Spostare la flotta principale degli Stati Uniti, di routine nel Pacifico, nei pressi delle isole Hawaii.

G. Insistere con gli olandesi perché rifiutino di garantire al Giappone le richieste per concessioni economiche non dovute, soprattutto petrolio.

H. Dichiarare l’embargo per tutti i commerci col Giappone, parallelamente all’embargo simile imposto dall’impero britannico.5

Dopo la messa in pratica di alcuni dei punti succitati il Giappone sembrava già intenzionato ad attaccare, e più precisamente a Pearl Harbor6. Ciò nonostante, all’ammiraglio Husband E. Kimmel, comandante in capo della flotta del Pacifico, che venne poi usato barbaramente come capro espiatorio, non furono mai passate queste informazioni (e di ciò si lamentò quando fu processato, senza tuttavia essere preso sul serio). È documentato che circa due settimane prima dell’attacco erano stati decrittati messaggi giapponesi importanti che ordinavano alla 1° flotta aerea di prendere il volo il 26 novembre dalla base di Hitokappu per dirigersi in acque Hawaiiane e attaccare così la flotta americana all'ancora di Pearl Harbor. Furono precisate addirittura latitudine e longitudine della rotta da percorrere7.

Quando vennero aperte le prime indagini nella commissione d’inchiesta del 1946, fu esclusa ufficialmente qualsiasi responsabilità diretta di F. D. Roosevelt; tuttavia, oggi è scientificamente dimostrato che il presidente conosceva il piano McCollum che aveva lui stesso approvato: sono state rilevate, infatti, le sue impronte digitali su ciascun foglio che componeva il documento8.

1.4 La guerra in Vietnam

1.4.1 Il contesto storico

Sulla fine della seconda guerra mondiale avvenuta nel 1945 il mondo era spaccato in due grandi blocchi, rispettivamente controllati dalle due maggiori potenze mondiali dell’epoca che erano gli Stati Uniti e l’URSS (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche).

Dopo che nel corso degli anni cinquanta il Vietnam riuscì ad ottenere con la forza l’indipendenza dalla Francia, gli Usa manovrarono per ottenere il controllo sul Sud del paese, zona considerata altamente strategica. Allo scopo, il governo statunitense si intromise nella politica interna del Vietnam creando movimenti secessionisti, finanziando il Sud per eliminare la componente del Nord, e aizzando le due parti l’una contro l’altra giocando sulle differenze culturali finché non venne instaurato nel Sud un governo filoamericano.

In questo momento storico, battezzato poi come “Guerra Fredda”, in cui Stati come la Cina, la Corea del Nord, il Laos e la Cambogia erano sotto l’influenza sovietica, per gli Stati Uniti era fondamentale arginare il dilagare del comunismo nel Sud-est asiatico, e si dà il caso che il Vietnam univa un’importante cerniera geopolitica composta da Birmania, India, Giappone, Filippine, Laos e Cambogia.

1.4.2 L’incidente del Golfo del Tonchino

L’evento che fece entrare in guerra gli Stati Uniti contro il Vietnam del Nord fu l’incidente del Golfo del Tonchino. La versione ufficiale di quell’evento vuole che la marina nord-vietnamita abbia attaccato senza alcun motivo particolare le navi americane il 2 Agosto 1964; due giorni dopo i cacciatorpediniere U.S. Maddox e Turnerjoy si imbatterono in uno scontro a fuoco. Tale avvenimento autorizzò il presidente Lyndon Baines Johnson a fare grande dispiegamento dell’esercito che fu impiegato sul luogo nei mesi a seguire.

Un rapporto del comandante in capo delle forze armate del Pacifico divulgò il 3 agosto la notizia secondo cui i nord-vietnamiti avevano attaccato. Contemporaneamente però, i nord-vietnamiti facevano sapere da Hanoi che il 1° agosto, senza preavviso, quattro cacciabombardieri americani avevano bersagliato alcuni posti di frontiera e villaggi1.

Per quanto riguarda l’attacco del 4 agosto si è scoperto solo recentemente grazie al freedom of information act che la National Security Agency aveva deliberatamente manipolato le informazioni circa l’aggressione della U.S. Maddox prima di inoltrarle al presidente Johnson2. Da tali informazioni si evinceva infatti che non era avvenuto alcun attacco da parte delle navi nord-vietnamite, e che anzi, i cacciatorpediniere americani avevano ricevuto preciso ordine di sparare su bersagli fantasma, come confermò il comandante di squadrone James Stockdale3. E così, grazie a questa clamorosa messa in scena, ebbe inizio una guerra inutile e vergognosa che sparse il sangue di 60.000 soldati statunitensi, circa 260.000 sud-vietnamiti e di 1.100.000 di nord-vietnamiti, senza contare i feriti, ma soprattutto le tre milioni di vittime fatte tra i civili innocenti e tuttavia protagonisti di questa strage4.

1.5 L’operazione Northwoods

1.5.1 Il contesto storico

Nel bel mezzo della guerra fredda l’America assisteva, a seguito della rivoluzione di Fidel Castro, alla formazione di uno stato di stampo socialista proprio di fronte alle sue coste. L’amministrazione Kennedy, che allora presiedeva la Casa Bianca, decise, in un mare di dubbi e controversie, di organizzare una rivolta a Cuba, condotta da esuli cubani emigrati finanziati dalla CIA, per rovesciare il governo castrista che minacciava di aggregarsi agli stati centro e sud-americani con la conseguente sovietizzazione dell’America latina. L’operazione sarebbe passata alla storia come “l’invasione della Baia dei porci” per via del nome geografico dell’insenatura dove sarebbe avvenuto lo sbarco. Il conflitto, tuttavia, non ebbe gli effetti sperati dal momento che fu un vero e proprio fiasco.

Le conseguenze furono pesanti: da un lato l’amministrazione americana e la CIA perdevano credibilità di fronte agli occhi del mondo, dall’altra invece ci fu solidarietà per Cuba e un avvicinamento politico e strategico dell’isola con l’Urss.

1.5.2 L’operazione Northwoods

Per fronteggiare questa disfatta politica alti dirigenti del Ministero della Difesa statunitense stilarono la cosiddetta “Operazione Northwoods” che aveva il preciso scopo di suggestionare l’opinione pubblica interna ed internazionale affinché fosse giustificato un intervento militare contro il regime di Castro. Il piano, risalente al Marzo del 1962, prevedeva una serie di opzioni tra le quali compaiono incidenti militari, uccisione di innocenti, ondate di terrorismo, dirottamento di aerei, ecc…1

Passando in rassegna le pagine di questo documento storico si può avere un’idea concreta dei possibili piani che avrebbero potuto essere attuati.

2. Sarà pianificata una serie di incidenti ben coordinati a Guantanamo, apparentemente condotti da forze cubane nemiche.

          a. Ipotesi di incidente per rendere credibile un attacco (non in ordine cronologico):
[…]
             6. Incendiare un aereo sulle piste (
sabotaggio).
             7. Colpire la base dall'esterno con colpi di mortaio con alcuni danni alle installazioni.

[…]
            10.
Sabotare una nave nel porto con fiamme e incendi.

11. Affondare una nave accanto alla bocca del porto. Simulare funerali di finte vittime (possibilmente una decina). […]2

3. Un incidente sullo stile del "Maine" potrebbe essere organizzato in vari modi:
          a. Si potrebbe
far esplodere una nave americana a Guantanamo e incolpare Cuba.

[...]3

8. È possibile provocare un incidente che dimostri in modo convincente che un aereo cubano abbia attaccato e abbattuto un velivolo charter civile […].
          a. Un aereo della base aerea di Eglin AFB verrebbe
riveniciato e rinumerato come un duplicato esatto di un aereo civile. […] Al momento previsto, il duplicato sostituirebbe l'aereo originale e vi sarebbero imbarcati i passeggeri prescelti, tutti con identità opportunamente preparate. L'aereo duplicato sarebbe un drone.
          b. Gli orari di decollo del velivolo radiocomandato e di quello reale verrebbero sincronizzati
[…]. Giunto sopra Cuba, il drone trasmetterebbe […] il segnale di "MAYDAY", dichiarandosi sotto attacco da parte di un MiG cubano. La […] distruzione del velivolo sarebbe innescata da un radiosegnale. […]4

Questa operazione, pur avendo l'approvazione per iscritto del Capo e di tutti i membri degli Stati Maggiori Riuniti degli Usa, non fu messa in atto perché, a seguito della crisi dei missili di Cuba della fine del 1962, mancò la firma del presidente Kennedy, il quale, per risolvere la disputa in modo diplomatico aveva assicurato che non avrebbe più provato ad attaccare il regime di Castro.

Il collegamento di questo documento, più unico che raro, con i fatti dell’11 settembre 2001 è lampante. L’operazione Northwoods senz’altro non dimostra che gli attentati terroristici di quel giorno siano stati pianificati dal governo Usa, ma, se da una parte permette di comprendere con quali persone incapaci di pensare in termini di umanità si ha a che fare, dall’altra si prende coscienza del fatto che atti così spaventosi possano essere presi in considerazione anche da grandi democrazie quali l’America nonostante la pretesa di farsi portabandiera della libertà dei popoli.

1.6 Il PNAC (Project for the New American Century)

1.6.1 I Neocons

Dopo la caduta dell’Unione sovietica avvenuta verso la fine del 1991, gli Stati Uniti uscivano vincitori dalla guerra fredda rimanendo così l’unica superpotenza al mondo. Nel frattempo si era sviluppata in America una corrente di pensiero neoconservatrice nata dagli scritti del filosofo Leo Strauss che aveva trovato seguaci (i cosiddetti neocons) in personalità come Richard Perle, Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld e Dick Cheney, e uno sbocco pratico in alcune presidenze come quella di Nixon. La realizzazione del programma neocon restava tuttavia bloccata dalle politiche estere distensive di Henry Kissinger. Durante la presidenza Ford, con la nomina a ministro della difesa di Donald Rumsfeld con Dick Cheney Capo di gabinetto della Casa Bianca, e di seguito durante la presidenza di Ronald Reagan, che vedeva Paul Wolfowitz come capo dell’ufficio relazioni estere della casa bianca e Richard Perle come vice-ministro della difesa, e infine in quella di George W. Bush, che vedeva la Casa Bianca ancora una volta occupata da Donald Rumsfeld in qualità di ministro della difesa, Paul Wolfowitz come suo vice e Dick Cheney come vice-presidente, il modello di potere insito nel programma neocon trovava pieno sviluppo ed applicazione.

1.6.2 Il pensiero neoconservatore

Il neoconservatorismo nacque grazie al forte contributo del filosofo tedesco Leo Strauss, fuggito dalle persecuzioni razziali della Germania hitleriana per poi trasferirsi negli Stati Uniti. Strauss poneva una forte critica sia all'ideologia democratica, sia all'ideologia liberale le quali, favorendo, a suo modo di vedere, l'insorgere di un completo disordine sociale e ostacolando invece il formarsi di oligarchie illuminate, si mostravano strutturalmente inadeguate.

Durante gli anni sessanta si era assistito ad una trasformazione sociale fino a qualche tempo prima impensabile: era l’epoca dei figli dei fiori, delle lotte per i diritti civili, per le libertà sessuali e per le libertà individuali. Secondo il pensiero di Strauss, queste libertà portavano a conflitti, sia di natura individuale che sociale, che minavano alle fondamenta le capacità di sviluppo e di crescita della nazione.

Strauss concepiva la società come un organismo solido e compatto, i cui componenti dovevano sublimare le proprie ambizioni personali alla causa della Nazione, favorendo la ricchezza del Paese la cui missione era l’assunzione della leadership del mondo intero. L’unico modo di perseguire questi obiettivi era convincere il popolo della presenza di un oscuro e spaventoso nemico, la cui sola esistenza potesse mettere a repentaglio la sopravvivenza della stessa nazione americana. Per tutto il corso della guerra fredda questo avversario fu impersonato dalla Russia, grazie anche al contributo di neoconservatori come Richard Pipes, Wolfowitz e Rumsfeld che manipolarono deliberatamente le informazioni provenienti dalla CIA al fine di enfatizzare il pericolo russo.

1.6.3 Un nuovo nemico

Da sempre nella logica del potere assoluto, essere padroni del mondo significa dominare le riserve energetiche del pianeta affinché nessuno possa essere economicamente, e quindi realmente, indipendente. In tale ottica, essendo oggi il petrolio imprescindibile fonte di energia, la politica di dominio delle fonti petrolifere era prioritaria nelle agende dei presidenti USA. Da qui, la necessità di impadronirsi dei maggiori pozzi petroliferi, i quali, per usare le parole di Dick Cheney, si trovano in Medio Oriente perché “Il buon Dio non ha pensato di mettere petrolio e gas solo dove ci sono regimi amici degli Stati Uniti eletti democraticamente.” Poi aggiunge: “Occasionalmente dobbiamo operare in posti in cui, tutto sommato, uno non sceglierebbe normalmente di andare”1.

I neocons, dopo la battuta d’arresto avuta con l’elezione del democratico Bill Clinton, si ripresero con l’elezione di George W. Bush che avrebbe ultimato il lavoro già iniziato dal padre (prima guerra del golfo). Per giustificare, agli occhi degli americani, i conflitti con i paesi mediorientali non si poteva più fare leva sullo spauracchio russo, ma serviva un nuovo nemico da abbattere: trasversale, feroce e inafferrabile che fosse dappertutto e in nessun luogo, in grado di spaventare gli americani a tal punto da sopportare uno sforzo bellico di dimensioni globali.

Gli unici nemici con i suddetti requisiti potevano essere rappresentati soltanto dai terroristi. Per raggiungere i loro scopi, infatti, i neocons avevano bisogno di adattare la figura del “nemico” all’esigenza di influenzare l’opinione pubblica attraverso una iconografia di spietatezza che ben si adattasse all’immaginario collettivo americano. Tale iconografia ben coincideva con terroristi provenienti dai paesi mediorientali. Poiché la religione principale di questi paesi è l’Islam, i terroristi dovevano anche essere integralisti islamici ed identificabili, per comodità divulgativa, in un’associazione chiamata al-Qaida, fondata da Osama bin Laden.

1.6.4 Il documento

Il documento che meglio riassume il progetto per il nuovo secolo americano (Project for the New American Century), piano dell’ideologia neoconservatrice, indicando le effettive finalità pratiche di tale progetto risale al settembre del 2000 e si intitola “Rebuilding American’s Defenses”. Saranno citati di seguito alcuni passaggi esplicativi.


Al momento attuale gli Stati Uniti non hanno rivali a livello globale. La principale strategia dell’America dovrebbe puntare a preservare ed estendere questa posizione di vantaggio il più possibile nel futuro.2

[…] gli Stati Uniti devono mantenere forze sufficienti capaci di essere disposte rapidamente e di vincere simultaneamente più guerre su vasta scala […]3

Bisogna riposizionare le forze statunitensi per rispondere alle realtà strategiche del XXI secolo spostando le truppe su basi permanenti nel Sud-est europeo e nel Sud-est asiatico […]4

[…] il budget annuale dell’esercito deve crescere fino a un livello di $90 o $95 miliardi di dollari per finanziare le attuali missioni e la trasformazione a lungo termine dell’esercito.5

[…] questa trasformazione dell’esercito deve essere considerata un obiettivo tanto urgente quanto quello di prepararsi ai potenziale scenari bellici di oggi […]6

Gli Stati Uniti non possono semplicemente dichiarare una “pausa strategica” mentre sperimentano nuove tecnologie o concetti operativi. Né possono perseguire una trasformazione strategica che disaccoppierebbe gli interessi americani e degli alleati. Una strategia di trasformazione che puntasse esclusivamente alle capacità di progettare tecnologie militari, per esempio, e sacrificasse tutto in installazioni di basi, sarebbe in contraddizione con i più grandi obiettivi politici e molesterebbe gli alleati americani.

Inoltre, il processo di trasformazione, anche se porta un cambio radicale, è destinato a durare a lungo, a meno che non intervenga un evento catastrofico e catalizzante – come una nuova Pearl Harbor.7

Di seguito, una tabella riassuntiva delle guerre americane:


* La Costituzione americana non prevede che il presidente abbia la capacità di dichiarare guerra poiché questo potere è conferito al solo Parlamento. Perciò i presidenti hanno dovuto far sempre ricorso ad un incidente di tipo militare per indignare l’opinione pubblica a sufficienza per poi presentarsi al Congresso a chiedere lo stato di belligeranza.

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