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   The tree of life

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  •  Calvero
      Calvero
The tree of life
#1
Sono certo di non sapere
Iscritto il: 4/6/2007
Da Fleed / Umon
Messaggi: 13165
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Non è il tempo, siamo noi che passiamo

... con queste parole rubate ai pensieri di De André, potremo vivificare e rendere onore al senso di quest'opera. Potremo realmente parlare di Vita, potremmo essere gli occhi di Dio attraverso il sentimento della Natura. La macchina del tempo, se mai esistesse e potesse essere elaborata attraverso una magia, è qui ora, a voi - la magia...



Mi sono chiesto se parlando di questo film si potesse parlare di -Capolavoro - e non ho una risposta precisa, poiché sulla base della potenza che il film sa imprimere via via verso il finale, un messaggio, un "perché" forse, un sogno di rivalsa dell'autore, traccia e imprime un'ambiguità di fondo e forse necessita una ruminazione più adeguata (*) . Credo che Malick abbia plasmato nelle sue mani qualcosa di grande, più grande della sua capacità di concludere magistralmente il monumento. Può darsi. Ma ecco però che ritorna la magia e forse inconsapevolmente per Malick stesso, poiché sono queste imperfezioni e questa impossibilità di concludere, ad aver creato una suggestione particolare che trascende e si rivela a tutti gli effetti come - la sostanza, come nucleo che si espanderà "insieme" negli e con gli spettatori; Malick ha qui il merito (la virtù probabilmente) di saper rivelare il fenomeno della suggestione NON come scorciatoia per "avvelenare/ammaliare", ma come elemento che annulla l'EGO dell'osservatore; annichilire "l'Homo Sapiens" in noi, e attivare o risvegliare "occhi e orecchie" nuovi.

(*)Nota, ho lasciato passare due giorni prima di scrivere questo Topic, ma credo che a una successiva seconda visione, non so quando, si potrà stringere meglio - tra i pensieri - questa danza filmica

E qualcosa continua a fuggire dalle dita del regista, è lì, l'autore non la raggiunge completamente ma la sente (noi la inseguiamo insieme a lui) e NON la cattura, non ce la fa; però sì, la tocca - però, è come quel tintinnio che si ottiene con un colpetto con l'unghia delle nostre dita su di un bicchiere di cristallo: quel suono, quella musica, si diffonde e ci dice quanto puro doveva essere quel bicchiere e, a dimostrarcelo, un attimo velocissimo, brevissimo, fuggente, ma si espande;

... come la Vita: la nota tintinnata in un ricordo, brevissimo nel trovarlo, si espande, in un eterno gioco di memoria tra noi e il destino dei limiti umani, sì di quegli umani sapiens, nella loro "piccola" struggente esigenza di volersi identificare per poi scoprire che solo perdendosi possono liberarsi del tempo inteso come spazio d'azione, e quindi in realtà [sorprendentemente], allora, possederlo - sì inteso come distacco da noi medesimi; come forza che ci attraversa e non si ferma in noi, ma comunica con la Vita intera. Tree of life.

Da questi spunti nasce il montaggio "Malickiano" che vuole un ordine immaginifico, visionario, ma SENZA quella valenza onirica/surreale Felliniana; SENZA la struggente e romantica rivalsa sulla Vita che imprime (fantastica/GENIALE in Underground) Emir Kusturica, poiché lì, il cordone ombelicale col Tempo non è reciso, ma lo si vuole identificare, circoscrivere, salvare. Con Malick, invece, l'uomo si perde e diviene, anche lui, un filo d'erba, una cascata, diviene - acqua, torrente. SI rigenera. Sempre. Il montaggio si muove e si auto-conduce nel suo gioco, come se un Demiurgo impertinente ci mettesse a parte dei suoi segreti...



Brahms, Mahler, Mozart, Bach (detto niente) finalmente al loro posto!! in uno spettacolo così inteso: il nostro udito, il sentire, e non più colonna sonora, ma elemento che trapassa e perfora l'esistenza di una famiglia degli anni "50, sì col loro candore ma anche pregni di un bigottismo verso la disfatta. Trapassa gli uomini quella musica, trapassa la loro ambizione; una famiglia che è un elemento di riflesso, di risonanza, che ci conduce così allo specchio e, in essi, ci osserviamo. La musica come elemento (finalmente Dio Santo!) - FUORI dal canoni in cui la si vuole carcerata a spiegare le sequenze quanto ad accompagnarle stupidamente per gli spettatori. MA NON QUI - qui è fuori dalle vicende dei protagonisti - se pur li tocca, lontana dalle loro esigenze, eppur li stordisce, li cerca, li vede INSIEME a noi nei loro travagli e nelle loro conquiste: come una parola di Dio che ogni tanto a mo' di fantasma nell'aria, brucia l'anima e la trasporta, come un angelo custode senza patria; spinge e fugge e VIVE la Vita o meglio, ci dice che è parte simbolica di essa...

... la vive, non la racconta. In - The tree of life - vibriamo insieme ai SUONI e si ritorna al cosmo, come vuole l'universo, come suonano l'alchimia delle sfere...

... se intorno al 500 AC fosse esistito il Cinema, Pitagora avrebbe scritto e diretto The tree of life. Otteniamo ancha una chiave mistica e un concetto che non è affatto lontano proprio da quest'opera. Se la metempsicosi è cosa vera, Malick è la re-incarnazione di Pitagora. Avrei letto volentieri un saggio di Edouard Schuré in proposito, su quest'opera. Lo avrei ben visto aggiungere ai "suoi" - Iniziati - anche il nome di Terrence.

In quest'opera si allineano i tasselli di un percorso innovativo. Percepisco in Malick una liturgia del dolore/frustrazione legato all'ineluttabile senso dalla mancanza di certezze. In un certo senso, come in - Guida galattica per autostoppisti - ... "la domanda e la risposta" sulla Vita, entrano in un parallelo pericoloso se non gestito con forza e libertà.

Ma, a pelle (e non credo sia una parola brutta ora, anzi - in questo contesto si trasfigura in qualcosa di nobilmente intellettuale) si possono toccare con suggestione così furente le epoche e le ERE del Pianeta, così lontane e, allo stesso modo, respirarle in un rispetto reverenziale, quasi un documentario: finalmente la Creazione, la Genesi, si abbracciano nei nostri cuori prima che nelle deduzioni; possiamo essere presi da un sentimento religioso senza che lo stesso sia infangato dalle morali dei culti.



Si parlava prima della "suggestione" e, in questo senso, vari aspetti della emotività visiva che trasmetteva Kubrick ad esempio, sono presenti in quest'opera. Su tutti: 2001 Space Odissey e, in vari concetti, io credo, anche per Arancia Meccanica. L'azzardo qui, di Malick, è certo degno di questo nome.

Space Odissey, per cercare di fare un parallelo utile alla critica, aveva, se pur in un senso nobile, una filosofia Criptica congegnata ad arte; una sorta di libero arbitrio concesso allo spettatore con cui lui potesse decidere quale "rivelazione" potesse investirlo, trasportarlo.

The Tree of life ha una severità maggiore, se vogliamo essere negativi, anche una certa "snobberia"; una volontà tesa a rappresentare l'oggettività o meglio, a volerla raggiungere - attraverso il comune disagio/illusione della soggettività umana: così del suo spirito, così della sua spiritualità; così di una divinità invisibile, così di una energia panteistica che ci richiama ed esplode superbamente nelle scintille di un creato sempre in movimento; un creato A-morale che non significa sia esente dall'amore che TUTTO attraversa: così la preistoria, così gli anni "50 ... così le ARCHITETTURE e le inquadrature delle stesse di un mondo futuro che vuole (e vorrà) toccare il "Cielo"... (vanità o amore?)

Malich, sorprendendo molto, questa volta pone il suo (e il nostro) occhio sul valore dell'opera umana e anche moderna, intesa però in quella concezione di rispetto e timore; di audacia e vertigine; di geometrie sacre e meno sacre; di quella indomita e coraggiosa volontà che vuole farci toccare Dio .. o spingerci a volerlo "ricalcare"..

... e, nello stesso momento, attraverso una contemplazione mistica che esige quel Dio, lo chiama: urge la sua Identificazione ufficiale (che mai avverrà) o forse la sua morte, intesa come rinascita in noi: nell'umiltà di farci tornare al nostro "posto" e afferrare l'accettazione di "sapersi vivere"; sapere, appunto, che NOI passiamo, sì siamo noi a passare.

TRE paralleli si intersecano in questa pellicola. Ma - se paralleli, come farebbero a intersecarsi?? .. ecco! .. spero che con questa sorta di affermazione/domanda vicina all'ossimoro, sia riuscito a dare un senso a cosa significhi - la "suggestione", il "tempo" e i "protagonisti"- in quest'opera.

Se una buona fetta del cinema Giapponese/orientale ha, per diversi aspetti, una visione estetica dell'esperienza umana, un trasporto simbolico/culturale inscindibile moralmente dalle tradizioni, dall'onore ...

... in una sorta di controluce, il Cinema di Malich invece (non solo quest'ultimo, ma anche - La sottile linea rossa - & - The new World - ) ha una visione Animica del rapporto uomo/natura e uomo/Dio e uomo/mondo.

IL viaggio nella Vita comunque può estendersi nella sua immensità proprio nel momento che l'Amore ci fa toccare l'indefinibile potenza della nascita .... nella sua piccola manifestazione.



William Blake

«Auguries of Innocence -

To see a World in a grain of sand,
And a Heaven in a wild flower,
Hold Infinity in the palm of your hand,
And Eternity in an hour.
»
________

Gli auguri dell’Innocenza -

Vedere un Mondo in un granello di sabbia,
E un Cielo in un fiore selvatico,
Tenere l’Infinito nel cavo della mano
E l’Eternità in un’ora.

---==)*(==---

La vita è un momento nello spazio cantava Barbra Streisand, nel suo Woman in Love: - e io gli dò non una, ma mille ragioni.

E attenzione: - non perché i personaggi principali svolgano un ruolo da "collante" alla visione mistica e universale dell'esistenza, significa che gli stessi siano solo una con-causa per il copione. I personaggi si muovono con umanità raccontata veridicamente e spiegano come l'infanzia si concede e/o nello stesso tempo ci violenta. Una famiglia rigida, padre/padrone, che si agita nei flash-back di Sean Penn (quello che era bimbo e figlio di Brad Pitt negli anni "50), mortificato, con il trauma di una perdita non accettata, ricorda quel "mondo GIGANTE" ad occhi bambini e ci trasporta anche (forse) nelle nostre memorie. Precisamente in connessione con lo sguardo che l'autore vuole rivelare e trovare in questa Matrioska che cerca la connessione tra l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande, tra l'evoluzione della Vita e l'evoluzione dello spirito, con la natura. Per Malick, nella vita non ci sono spettatori.

La struggente capacità con un interpretazione magistrale del ragazzino, nel saperci ricordare la relatività di cosa sarebbe importante, di cosa sia un abbraccio paterno, di cosa sia un Padre che in tutta la sua rudezza e nell'odio che gli si può mostrare, è sempre il nostro grande eroe e, se fallisce ai nostri occhi... allora anche i bambini perdono la scintilla..

- padre, madre: voi combattete in me -

.. questa la struggente FORZA (con voce in fuori campo) di una innocenza andata, e insieme di una lucidità che si crede i bambini non abbiano. Questa una scintilla che si riconduce alla capacità di guardare al di là dei tempi, così da trasferirsi nella visione più concreta e solida della nostra esistenza: il nostro spirito, la volontà di perdersi, la nostra innocenza.
_________________
Misti mi morr Z - 283 - Una volta creato il manicomio, la ragione l'ha sempre il direttore; che l'abbia o meno
Inviato il: 10/7/2011 4:13
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Oggetto: Autore Data
     Re: The tree of life dr_julius 10/7/2011 8:15
     Re: The tree of life THULE 10/7/2011 8:22
       Re: The tree of life Calvero 11/7/2011 0:55
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