Disonore in Parlamento

Data 22/1/2007 7:50:00 | Categoria: politica italiana

Tre interviste di Salvatore Viglia sullo scottante problema degli "onorevoli condannati": Antonio di Pietro, Felice Belisario, e il più "vistoso" fra i molti pregiudicati che siedono in Parlamento, l'ex-terrorista Sergio D'Elia.

Intervista al ministro delle infrastrutture on. Antonio di Pietro di Italia dei Valori

Con sentenze penali passate in giudicato non si può accedere in Parlamento, per esempio l’on. Sergio D’Elia e Previti?

Noi siamo dell’idea che persone condannate con sentenza passata in giudicato non debbano essere candidate. E’ un messaggio che dobbiamo dare al Paese per la formazione di una classe dirigente migliore. Si rileva che, sia nella composizione del Parlamento passato, sia in questo nuovo, c’è una percentuale importante di deputati che hanno problemi giudiziari. Non è certo un messaggio etico positivo per il Paese e questo a prescindere dal caso D’Elia. Credo che, di sentenze passate in giudicato, ce ne siano una quindicina nel centrosinistra ed una quarantina nel centrodestra. Anche se attualmente in diminuzione, una cinquantina in tutto, è una questione importante. Ciò premesso, il diritto ad essere eletto parlamentare …
… è un risultato a cui porta il voto del cittadino italiano. Diventa, però, meno comprensibile quando, con questa legge elettorale, sono le segreterie dei partiti a scegliere le candidature che crede più opportune. Nel caso dell’on. Sergio D’Elia, ritengo, sia stato un errore, per il centrosinistra, aver avallato una proposta del genere e, pertanto, per quanto riguarda l’Italia dei Valori, per linea di principio, siamo dalla parte delle vittime del reato, non siamo rappresentanti di chi ha ammazzato.

Come la mettiamo con quanti sono inquisiti, invece?

La proposta dell’Italia dei Valori depositata nella scorsa legislatura e ripresentata anche in questa, è composta da un solo articolo di due commi. Il primo prevede che, i condannati con sentenza definitiva, non possono candidarsi, il secondo comma prevede che, i rinviati a giudizio per reati gravi contro la persona e contro il patrimonio dello Stato, non possano assumere incarichi di governo a livello centrale sino alla definizione della sentenza. In questo modo non solo si rispetta il principio di innocenza, ma si rispetta anche un principio di opportunità per cui, quando si è sotto processo per un rinvio a giudizio, è necessario interrompere ogni incarico e solo dopo la definizione della sentenza, riprendere le proprie funzioni.

Quando lei è stato attaccato, si è subito dimesso. Ha dato prova di cosa sia l’etica come la definisce Leoluca Orlando. Nella passata legislatura, invece, non c’è stata nessuna dimissione.

Devo dire che, per me, è stato facile fare quella scelta perché sapevo di essere innocente. Al di là della battuta, occorrono delle norme scritte. E’ questo quello che manca, altrimenti, all’etica, come al cuore, non si comanda. Posso solo dire che il buon esempio, per quanto mi riguarda, io l’ho dato e mi rammarico che altri non si comportino parimenti.

L’IdV a quali patiti si sente più affine?

L’Italia dei Valori è anch’essa uno strumento, un partito che perora la sua politica curando il passaggio dalla coalizione elettorale alla coalizione programmatica, non vi è dubbio. Mi rendo conto della delicatezza della domanda e della risposta. Ci viene un dubbio e cioè che gli attuali schieramenti soffrano troppo le ragioni elettorali. Sono stati assortiti e messi insieme, troppo spesso, dei partiti che hanno un progetto programmatico diverso o quantomeno parzialmente diverso. Allora, adesso che siamo fuori della campagna elettorale, la cosa che possiamo fare, è quella di rapportarci raccordandoci con tutte quelle forze politiche, culturali e sociali che hanno messo insieme una linea programmatica.

Questo non vuol dire abolire il bipolarismo ma significa lavorare oggi per superare e per ridisegnare il sistema delle alleanze di domani affinché nel sistema bipolare, ci siano proposte omogenee sul piano programmatico.

E’ una eresia affermare che la demarcazione della politica ormai non c’è più tra i due poli?

E’ un dato di fatto. Il modello liberal democratico è basato da una parte sulla libera concorrenza, dall’altra sul rispetto di una solidarietà sociale che impone di non abbandonare i soggetti più deboli. E’ un modello che si è affermato nella globalizzazione delle coscienze. In questa ottica, la differenza tra centrosinistra e centrodestra, di fatto, sta andando verso una differenza programmatica abbandonando le differenze ideologiche.

L’unico sistema per governare non è quello di attuare il programma avversario per rendere nulla ogni opposizione?

Si deve fare ciò che i cittadini ritengono giusto e, comunque, ciò che il governo ritiene giusto fare nell’interesse della collettività.

In questa ottica, credo che il ruolo che il centrosinistra abbia dato una grande dimostrazione di coerenza attuando provvedimenti di liberalizzazione del mercato che ridanno competitività, che ridanno spazio alla libera concorrenza. Noi del centrosinistra, abbiamo dimostrato di avviarci al superamento dello sbarramento ideologico.

Da uno a dieci, che posto occupa L’IdV in questo governo?

Onestamente, l’Italia dei valori, in questo momento, è un soggetto politico in fase di valutazione. Noi, oggi, abbiamo vinto perché i cittadini ci hanno dato per una forza in crescita. La fiducia dei cittadini la conquistiamo giorno dopo giorno perché affrontiamo i temi cruciali del paese prescindendo dal colore politico dello schieramento d’appartenenza e stando attenti all’interesse della collettività.

Non è proprio cambiato niente dall’epoca di mani pulite?

Vede, questa è corruzione delle coscienze.

E’ vero, come è vero, che ci sono casi di malcostume, ma è anche vero che si può resistere.


Salvatore Viglia


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Intervista all’on. Felice Belisario

Deputato dell’Italia dei valori, avvocato, componente della 1° Commissione Affari Costituzionali e della Giunta delle Elezioni che esamina le cause di ineleggibilità, di incompatibilità e di decadenza dalla carica di deputato.

Onorevole Belisario, la giunta delle ineleggibilità, incompatibilità e decadenza, ha preso delle determinazioni specifiche sino ad oggi?

Abbiamo, sino ad oggi, risolto delle ineleggibilità o incompatibilità relativa ai consiglieri regionali. Oggi non c’è più nessun consigliere regionale che ha il doppio incarico di consigliere regionale e di parlamentare della Repubblica.

In esame vi è una sola questione relativa ad un assessore regionale della Sicilia che è anche parlamentare, però è iniziata la contestazione perché venga declinata la incompatibilità, vale a dire egli dovrà scegliere, ed avverrà nell’anno, se per l’una o per l’altra carica avendo, peraltro appurato che egli non percepisce la doppia indennità che per noi diveniva un momento dirimente.

La Giunta delle elezioni si occupa anche della posizione dell’on. Previti, a che punto siamo?

Previti ha avuto una sentenza passata in giudicato dalla Cassazione nel mese di maggio scorso (Imi Sir) che lo ha condannato a sei anni di reclusione e alla interdizione perpetua dai pubblici uffici perchè, di fatto, aveva manipolato sentenze, quindi reati che hanno a che fare con l’amministrazione della giustizia.

La sentenza è stata trasmessa, è stata pubblicata per intero il sei di ottobre, quindi dopo circa cinque mesi dal deposito. Fu avviata subito la procedura che può portare alla decadenza nel caso si ritenga assolutamente non compatibile lo status di condannato con la carica di parlamentare.

Previti ha fatto pervenire delle memorie dal suo difensore, il senatore Giovanni Pellegrino di centrosinistra della provincia di Lecce già Presidente della Commissione Stragi, chiedendo, in soldoni, che, avendo fatto domanda di affidamento ai servizi sociali in prova, essendogli stati indultati tre anni su sei, che gli fosse concessa la sospensione del procedimento di decadenza fin tanto che egli non termini il periodo di prova. Ciò porterebbe, al termine del periodo di prova superato positivamente, alla cancellazione di tutti gli effetti della sentenza, compreso le pene accessorie.

Senza contare che, entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della sentenza, potrebbe essere presentato ricorso per errori materiali e chi sa quanti altri tipi di impugnative che egli ritenesse di mettere in campo.

L’on. Previti, però, è stato sospeso dall’indennità di parlamentare?

In questo periodo non risulta che egli si sia sospeso dalla corresponsione delle indennità. Noi dell’Unione, abbiamo segnalato al Presidente Bruno della Giunta delle Elezioni di informare il Presidente della Camera per capire se, in presenza di una sentenza definitiva, la Camera possa sospendere, in via cautelare, la corresponsione della indennità percepita dal parlamentare Previti.

Egli sarebbe dovuto venire qua a parlare con noi, con il Comitato, perché si passa prima dal Comitato, nella giornata di giovedì passato (per chi legge 23/11), ha chiesto un ulteriore rinvio al sei di dicembre, egli che aveva chiesto un altro rinvio che tutti i partiti gli hanno concesso tranne l’IdV che è rappresentata da me in commissione.

Perchè tutti questi rinvii?

Perché al momento non c’è nessun parere favorevole all’affidamento ai servizi sociali, dato che lui, l’udienza, la farà il trenta di novembre, tenendo in considerazione che il Tribunale del Riesame, nel frattempo, emetterà l’ordinanza se essere affidato o meno, ma verrà sicuramente affidato ai servizi sociali.

Ecco perché ha chiesto di essere ascoltato il sei di dicembre.

E poi potrei risponderle con le prime pagine dei giornali di oggi (per chi legge 1° dicembre 2006) che dicono a chiare lettere che il processo SME è stato annullato dalla Cassazione perché questa ha ritenuto che non fosse competente Milano ma Perugia. Si pensi che le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, nel 2003, avevano già respinto una tale richiesta.

Ed allora, i rinvii, le lungaggini, sono serviti ad arrivare alla prescrizione. Già, perché il Tribunale di Perugia, non avrà, forse, neanche il tempo necessario per le notifiche agli imputati. Il processo SME dovrebbe ricominciare dal primo grado di giudizio e Lìla prescrizione scatta nell’aprile del 2007. Di fatto, questo processo, può dirsi matematicamente finito, chiuso. E tutto questo senza neanche il ricorso alla ex Cirielli né alla prescrizione breve. Il conteggio per i termini della prescrizione infatti, è stato calcolato sulla base della vecchia legge dal momento che le nuove norme non riguardano né i processi giunti in appello, né quelli giunti in Cassazione. Così stanno le cose.

Si pensi che il processo SME è durato la bellezza di undici anni.

Qualsiasi cittadino, con un buon avvocato, può fare queste cose?

Questa è una giustizia che l’on. Previti continua a richiedere a sua immagine e somiglianza. Dopo le tante leggi, anche questo.

Personalmente, ho ritenuto di abbandonare la Giunta delle Elezioni. Mi rifiuterò di partecipare ai lavori delle Giunta, fino a quando l’Unione non prenderà una posizione chiara per evitare attendismi. Noi dobbiamo arrivare in aula nel più breve tempo possibile e l’aula deve esprimersi se dichiarare decaduto il deputato Previti oppure se gli vorrà consentire di rimanere ancora tra i banchi.

I cittadini italiani devono sapere per quale motivo un vigile urbano che è condannato viene licenziato, perchè un professore che viene condannato con l’interdizione perpetua, se ne va a casa e perchè invece, un Parlamentare può usufruire di cavilli e di artifizi per continuare ad avere uno status che l’etica non riesce proprio a conciliare con la logica che è fuori da ogni ragionamento.

E’ impensabile che la funzione legislativa venga svolta da chi ha cercato, da chi ha alterato il corso della giustizia.

Al vaglio delle Giunta delle Elezioni, c’è una ulteriore gatta da pelare: il teorema Deaglio, peraltro, rinviato a giudizio proprio a causa delle notizie in ordine al numero delle schede bianche.

Per quanto riguarda il problema che Deaglio ha sollevato, in realtà, si tratta di molteplici perplessità.

Per quanto mi riguarda, al momento, sono problemi di natura politica. Deaglio ci pone davanti alcuni interrogativi: perché vengono sostituiti, una settimana prima del voto, 14 prefetti?; perché viene cambiato il metodo (non più a sorteggio) di reclutamento degli scrutatori?; perché quella notte il ministro Pisanu va a passeggiare nell’abitazione del sig. Berlusconi e non a palazzo Chigi sede del Presidente del Consiglio dei Ministri?; perché, per la prima volta, un ministro degli interni, in corso di spoglio, abbandona il Viminale?; perché il ritardo nell’afflusso dei dati?

Queste sono domande a cui la politica deve rispondere. A mio avviso, è necessario istituire una Commissione d’inchiesta su queste specificità, sempre che risponda al vero quanto ci dice Deaglio: che il Presidente del Consiglio avesse pronto un decreto legge per sospendere la validità del voto e passare al riconteggio delle schede elettorali. Ciò significa, in pratica, essere l’anticamera di un colpo di Stato. Perché, Silvio Berlusconi avrebbe continuato a fare il Presidente del Consiglio, con legge avrebbe, se il teorema Deaglio risultasse vero, sospeso l’esito delle elezioni, la Corte di Cassazione non avrebbe proclamato i risultati finali, intanto il vecchio Parlamento ed il vecchio governo, sarebbero rimasti al potere.

Così il film di Deaglio lascia presumere ed allora, siccome noi non dobbiamo avere dubbi, siccome noi siamo convinti che il voto sia stato esercitato in maniera trasparente, vogliamo una Commissione d’inchiesta per capire cosa sia successo immediatamente prima ed immediatamente dopo lo spoglio. Questo sarebbe una cosa buona.

Ma se si va alla conta delle schede bianche e si ha la certezza che quelle schede siano state “colorate”, cosa può succedere?

Faccio due valutazioni, la prima di tipo propagandistico ed allora apriamo tutto, guardiamo tutto. La seconda più serena e cioè che questa porcheria nel sistema di spoglio, le lentezze ecc.. che sta venendo a galla, non dede mettere in pericolo la democrazia in questo paese.

Abbiamo tenuto delle elezioni, il Presidente delle Camera ha giustamente affermato che ci troviamo al cospetto di un voto legittimo e quindi non è il caso di mettere il carro davanti ai buoi.

In Giunta delle Elezioni, sono stati presentati dei ricorsi da Forza Italia, da Alleanza nazionale, dall’Udc, allora io dico che bisogna ricontare le schede bianche e le schede nulle perché ci potrebbe essere stato un qualche errore. Ma se io dovessi parlare in qualità di avvocato, un ricorso del genere, sarebbe ritenuto inammissibile perché non dettagliato nel dove, nel quando, nei numeri ecc., siamo al cospetto di un ricorso generico che non troverebbe udienza in nessuno dei Tribunali italiani.

Qualcosa, in merito, però, state facendo in Giunta?

Abbiamo cominciato la quadratura delle singole circoscrizioni. A me è toccata quella della Liguria dove, tra dati che sono stati comunicati e verifica successiva, tra le schede bianche e quelle nulle, non abbiamo trovato nessuno scostamento tra quanto messo a verbale e quanto da me verificato nelle 10-15 sezioni a campione che abbiamo controllato. Mi pare che ci siano stati uno o due voti che si spostano ma che poi, solitamente, vengono compensati.

Per cui io dico: Commissione d’inchiesta innanzitutto per capire cosa successe quella notte.

Il problema vero, non sono le schede bianche o le schede nulle, il problema vero è stabilire se si voleva andare ad un riconteggio delle schede sospendendo il risultato elettorale.

Poi, la Giunta delle Elezioni, andrà a controllare, nel miglior modo possibile, quanto è nei suoi poteri, per cui se riterrà di controllare le schede bianche e le schede nulle, lo farà autonomamente come venne fatto già autonomamente nel 2001.

All’epoca ci furono dei ricorsi da parte della Lega, dell’Italia dei Valori i quali non raggiunsero la soglia di sbarramento e cercarono di approfondire. Se ricorda bene, mi pare che una dozzina di deputati non si siano mai seduti nei banchi per cui la Camera non ha mai raggiunto il quorum dei 615 deputati, nella scorsa legislatura.

Insomma, ci sono degli interrogativi inquietanti cui la politica deve dare una risposta, la Giunta delle Elezioni deve portare a compimento il suo lavoro secondo quelle che sono le procedure.

Si è fatta una idea personale di tutto questo?

Sto, in verità, cercando di approfondire ancora gli interrogativi emersi dal film di Deaglio tenendo presente che i dati che arrivano in Cassazione, sono i dati che arrivano non dalle Prefetture, ma dalla Corti d’Appello. Allora, personalmente, ancora non riesco a capire il teorema, il sistema di broglio descritto da Deaglio.

Dico solo che questo risultato elettorale è quello che noi conosciamo, con le attuali camere, con questo governo, con queste maggioranze, frutto di una legge elettorale sciagurata, questa è la verità, legge elettorale a cui dobbiamo mettere mano.

Per il resto, ogni qualvolta qualcuno pensa di sovvertire l’ordine democratico di una democrazia avanzata come l’Italia, c’è veramente da preoccuparsi.

Salvatore Viglia

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Intervista all’on. Sergio D’Elia della Rosa nel pugno

La storia dell’on. Sergio D’Elia non può riassumersi in una breve intervista, ma è una storia che induce a riflettere. Pretende, comunque, il rispetto che merita

Lei afferma che l’elezione a deputato «è come la parabola di una storia che è la storia di cittadinanza democratica e di accoglienza umana», molti suoi colleghi non sono affatto d’accordo.

Per quanto mi riguarda, la mia elezione a deputato non è il punto di arrivo ma di partenza o, meglio, un nuovo inizio di una storia personale animata sempre dalla passione politica e dal tentativo di cambiare lo stato di cose presenti. Trenta anni fa, l’idea-forza era quella della rivoluzione comunista, idea ingenua e romantica, un’utopia che ha affascinato milioni di persone e che, forse, non ha del tutto perso la sua forza attrattiva. La mia lotta armata, durata due anni e dopo sei anni di impegno nel movimento extra-parlamentare, non è stata altro che il tentativo di bruciare le tappe, anticipare l’avvento o, comunque, verificare l’attendibilità del mondo nuovo che sognavamo. Che la violenza potesse essere “levatrice della storia” come pure che il fine potesse giustificare i mezzi, non era una convinzione solo di chi ha fatto la lotta armata, ma anche di tutta una filosofia e cultura storica di quel tempo e che, forse, ancora resiste. Che sia vero il contrario, cioè che la violenza, i metodi di lotta, pregiudichino i fini, li stravolgano e li distruggano, è stata per ma una verità che ho potuto acquisire con la mia esperienza politica. Non è stato un caso, infatti, che io incontrassi poi i radicali e Marco Pannella, l’unico politico italiano che negli anni di piombo ha costituito un argine a che un’intera generazione divenisse preda della violenza e del terrorismo. La sua lotta non violenta contro il regime (lo stesso che noi volevamo abbattere) ha rappresentato l’alternativa vera non solo alla scelta terrorista ma anche a un potere privo di legittimità. L’errore politico, più grave dei più gravi reati penali che io possa aver commesso, è stato quello di avere con la mia lotta armata alla fin fine legittimato uno stato non democratico, violento, che agiva fuori dalle regole minime di uno stato di diritto. Stiamo parlando di uno Stato i cui apparati, già alla fine degli anni ’60, progettavano, provocavano, effettuavano o coprivano stragi di persone, non solo di legalità repubblicana e costituzionale. La mia presenza oggi in parlamento significa il successo, non mio personale, ma di principi costituzionali e di stato di diritto e, forse, anche la prova che è possibile chiudere una fase storica del nostro paese, quella degli anni di piombo

Stando alle deputate Gabriella Carlucci e non solo, Vito, Bondi, Giovanardi, Leone, la sua presenza in Parlamento sarebbe un disonore per tutti gli “onorevoli” presenti e per le istituzioni.

Guardi, se io mi vedo seduto in questo parlamento, mi considero inadeguato, non all’altezza del mio compito; se però mi paragono a quanti pure vi siedono, mi dico: non c’è confronto! Con la mia storia, con quello che ho fatto nella mia vita, tutta. Fa bene il Presidente Bertinotti a rivolgersi ai parlamentari chiamandoci “deputati” e non “onorevoli”. Cosa c’entra l’onore? Se fosse una questione di onore, e dicesse “onorevoli”, per cautela, dovrebbe aggiungere ogni volta “fino a prova contraria.

La mozione presentata contro di lei fu ritirata da F.I. e da UDC «lasciare Farina e D’Elia soli con le loro coscienze» ha affermato il capogruppo di F.I. Elio Vito. Perché? Non certo perché la Lega si astenne.

La mozione è stata ritirata per una vera e propria rivolta che i presentatori hanno dovuto registrare innanzitutto da parte di decine di parlamentari garantisti seri - e non a giorni alterni o a senso unico - dei propri gruppi politici. Quanto alla mia coscienza, essa è a posto e limpida. Non so se Elio Vito si sente a posto con la sua, conoscendo la mia storia più di ogni altro, presente come era, plaudente, quel giorno del febbraio dell’87 quando, in un Congresso del Partito radicale, consegnai me stesso e la mia organizzazione violenta, Prima Linea, al partito del diritto e della nonviolenza, di cui anche lui faceva parte.

Non crede che sia più rischioso quando un deputato, indagato per gravi reati, si presenta candidato oppure, ancora più inquietante, non si dimette da un incarico istituzionale?

Che nei partiti che mi hanno attaccato ci siano personaggi indagati, rinviati a giudizio, condannati e prescritti di reati comuni compiuti per tornaconto personale, è un dato di fatto. Non ne farò mai argomento di polemica politica e delegittimazione personale. Polemica, speculazione politica e delegittimazione personale che alcuni autorevoli rappresentanti degli stessi partiti hanno invece deciso di fare contro di me. Io ho espiato con dodici anni di galera le colpe di trenta anni fa; sono stato eletto in parlamento dopo venticinque anni di lotta, anche contro la violenza e il terrorismo, oltre che contro la pena di morte e per l’affermazione nel mondo un po’ più di libertà, di giustizia, di democrazia, di rispetto di diritti fondamentali. Ne vogliamo discutere? Vogliamo fare dei confronti?

L’IdV ha presentato un progetto di legge che inibisce le candidature a pregiudicati di gravi reati con sentenze passate in giudicato ed anche ad indagati sino a sentenza di assoluzione. E’ d’accordo?

L’Italia dei Valori consulti i testi fondamentali del diritto dello Stato italiano e del diritto internazionale, prima di avanzare certe proposte di legge. E abbandoni la demagogia, il moralismo e il giustizialismo come metodo e argomento di lotta politica.

Lo scandalo su di lei è scoppiato solo due mesi dopo la sua elezione a deputato, praticamente dopo l’elezione a segretario d’ aula. Scoppio ritardato o che altro?

Io ero stato già candidato alle elezioni del 2001. Che io fossi candidato a queste ultime elezioni era noto a tutti, e in una posizione di sicura elezione. Oltre che in Lombardia 2, ero candidato anche in Campania 1, cioè a Napoli, città in cui vive e, se non sbaglio, è stato eletto anche Elio Vito, il quale non può dire quindi che non sapeva. Chi, dopo la mia elezione, ha deciso di fare una campagna di delegittimazione contro di me, gridando allo scandalo di una mia lezione a segretario d’Aula che è la diretta possibile conseguenza della elezione a deputato, spieghi ai suoi elettori perché non ha detto o fatto nulla nel momento decisivo, quello della competizione elettorale. Mi hanno attaccato per colpire Marco Pannella, i radicali, i socialisti e la Rosa nel Pugno perché sono risultati decisivi nella vittoria di Prodi e dell’Unione e la sconfitta di Berlusconi e della Casa della Libertà.

“Nessuno tocchi Caino”, è stato un mezzo, un itinerario o un approdo per la sua intima riabilitazione?

La fondazione e l’impegno in Nessuno tocchi Caino è solo un esempio di un percorso di riabilitazione vera. Negli ultimi venti anni ho militato giorno e notte nel Partito radicale di cui l’associazione contro la pena di morte è una delle tante espressioni. Ho vissuto la militanza radicale come ho potuto e saputo fare, e non sono pochi quelli che hanno stimato anche questo più “recente” periodo della mia vita come un tentativo concreto e socialmente utile, non solo di riparare agli errori commessi, ma anche per impedire che altri commettessero i miei stessi errori e che tragedie come quella del terrorismo potessero ancora accadere in Italia e nel mondo.

«Io posso esprimere la massima distanza da quello che ero nella misura in cui faccio qualcosa per uomini che vivono condizioni di libertà negata il più distante da me». Che significa, non vuole che qualcuno pensi a lei come a Cicero pro domo sua?

In questi anni, nei comportamenti e con l’impegno politico quotidiano e ininterrotto su diversi fronti, ho cercato di operare a difesa di valori di popoli, di persone e per obiettivi nei quali tutti credono, non solo io, non solo per salvare me stesso. La mia salvezza, se vi sarà mai, potrà essere l’effetto non la ragione della mia condotta.

«Ci dispiace tremendamente di aver fatto la lotta armata ma, se questo è possibile, ci dispiace ancor di più di non aver fatto sin da subito la democrazia» (29 ott. / 2 nov. 1986), ha messo in conto che, proprio attraverso un processo democratico, qualcuno potrebbe riscrivere e ridefinire le leggi compreso il concetto di riabilitazione?

Il concetto di riabilitazione è fondato sul principio costituzionale della pena finalizzata al reinserimento sociale. Il reinserimento è vero e pieno se la persona che ha espiato la sua pena partecipa alla vita civile del suo paese. E’ una garanzia non solo per l’ex detenuto che, una volta pagato il debito con la società, non debba essere costretto alla clandestinità dei rapporti sociali, a nascondersi sul posto di lavoro o a vergognarsi di essere stato in galera. E’ una garanzia per la società stessa e la sua sicurezza se il ritorno nella comunità, di chi la comunità ha offeso, avviene senza pregiudizi e con diritti pieni di cittadinanza, di partecipazione attiva alla vita democratica.

E’ stato votato il 18 luglio scorso, alla Camera, lo stralcio del provvedimento dell’indulto da quello dell’amnistia. Di Pietro ha minacciato addirittura la crisi di governo. Che cosa ne pensa dei due istituti?

Sia l’amnistia sia l’indulto non sono (solo) atti di clemenza, ma atti di buon governo volti a ripristinare la legalità nei tribunali e nelle carceri. L’amnistia serve ai magistrati, perché essi possano, liberati dai processi per reati meno gravi, impegnarsi a concludere quelli più gravi. Non dimentichiamo infatti che sono quasi dieci milioni i processi pendenti che stanno soffocando e impedendo l’amministrazione della giustizia. L’indulto, alleggerendo di quindicimila detenuti le carceri, ha riportato le stesse in condizioni non solo più umane, ma anche luoghi nei quali la legge possa essere applicata secondo i dettami costituzionali: far uscire persone almeno un po’ diverse e meno pericolose di quelle che erano quando furono recluse.

Salvatore Viglia

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