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  In difesa dell'euro

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In difesa dell'euro
#1
Sono certo di non sapere
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Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 3/12/2013 23:22
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Re: In difesa dell'euro
#2
Sono certo di non sapere
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Questo video era già stato proposto e commentato qui: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4331
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Quando dici le cose come stanno, stai sulle palle a tanta gente
Inviato il: 4/12/2013 2:51
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Re: In difesa dell'euro
#3
Sono certo di non sapere
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Si lo so avevo controllato con il il tasto cerca nel sito per evitare di aprire un nuovo Thread fotocopia ma volevo aprire anche una sezione nei forum per fare spazio ad una nuova sessione di discussioni in vista delle novità politiche in arrivo.

Mi riferisco alle tanto attese riforme che rilanceranno l'Italia, prima fra tutte le privatizzazioni e il taglio della spesa pubblica, anche la già varata "legge sulla terra dei fuochi" e quella in arrivo sul taglio del numero dei parlamentari e il taglio delle province.


Anche perché De Soto aveva anticipato che persone come Grillo e Berlusconi o Le Pen sarebbero finite per schierarsi insieme come conseguenza delle loro politiche che cercano voti nella spesa pubblica e nei populismi

In più volevo uno spazio in cui mettere le vostre e le mie proposte per la riduzione del debito pubblico.
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Inviato il: 4/12/2013 8:48
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Re: In difesa dell'euro
#4
Sono certo di non sapere
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Huerta de Soto: come azzerare il debito pubblico – Parte I.


Prendo spunto da un recente editoriale di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera per illustrare una particolare proposta per la riduzione del debito pubblico: quella avanzata dal Prof. Huerta de Soto. L’articolo di Alesina e Giavazzi, trattandosi della solita solfa statalista, non meriterebbe nemmeno la porzione di foglio di carta su cui viene letto: la ragione per cui prendo spunto da quell’articolo è che rappresenta perfettamente il non-pensiero di quella parte di statalisti che si ritengono o addirittura vengono ritenuti “liberali” in virtù del fatto che sono a favore delle “privatizzazioni”. La proposta di Huerta de Soto non è immune da possibili critiche, ma aiuta a capire cosa significa pensare in modo economico al di fuori dei paletti intellettuali imposti dal potere politico (in altre parole, cosa significa non essere megafoni del regime); cosa significa ragionare sulle cause strutturali dei problemi e non sui loro effetti; e infine cosa significa, in questo deserto intellettuale delle cosiddette élites, avere idee. Per questo, oltre che per il fatto che nell’insieme la ritengo una buona proposta (anche se migliorabile), penso che possa essere utile ricordarla e discuterla.

[...]
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Inviato il: 4/12/2013 8:52
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Re: In difesa dell'euro
#5
Sono certo di non sapere
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Qui riposto le mie soluzioni soluzioni per ridurre il debito e uscire dalla crisi:


-tagli tutte le pensioni pagate dallo stato sopra i 2900€ netti a mese

-tagli tutti gli stipendi pubblici sopra i 2400€ netti al mese (dirigenti e non compresi i militari e lasci un bonus per i militari che sono in missioni all'estero ad alto rischio)

-tagli le provincie

-privatizzi tutte le aziende pubbliche non strategiche

-Vendita il patrimonio pubblico inutilizzato

-standardizzazione dei costi di cancelleria della pubblica amministrazione

-taglio delle spese di camera e senato

-Vendita, dismissione o affitto degli edifici storici.

Questo per iniziare...
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Inviato il: 4/12/2013 8:57
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Re: In difesa dell'euro
#6
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I complotti non esistono, ... tranne quando ci sono
Inviato il: 4/12/2013 11:04
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      ivan
Re: In difesa dell'euro
#7
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You don't need to take drugs to hallucinate: improper language can fill your world with phantoms and spooks of many kinds R. A. Wilson

La verità raramente è pura e non è mai semplice
Inviato il: 4/12/2013 15:27
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Re: In difesa dell'euro
#8
Sono certo di non sapere
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Ringrazio ilporticodipinto per il doppiaggio.
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Inviato il: 4/12/2013 20:17
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Re: In difesa dell'euro
#9
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Oggi è il gran giorno della Bce. Porterà sotto zero i tassi sui depositi o lancerà la terza via per la ripresa chiamata "Fls"? Ecco di cosa si tratta

[...]Piuttosto, tra gli esperti c'è chi propone una soluzione alternativa, una terza via. Seguendo questa nuova strada la Bce non dovrebbe far altro che emulare il programma seguito dalla Bank of England dal luglio del 2012 conosciuto con l'acronimo Fls che sta per Funding for landing scheme. Di cosa si tratta? È un finanziamento agevolato che la Bank of England ha erogato alle banche britanniche e alle società immobiliari (building societies) . La quantità del prestito è direttamente correlata ai prestiti che queste erogano a famiglie e imprese (economia reale). Sono, per dirla all'inglese e come riportato sul sito della Bank of England «linked to their lending performance».

In questo modo non c'è scampo. I soldi della banca centrale fuoriescono dal mondo della finanza per entrare in quello dell'economia reale, senza alcun rischio di contribuire a un processo di deindustrializzazione. I rischi? Dosi eccessive possono portare a una bolla del settore immobiliare. Ma questo dipende dall'abilità in politica monetaria della banca centrale di turno nel dosare i prestiti. Al momento i risultati in Gran Bretagna si sono visti: il Pil nel 2013 dovrebbe crescere dell'1,5% (in controtendenza rispetto alla media dei Paesi Ue) trainato proprio dal buon andamento del mercato immobiliare. La Bce può prendere appunti.
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Inviato il: 5/12/2013 13:56
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Re: In difesa dell'euro
#10
Sono certo di non sapere
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Huerta de Soto: come azzerare il debito pubblico – Parte II.

3. Alcune critiche di carattere generale

Non credo hdsche questa proposta sia esente da critiche da una prospettiva di libero mercato (un’interessante critica in questo senso è stata fatta per esempio da Phillip Bagus nell’articolo citato alla nota 8) ma, essendo una proposta strategica attuabile che si concentra su alcune delle cause del problema e non sui suoi effetti, credo che possa essere un buon punto per iniziare una discussione seria (e non ristretta a pochi isolati circoli accademici) su come ridurre il debito pubblico che si contrapponga al solito pensiero unico statalista.

Esprimo qui una perplessità e una critica. La perplessità riguarda l’approccio gradualistico: come dicevo questa proposta è solo una parte di una proposta in cinque fasi che porta all’abolizione delle banche centrali, le quali però, tanto per fare un esempio, in questa fase sono necessarie per stampare le banconote che servono a coprire i depositi non convertiti in azioni dei fondi comuni. Se da un lato è vero che l’approccio gradualistico ha i suoi pregi (se una gamba sana è stata immobilizzata a lungo con un’ingessatura, togliere improvvisamente l’ingessatura senza offrire un temporaneo sostegno e una riabilitazione fisioterapeutica può non essere l’ideale), dall’altro ha anche i suoi difetti sia sul piano morale (sarebbe giusto auspicare gradualismo nell’abolizione della schiavitù?) che su quello strategico: nelle parole di William Lloyd Garrison, “gradualism in theory is perpetuity in practice”.[10] In altre parole, un limite di questa proposta, per chi difende il libero mercato, è quello di essere parecchio interventista e, condividendo la logica dell’interventismo (anche se finalizzato a eliminare l’interventismo stesso), il rischio è che ci rimanga imbrigliata dentro. Forse potrebbe essere meglio iniziare dalla fine e, come sostiene Ron Paul, abolire la banca centrale (“end the Fed”), oltre che il corso forzoso e la riserva frazionaria, immediatamente: dopo un momento di instabilità il mercato lasciato a se stesso ritroverebbe, come sempre, la migliore soluzione (e non tralasciamo il fatto che, attraverso le crypto-currencies come Bitcoin, in realtà ne ha già trovata una geniale per la situazione attuale).

La critica è quella di insufficienza: de Soto stesso riconosce che la manipolazione monetaria e del credito è il prodotto del positivismo giuridico (cioè della “legge” intesa come provvedimento particolare). Il positivismo giuridico implica:

- assenza di separazione di poteri, cioè fra potere politico (il potere di approvare misure particolari) e potere legislativo (quello di difendere regole generali di comportamento individuale: come quelle secondo cui l’appropriazione indebita e la contraffazione sono azioni illegittime) e


- non sottomissione del primo potere al secondo o, più comunemente, eliminazione del secondo: in altre parole, il positivismo giuridico implica necessariamente l’illimitatezza del potere politico.

Perché sia efficace e sostenibile, la proposta di de Soto a mio avviso dovrebbe essere completata con il riferimento a una proposta strategica parallela per la limitazione del potere politico. Altrimenti, ammesso che la proposta di de Soto fosse realizzata, cosa impedirebbe di tornare immediatamente al punto di partenza se non peggio?

4. Proposte di limitazione del potere politico

Hayek ha suggerito una proposta di limitazione del potere politico di tipo istituzionale. [11] Questa proposta ha alcuni vantaggi: primo fra tutti è la possibilità di privare del diritto di voto per l’assemblea che detiene il potere politico (non per quella che detiene il potere legislativo) coloro che ricevano o abbiano ricevuto in qualsiasi forma denaro “pubblico”. In questo modo si risolverebbe il conflitto d’interessi degli elettori che sta alla base di quel sistema di voto di scambio oggi chiamato “democrazia”. A fronte di questi vantaggi, tuttavia, la proposta di Hayek ha lo svantaggio di essere irrealizzabile in quanto non dispone della necessaria struttura di incentivi. Personalmente ho avanzato un’altra proposta [12], di tipo non-istituzionale, intesa non come alternativa alla proposta di Hayek ma come passo intermedio per arrivarci. La mia proposta ha lo svantaggio di non risolvere il conflitto d’interessi degli elettori e quello di essere anch’essa gradualistica. In compenso ha fra i suoi vantaggi quello di essere realizzabile. Infatti, in essa la separazione dei poteri non è il risultato della buona volontà e della lungimiranza di politici illuminati e di un innalzamento culturale da parte degli elettori (se lo fosse, sarebbe utopistica). Al contrario, è il risultato di una struttura di incentivi. Come Bitcoin, che non rimpiazza il ‘denaro’ fiat ma, senza chiedere il permesso a nessuno, lo affianca, così la mia proposta non prevede una sostituzione “dall’alto” della “legge” con la Legge, ma, senza chiedere il permesso a nessuno, affianca quest’ultima alla prima. Come Bitcoin, che è un esperimento privato che, se avrà successo, gradualmente distruggerà il ‘denaro’ fiat imposto dallo stato, così la mia proposta sarebbe un esperimento privato (funzione legislativa, cioè di scoperta e difesa della Legge, affidata a privati) che, se avesse successo, potrebbe aiutare a smantellare gradualmente e pacificamente la “legge” imposta dal potere politico illimitato e quindi a restaurare la libertà e la sovranità della Legge. Su un piano strategico, credo che la teoria politica abbia molto da imparare da Bitcoin. Dopotutto, il denaro non-fiat e la Legge hanno molto in comune: sono entrambi ordini spontanei e sono entrambi limiti non arbitrari al potere politico.

Conclusioni

All’interno di una proposta più ampia che ha l’obiettivo di eliminare la manipolazione monetaria e del credito in generale, Huerta de Soto risolve il problema del debito pubblico e quello della riserva frazionaria usando la mano pesante sulle banche. Agli statalisti questa può sembrare una forma di espropriazione analoga a quella che i comunisti rivendicano sui “ricchi”. Naturalmente è l’opposto: a meno che non sia dimostrato che sono dei criminali, i “ricchi” non sono diventati “ricchi” violando la Legge, le banche invece hanno prosperato violandola.

A mio parere, un approccio non gradualistico sarebbe migliore, sia sotto l’aspetto morale che sotto quello strategico. Tuttavia, nei limiti in cui questo non fosse possibile (o finché non sarà possibile) la proposta di de Soto la considero una buona proposta. Tuttavia, perché sia efficace, deve essere unita a una strategia di limitazione del potere politico oggi illimitato.

Denaro e Legge, entrambi due ordini spontanei, sono due facce della stessa medaglia: se si vuole passare dal “denaro” fiat al Denaro questo non può essere fatto senza passare dalla “legge” fiat alla Legge, cioè dalla sovranità dei legislatori alla sovranità della Legge, qualunque sia il modo in cui si voglia tentare di farlo.

Vai alla Prima parte.

NOTE
[10] Citato in Rothbard M. N., 2002 [1982], The Ethics of Liberty (New York University Press, New York and London), p. 260.
[11] Hayek F. A., 1982 [2003] , Law, Legislation and Liberty (Routledge, London & New York), Vol. 3, Cap. 17.
[12] Che in modo semplificato e estremamente sintetico illustro qui (Link) e in modo più esteso qui (link).
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Inviato il: 5/12/2013 15:02
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Re: In difesa dell'euro
#11
Sono certo di non sapere
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Ecco una notizia importante che potrebbe traghettare l'Italia fuori dalla crisi economica.

Se l'Italia nazionalizzasse questi giacimenti di terre rare ne verrebbero fuori centinaia di miliardi di euro, che potrebbero essere usati per rinnovare le infrastrutture industriali ed energetiche e per creare nuove industrie legate al hi-tech un settore in continua crescita.

In oltre si creerebbero nuovi posti di lavoro, sarebbe uno spreco non utilizzare risorse che ci vedono come il primo possessore di bacini in Europa e il secondo nel mondo.

Volevate qualcosa che spingesse il PIL ebbene eccolo!


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In Italia due dei più grandi giacimenti di terre rare

Preziosa risorsa mondiale fondamentale ma non sfruttata.

In Italia sono presenti alcuni dei più grandi bacini al mondo di Antimonio e Titanio, due elementi rari e fondamentali per l'industria tecnologica come quella che produce smartphone e pannelli solari, ma non vengono sfruttati.
È quanto è emerso nella prima giornata universitaria dedicata alle materie prime, organizzatadalla Commissione Europea presso l'università Sapienza di Roma. L'obiettivo è rafforzare la competitività e l'occupazione sfruttando l'enorme potenziale del settore.

"Abbiamo una cassaforte piena di ricchezza sepolta nel terreno e non la tiriamo fuori", ha detto Andrea Ketoff, direttore generale di Assomineraria. Si tratta dei più grandi bacini europei e i secondi a livello mondiale di Antimonio e Titanio - due delle cosiddette terre rare ossia elementi chiave in ambito tecnologico - che non vengono estratti ma anzi importati dall'estero.

"Nel 2011 abbiamo pubblicato una lista delle materie da cui dipendiamo per tutte le tecnologie, e alcune di queste le importiamo al 100%", ha osservato Mattia Pellegrini, responsabile per le materie prime nella Commissione Europea.
Nonostante le grandi ricchezze presenti nel sottosuolo, sia a livello di esplorazione che di estrazione, l'Italia rappresenta il fanalino di coda in Europa. "L'Italia è uno dei più grandi produttori di marmo, sabbie e cemento, ma è anche ricca di idrocarburi e molti elementi preziosi che non vengono sfruttati.
Bisogna inoltre comprendere che non è possibile sostenere l'industria delle tecnologie verdi, così come tutto il mondo digitale, senza l'estrazione di questi minerali. Sono infatti insostituibili per realizzare celle fotovoltaiche o le turbine eoliche".

L'accesso alle preziose risorse di terre rare sta assumendo un valore sempre più grande: basti pensare ai contenziosi tra Cina e Giappone sulla contesa di alcune piccole isole la cui ricchezza sono proprio alcuni giacimenti di elementi rari. L'economia hi-tech, come gli smartphone, i computer, le tecnologie a schermo piatto o le macchine ibride o elettriche, non potrebbero essere realizzati senza determinate materie prime e si stima che almeno trenta milioni di posti di lavoro nell'Ue dipendano dall'accesso alle materie prime.
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Inviato il: 6/12/2013 20:42
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Re: In difesa dell'euro
#12
Dubito ormai di tutto
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Citazione:

perspicace ha scritto:
Ecco una notizia importante che potrebbe traghettare l'Italia fuori dalla crisi economica.

Se l'Italia nazionalizzasse questi giacimenti di terre rare ne verrebbero fuori centinaia di miliardi di euro
Speriamo non venga costretta a cederli sotto eventuali ricatti da parte di chi le presta i soldi.
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« Da oggi latini e romani sono lo stesso popolo » (Costantino Paleologo, I453)
Inviato il: 6/12/2013 21:00
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Re: In difesa dell'euro
#13
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Vero, risorse così vanno tenute lontano da restituzione del debito, taglio di tasse come l'imu su Milano2 e reddito di cittadinanza.

Ma dovrebbero essere usati come bacino per investimenti in Italia, quali università, infrastrutture e nuove aziende come quelle del fotovoltaico e hi-tech (fotovoltaico che ci farebbe risparmiare altri bei soldi non dovendo poi comprare dall'estero l'energia), nonché per quei famosi 40 miliardi necessari per il dissesto idrogeologico.

C'è l'opportunità di farci uscire milioni di posti di lavoro fra i bacini stessi con l'impianto estrattivo e la lavorazione oltre che con l'indotto che si andrebbe a creare nella realizzazione delle nuove aziende e nell'esportazione sia dei prodotti che delle materie prime.
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Inviato il: 6/12/2013 21:29
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Re: In difesa dell'euro
#14
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In Italia due dei più grandi giacimenti di terre rare

ROMA - In Italia sono presenti alcuni dei più grandi bacini al mondo di Antimonio e Titanio, due elementi rari e fondamentali per l'industria tecnologica come smartphone e pannelli solari, ma non vengono sfruttati. È uno dei temi emersi in occasione della prima giornata universitaria dedicata alle materie prime all'Università Sapienza di Roma a cui è intervenuto, tra gli altri, il vicepresidente della Commissione Ue responsabile per l'industria Antonio Tajani. Un ciclo di incontri promossi dall'esecutivo comunitario che punta a rafforzare la competitività e l'occupazione sfruttando l'enorme potenziale del settore.

"Abbiamo una cassaforte piena di ricchezza sepolta nel terreno e non la tiriamo fuori" ha spiegato Andrea Ketoff, direttore generale di Assomineraria. Si tratta dei più grandi bacini europei, e i secondi a livello mondiale di Antimonio e Titanio - due delle cosiddette terre rare ossia elementi chiave in ambito tecnologico - che non vengono estratti ma anzi importati dall'estero. "Nel 2011 abbiamo pubblicato - ha spiegato Mattia Pellegrini, responsabile per le materie prime nella Commissione europea - una lista delle materie da cui dipendiamo per tutte le tecnologie, e alcune di queste le importiamo al 100%".

Nonostante le grandi ricchezze presenti nel sottosuolo, sia a livello di esplorazione che di estrazione l'Italia rappresenta il fanalino di coda in Europa. "L'Italia è uno dei più grandi produttori di marmo, sabbie e cemento ma è anche ricca di idrocarburi e molti elementi preziosi che non vengono sfruttati.

Bisogna inoltre comprendere che non è possibile sostenere l'industria delle tecnologie verdi, così come tutto il mondo digitale, senza l'estrazione di questi minerali. Sono infatti insostituibili per realizzare celle fotovoltaiche o le turbine eoliche".

L'accesso alle preziose risorse di terre rare sta assumendo un valore sempre più grande, basti pensare ai contenziosi tra Cina e Giappone sulla contesa di alcune piccole isole la cui ricchezza sono proprio alcuni giacimenti di elementi rari.


L'economia hi-tech, come gli smartphone, i computer, le tecnologie a schermo piatto o le macchine ibride o elettriche, non potrebbero essere realizzati senza determinate materie prime e si stima che almeno trenta milioni di posti di lavoro nell'Ue dipendano dall'accesso alle materie prime.
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Inviato il: 10/12/2013 14:23
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Re: In difesa dell'euro
#15
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Il colpo di grazia di Hutt a Keynes

Non sempre la genialità di una persona è qualcosa che viene ostentata. Vale soprattutto per William H. Hutt. Non c'era nulla di lui che potesse attirare l'attenzione. Nacque a Londra da genitori della classe operaia, si laureò in economia presso la London School of Economics nel 1924 , lavorò per una casa editrice di Londra ed emigrò in Sud Africa, dove teneva in segreto conferenze sull'economia, prima di andare in pensione e trasferirsi negli Stati Uniti nel 1965. Era gracile di corporatura e modesto nei modi, mai prepotente, sempre felice di vedere il trionfo altrui. Si definiva un economista classico, non apparteneva a nessun gruppo o movimento contemporaneo — molto facile da trascurarlo quindi, ma sarebbe stato un errore.

La mente di Hutt era fatta apposta per la logica. Poteva osservare le mille sfaccettature di un problema, disegnare ogni distinzione e sfumatura, poi penetrarvi fino in fondo. Nessun errore era al sicuro quando c'era lui e non batteva ciglio quando doveva dire la verità nuda e cruda.

La storia dell'economia moderna è piena di fallacie, a cominciare dai mercantilisti, continuando con Karl Marx, fino a John Maynard Keynes. Queste false idee hanno impoverito miliardi di persone e causato un'infinità di inutili sofferenze. Quando Keynes nel 1936 pubblicò la sua opera, The General Theory of Employment, Interest, and Money, un minestrone di fallacie supportate da confusione, definizioni mutevoli ed altri trucchi retorici, molti economisti la criticarono privatamente ma pochissimi lo fecero pubblicamente. Perché? Perché Keynes era un tipo intimidatorio, il miglior economista noto al mondo ed un polemista, nonché direttore dell'Economic Journal, un luogo di raccoglimento fondamentale per gli economisti di lingua inglese.

Nella prefazione a The Theory of Idle Resources, completato un anno dopo che apparve la General Theory di Keynes e pubblicato due anni dopo, nel 1939, Hutt dice senza mezzi termini: "Sono stato saggiamente consigliato a non toccare nessuna delle grandi polemiche che ha sollevato il suo contributo [la General Theory di Keynes]."[1] Ma poi, con una logica simile ad un laser, procede a demolire alcuni dei più importanti elementi intellettuali della teoria di Keynes. Inoltre lo fa, come dice lui, "in modo non tecnico per quanto possibile" così da permettere "al lettore che ignora i libri di testo economici di seguire il mio ragionamento da punto a punto e decidere sulla sua validità."[2]

La tesi di Keynes può essere semplificata come segue: la piena occupazione dovrebbe essere il nostro obiettivo. Il mercato non ce la porterà; c'è bisogno dell'aiuto dello stato. Ciò significa, in pratica, che lo stato dovrà continuamente stampare denaro al fine di ridurre i tassi di interesse, in ultima analisi, a zero[3] e anche prendere in prestito e spendere. I boom sono buoni ed anche le bolle economiche sono accettabili. Le recessioni ed i bust devono essere evitati a tutti i costi. Come scrisse Keynes: "Il rimedio giusto per il ciclo economico non è da ricercarsi nell'abolizione dei boom e quindi rimanere permanentemente in una semi-crisi; bisogna abolire la crisi e quindi rimanere permanentemente in uno stato di quasi-boom."[4]

In una serie di libri e articoli, Hutt ne ha sottolineato l'assurdità. Non si può creare ricchezza stampando semplicemente più soldi o prendendo in prestito e spendendo fondi che non possono essere rimborsati. Inoltre, la vera fonte della disoccupazione è un qualche disturbo nel sistema prezzi/profitti. Lo stato non può curarla intervenendo in modi che distorcono e disturbano ulteriormente questo sistema.

Nel suo Theory of Idle Resources, Hutt demolisce anche la premessa iniziale del pensiero di Keynes: dovremmo desiderare una condizione permanente di piena occupazione. Non solo la piena occupazione non è definibile; non è nemmeno auspicabile. Una breve riflessione mostrerà la verità di questa affermazione. Affinché possa crescere, l'economia deve cambiare. Affinché possa cambiare, gli asset ed i lavoratori devono essere spostati da dove sono meno necessari (meno produttività) verso dove sono più necessari (più produttività). Questi cambiamenti produrranno inevitabilmente disoccupazione temporanea. Se ci non fosse mai stata disoccupazione, e quindi nessun cambiamento economico, vivremmo ancora tutti nelle caverne, e ce ne sarebbero molti meno di noi, perché caccia e raccolta supporterebbero solo una piccola frazione della popolazione attuale.

Questa intuizione non è originale di Hutt. Lo scrittore economico Henry Hazlitt, un amico di Hutt, scoprì osservazioni simili in un articolo scritto da John Stuart Mill nel 1829-30 quando aveva 24 anni, e le raccolse nel suo Essays on Some Unsettled Questions of Political Economy. Il saggio di Mill smentisce del tutto la falsa tesi di Keynes secondo cui gli economisti "classici" davano semplicemente per scontato che ci sarebbe sempre stata "piena occupazione." Ma Hutt si spinge oltre nell'esame della disoccupazione. Egli, infatti, non si limita ad esaminarla, ma analizza la disoccupazione come parte di un fenomeno più ampio concernente risorse produttive inutilizzate o inattive, compresi terreni, impianti, attrezzature e denaro, nonché lavoratori.

Il ragionamento attento di Hutt dimostra, attraverso una varietà di illustrazioni, che non possiamo raggruppare (e quantificare falsamente) tutte le complessità della scelta e dell'azione umana che avvengono all'interno di un sistema di prezzi/profitti. Ciò che appare come ozio non produttivo può effettivamente essere molto produttivo, addirittura essenziale per il buon funzionamento del sistema. Per un ingegnere altamente qualificato, ma disoccupato, è più produttivo riempire le buste della spesa ed essere pagato, o investire il tempo senza paga in cerca di un lavoro come ingegnere? Se lui o lei ha intrapreso il lavoro di imbustatore, Keynes presumibilmente ne sarebbe soddisfatto; saremmo più vicini alla piena occupazione. Ma l'economia non sarebbe produttiva, perché il suo scopo è quello di creare nuovi posti di lavoro.

Questo ci porta al concetto cruciale di Hutt sul rapporto di lavoro non ottimale, non pienamente risolto in questo libro, ma un contributo fondamentale per il pensiero economico. L'intervento del governo per stimolare l'economia e aumentare l'occupazione non solo riduce l'occupazione nel lungo periodo, ma crea un enorme quantità di "lavoro non ottimale": incapacita le persone a trovare il lavoro per cui sono più adatte.

Un semplice esempio: la bolla immobiliare statunitense che è scoppiata nel 2007-2008. Dal 2002-2008 la stampa di denaro fuori controllo della Federal Reserve ed una miriade di altre politiche e programmi governativi hanno fatto esplodere la bolla. Milioni di persone non particolarmente adatte al settore edile ci sono finite lo stesso e hanno costruito case che, alla fine, nessuno voleva. Quando la bolla è scoppiata, anche i lavoratori più capaci si sono improvvisamente ritrovati senza un lavoro nel settore edile.

Il problema di fondo è che, contrariamente a quanto dice Keynes, non vogliamo l'occupazione fine a se stessa. E' un mezzo, non un fine. Ciò che vogliamo è un'economia produttiva, e lo stimolo del governo ci dà, come disse Henry Hazlitt, "una produzione sbilanciata, una produzione mal indirizzata, una produzione di cose sbagliate ... [il tutto conduce inesorabilmente] alla disoccupazione ed alla mal-occupazione."[5]

Nel parlare di occupazione ottimale contro quella subottimale, Hutt, maestro di logica, stava disegnando una distinzione logica tra qualità e quantità. Questa è una distinzione scomoda per i macroeconomisti Keynesiani; non c'è spazio per la qualità nelle loro equazioni. Ma in economia, come nella vita in generale, la qualità è più importante della quantità.

Questo è vero soprattutto negli investimenti. Keynes disse che qualsiasi investimento è meglio di nessun investimento.[6] In effetti, in assenza del suo stato indefinibile di piena occupazione, pensava che qualsiasi spesa, se al consumo o in investimenti, era meglio che nessuna spesa. Ecco perchè il governo deve continuare a stampare soldi: la conseguente riduzione dei tassi di interesse dovrebbe incoraggiare sempre più investimenti e spese.

Ci sono molte ragioni per cui questa è una sciocchezza, ma è sufficiente ricordare che i tassi di interesse sono un prezzo. Sono "grandi prezzi" che influenzano l'intera economia. L'obiettivo principale dei prezzi in un sistema di mercato è quello di inviare segnali su quello che vogliono i consumatori e sulla relativa disponibilità o scarsità di risorse. Quando il governo interviene per ridurre i tassi di interesse, manomette questo sistema di segnalazione, cosa che a sua volta porta gli investitori a prendere decisioni che, a lungo andare, si riveleranno sbagliate, come l'euforia della bolla tecnologica negli anni '90 o quella immobiliare negli anni 2000 — decisioni sbagliate che alla fine non portano all'occupazione, ma alla disoccupazione di massa.

Il concetto di Hutt di occupazione non ottimale si applica agli asset produttivi così come alle persone. Contrariamente a quanto dice Keynes, è meglio che le risorse produttive rimangano inattive per un po' di tempo piuttosto che essere usate impropriamente. I risparmiatori non sono "accaparratori," come sosteneva Keynes, quando tengono il loro capitale al di fuori di una bolla economica. Al contrario, stanno fornendo un servizio economico immenso, assicurando che ci sarà ancora capitale da investire dopo che scoppierà la bolla. Come dice Hutt, la "disponibilità" di una risorsa, se impianti, attrezzature, lavoratori o denaro, può di per sé rappresentare un servizio. Un altro motivo per cui risparmiare (ad esempio) oro non rappresenta accaparramento, ancora una volta in contrasto con quanto dice Keynes, è che l'acquirente e il venditore di oro scambiano semplicemente contanti per metallo prezioso, vale a dire, una forma di denaro per un altro. Il denaro non viene affatto ritirato dalla economia.

A differenza di Keynes, Hutt non aspirava al mondo della politica o finire in grandi imprese. Si annoverava tra "coloro [...] che non stanno vendendo politiche in cambio di potere,"[7] e traeva piacere nel correggere gli errori logici, grandi o piccoli. E' meglio conosciuto per aver ristabilito la legge di Say dopo la distorsione di Keynes e del suo tentativo di demolirla; ma gran parte del suo contributo intellettuale è sulla disoccupazione, soprattutto in The Theory of Idle Resources.

Nonostante tutto, Hutt apprezzava come funzionasse realmente il mondo. Ad esempio, Keynes parlava di "proventi che gli imprenditori si aspettano di ricevere dal lavoro di N [inserire un numero] uomini."[8] Gli imprenditori, naturalmente, non la pensano in questo modo perché inseriscono prodotti, prezzi e costi, di cui i dipendenti ne sono uno, nel calcolo del profitto. La parola profitto è quella che Keynes evita, per quanto possibile, nella sua General Theory, anche se negli scritti precedenti riconobbe il suo ruolo centrale nel guidare l'economia.

Hutt osserva, inoltre, che "non possiamo addizionare, per esempio, il numero di ore di utilizzo di una locomotiva, della pista e dei segnali. Allo stesso modo, non si può aggregare l'impiego del macchinista, del vigile del fuoco, della guardia e del segnalatore."[9] Keynes cerca di aggirare la difficoltà di aggregare il lavoro in modi quantificabili dicendo che "gli individui contribuiscono all'offerta della manodopera in proporzione alla loro remunerazione."[10] Hutt ribatte che:

<< Tale definizione del rapporto di lavoro conduce a risultati assurdi. Se i lavoratori organizzandosi potessero spostare il 10% del loro numero in occupazioni di livello inferiore, riducendo del 10% la quantità di lavoro fornita ma aumentando gli utili aggregati, diciamo, del 20%, allora la percentuale di tutta l'occupazione e la percentuale del totale del lavoro da essi fornita dovrebbero essere considerate in aumento![11] >>

Come suggerisce la citazione qui sopra, Hutt non era un fan dei sindacati. Egli fu, per quanto ne sa questo scrittore, il primo economista a spiegare perché un aumento dei salari guadagnato dai sindacati proveniva in realtà dalle tasche di altri lavoratori e non dai profitti dei datori di lavoro, un punto che è ormai ben consolidato ma ancora poco compreso. Ciò è vero, in termini semplici, perché i salari elevati riducono l'occupazione nei settori sindacalizzati, aumentando quindi l'offerta di lavoro in altri settori, cosa che a sua volta riduce i tassi di lavoro non sindacalizzati. Inoltre, i lavoratori sono anche consumatori e potrebbero dover pagare di più per i beni in settori sindacalizzati. Come regola generale, Hutt ha osservato che: "i più poveri [...] soffriranno di più come consumatori."[12]

Anche se nemico dei sindacati, Hutt si considerava un populista, nel senso di volere il meglio per la gente comune e soprattutto per i poveri. Si definiva anche un "egualitarista," una parola che è di solito va a braccetto col socialismo. Come poteva essere un sostenitore del libero mercato ed al contempo un egualitario autodefinito? Forse perché, a suo avviso, il libero mercato produce più pari opportunità di qualsiasi altro sistema.

Hutt spiega:

<< La chiave per comprendere i principali problemi economici e sociologici odierni la troviamo, a mio parere, nella lotta contro gli effetti egualitari del capitalismo competitivo. La competizione ed il capitalismo sono oggi odiati perché tendono a distruggere più rapidamente la povertà ed il privilegio rispetto al controllo ed alle aspettative stabilite dalle protezioni. Di conseguenza abbiamo che gli interessi privati si uniscono per frenare questo processo ed invitano lo Stato ad intervenire per fare lo stesso; e se la resistenza non viene espressa attraverso la politica monetaria, il contenimento assume la forma di restrizioni alla produzione. Qui nasce uno scontro tra quelli che ho chiamato "sistema produttivo" e "sistema distributivo"; e l'ozio dispendioso, sia nel lavoro sia nelle cose fisiche, sembra essere dovuto al conseguente contenimento del potere produttivo — un freno imposto immediatamente [dallo stato] in difesa degli interessi privati, ma [reso meno doloroso dai salari minimi e dai sussidi di disoccupazione che in ultima analisi portano solo a salari più bassi ed a più disoccupazione].[13] >>

Alcuni dei poveri sono disposti ad accettare il welfare dello stato piuttosto che cercare di migliorare le proprie prospettive? Se è così, dice Hutt, non dobbiamo necessariamente considerarli pigri o irrazionali. Possono solo rendersi conto che il sistema capitalista clientelare che prevale attualmente è assolutamente contro di loro.[14]

Se vogliamo davvero ridurre la disoccupazione e la povertà, continua Hutt, dobbiamo fare qualcosa per questo capitalismo clientelare, per le sue imprese privilegiate, i suoi monopoli, il suo supporto statale e la sua politica monetaria e fiscale fuori controllo. Tali sistemi monopolistici creano una "scarsità artificiale," uno "spreco forzato," ed altri risultati del tutto irrazionali. La disoccupazione e la povertà sono semplicemente "indizi della sua presenza,"[15] del "trionfo [degli] [...] interessi privati [...] sugli interessi sociali."[16]

Hutt predisse anche che questo problema sarebbe peggiorato. In un passaggio particolarmente acuto, spiegò perché il sistema sanitario sarebbe crescentemente finito nel quadro monopolistico del capitalismo clientelare.[17]

Come il lettore potrà vedere a breve, il lavoro di Hutt in The Theory of Idle Resources è veramente senza tempo, ed essendo tale è altrettanto fresco e pertinente oggi così come lo era quando venne pubblicato nel 1939.

Note

[1] William H. Hutt, The Theory of Idle Resources, p. xiv.

[2] Ibid., p. XV.

[3] John Maynard Keynes, The General Theory of Employment, Interest, and Money (Amherst, N.Y.: Prometheus Books, 1997), p. 220.

[4] Ibid., p. 322.

[5] Henry Hazlitt, The Inflation Crisis (New Rochelle, N.Y.: Arlington House, 1978), p. 79.

[6] Keynes, The General Theory, p. 327.

[7] Hutt, Theory of Idle Resources, p. 92.

[8] Keynes, The General Theory, p. 25.

[9] Hutt, Theory of Idle Resources, p. 6.

[10] Keynes, The General Theory, p. 42.

[11] Hutt, Theory of Idle Resources, p. 6.

[12] Ibid., p. 64.

[13] Ibid., p. XVI.

[14] Ibid., p. 44.

[15] Ibid., p. 74.

[16] Ibid., p. 106.

[17] Ibid., pp. 61–62.

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Inviato il: 13/12/2013 13:44
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Re: In difesa dell'euro
#16
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Stampanti 3D per costruire aerei

Con l'additive manufacturing

ANSA- Stampanti 3D per costruire aerei e componenti. E' la nuova frontiera dell' additive manifacturing, la denominazione tecnica della stampa 3D, utilizzata in una nuova fabbrica di Avio Aero a Cameri (Novara), e che potrà ospitare fino a 60 macchine per la realizzazione di componenti in additive manufacturing.

Le tecnologie della stampa in 3D, ossia di una vasta serie di strumenti in grado di creare oggetti in maniera 'additiva' sovrapponendo strati di materiale l'uno sull'altro, sta facendo passi da gigante. "Con la tecnologia additive manufacturing - spiega Giorgio Abrate, un responsabile di Avio Aero Engineering - è iniziata una nuova era, che cambia i paradigmi classici della produzione industriale. E' l'era della libertà geometrica che ci consente, ad esempio, di produrre in un unico pezzo, fondendo strati successivi di polveri metalliche, componenti che precedentemente occorreva fabbricare assemblando parti differenti".

Grazie a queste caratteristiche, l'additive manufacturing risponde appieno alle principali sfide dell'industria aeronautica del futuro: "si riducono - ha aggiunto Abrate - del 90% i consumi di energia, il materiale impiegato e le emissioni di gas serra. Tutto questo è possibile oggi grazie ad anni di ricerca, alle competenze delle nostre persone e a programmi di collaborazione con alcune delle migliori università italiane".
Produrre ad esempio un iniettore del combustore di un motore aeronautico con la tecnologia tradizionale significa forgiare cinque parti da unire successivamente, mentre con la tecnologia additive lo si realizza direttamente in un unico pezzo.

Con i suoi 2.400 metri quadrati, lo stabilimento di Cameri potrà ospitare fino a 60 macchine per la realizzazione di componenti in additive manufacturing. Gli spazi permettono inoltre di installare due atomizzatori per la produzione diretta delle polveri di speciali leghe metalliche come l'Alluminiuro di Titanio (TiAl) e due impianti per il trattamento termico dei componenti. Un ulteriore passo in avanti nella progettazione e produzione di componenti che voleranno nei motori aeronautici del futuro, sempre più performanti, silenziosi e con minori emissioni.
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Inviato il: 13/12/2013 23:21
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Re: In difesa dell'euro
#17
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Draghi attacca fronte anti-euro, svalutazione non regge

ROMA (Reuters) - Per il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi la strada per la crescita nel Vecchio continente passa per riforme, produttività e innovazione, mentre chi pensa di uscire dall'euro sfruttando la svalutazione, come i movimenti anti-europei attesi in crescita alle prossime elezioni per l'Europarlamento, sbaglia.

In un'intervista al settimanale francese "Le Journal du Dimanche", tradotta in Italia dal quotidiano "La Repubblica", il capo della Bce ammette che "la crescita (in Europa) è tornata, ma di sicuro non è galoppante", e che la disoccupazione resta a livelli elevati, stabile attorno al 12%.

Per Draghi la Bce non è in grado di "fare tutto da sola", e per ridurre strutturalmente la mancanza di lavoro serve l'iniziativa dei governi, perché "spetta a loro inventare nuovi modelli di crescita".

Ma la soluzione non può essere quella della "svalutazione competitiva" di chi propone l'uscita dalla moneta unica, come in Italia propongono il cosiddetto movimento dei Forconi che sta manifestando da giorni in diverse piazze italiane, partiti di estrema sinistra e di estrema destra e anche il M5s.

"La tesi populista di chi pensa che uscendo dall'euro un'economia nazionale si avvantaggerebbe immediatamente con una svalutazione competitiva come ai vecchi tempi non regge alla prova dei fatti", ha detto Draghi, senza citare nello specifico la situazione italiana.

"Se tutti cercheranno di svalutare la propria moneta, nessuno se ne avvantaggerà. Infine, la strada verso la prosperità passa sempre attraverso le riforme e la ricerca della produttività e dell'innovazione".

Il presidente dell'istituzione di Francoforte dice di aspettarsi "una presenza di parlamentari anti-europei più marcata di quella che già c'è" alle elezioni di maggio per il rinnovo del Parlamento europeo.

"Senza dubbio ci sono alcuni movimenti popolari che sfruttano questo clima, ma ci sono anche persone sinceramente deluse. Sta a noi spiegare perché l'euro è stato e rimane un progresso, la moneta del futuro".
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Inviato il: 16/12/2013 12:22
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Re: In difesa dell'euro
#18
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Draghi: «ingenuo» chi vuole uscire dall'euro. «Chi pensa di andarsene per schivare le riforme sbaglia di grosso»

L'euro è «irreversibile», e coloro che pianificano di abbandonarlo si muovono «nell'effimero» ma soprattutto sono degli «ingenui». A lanciare le accuse è stato il presidente della Bce Mario Draghi durante una audizione al Parlamento europeo. «Coloro che pensano di poter uscire dall'euro, magari per svalutare del 40% la valuta sono degli ingenui. Ma questi signori pensano davvero - si è chiesto metaforicamente Draghi - che gli altri accetterebbero una svalutazione del 40% senza far nulla?». «L'euro è irreversibile», ha detto Draghi. «Quello che uno pianifica per uscirne è effimero. Se un Paese pensasse di lasciare l'euro per evitare le necessarie riforme strutturali si sbaglierebbe di grosso: dovrebbe anzi effettuare riforme più dure fuori dalla protezione dell'euro».

Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/10V8QZ
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Inviato il: 16/12/2013 18:32
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Re: In difesa dell'euro
#19
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La politica costa 23,2 miliardi, 757 euro a contribuente. Angeletti: possibile risparmiare 7 miliardi

I costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a 23,2 miliardi di euro tra funzionamento di organi istituzionali, società pubbliche, consulenze e costi derivanti "dalla sovrabbondanza del sistema istituzionale". «Una somma pari a 757 euro medi annui per contribuenti, che pesa l'1,5% sul Pil». È quanto stima la Uil nel rapporto "I costi della politica", presentato oggi a Roma dal leader Luigi Angeletti e dal segretario confederale Guglielmo Loy.


di Claudio Tucci - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/8tjUy



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Ecco prendete questi 7 miliardi e metteteli a disposizione delle industrie e delle PMI per investire sull'innovazione delle aziende meritevoli.
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Inviato il: 18/12/2013 18:36
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Re: In difesa dell'euro
#20
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questo coglione di hutt non l'avevo mai sentito nominare.
davvero, di economia si sono permessi di parlare proprio tutti, anche gli analfabeti.
mah!
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Inviato il: 19/12/2013 19:03
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Re: In difesa dell'euro
#21
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Citazione:

perspicace ha scritto:
La politica costa 23,2 miliardi, 757 euro a contribuente. Angeletti: possibile risparmiare 7 miliardi

I costi della politica, diretti e indiretti, ammontano a 23,2 miliardi di euro tra funzionamento di organi istituzionali, società pubbliche, consulenze e costi derivanti "dalla sovrabbondanza del sistema istituzionale". «Una somma pari a 757 euro medi annui per contribuenti, che pesa l'1,5% sul Pil». È quanto stima la Uil nel rapporto "I costi della politica", presentato oggi a Roma dal leader Luigi Angeletti e dal segretario confederale Guglielmo Loy.


di Claudio Tucci - Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/8tjUy



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Ecco prendete questi 7 miliardi e metteteli a disposizione delle industrie e delle PMI per investire sull'innovazione delle aziende meritevoli.

E la mancanza di competizione è calcolata in quei 23,2 miliardi?
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Inviato il: 20/12/2013 16:31
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Re: In difesa dell'euro
#22
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il signor Draghi è un dipendente della Merkel e dei grandi trust finanziari, cosa volete che dica.
ci spieghi il signor Draghi cosa ci hanno fatto gli altri paesi quando svalutavamo la lira del 30%, io non ricordo nessuna guerra in proposito.
i poveri francesi tentarono qualcosa contro i nostri vini ma siccome un Brunello di Montalcino o un Barolo danno i chilometri a quel loro misero Bordeaux prodotto perlopiù in Marocco, se la presero in quel posticino e continuammo a vendere i nostri vini anche in Francia, figuriamoci negli altri paesi europei.
io dico, caro tedesco e caro inglese che tutto ciò che produci di alimentare sa di merda, vuoi mangiare il nostro parmigiano o bere il nostro vino o degustare il nostro olio?
me lo paghi il doppio di quanto lo paghi oggi, altrimenti ti attacchi al cazzo.
sennò che fai, la guerra?
e per una volta sarò fiero di issare la bandiera nazionale, anche se dai colori massonici...
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Re: In difesa dell'euro
#23
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Inviato il: 20/12/2013 19:02
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Re: In difesa dell'euro
#24
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Citazione:
E la mancanza di competizione è calcolata in quei 23,2 miliardi?


E no quella è optional, ma se da sette anni fa avessero iniziato a tagliare anche solo 3 miliardi i primi due anni, poi altri 3 il terzo anno per arrivare fino a 7 l'anno successivo, in 7 anni avremmo avuto 40 miliardi che se ci avessero costruito parchi solari ed eolici ora le nostre aziende avrebbe corrente quasi a costo zero giusto i soldi della manutenzione, alla faccia della competitività!

Quindi oltre il danno la beffa!
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Inviato il: 20/12/2013 21:08
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Re: In difesa dell'euro
#25
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Lo stipendio dei parlamentari italiani è 5 volte il Pil pro capite, quello dei britannici solo due


Nel 2012, infatti, lo stipendio da deputato in Italia era pari a 4,7 volte il Pil pro-capite, contro l'1,8 del Regno Unito. Contando anche i rimborsi spese (con e senza documentazione) i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto questo rapporto sale al 9,8 per il deputato italiano e al 6,6 per quello inglese. A fare i conti in tasca ai 945 parlamentari italiani è il rapporto di fine anno del Csc.

[...]I costi della politica, comunque, dice ancora via dell'Astronomia, non si esauriscono qui: ricomprendono anche tutte le altre istituzioni elettive (Comuni, Regioni, dando per abolite le Province), nonché quelle attività improprie svolte da una moltitudine di società partecipate dalla pubblica amministrazione che sono più di 7.700 e costano, in termini di ripiano delle perdite, circa 22 miliardi di euro.

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Re: In difesa dell'euro
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Quale potrebbe essere uno stipendio onesto/giusto per un parlamentare/senatore?

2500 €/mese ?

3000 €/mese ?

Nessuno stipendio e vivere delle offerte altrui?

Facciamo finta che domani uno di noi divenga senatore, o parlamentare e potreste decidere l'ammontare dello stipendio... cosa chiedereste?
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Re: In difesa dell'euro
#27
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Citazione:
da Merio il 22/12/2013 16:18:17

Quale potrebbe essere uno stipendio onesto/giusto per un parlamentare/senatore?

2500 €/mese ?

3000 €/mese ?

Nessuno stipendio e vivere delle offerte altrui?

Facciamo finta che domani uno di noi divenga senatore, o parlamentare e potreste decidere l'ammontare dello stipendio... cosa chiedereste?


Secondo me:

12'000 €/mese netti per il Presidente della Repubblica

10'000 €/mese netti per il presidente del consiglio

8'000 €/mese netti per i ministri

7'000 €/mese netti per i vice ministri

chiuderei la camera dei senatori che sostituirei con la camera delle regioni con 20 rappresentanti eletti direttamente dai cittadini della regione che rappresentano 7'000 €/mese netti

4'000 €/mese netti per i parlamentari (ridurrei il numero dei parlamentari a 200 persone)

Poi metterei un tetto massimo per i dirigenti pubblici di 3400 €/mese netti (Sindaci, direttori responsabili pubbliche amministrazioni)

E per gli altri responsabili metterei un tetto massimo di 2400 €/mese netti esclusi portaborse, segretari e dipendenti ai quali metterei un tetto massimo di 1'800 €/mese netti.

Portaborse e segretari dovrebbero essere assunti solo dopo relativo concorso nazionale, cosi come tutti i dipendenti pubblici.

In più tutti gli stipendiati con soldi pubblici dovrebbero essere sottoposti a redditometro per verificare entrate anomale (corruzione, regali sospetti)
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Re: In difesa dell'euro
#28
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Interessante...

Io però al posto del senato come dici tu, creerei una Camera Bassa...

Il concetto è complesso, comunque sarebbe così...

1) Ogni città avrebbe un certo numero di circoli composti da un numero di persone che permetta ai membri del circolo di conoscersi l'un l'altro...

2) La funzione dei circoli è difatti quella di riunirsi e votare.

3) Ogni circolo "di quartiere" poi farebbe parte di un più grande circolo cittadino, che fa parte di quello regionale e via dicendo... fino a quello nazionale

4) Il circolo nazionale rappresenterebbe difatti il pool totale votante dello stato...

5) A seconda della portata delle legge, verrà chiamato in causa il circolo nazionale, quelli regionali, o quelli cittadini...

Ad esempio... vogliamo spendere tot mld di soldi pubblici in armamenti? Vota il circolo nazionale e la sua decisione è vincolante... li si vuole spendere per un'opera pubblica tipo la TAV? In questo caso dovrebbe bastare il regionale...

Comunque il concetto è reperibile nel libro di Erich Fromm, "Essere, o avere"... poi vado a rivederlo perché non lo rileggo da un po' e non vorrei aver errato a riportarlo...

Il fine sarebbe di far sì che il popolo ritorni ad essere soggetto attivo, e non passivo... in primis con referendum propositivi, e affini...

Il voto andrebbe inteso come parte integrante dell'essere cittadino...

Non so quanto sia fattibile la cosa... pensavo anche all'idea di Calvero, dei circoli culturali...

Potrebbe pure andare bene che rimangano gli organi politici odierni, ma ci dev'essere un contro potere effettivo della massa...

Se vogliono fare una proposta X (qualsiasi), i circoli devono aver la possibilità di mettersi di mezzo, boicottando, od usando altri mezzi pacifici tipo sciopero della fame...
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La libertà di parola senza la libertà di diffusione è come un pesce rosso in una vasca sferica...
Ezra Pound
Inviato il: 22/12/2013 21:11
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  •  ivan
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Re: In difesa dell'euro
#29
Sono certo di non sapere
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Inviato il: 23/12/2013 2:57
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Re: In difesa dell'euro
#30
Sono certo di non sapere
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Confindustria: imprese di Stato costano troppo, 23 miliardi l'anno

ANSA - Partecipazioni statali costose, che insistono su organismi locali nati per aggirare i vincoli di finanza pubblica e generare consenso, e che non servono al cittadino. Giudizio severo, quello espresso nel rapporto del 19 dicembre scorso dal Centro Studi di Confindustria (CsC), sulle partecipazioni di Stato in imprese ed enti. Che porta ad una conclusione: il Paese non può permetterselo.

"Nel 2012 - scriveva infatti il CsC citando la banca dati CONSOC, istituita presso il Ministero per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione - erano 39.997 le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche in 7.712 organismi esterni. L'onere complessivo sostenuto dalle Pubbliche amministrazioni per il mantenimento di questi organismi è stato pari complessivamente a 22,7 miliardi, circa l'1,4% del PIL". Numeri che "il Paese non può permettersi".



Stop al capitalismo pubblico

RAINEWS - Il 'capitalismo pubblico' costa quasi 23 miliardi allo Stato, circa l'1,4% del Pil, un "peso che l'Italia non può piu permettersi". Lo rileva il centro studi di Confindustria, secondo cui sono circa 40mila le partecipazioni possedute da amministrazioni pubbliche in quasi 8 mila organismi esterni. "Gran parte di questi organismi sono nati, a livello locale, per aggirare i vincoli di finanza pubblica - sostiene Confindustria - in particolare il patto di stabilità interno, e come strumento per mantenere il consenso politico attraverso l'elargizione di posti di lavoro".
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Io non parlo come scrivo, io non scrivo come penso, io non penso come dovrei pensare, e così ogni cosa procede nella più profonda oscurità. Kepler
Inviato il: 27/12/2013 11:05
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