Sharon prima vittima del sionismo?

Data 12/1/2014 1:10:00 | Categoria: palestina

[Pubblicazione originale del 6/1/2006 - il giorno in cui Sharon è entrato in coma]

Che sopravviva o meno a questa sua ultima crisi, Sharon è giunto al termine di un ciclo storico che l'ha visto protagonista, con fortune alterne, per quasi 50 anni.

Esattamente come Menachem Begin, Sharon nasce come generale e muore come politico. Parimenti, la sua carriera è stata caratterizzata da un arco che inizia con fin troppa chiarezza, e si conclude nella più totale ambiguità.

Lucido e spietato nel muovere le sue armate, come ad esempio nel blitz in terra egiziana, nella guerra del '73, oppure nel massacro di Sabra e Chatila, dell'82, lo ritrovi dibattuto e osteggiato - e in diretta contraddizione con se stesso (fu lui uno dei maggiori sostenitori della "politica dei fatti acquisiti", negli anni '70) - nel suo estremo tentativo di restituire almeno una porzione della terra tolta ai palestinesi in tutti questi anni.

Troppo poco, comunque, e troppo tardi, poiché in verità Sharon lascia irrisolta ...
... la maggior parte dei problemi nei quali si è dibattuto per tutta la sua carriera: che fosse o meno la sua intenzione sin dall'inizio, la realtà è che oggi i palestinesi si ritrovano isolati dal mondo, e divisi fra di loro, dal muro che lo stesso Sharon ha voluto costruire, infischiandosene delle proteste - tutt'altro che assordanti, peraltro - dell'Europa e delle Nazioni Unite.

Tutti sanno come il sogno di ogni israeliano sia quello di vedere la terra su cui vive libera fino alle sponde del Giordano, con Gerusalemme capitale indiscussa del popolo e della religione ebraici. Ma tutti sanno anche che se non si renderà una parte sostanziale di territori, non si lascerà almeno una parte di Gerusalemme, e soprattutto non si restituirà ai palestinesi la dignità di vivere , "pace" rimarrà una parola senza nessun significato in quest'angolo di terra.

Sharon infatti, dopo aver dominato sulla scena politica di questi ultimi anni, lascia una situazione assolutamente incerta e potenzialmente devastante: il suo paese rischia ora di cadere nelle mani dei falchi di Netanyahu, in un momento in cui la tentazione totalitaria è così forte da trasparire anche a livello di dichiarazioni ufficiali: alla domanda, posta di recente da un giornalista straniero, di "quanto lontano potrebbe arrivare Israele, pur di assicurarsi la tranquillità in Medio Oriente", la risposta di un generale dell'esercito è stata "almeno duemila miglia".

Duemila miglia è circa la distanza che percorre un missile con testata nucleare da Israele fino a Teheran.

E' stato sicuramente utile, in questo senso, che di recente Putin abbia fatto sapere, tagliando il gas all'occidente, che nella partita conta qualcosa anche lui.

Ma il vero problema, a mio parere, non sta nè in Sharon nè in Netanyahu, sta nel sionismo stesso: un movimento ormai obsoleto, che è stato superato dai tempi e dagli eventi che esso stesso ha messo in moto, oltre cento anni fa. Oggi Israele non è solo una terra aperta ad ogni ebreo che voglia andarci a vivere, ma è una potenza militare assoluta, dotata di una ingente quantità di armi atomiche, che non ha rivali nè in campo bellico nè in campo politico, e che può permettersi - grazie alla sfacciata copertura degli Stati Uniti - di violare con tranquillità qualunque trattato o accordo internazionale, senza doverne poi rispondere a nessuno.

Siamo cioè a migliaia di anni luce dall'obbiettivo iniziale di Theodore Hertzl, che pur di veder realizzata Eretz Israel - la Terra Promessa - si sarebbe accontentato di un appezzamento in un qualunque stato del Centro-Africa. O almeno, così dicevano ufficialmente.

Finchè gli stessi ebrei, al loro interno, non si renderanno conto di questo, e continueranno a credere agli spauracchi agitati davanti ai loro occhi da politici come Sharon o Netanyahu - parliamoci chiaro: non è difficile, da quelle parti, trovare ogni tanto un ragazzotto palestinese che abbia voglia farsi saltare in aria in una pizzeria di Tel Aviv - continueranno loro stessi a pagare con la loro insicurezza, e spesso appunto con la vita, per le ambizioni irrefrenabili di quei pochi che non hanno saputo riporre il sogno sionista nel giusto cassetto, una volta realizzato.

Massimo Mazzucco

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