La democrazia vista da Marte

Data 3/4/2008 7:30:00 | Categoria: politica italiana

L’altro giorno è venuto a trovarmi da Marte un amico che non vedevo da moltissimo tempo. Come è noto infatti i marziani vengono raramente sulla terra, e quando lo fanno trovano sempre mille occasioni per stupirsi di noi. Questa volta non è stato diverso.

Il mio amico aveva sentito dire che “fra poco ci saranno le elezioni”, e voleva sapere da me che cosa fossero.

- Le elezioni - gli ho spiegato - sono il momento più importante nella vita di una democrazia.

- E cos’è una democrazia? - mi ha chiesto lui.

- Una democrazia è un sistema di governo basato sulla volontà del popolo.

- Cioè?

- Vuol dire che è il popolo a decidere cosa si deve fare, nella cosa pubblica. Democrazia infatti significa “potere del popolo”.

- E come fate, a decidere cosa si deve fare? Con sessanta milioni di persone da accontentare...

- In una democrazia si accetta già in partenza la volontà della maggioranza, ...
... e gli altri si devono adeguare.

- D’accordo, ma come fate a esprimere queste scelte? Tecnicamente, intendo dire: non mi dirai che ogni volta che c’è da decidere qualcosa telefonano a tutti i cittadini ....

- No, certo che no. La nostra infatti è una democrazia di tipo “rappresentativo”. Vuol dire che viene scelto un certo numero di persone, alle quali si dà il compito di rappresentare la volontà di tutti gli altri. Poi sono loro ad occuparsene.

- Ah, capisco. E come le scegliete, queste persone?

- Con le elezioni, appunto. È proprio questo che avviene fra qualche giorno. Andiamo in un posto speciale, che si chiama seggio elettorale, e lì ciascuno indica chi vuole che vada a governare in nome suo.

- Interessante, come sistema. Ma... potete scegliere chiunque?

- Teoricamente si, chiunque ha diritto di essere eletto. In realtà, per evitare che ciascuno elegga suo cugino, prepariamo prima delle liste apposite, e i nomi vengono scelti fra quelli.

- E come decidete i nomi da mettere sulle liste? Tirate a sorte?

- No, non ce n’è bisogno. Ci sono delle persone che si offrono spontaneamente per fare questo mestiere. Si chiamano politici, e si “candidano” – cioè si propongono - per essere eletti.

- Devono essere persone particolarmente generose – commentò il mio amico - se vogliono dedicarsi alla cosa pubblica mettendo in secondo piano i loro interessi privati.

- Oddìo ... diciamo che comunque vengono ricompensati adeguatamente per quello che fanno. Lo stipendio di un politico non è proprio da buttare via.

- Beh, mi sembra giusto. Dopotutto, si assumono delle grosse responsabilità, ed è giusto che siano compensati in maniera adeguata.

Il mio amico riflettè per un attimo, poi disse:

- Ma, scusa... come fate voi a scegliere le persone che vi devono rappresentare?

- Le votiamo, te l’ho appena detto.

- Questo l’ho capito - disse con un tono leggermente seccato - Intendevo dire, come fate a scegliere un candidato piuttosto che un altro? In base a che cosa li scegliete? Li conoscete tutti di persona?

- No, certo che no. Li scegliamo in base alle loro proposte. Quando un politico si candida, spiega che cosa intende fare una volta arrivato al governo.

- Ah, ecco! Ora capisco.

- Si chiama campagna elettorale. Nel periodo che precede le elezioni, i politici vanno in giro un po’ dappertutto, nelle piazze come in televisione, e spiegano agli altri cittadini quali sono le loro intenzioni se saranno eletti a governare. A quel punto i cittadini hanno la possibilità di scegliere a ragion veduta...

- Capisco.

Ci fu una breve pausa, poi il mio amico disse:

- Ma, scusa... se per caso il politico, una volta eletto, non fa quello che aveva promesso di fare, voi come vi regolate?

- Devo dire che hai messo il dito nella piaga, caro amico, perché il problema della democrazia è proprio questo: i politici promettono, ma non mantengono quasi mai.

- “Quasi mai”? Addirittura?

Annuiii con la testa, tristemente.

- Forse si assumono degli impegni troppo gravosi – suggeri il mio amico - per poi poterli mantenere?

- No, anzi, è l’esatto contrario! Già ti fanno delle promesse vaghe e fumose, e poi riescono a non mantenere nemmeno quelle.

- Ma allora perché li votate, scusa?

- Li votiamo... beh, li votiamo perché non abbiamo scelta.

- Come, non avete scelta? Non mi hai appena detto che alle elezioni si può candidare chiunque?

- Sì, teoricamente sì. In pratica però ti trovi davanti sempre le stesse persone da trent’anni a questa parte.

- Forse quel lavoro non è così appetibile, e non ci sono altri che si offrono...

- Ma figurati! Anzi, è talmente appetibile che una volta arrivati al potere questi fanno di tutto per non doverlo più mollare.

- Ad esempio?

- Ad esempio fanno delle leggi per cui non voti più i singoli individui, ma voti un partito. Dopo sono quelli del partito a decidere chi andrà a governare.

Raramente mi era capitato di vedere un marziano strabuzzare gli occhi in quel modo. Le piccole antenne sulla testa cominciarono a girare veloci, e mi sembrò persino di veder uscire un po’ di fumo dalle sue orecchie.

- Ma come? - disse sconcertato - Non era il popolo che doveva scegliere chi lo deve rappresentare al governo?

- Era. Ma loro hanno cambiato la legge apposta, proprio per evitare di dover cedere il potere a qualcun altro.

Le antenne si fermarono di colpo, gli occhi tornarono normali, e il mio amico mise in mostra un grandissimo sorriso:

- Ma allora la soluzione è semplicissima – disse.

- Sentiamola, questa soluzione semplicissima.

- Basta smettere di votarli, no?

- Certo. Hai scoperto l’acqua calda.

- Perchè, scusa? Non mi dirai che ti obbligano a votarli con la pistola puntata alla tempia....

- No, certo che no. Se io volessi potrei tranquillamente starmene a casa, invece di andare a votare.

- E allora?

- Il problema sono gli altri: anche se io stessi a casa, non cambia comunque nulla. Gli altri vanno tutti a votare, e le cose rimangono immutate.

- Ma perché, gli altri non la pensano come te?

- In che senso?

- Voglio dire, gli altri sono contenti di come stanno le cose, invece?

- No, non credo proprio! Almeno, a sentire in giro si lamentano tutti.

- Ma allora basta che vi mettiate d’accordo, no?

- Non serve a niente. Anche se l’80% della popolazione decidesse di non votare, con il 20% dei voti quelli si fanno eleggere lo stesso. Teoricamente, basta un solo voto, e quelli rimangono comunque al potere.

- C’è qualcosa che non mi quadra – disse il mio amico – aspetta un attimo.

Da verde pisello, la sua pelle era diventata di un blu profondo. I marziani prendono sempre quel colore, quando pensano con intensità. Dopo un certo tempo, il volto del mio amico tornò del suo normale colore.

- Ho cercato di computare tutte le informazioni che mi hai dato – disse - ma il mio cervello segnala una incongruenza logica che non riesco a individuare. Dunque, ricapitoliamo: tu mi hai detto che “democrazia“ significa potere del popolo, giusto?

- Giusto.

- E mi hai anche detto che in una democrazia la minoranza accetta sempre il volere della maggioranza, giusto?

- Giusto.

- Ma se quelli vanno al governo con il 20% dei voti, come fanno a dire che rappresentano la maggioranza?

- Infatti, non la rappresenterebbero.

- Ma allora non possono avere il diritto di restare il governo, scusa!

- Però ci resterebbero lo stesso.

- D’accordo, ma con quale autorità potrebbero promulgare una qualunque legge?

- Con l’autorità che si danno loro stessi.

- Con l’autorità che gli ha dato il 20% dei cittadini, vorrai dire.

- Sì, certo. Ma che differenza fa?

- La differenza è che non sei più obbligato a rispettare le leggi che fanno, perchè non esprimono più la volontà della maggioranza.

- Forse non sono stato chiaro – dissi - ma io parlavo della maggioranza dei votanti, non degli italiani. Quelli che non vanno a votare non contano nulla. Ecco perchè io vado a votare comunque.

- Scusa, ma non capisco.

- Voglio dire che se io non voto mi devo sottomettere alle scelte degli altri.

- Ma anche se voti, ti devi sottomettere alle scelte degli altri, no?

- No, se voto scelgo io.

- Ma se mi hai appena detto che ti ritrovi davanti sempre le stesse persone, e che nessuna di queste ti va bene, che razza di scelta è la tua?

- Beh... – esitai. In realtà, non sapevo cosa rispondere.

- E’ una illusione di scelta la tua, non è una scelta vera.

Ci fu un lungo silenzio, poi il mio amico disse:

- Ora l’ho capito, dove sta il trucco: si illude la gente di scegliere, perchè è indispensabile la loro firma per poter comandare, e poi si conta sul fatto che ciascuno abbia paura delle scelte degli altri, per continuare a vederli votare comunque. Geniale, devo dire, come idea. Feroce, ma geniale.

- Ma perchè, scusa – chiesi io – Su da voi come fate?

- Noi in un certo senso la democrazia la pratichiamo già, anche se non l’abbiamo mai formalizzata in quel senso.

- E cioè?

- Ciascuno di noi fa quello che gli sembra giusto, e non fa quello che gli sembra sbagliato, indipendentemente da ciò che fanno gli altri. Ognuno risponde al suo codice morale, e sa da solo quali siano i limiti alle sue azioni. Ciascuno si assume le proprie responsabilità, e segue come regola il principio di non fare agli altri quello che non vorresti fatto a te stesso.

- Tutto qui?

- Perchè, ti sembra poco? Prova tu a rubare, sapendo che non ti piacerebbe essere derubato. Prova tu ad uccidere, sapendo che non ti piacerebbe venire ucciso....

- D’accordo, in linea di principio è bellissimo. Ma, nella pratica, le cose funzionano?

- Abbastanza. Ogni tanto succede che qualcuno si lamenta per il comportamento altrui, ma di solito è sufficiente dirlo a voce alta perchè l’altro di ravveda, e corregga le sue azioni.

- Seeee.... Qui manco se urli per tre giorni la gente ti ascolta, altro che “voce alta”. Noi siamo lontani anni-luce da una civiltà del genere.

Mi guardò con una sfumatura di compassione, mentre diceva:

- Lo so. Me ne rendo conto. Però il problema non sta nella democrazia, come dici tu. Anzi, a me sembra un sistema ottimo, quello che mi hai descritto, solo che bisogna usarlo nel modo giusto. Avete dei poteri eccezionali, e ogni volta li rimettete in mano di questa gente, senza pretendere niente in cambio. E’ ovvio che questi se ne approfittano.

A quel punto il mio amico si congedò. Aveva l’astronave che tornava su Marte, e non voleva farli aspettare. Prima di andarsene si voltò un’ultima volta, e mi disse:

- Capisco che la strada sia lunga e dura. Ma se non cominciate a fare un passo in quella direzione, e ciascuno di voi aspetta sempre che siano gli altri a farlo...

Aveva uno strano sorriso negli occhi, come se per lui le cose fossero molto più semplici di quanto ci appaiano.

In effetti – pensai più tardi - è curioso: com’è che il potere lo abbiamo noi, ma a comandare sono sempre loro?

Massimo Mazzucco




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