"300", fra Storia e Rappresentazione

Data 14/4/2007 10:40:00 | Categoria: media

Come è nata la Storia? Difficile risposta, ma il primo che ci ha provato, Erodoto di Alicarnasso, ci dice il perché: per fare in modo che le opere grandi e meravigliose compiute dai Greci e dai non-Greci venissero ricordate nel tempo e non perdesso la fama che meritavano.

E cosa sceglie di narrare il nostro primo storico? Le Guerre Persiane, cioè il duplice tentativo (nel 490 a.C. e nel 480/79 a.C.) da parte dell'Impero Persiano di annettere la Grecia al suo immenso territorio.

E davvero Erodoto consegnerà al ricordo perenne le gesta di quegli uomini, se ancora oggi i figli di quella cultura affollano le sale dei cinema per ammirare le gesta dei Greci che combattono e sconfiggono i Persiani. Parliamo di 300, il film di Zack Snyder presentato all'ultimo Festival del Cinema di Berlino, che molto sta facendo discutere.

Il film, come è noto, narra della battaglia delle Termopili, un manipolo di fanti greci ad affrontare un enorme esercito persiano. Il film è tratto da un fumetto, anzi, da un “romanzo grafico”, come si usa dire oggi. Tuttavia la storia, di per sé molto semplice, è quella raccontata da Erodoto, nel settimo libro delle sue Storie.

Per prima cosa cerchiamo di sgombrare il campo dagli impacci: la verosimiglianza e la storicità. In questo caso occorrerà portare il discorso sul piano di una doppia aderenza: ...
... alla realtà storica e al racconto erodoteo. Vediamo il perché.

Dal punto di vista della realtà storica e oggettiva, le critiche possono essere numerose. L'armamento degli Spartiati non è corretto: manca la corazza a protezione del busto; lo scudo non era di metallo ma di legno riforzato con metallo; le lance non erano strumenti da lancio (bisticcio di parole, lo so); le spade non avevano quella forma. La tecnica di combattimento (a parte il primo scontro) non è quella descritta dal film, dove si vedono duelli tra singoli: la potenza degli eserciti greci non stava nell'abilità di far roteare spada e scudo , ma nella compattezza della falange. Gli uomini stavano spalla a spalla, schierati su linee parallele, ogni uomo proteggendo con il proprio scudo non sé stesso, ma il compagno alla propria sinistra. La falange, finché rimaneva compatta, era praticamente insuperabile. Gli Spartiati erano superiori agli altri Greci non tanto per l'abilità del singolo a maneggiare le armi, quanto per la disciplina assoluta che permetteva loro di mantenere sempre lo schieramento e per la capacità di manovrare e cambiare disposizione sul campo di battaglia senza sbavature, cosa questa estremamente difficile da ottenere e che richiedeva un grandissimo esercizio (e gli altri Greci, che non erano guerrieri di professione, non ne erano in grado). Altri piccoli dettagli possono essere notati, come ad esempio il fatto che ogni fante aveva con se almeno un servitore che si occupava del trasporto dell'armatura (provate voi a camminare per centinaia di chilometri sotto il sole dell'estate greca ricoperti di piastre di metallo e reggendo uno scudo di 8 chili) e del vettovagliamento. Inoltre i servitori partecipavano alla battaglia come truppe armate alla leggera, probabilmente di fionde o altre armi da lancio. Il colpo d'occhio doveva essere ben diverso da quello proposto dal film: oltre ai soldati, c'era un seguito di servitori, di animali da soma, di carri e di tutto quello che poteva servire. Poco poetico, ma molto utile.

Detto questo, possiamo anche dimenticarcene. Perché altrimenti dovremmo stendere un velo pietoso su tutti i film precedenti ambientati nell'antichità, e perché la seconda questione posta, quella dell'aderenza al testo di Erodoto, è quella che renderà del tutto – o quasi – ininfluente il problema filologico.



Dunque il film si uniforma sostanzialmente con il racconto storico, tuttavia vi sono anche cose su cui diverge in modo assai sensibile. Leonida, uno dei due re di Sparta, non getta nel pozzo della città l'ambasciatore persiano, perché questo era accaduto dieci anni prima, ai tempi della prima invazione persiana, sia a Sparta che ad Atene, quando i legati del Re dei Re giunsero in Grecia a chiedere “l'acqua e la terra” (formula di rito che indicava la richiesta di assoggettarsi al potere del re di Persia). Infatti Serse, che aveva capito l'antifona, al tempo dei fatti narrati, mandò ambasciatori ovunque tranne che a Sparta ed Atene.

Poi c'è il punto più importante: alle Termopili non erano in trecento, ma in un numero che si aggira tra i cinque e i settemila. Trecento erano gli Spartani, ma vi erano combattenti da tutto il Peloponneso; come in ogni alleanza militare qualcuno doveva comandare, e fu naturale affidare il comando ai migliori combattenti della Grecia.

I Persiani riescono a vincere con l'inganno, perché un traditore greco indicherà un passaggio tra le montagne che permetterà loro di aggirare i Greci e prenderli da dietro. Nel film Efialte il traditore è un uomo di origine spartana, deforme dalla nascita, che si è salvato dal programma eugenetico spartano e che desidera combattere in prima fila. Vistosi rifiutare il permesso di prendere le armi, Efialte andrà dai Persiani e parlerà. Erodoto ci racconta una storia molto più semplice: Efialte tradisce per brama di denaro.

Ecco, per chi avrà voglia di accanirsi contro il film, questi sono gli unici elementi cui appoggiarsi.

Tentiamo invece una lettura diversa da quella che finora è stata proposta. Innanzitutto, perché abbiamo distinto tra adesione alla realtà storica e adesione al racconto di Erodoto? Per un motivo molto semplice: che il racconto e la realtà non coincidono. Non dobbiamo farci ingannare dalle parole; benché Erodoto dica di scrivere “storia”, dobbiamo sempre tenere a mente che il moderno concetto di metodologia storica era del tutto sconosciuto agli antichi e massimamente ad Erodoto. Inoltre le sue Storie non erano destinate ad un gruppo ristretto di studiosi, come accade oggi, ma erano racconti orali destinati ad intrattenere un largo pubblico che voleva sentire parlare di quelle grandi e meravigliose imprese da cui Erodoto stesso fa nascere un progetto compositivo. Ecco quindi che Erodoto ci dice che l'esercito di Serse era composto di quasi due milioni di soldati e che, sommati i servitori, le donne, gli artigiani e tutte le persone che facevano funzionare il tutto, si arrivava alla impressionante cifra di cinque milioni di uomini in movimento. Storicamente questo non è vero, ma non era questo ciò che Erodoto voleva. E non era quello che il suo pubblico voleva.

Ecco perché diciamo che la storia ed il racconto di Erodoto scorrono paralleli, ma non si sovrappongono che per caso.

Ed il film 300, con molta intelligenza, sceglie di evitare entrambe queste posizioni.

Su La Repubblica è apparsa una recensione del film che inizia in maniera conciliante:

”Per apprezzare un kolossal come 300 [...] bisogna sbarazzarsi di un pregiudizio. E cioè che il film [...] sia una pellicola storica. Con pretese di realismo, di precisione filologica, di fedeltà alle fonti e ai documenti.

Questo è vero, il problema è che – temo – in pochi hanno capito quale sia stato l'esito del film. Infatti, prosegue la nostra critica cinematografica:

”Se invece si affronta la pellicola per quello che è - la trasposizione di una graphic novel di culto, realizzata dall'autore di Sin City e del batmaniano Il ritorno del Cavaliere oscuro - allora la faccenda diventa interessante. E anche divertente. [...]”

Il nodo centrale per comprendere il film sta qui: 300 non è la trasposizione di un romanzo grafico; non è la ricostruzione storica dell'evento; non è il racconto Erodoteo.

300 è la descrizione su pellicola di ciò che le Guerre Persiane rappresentavano per i Greci. 300 riesce a condensare tutta l'ideologia greca in due ore; riesce a cogliere l'essenza di un mito di fondazione, la duplice invasione persiana, che rimarrà il pilastro di tutta la cultura ellenica a venire.

Se non si tiene conto di questo importane fatto, allora la pellicola apparirà come una infantile sciocchezza.

Per i Greci le Guerre Persiane, le battaglie di Maratona, delle Termopili, di Platea, di Salamina erano parte integrante del complesso sistema di valori, tradizioni, storia e cultura che noi definiamo “mitologia”. Ed il mito, per l'uomo greco, non era una “favola”, ma parte viva del proprio bagaglio culturale. Non vi è soluzione di continuità tra la cosmogonia, le lotte fra dei, la guerra di Troia e le le Guerre Persiane. Achille non è personaggio meno reale di Leonida; Leonida non è più reale di Edipo. Bisogna abbandonare la mentalità moderna per capire che mito e storia, in Ellade, vivevano nella stessa dimensione. E così come la guerra di Troia era reale, le Guerre Persiane erano un mito.

Per i Greci le Termopili non era importanti perché dimostravano che la scelta del campo favorevole e la pianificazione tattica potevano ribaltare le sorti della battaglia (come si legge nelle pagine di storia militare). Per i Greci le Termopili erano fondamentali perché dimostravano che tutto ciò in cui credevano, che la loro educazione e il loro modo di vivere li rendeva imbattibili, superiori agli altri, anche se mille volte inferiori per numero.

La recensione di Close-up.it coglie nel segno:

”La battaglia delle Termopili non è raccontata con specifiche ricerche di una qualche forma di verità storica, ma con occhio consapevolmente confitto nel corpo della leggenda. Gli eventi, nella loro grezza naturalità, sono come investiti dalla possente luce del mito e restituiti con intatto senso di epica.”

E' importante notare che il non ricercare una presunta verità storica è esattamente la grandezza di questo film. Perchè una verità storica a riguardo non esiste, e non è quella che ha costruito il pensiero greco nei secoli.

Altra recensione:

”Il racconto di un evento basato sui principi fondanti della cultura greca [...] dovrebbe avere un taglio meno ostentativo dei sensazionalistici colpi di scena e delle figure dai tratti mostruosi (come quelli dei vari messi persiani o del deforme guerriero Daxos): dovrebbe cioè essere più vicino alla storia, magari anche strizzando l'occhio al mito classico, e meno al fumetto moderno.”

Ecco ancora che da un lato riemerge il desiderio tutto moderno di rappresentare i fatti “come erano andati veramente”, una chimera irraggiungibile (a quale storia ci riferiamo? A Erodoto forse, che parla di cinque milioni di uomini e donne in marcia per prendere la Grecia?). E dall'altro la riproposizione di una vera e propria leggenda moderna, quella del “mito classico”, la “reinvenzione” del mondo greco operata da scavatori settecenteschi in cerca di tesori, che hanno creato dal nulla l'ideale della grecità candida, serena, imperturbabile, del mare azzurro e delle colonne marmoree. Niente di più falso.

”Colui che cade sotto il peso di questa impostazione è purtroppo il protagonista Leonida, interpretato da Gerard Butler. Più che un condottiero o un eroe, spesso il suo atteggiamento è quello dello sbruffone di quartiere: si riferisce ad Atene come un luogo di «filosofi e checche omosessuali» e invita i persiani a venire a «prenderle».

E ancora si cade nello stereotipo moderno. Non era uno sbruffone Leonida, c'è solo un po' di anacronismo, ma il giudizio su Atene molto spesso era quello. E non è uno sbruffone Leonida quando grida ai Persiani di venire a prendere le armi: è il racconto di Plutarco che ci narra di questo piccolo episodio di sfida. ????? ???? è ancora oggi il motto del Primo Corpo d'Armata della Grecia.

Il film invece riesce a condensare tanti aspetti della mentalità greca che spesso sono ignorati. Quando la moglie di Leonida recita la formula di rito che le donne spartane dicevano ai propri uomini prima della loro partenza per la guerra, “o con questo (scudo) o sopra di questo”, afferma uno dei simboli più importanti della cultura greca: lo scudo come uno dei fondamenti dell'etica cittadina, lo scudo che non serviva a proteggere chi lo indossava, ma chi stava al suo fianco. Lo scudo che era insuperabile finché la falange, cioè la comunità di uomini liberi schierati a battaglia, rimaneva compatta, diveniva il più grande impaccio nel momento in cui il fante era solo. Tornare senza scudo significava una cosa sola: che si era fuggiti. Perché quando si fuggiva, la prima cosa che si abbandonava era quell'enorme, ingombrante e pesante collante sociale, lo scudo.

Il film insiste particolarmente sul disprezzo degli Spartani nei confronti delle frecce. Anche questo era un aspetto fondamentale dell'ideologia spartana: la guerra era un contatto fisico tra uomini. Le frecce erano lo strumento dei vigliacchi e dei codardi, di chi non era all'altezza e doveva ricorrere all'inganno. Ogni epoca ha la sua morale bellica; ogni tempo ha le sue armi bandite. Insistere sull'uso delle frecce da parte della Persia significa bollarla come perfida e vigliacca.

Comedonchisciotte.org riprende un commento al film, particolaremente aspro:

”Con un enorme desiderio di vendere e stupire, "300" è una pura fantasia in cui l'esercito persiano è descritto come composto da demoni privi di cultura, sensibilità o umanità e, in contrasto con i nobili Greci, gli Iraniani sono ritratti come persone assetate di sangue che non pensano a null'altro che ad aggredire ed uccidere altre persone. Da perfetta immagine irresponsabile e distorta dell'antica Persia, "300" descrive il re persiano, Serse, ed i suoi selvaggi soldati come decadenti, sessualmente eccessivi e di natura malvagia.

Come si è visto, 300 non è pura fantasia, non più di quanto lo siano il Vangelo per i Cristiani o il Corano per i fedeli del Profeta. E' mito fondante. Gli Iraniani nel film non sono assolutamente descritti. Con una banalità sconcertante, infatti, il commento afferma (ma non dimostra, ovviamente) una completa sovrapposizione tra l'Impero di Dario e Serse e l'Iran moderno e quindi parla di Iraniani all'epoca delle Termopili. Come ciò possa essere seriamente detto non è dato di capire. Sarebbe come se qualcuno affermasse che l'Italia è l'Impero Romano. Una posizione insostenibile, per pure ragioni di buon senso.

Il film non descrive i Persiani come assassini (non più di quanto descriva gli Spartani come assetati di sangue). E' la storia giunta a noi che li descrive come “mostri”, cioè come portenti della natura, al di fuori dell'orizzonte naturale conosciuto dai Greci. Erano i Greci a vederli così: immaginate di essere un contadino dell'Attica o dell'Arcadia, che non è mai uscito dalla sua città, schierato in prima fila, senza la possibilità di indietreggiare, con un scudo di legno che vi dovrebbe proteggere dall'assalto di un animale mai visto, spaventoso, altissimo, che emette suoni tremendi, con zanne che spuntano dalla bocca, e sopra il quale siedono degli uomini alti, neri, che si esprimono in una lingua incomprensibile. Immaginatevi insomma di dover affrontare un elefante da guerra. E senza aver mai visto Super Quark!

Pensate di vedere una massa d'uomini enorme che corre contro di voi (che avete sempre quello scudo di legno retto dal vicino di casa alla vostra sinistra come unica difesa) e che dopo l'urto vi fissa negli occhi a pochi centimentri dalla faccia: uomini di tutte le razze, Arabi, Indiani, Battriani (cioè afghani, non serve aggiugnere altro), Etiopi, Fenici che vi gridano con suoni mai uditi tutto il loro odio mentre cercano di infilzarvi il collo o gli occhi (le uniche parti vulnerabili) con una lancia.

Posto che sopravviviate a tutto questo, quando tornate a casa, come descriverete quello che avete visto? Come una cultura millenaria dedita alla pace e alle scienze? Oppure, mentre vi guardate la veste sporca di sangue ed escrementi (non necessariamente i vostri), racconterete a tutti dei mostri che avete affrontato, degli uomini terribili che avete ammazzato a mani nude, della ferocia e dell'odio che avete subito?

Il nostro invece continua: ”Dopo tutto, "300" non svilisce soltanto gli Iraniani, è un'evidente aggressione a tutte le società dell'Asia occidentale, dell'Asia centrale, dell'Africa del Nord e dell'Europa Orientale, che una volta nei tempi antichi fecero parte dei vasti imperi iraniani. Il film inoltre degrada una grande comunità di Indiani, Cinesi, Europei ed Americani con origini iraniane ed antenati persiani.”

Questo è puro fanatismo. Il film non fa niente di tutto ciò. Nemmeno la storia lo fa, e nemmeno la leggenda delle Guerre Persiane. I “vasti imperi iraniani” sono un parto della sua mente, niente di più. Chi pensa una cosa del genere, da un lato non conosce la cultura greca, dall'altro concepisce la storia come un modo alternativo per diffondere le proprie idee personali. Tutto questo esiste solo nella fantasia dell'Autore, ma non nelle fonti storiche, non nel mito e non nel film.

Il film descrive gli Orientali come persone lascive dedite al vizio e corrotte dalla ricchezza? Certo, perché così pensavano i Greci degli orientali. Il film pone una contrapposizione tra “noi buoni” e “loro cattivi”? Certo, perché questo era il compito del mito delle Guerre Persiane. E se per questo 300 è un film razzista, allora è bene sapere che le orde di turisti che affollano l'Acropoli di Atene stanno ammirando la più grande opera di propaganda antipersiana che la Grecia abbia mai prodotto.

Come ha scritto un certo "Santaruina" nel suo blog, “sicuramente Leonida e i suoi sono un forte simbolo dell'Occidente, ma di un Occidente quale non esiste più da secoli. Il nuovo Occidente da tempo non crede più nei valori che gli spartiati esaltavano, sacrificio, amor di patria, il rispetto di una legge superiore.”

Ancora, dopo secoli, rieccheggiano nello strumento post-moderno per eccellenza le parole di Demarato, esule spartano alla corte del re Persiano, e il Re dei Re:

“[...] Ma ragioniamo un po' secondo logica: mille, diecimila o cinquantamila uomini, tutti liberi e uguali, senza avere un unico capo, come riuscirebbero a opporsi a un esercito sterminato come il mio? Perché noi siamo più di mille per ciascuno di loro, se loro sono cinquemila. Se obbedissero a un'unica persona, alla nostra maniera, potrebbero avere paura di lui e diventare migliori di quanto siano per loro propria natura, e avanzare, costretti dalla frusta, anche essendo meno del nemico. Ma, lasciati liberi, non farebbero nulla di questo. [...]”

Al che Demarato replicò: [...] “Così sono gli Spartani: individualmente non sono inferiori a nessuno, presi assieme sono i più forti di tutti. Sono liberi, sì, ma non completamente: hanno un padrone, la legge, che temono assai più di quanto i tuoi uomini temano te; e obbediscono ai suoi ordini, e gli ordini sono sempre gli stessi: non fuggire dal campo di battaglia, neppure di fronte a un numero soverchiante di nemici; restare al proprio posto e vincere, oppure morire. [...]”
(Erodoto, Storie, VII 103-104).

Insomma, 300 coglie con impressionante lucidità i tratti caratteristici del mondo greco. Siamo noi moderni a non farlo, e a considerare quindi questo film banale propaganda ollivuddiana.

Non è la storia oggettiva, non è la storia come ci piacerebbe che fosse E' la storia vista con gli occhi di un greco classico, occhi che noi non abbiamo ma che ci dobbiamo sforzare di usare, per non cadere in trappole ideologiche che ci ingabbierebbero ad un pensiero piatto e banale.

Giorgio Mattiuzzo (Pausania)




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