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   Scienze Economiche
  Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico

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  •  sick-boy
      sick-boy
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#20
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 18/10/2006
Da Leith
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Qui nun ce stamo a capì....appena ho tempo chiarisco
Inviato il: 1/7/2008 10:26
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  •  Mande
      Mande
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#19
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 13/1/2008
Da Cologna veneta
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Citazione:

l fatto è che le banche, per arrivare a questo, sono passate attraverso leggi che hanno limitato ai depositanti la riscossione dei propri depositi in determinati periodi.

Determinati periodi? Così vago?
Vorrai riferirti alle attuali leggi antiriciclaggio penso...
Anche se a dire il vero l'ultimo governo ha fatto ritornare il limite a 12.500€.
Questa mossa sinceramente non l'ho capita ma probabilmente neanche loro
Citazione:

La riserva frazionaria "opzionale" ci potrebbe anche stare, purchè la banca si faccia bene i suoi calcoli, decidendo bene quanti interessi far pagare, e nessuno si veda non restituiti i propri soldi.

Prelevare un valore dagli utilizzatori della moneta ci può anche stare se fatto con moderazione...
Un furto si può anche fare se è solo di una gallina?
Citazione:

Mande sono assolutamente d'accordo su questo.

Scusami ma non capisco...
Sei perfettamente d'accordo che le banche non prestano un valore che possiedono ma ti va pure bene che percepiscano un interesse su quel valore...
Ma da altri tuoi interventi mi sembra aver capito che non sei d'accordo quando la stessa operazione la fa lo stato.

Applicando la logica della riserva frazionaria le banche possono restituire i soldi a tutti i correntisti solo in due casi:

-La riserva frazionaria si applica su una base di moneta credito (Es. moneta merce)
-Le banche usano la riserva frazionaria in maniera moderata.

Definiamo ora moderata con un esempio:

-Massa monetaria credito 100.
-Massa monetaria scritturale 200.
-Interesse del 5% annuo (fingiamo semplice per comodità)
-Durata massima prestito 10 anni.

Dunque abbiamo una riserva frazionaria che dovrebbe essere imposta al 50% che consente al moltiplicatore bancario di ottenere il doppio della moneta base. (Oggi è al 2% e consente un moltiplicatore di 50)

Un tasso di interesse semplice al 5%. (anche se oggi si utilizza il composto)

Un limite all'esistenza delle banche di 10 anni.

Cosa avranno ottenuto in dieci anni le banche percependo interessi su denaro che all'inizio non possedevano?
Inviato il: 30/6/2008 23:13
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  •  sick-boy
      sick-boy
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#18
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 18/10/2006
Da Leith
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Mande sono assolutamente d'accordo su questo. Il fatto è che le banche, per arrivare a questo, sono passate attraverso leggi che hanno limitato ai depositanti la riscossione dei propri depositi in deterinati periodi. La riserva frazionaria "opzionale" ci potrebbe anche stare, purchè la banca si faccia bene i suoi calcoli, decidendo bene quanti interessi far pagare, e nessuno si veda non restituiti i propri soldi.
Inviato il: 30/6/2008 22:02
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  •  Mande
      Mande
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#17
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 13/1/2008
Da Cologna veneta
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Visto che ho un po di tempo ti approfondisco questo passaggio del mio intervento precedente:
Citazione:

Non dimenticare poi che essendo la moneta oggi "fiat" non vedo come si possa definire rischioso un prestito visto che non viene dato un "valore" preesistente ma semplicemente viene creato al momento. Questa tipologia di prestito semplicemente non dovrebbe esistere ma esistendo non riesco a trovare motivazione logica perché sia retribuita.


Esaminiamo un prestito bancario operante secondo le regole della riserva frazionaria. Si assiste all'aumento della massa monetaria m[3]. I soldi li ha creati dal nulla la banca per cui ne richiede un compenso sotto forma di interesse.

E' vero che i soldi sono stati creati dalla banca. Ma se analizziamo la stessa situazione dal punto di vista del valore? La banca ha creato anche quello?

NO!

Vediamo di capire cosa è successo:
-La banca crea nuova moneta aumentando il volume del circolante.
-Tutta la moneta nel suo complesso perde un po' del suo valore ovvero inflaziona.

Ma a questo punto si può benissimo dire che il valore prestato dalla banca è stato preso come quota parte a tutti i possessori di moneta con l'inflazione.

Se analizziamo il prestito dal punto di vista del valore dunque non è fatto dalla banca ma da tutti i possessori di moneta in quota parte.

Si potrebbe dunque affermare che tutte le monete in nostro possesso perdono una parte del loro valore per "conferirlo" a quelle appena create.

Se però guardiamo appunto al valore quello è prestato da tutti meno che la banca.

Perché dunque la banca che non presta nessun valore ottiene gli interessi mentre noi che lo cediamo forzatamente non otteniamo nulla in cambio?

Noterai come lo stesso problema visto da due ottiche differenti muti radicalmente.

Qual'è il tuo parere su questo?
Inviato il: 30/6/2008 19:59
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  •  Mande
      Mande
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#16
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 13/1/2008
Da Cologna veneta
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Citazione:

Tra l'altro quel tasso di interesse sulla moneta dal nulla è esattamente il signoraggio del mondo moderno..

Lincoln si mangiava la gallina intera mentre oggi ci rinchiudono in una gabbia stretta per poterci prelevare ogni anno le uova...
"Anche cercando il meno peggio io non sono in grado di individuarlo".
Citazione:

è proprio la fissazione del tasso di sconto arbitraria che la scuola austriaca contesta - non essendo possibile con la fiat money conoscere le condizioni del mercato dei prestiti.

Su questo non vi è alcun dubbio. Finché non avremo una massa monetaria "standard" chi possiede il monopolio del conio può truccare il mercato.
Il primo ostacolo al libero mercato è proprio il monopolio sulla emissione monetaria. Un altro piccolo appunto all'Europa dei burocrati che si finge liberista ma non si accorge dell'enorme trave che si è infilata nell'occhio da sola. O forse lo sa benissimo ma è liberista solo a parole.
Citazione:

Inoltre domanda di moneta e di capitale vengono così confuse

Su questo varrebbe la pena soffermarci lungamente nella discussione perché è un concetto importante. A riguardo varrebbe la pena presentassi anche il pdf con le note per evitare di fraintendere il senso di questa suddivisione.
Se non ho capito male per moneta intende una moneta credito come l'oro mentre per capitale la moneta "scritturale" creata dalle banche col debito.

Premesso che non sono contrario ad una giusta remunerazione del rischio inerente al prestito se hai letto altri miei interventi saprai che sono estremamente critico rispetto all'interesse.

L'interesse (composto) assume un andamento esponenziale che a mio parere non è matematicamente adatto ad esprimere ne rischio ne preferenza temporale.

Semplicemente non esiste un interesse appropriato in nessun caso per i prestiti. In questo senso trovo appropriata la soluzione ricercata e già sperimentata dalle banche islamiche che prevedono una condivisione del rischio tra chi richiede denaro e chi lo presta.

Questo potrebbe creare una difficoltà di accesso al credito per alcuni progetti, soprattutto i meno sicuri, ma se guardiamo il lato positivo verranno premiati i progetti migliori.

Con la gestione del rischio attraverso l'interesse l'unico parametro che un prestatore considera sono le "garanzie" che il debitore può esibire.

Non dimenticare poi che essendo la moneta oggi "fiat" non vedo come si possa definire rischioso un prestito visto che non viene dato un "valore" preesistente ma semplicemente viene creato al momento. Questa tipologia di prestito semplicemente non dovrebbe esistere ma esistendo non riesco a trovare motivazione logica perché sia retribuita.

Discorso diverso invece vale per la base monetaria. Concordo perfettamente con l'autore quando dice che dovrebbe nascere come contropartita di un bene già esistente posto a riserva.

Facendo un esempio odierno vedrei bene un petrolium standard dove uno stato tiene a riserva in grandi bacini (o nei giacimenti stessi) il petrolio ed emette moneta in equivalenza alle sue riserve.
Te lo immagini l'Euro pagabile a vista del portatore in petrolio?

Certo, qualcuno potrebbe barare comunque...
Certo, deve essere decisa una struttura internazionale di controllo...

Ma nessuno mi impedisce di sognare che la moneta ritorni alla sua originale funzione di controvalore rispetto al nulla del "fiat" attuale.
Inviato il: 29/6/2008 23:11
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  •  sick-boy
      sick-boy
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#15
Dubito ormai di tutto
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Comunque se serve ho il pdf con le note alle citazioni ecc..
Inviato il: 29/6/2008 13:55
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  •  sick-boy
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Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#14
Dubito ormai di tutto
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macchè scusa, la discussione su LC è un conto, la sede di esame un altro. Ma non credo debba fare l'orale ora
Inviato il: 29/6/2008 13:52
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  •  sick-boy
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Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#13
Dubito ormai di tutto
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Tra l'altro quel tasso di interesse sulla moneta dal nulla è esattamente il signoraggio del mondo moderno..

è proprio la fissazione del tasso di sconto arbitraria che la scuola austriaca contesta - non essendo possibile con la fiat money conoscere le condizioni del mercato dei prestiti. Inoltre domanda di moneta e di capitale vengono così confuse
Inviato il: 29/6/2008 13:51
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  •  Mande
      Mande
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#12
Dubito ormai di tutto
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Citazione:

Certo Ho sostenuto un esame di Storia economica orale in cui i professori mi hanno "accusato" di non aver dato conto della posizione di Hayek - un approfondimento scelto da me che pensavo di discutere in maniera tipo "esaminiamo la moneta alla luce del pensiero di Hayek". Perciò, ho preparato questo lavoro che dà conto dell'opera da me scelta. Poi, visto che ce l'avevo lì, l'ho postato anche qui su LC.

Scusa
Probabilmente discutendone così non ti aiuto per niente. Non vale la pena che tu riferisca le mie considerazioni in sede di esame.
Potresti fare la fine di "El concursante" anche se lui nel film era un professore di economia.
Inviato il: 29/6/2008 13:49
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  •  Mande
      Mande
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#11
Dubito ormai di tutto
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Da Cologna veneta
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Citazione:

Per non parlare poi delle politiche inflazionistiche di cui non ci siamo mai liberati.

Politiche inflazionistiche....
Come dici anche tu se ne è già parlato però vedendo il pensiero di Hayke mi hai fatto tornare alla mente che alla scuola Austriaca non tratta mai nelle sue analisi una qualità importante della moneta. Senza parlare di questo non si può comprendere il motivo per cui il sistema è costretto alla perenne inflazione. Questo ovviamente fino all'intervento della deflazione.

La scuola Austriaca analizza molto bene la qualità "fiat" della moneta ma omette completamente di analizzare la qualità "debt".

Vediamo di chiarirci meglio con qualche esempio.
Cosa impedisce alla massa monetaria di essere costante?
Basterebbe abolire la riserva frazionaria e rendere illegali altre "pseudo-monete"?
In teoria si. Si potrebbe obbligare l'istituto di emissione a non stampare più nuovo denaro e si otterrebbe una massa monetaria costante.
Questo però vale solo fin quando il denaro è credito. Col denaro debito la situazione muta radicalmente.

Il denaro oggi nasce dal debito. Di 1000€ che oggi la BCE stampa fra un anno ne rivuole indietro 1000 + interessi. Quel + interessi però semplicemente non esiste a meno che non vengano stampati nuovi soldi. Stampare nuovi soldi però crea inflazione + nuovo debito con interessi da pagare.

La fregatura è straordinariamente semplice.
-Fisso un tasso di sconto.
-Se alla fine dell'anno la massa monetaria non è cresciuta (nuovi debiti) ci sarà matematicamente qualcuno che non sarà in grado di onorare la promessa di restituzione ed il sistema bancario prenderà i beni reali messi a garanzia.
-Se alla fine dell'anno la massa monetaria è cresciuta più del tasso di sconto molti saranno in grado di ripagare i propri debiti ma si assiste all'inflazione.
-Se alla fine dell'anno la massa monetaria è cresciuta meno del tasso di sconto ci saranno un buon numero di insolvenze ma si assiste comunque all'inflazione.

Regolando il tasso di sconto la banca centrale non regola solamente la massa monetaria decidendo arbitrariamente quando inflazionare (crescita economica) e quando deflazionare (depressione) ma regola anche quante insolvenze ci saranno nel sistema.

Quando cresce il tasso di sconto crescono le insolvenze e diminuisce la massa monetaria.

Quando cala il tasso di sconto calano le insolvenze ed aumenta la massa monetaria.
Inviato il: 29/6/2008 13:43
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  •  sick-boy
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Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#10
Dubito ormai di tutto
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Potresti essere un po più chiaro?

Certo Ho sostenuto un esame di Storia economica orale in cui i professori mi hanno "accusato" di non aver dato conto della posizione di Hayek - un approfondimento scelto da me che pensavo di discutere in maniera tipo "esaminiamo la moneta alla luce del pensiero di Hayek". Perciò, ho preparato questo lavoro che dà conto dell'opera da me scelta. Poi, visto che ce l'avevo lì, l'ho postato anche qui su LC.

Io vedo la questione in maniera leggermente differente. E' vero che tra politica e sistema finanziario si scambiano volentieri i soliti burattini. Penso però che il "peso economico" della finanza riesca a canalizzare quello che noi consideriamo libero voto verso i propri interessi.

io sono d'accordo con questo. IL PUNTO però sta nel fatto che comunque, peso economico o finanziario che sia, devono passare via stato per la ratifica di molti privilegi - così evtiamo di scendere nello specifico.

Ora, ne possiamo fare un discorso di giusto o ingiusto, ma non arriveremo da nessuna parte, IMHO. Possiamo farne invece un discorso di responsabilità: chi ha la responsabilità della legislazione? Chi si è assunto il compito - non richiesto e apagamento - di assicurare equità e giustizia?

DEtto altrimenti e restando sul generico, sono cattivi i banchieri che fanno i propri interessi, o è pericoloso e parassitario lo Stato che coi soldi nostri fa gli interessi altrui, quando va bene, e va contro i tuoi quando va male?

Supponiamo ad esempio che le cose siano ancora più radicali di come dici tu: poniamo che l'alta finanza nomini direttamente i suoi uomini alla guida delle istituzioni politiche. Ancora, contro chi rivolgeresti i tuoi sforzi di cambiare?
Inviato il: 29/6/2008 13:29
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  •  Mande
      Mande
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#9
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 13/1/2008
Da Cologna veneta
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Citazione:

Ti devo avvisare però che ho postato un mio lavoro di sintesi su alcune questioni trattate da Hayek nei due libri citati. Nonostante concordi con molte cose, il lavoro non era destinato a LC, e mi sono ben guardato dall'esprimere mie posizioni particolari.

Potresti essere un po più chiaro?
Citazione:

E' un unicum di potere, dove talvolta vi sono attriti, ma ci si compatta velocemente per il bene comune .

Io vedo la questione in maniera leggermente differente. E' vero che tra politica e sistema finanziario si scambiano volentieri i soliti burattini. Penso però che il "peso economico" della finanza riesca a canalizzare quello che noi consideriamo libero voto verso i propri interessi.
Per farti un esempio chiaro del mio pensiero possiamo parlare delle primarie americane. Un candidato per correre ed ottenere la nomination ha bisogno di ingenti fondi. Molti abbandonano proprio per mancanza di questi ultimi. Anche se è abbastanza semplicistico si può dire che vince le primarie chi raccoglie più fondi. Ma quale sarà la "lobby" che potrà permettersi di pagare di più?
Restando in Italia possiamo tranquillamente nominare Berlusconi che da quasi sconosciuto imprenditore fonda un partito dal nulla e vince le elezioni.
Quante persone prima di lui hanno fondato un partito nuovo?
Quanti di questi nuovi partiti hanno preso qualcosa di più dello 0,% delle preferenze?
Quanti soldi in pubblicità ha investito Berlusconi? Senza potersi permettere pubblicità a "basso costo" su ben tre emittenti nazionali che risultato avrebbe ottenuto?
Inviato il: 29/6/2008 13:12
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  •  sick-boy
      sick-boy
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#8
Dubito ormai di tutto
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Un'altra cosa ti farei notare Mande. Non importa se comandano di più i banchieri e i politici. Importa invece riconoscere come queste istituzioni siano totalmente interdipendenti, non potendo esistere una senza l'altra, i personaggi che vi girano sempre gli stessi (Ciampi, Draghi, un wolfowitz...). E' un unicum di potere, dove talvolta vi sono attriti, ma ci si compatta velocemente per il bene comune . Per non parlare poi delle politiche inflazionistiche di cui non ci siamo mai liberati.

Non sono convinto che un istituto tecnocratico quale è la banca centrale possa essere innocuo nel contesto in cui stiamo vivendo, in cui parlamenti sempre più arroganti ed ignoranti, decidono cosa è diritto e cosa non lo è. Anche vincolando, come sostiene Hayek, tali isitituti a regole di lungo periodo, bisognerebbe in primo luogo garantirne l'indipendenza - in ambo i sensi - e limitarne la discrezionalità in maniera non revocabile. E anche così sarebbe tutta da vedere.
Inviato il: 29/6/2008 12:38
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  •  sick-boy
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Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#7
Dubito ormai di tutto
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Ciao Mande, ti ringrazio dei commenti.

Ti devo avvisare però che ho postato un mio lavoro di sintesi su alcune questioni trattate da Hayek nei due libri citati. Nonostante concordi con molte cose, il lavoro non era destinanto a LC, e mi sono ben guardato dall'esprimere mie posizioni particolari.

Ad esempio per quanto riguarda il ciclo economico, esso non è analizzato in forma "completa", ma solo per la parte riguardante l'innescarsi della crisi.

La BCE oggi, a detta di molti, sarebbe regolata proprio a partire delle idee di Mises. Tuttavia, solo trascurando lievi particolari, si può dire che la situazione sia quella auspicata da Hayek.
Inviato il: 29/6/2008 12:30
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  •  Mande
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Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#6
Dubito ormai di tutto
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Citazione:

edit: chiedo scusa per i refusi, ma sto copiando da works (bel programma demmerda)

Mai preso in considerazione OpenOffice? Potrebbe sorprenderti
Citazione:

Posto qui un mio lavoro di sintesi sul ciclo economico analizzato da F.v.Hayek. Se interessa bene, se non interessa è gratis, perciò non prendetevela.

Interessante lo è di sicuro. Non totalmente condivisibile ma se lo fosse non potresti ricevere alcun commento se non dei banali "quoto".
Se comunque il tuo obbiettivo principale era disquisire principalmente sul ciclo economico non mi sembra raggiunto. Mentre sei molto dettagliato in svariate parti quanto si tratta di entrare nel merito delle dinamiche che regolano i cicli economici pari quasi "sorvolare".

Comunque se sei pronto al confronto vorrei segnalarti un punto in particolare dove le nostre opinioni divergono nettamente:
Citazione:

Ma sebbene vi siano “ forti e probabilmente valide ” ragioni per auspicare la massima indipendenza di queste istituzioni dallo Stato e dalla sua politica finanziaria, questo è esattamente il contrario di ciò che è avvenuto. Questo perché una politica monetaria indipendente dalle politiche finanziarie pubbliche è possibile finché la spesa è contenuta entro certi limiti e soprattutto finché il debito pubblico costituisce solo una piccola parte degli strumenti creditizi. Una situazione palesemente diversa da quella odierna.

Le banche centrali sono "dipendenti" dagli stati?
Il debito pubblico costituisce gran parte degli strumenti creditizi?

Noto con estremo disappunto come queste tesi siano particolarmente ricorrenti anche qui su Luogocomune nonostante siano quanto di più palesemente errato si possa pensare...

Per quanto riguarda il debito pubblico facciamo finta che si tratti di un "refuso"...
Concentriamo la nostra attenzione sulla presunta "dipendenza" delle banche centrali rispetto agli stati. La cosa più semplice che potrei chiederti è:
"Provalo se ne sei capace ".
Per questa volta cercherò di dimostrarti il contrario ma non ti andrà sempre così bene.

Può uno stato obbligare una banca centrale a fornirgli credito?
Parecchi anni fa in Italia ciò era possibile. Oggi è una banca centrale in piena autonomia che sceglie quanti titoli di debito trasformare in banconote.
Può uno stato ripagare il debito pubblico?
In teoria si ma entro certi limiti. Le banche centrali detengono titoli di debito pubblico "immobilizzati" ovvero trasformati in banconote. Solo la banca centrale può decidere quanti titoli smobilizzare e reimmettere sul mercato.
Può uno stato nominare i dirigenti di una banca centrale?
E' vero che la nomina del governatore riceve l'avvallo delle istituzioni. Ma queste non possono nominare un governatore. Le istituzioni preposte possono al massimo "porre il veto" sul candidato proposto ma non certo sceglierlo.
Può uno stato influire sul tasso di sconto?
Le parole di Trichet a riguardo non dovrebbero lasciarti dubbio alcuno. Da mesi ripete il ritornello "E questa è casa mia e qui comando io". E non sono solo parole ma fatti.

Se vuoi posso continuare...

Paradossalmente è accertato che è vero l'opposto. Gli stati non possono applicare alcuna politica economica se la BCE non è concorde.
Devo forse ricordarti le minacce di Trichet ad inizio anno?
Suonavano più o meno così:
"Se provate ad aumentare gli stipendi io alzo il tasso di sconto così i soldi che darete ai lavoratori li assorbirò io come interessi."

Non comprendere bene chi comanda chi porta a conclusioni errate.
Comincia a riflettere bene su questo.
Inviato il: 29/6/2008 0:47
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  •  sick-boy
      sick-boy
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#5
Dubito ormai di tutto
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Da Leith
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APPENDICE

Nel 1960 esce The Constitution of Liberty # il cui capitolo ventunesimo è intitolato ‘Il contesto monetario’ e permette di seguire il percorso nel pensiero di Hayek dagli anni di Prices and Production (1931). Ricordando l’instabilità monetaria degli ultimi cinquant’anni, e non sottraendo responsabilità alcuna alle interferenze governative - chiedendosi perché non bisognerebbe fare affidamento alle forze di mercato per designare un soddisfacente mezzo di scambio - è però costretto a chiarire “ sin da principio che queste idee oggi non solo non sono politicamente attuabili” ma nemmeno auspicabili e che “ forse, se i governi non avessero mai interferito, si sarebbe creato una sorta di accorgimento monetario che non avrebbe richiesto deliberati controlli ”; ma “ oggi non abbiamo più possibilità di scelta. Non conosciamo sostanziali alternative alle istituzioni creditizie a cui ora è affidata l’organizzazione degli affari. Gli sviluppi storici hanno creato condizioni in cui l’esistenza di tali istituzioni rende necessario un deliberato controllo degli interdipendenti sistemi monetario e creditizio. Altre circostanze, che non possiamo certo sperare di mutare alterando semplicemente i nostri assetti monetari, rendono poi inevitabile, almeno per ora, che questo controllo sia in gran parte esercitato dallo Stato”.#
Le cause sono da attribuirsi al fatto che le variazioni delle offerte monetarie, di ogni moneta in ogni tempo, creino più danni di qualsiasi altro fattore; alla circostanza, più peculiare, di un sistema monetario in cui l’offerta di denaro è strettamente connessa al credito; e infine alla caratteristica del moderno Occidente, nel quale i volumi della spesa pubblica sono tali da non permettere riforme radicali.
Sulla prima di queste cause si è trattato in questo lavoro. Sulla questione creditizia Hayek scrive che, a causa delle fluttuazioni dell’offerta moneta nel sistema creditizio moderno #, causanti ricorrenti crisi di panico, hanno portato all’istituzione di un’autorità che potesse invertire d’arbitrio l’offerta del mezzo di scambio generalmente accettato: la Banca Centrale: “ un sistema che fa largo uso del credito bancario” scrive Hayek, “deve necessariamente poggiare su di un organismo centrale sempre in grado di offrire moneta e di influenzare l’offerta complessiva di credito attraverso tale controllo” #. Ma sebbene vi siano “ forti e probabilmente valide ” ragioni per auspicare la massima indipendenza di queste istituzioni dallo Stato e dalla sua politica finanziaria, questo è esattamente il contrario di ciò che è avvenuto. Questo perché una politica monetaria indipendente dalle politiche finanziarie pubbliche è possibile finché la spesa è contenuta entro certi limiti e soprattutto finché il debito pubblico costituisce solo una piccola parte degli strumenti creditizi. Una situazione palesemente diversa da quella odierna. E infatti:

In questo caso, il coordinamento significa necessariamente che le autorità monetarie, nominalmente ancora indipendenti, di fatto dovranno adattare la loro politica a quella del governo. Ci piaccia o no, questo è pertanto inevitabilmente il fattore determinante.

Il pericolo maggiore di un controllo governativo della politica monetaria è l’inflazione, ancor peggio quando essa è mascherata attraverso “metodi più subdoli” che sfuggono l grande pubblico. Storicamente i ricorsi dei governi a politiche inflazionistiche è un tema sufficientemente conosciuto e ampio da potermi permettere di non trattarlo qui. Ricordo solo che le forme di inflazionismo sono molteplici e vanno dallo svilimento dei conii - di una moneta legale - alla sopravvalutazione artificiale di nuova moneta, dall’emissione monetaria selvaggia (di cui Weimer rappresenta un caso quasi mitico, una lezione che incredibilmente “uomini di stato” come Robert Mugabe non sembrano conoscere) fino alla svalutazione. Hayek aggiunge che gli stessi sistemi assistenziali e di tassazione progressiva incentivano il ricorso a tale strumento. Paradossalmente gli effetti dell’inflazione hanno avuto un peso determinante nella richiesta del pubblico di misure assistenziali. Per gli effetti negativi dell’inflazione rimando all’ampia letteratura in materia, e lo spazio di un’appendice non può essere certo sufficiente per trattare tale argomento. Quello che preme sottolineare è che non è vero, come generalmente si crede, che l’inflazione sia una costante dei sistemi economici. Come ricorda Hayek, nei duecento anni che precedettero il 1914, il periodo del gold standard, i prezzi in Gran Bretagna fluttuarono intorno ad una costante e finirono quasi al livello iniziale. Lo stesso vale per gli Stati Uniti tra il 1749-1939 #.
Dopo una discussione sui problemi dell’inflazione, e di come troppo spesso essa sia stata evocata per combattere la deflazione, Hayek conclude che una norma meccanica, rigida, che abbia di mira gli obiettivi nel lungo periodo e tolga discrezionalità alle autorità governative legandone le mani nelle decisioni a breve termine (ovvero un’inversione del rapporto) darebbe risultati migliori di una situazione in cui le pressioni politiche indirizzano la politica monetaria. Gli argomenti contrari alla discrezionalità della politica monetaria si fondano sull’idea che essa dovrebbe essere prevedibile l massimo. Le situazioni in cui le autorità di politica monetaria sono chiamate a decidere sono proprio le più sfavorevoli per le previsioni a lungo termine e perciò si può concludere che probabilmente delle norme rigide funzionerebbero meglio. Il problema è che non si conosce nessun meccanismo automatico che muti l’offerta di moneta per ricollocarla al livello desiderato in maniera sicura e non pervasiva qualora ce ne fosse bisogno. Il gold standard, che forniva in un certo qual modo quelle norme rigide ricercate, non sembra essere un’alternativa praticabile. Anche se fosse vero che tale sistema funzionò meglio di altri e che i suoi difetti furono esagerati, è necessario ricordare come esso funzionasse in quanto accettato internazionalmente: se gli Stati Uniti fossero tornassero unilateralmente ad un sistema del genere, la loro politica determinerebbe il valore dell’oro, e non l’oro il valore del dollaro. E non è da trascurare nemmeno il fatto, ricordato da Hayek, che esso basava su “certi punti di vista e certe credenze che probabilmente oggi non esistono più” #. La proposta che avanza, non in maniera analitica, per perseguire gli scopi di una base fortemente automatica suscettibile di essere accettata internazionalmente, è quella di una moneta di riserva che abbia come riferimento determinati beni, dei quali sono stati preventivamente studiati i particolari. Ma non ha fiducia né che tale proposta possa essere implementata, né che, qualora lo fosse, essa venisse gestita correttamente. # Questo perché, anche fornendo alle autorità un potere discrezionale molto limitato, il risultato dipenderà per lo più dalle decisioni che, entro quei limiti l’autorità adotta. Decisioni che possono ritardare - e quindi rendere vana - l’applicazione della norma rigida o andare dalla parte opposta, rendendone impossibile l’applicazione. Ciò nonostante l’unica strada praticabile sembra proprio quella di vincolare la politica monetaria a precisi obiettivi, piuttosto che imporle azioni specifiche.

La conclusione del capitolo è un monito, e andrebbe inserita nel più ampio contesto filosofico dell’opera. Ci viene ricordato, e su questi due punti “non si insisterà mai abbastanza” #, che la spinta al sempre maggiore controllo da parte dello Stato non può essere arrestata senza arrestare le sue politiche inflazionistiche e che la strada dell’inflazione, una volta imboccata, ci pone davanti a due scelte: o affrontare un rialzo continuo dei prezzi, o pagare l’errore in termini di depressione e recessione. Anche un tasso moderato di inflazione è pericoloso, essendo la strada più facile, e più battuta storicamente parlando, per rimediarvi quella di aumentare tale tasso ancora un ‘pochino’. Tertium non datur.
Inviato il: 28/6/2008 10:44
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  •  sick-boy
      sick-boy
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#4
Dubito ormai di tutto
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IL CICLO DEL CREDITO

Il primo effetto di un aumento dell’attività produttiva cui la politica delle banche dà l’avvio quando vengono concessi prestiti al di sotto del saggio di interesse naturale, è[..] l’aumento dei prezzi dei beni di produzione, mentre i prezzi dei beni di consumo crescono solo moderatamente[…]Ma presto si instaura un movimento inverso: i prezzi dei beni di consumo crescono ed i prezzi dei beni di produzione cadono, cioè il saggio sui prestiti cresce e si avvicina di nuovo al saggio naturale. #

Mises.

Hayek introduce a questo punto un’ulteriore distinzione: quella tra beni # che possono essere utilizzati vantaggiosamente in tutti gli stadi della produzione e beni utilizzabili in uno o pochi stadi al massimo. Chiama dunque beni specifici i secondi (che possono essere complessi macchinari o interi comparti industriali) e non specifici gli altri (martelli, tenaglie, cacciaviti, tute, occhiali ecc.). Chiarito che le differenze temporanee tra i prezzi offerti nei diversi stadi di produzione sono l’unico stimolo per il trasferimento dei beni di produzione da uno stadio all’altro, se si trascura il fatto che la conoscenza tecnica possa far variare l’utilità di alcuni beni, risulta chiaro che la causa della variazione dei rendimenti non può altro che essere una variazione del prezzo del prodotto dello stadio di produzione considerato.
Parlando dei margini di prezzo che si creano in seguito alle fluttuazioni, Hayek introduce l’interesse, fin qui trattato come il pagamento di un determinato fattore di produzione, al pari dei salari. Tali margini di prezzo sono completamente assorbiti dall’interesse in equilibrio, ma se non esistessero non ci sarebbe neppure l’incentivo ad investire moneta in produzione piuttosto che lasciarle inutilizzata. In ogni caso si limita a ricordare che, ceteris paribus, tali margini si restringono quando i processi indiretti di produzione si allungano e viceversa. In altre parole il fatto che in equilibrio i margini in media non esistano non significa che sia così anche durante la transizione.

Il punto di partenza per l’indagine è il cambiamento della domanda relativa di beni di consumo rispetto ai beni di produzione ed i suoi effetti sui prezzi e sul tasso di interesse. Ritorniamo dunque al caso in cui vi sia un cambiamento della domanda in favore dei beni di produzione, i cui prezzi crescono mentre i prezzi dei beni di consumo diminuiscono. Tuttavia i prezzi dei beni di produzione non crescono uniformemente. I prezzi dello stadio che immediatamente precede l’ultimo, a causa della caduta dei prezzi dei beni di consumo, si restringeranno maggiormente dell’aumento di fondi disponibili per i beni di produzione, anche se in misura minore del prezzo all’ultimo stadio. Questo equivale ad un restringimento del margine di prezzo tra i due stadi, che renderà meno vantaggioso l’utilizzo dei fondi nell’ultimo stadio e più vantaggioso nei primi, ed una parte dei fondi impiegati tenderà a spostarsi verso questi. Lo spostamento di fondi verso i primi stadi della produzione tenderà a ridurre i margini di prezzo negli stadi precedenti, e la tendenza alla crescita cumulativa dei prezzi supererà la caduta. La crescita del prezzo in uno stadio di produzione creerà un extra-profitto nello stadio precedente, dove già i profitti crescevano per effetto dell’aumento della domanda. Infine, dopo la caduta dei prezzi negli ultimi stadi di produzione e la crescita nei primi, i margini di prezzo si ridurranno ovunque. #
Come conseguenza molti beni non-specifici si sposteranno verso i primi stadi della produzione, fino ad un pareggiamento dei rendimenti nei diversi stadi, e la generale contrazione dei margini di prezzo consentirà di iniziare a produrre in stadi nuovi e più lontani, prima non profittevoli. Aumenterà pertanto non solo il tempo che mediamente intercorre tra l’immissione dei mezzi originari nella produzione e la maturazione del bene di consumo, ma anche il numero dei suoi stadi.
La reazione alla transizione dei beni specifici è diversa e non uniforme. A seconda della diversa profittabilità negli stadi più alti piuttosto che quelli più bassi della produzione, il loro prezzo e rendimento rispettivamente tenderà a crescere o diminuire. In ogni caso un allungamento della catena produttiva e la creazione di nuovi stadi richiede spesso nuovi beni specifici. #
Con alcune eccezioni, nel caso di un aumento della domanda dei beni di consumo, gli effetti saranno esattamente opposti.

Il tasso di interesse sul mercato dei prestiti dovrebbe però rivelare, in tempi più brevi di quelli impiegati dalla transizione, l’effetto finale sui prezzi relativi.

Soltanto in casi relativamente rari le persone che hanno risparmiato moneta saranno le stesse che vogliono usarla per la produzione. Nella maggior parte dei casi, perciò, la moneta diretta nuovi usi dovrà prima passare per altre mani. Alla domanda: chi userà i fondi aggiuntivi disponibili per l’investimento in beni di produzione, verrà data risposta sul mercato dei prestiti. Solo ad un saggio di interesse più basso di quello che prevaleva precedentemente sarà possibile prestare quei fondi, e l’entità della caduta del saggio di interesse dipenderà dall’ammontare di fondi aggiuntivi e dalle aspettative di profitto degli imprenditori desiderosi di espandere la loro produzione. Se questi imprenditori si formano opinioni corrette sulle variazioni dei prezzi attesi in seguito ai cambiamenti del metodo di produzione, il nuovo saggio di interesse dovrebbe adattarsi al sistema dei margini di prezzo che alla fine si stabilirà. In questo modo, fin dall’inizio, i fondi aggiuntivi resi disponibili verranno impiegati unicamente da quegli imprenditori che sperano di ottenere profitti più alti dal loro impiego, e verranno escluse tutte quelle espansioni della produzione per le quali i fondi non sono sufficienti. #

Al contrario un tasso di interesse che non sia quello contrattato sul mercato dei prestiti, può orientare male la produzione facendo sembrare profittevoli anche ad agenti razionali, investimenti che, per via di tali influenze monetarie, non risultano esserlo o addirittura non possono essere complicati. Precisamente l’abbandono del processo produttivo e la perdita del capitale costituiscono, come abbiamo visto, la crisi.

Cosa accade dunque immettendo moneta nella circolazione , o sottraendola? Anche in questo caso Hayek tratta separatamente il caso di una variazione della moneta destinata alla produzione e al consumo.

Nel caso di un espansione dei crediti concessi ai produttori, attraverso il mantenimento del tasso di interesse al di sotto del suo livello di equilibrio, si è visto come operi la transizione verso metodi di produzione più capitalistici. Contrariamente al caso del risparmio, ciò avverrà senza alcuna riduzione delle preferenze di consumo. Quando giungeranno sul mercato in quantità limitata quei beni di consumo degli stadi di produzione dai quali i beni di produzione sono stati sottratti per essere impiegati in stadi più alti, la scarsità dei beni di consumo ne farà aumentare il prezzo. Non sono disponibili quelle scorte che sarebbero presenti in forma di beni di consumo se l’aumento della produzione fosse stata causata da un aumento del risparmio. Nel momento in cui gli imprenditori crederanno di poter disporre di maggiori risorse e i profitti attesi saranno più alti, i salariati disporranno di redditi monetari più alti e in generale la gente reagirà alla scarsità di beni di consumo - volendolo mantenere inalterato - spendendo più moneta per il consumo, e causando un rialzo ulteriore dei prezzi, si verifica “ un nuovo cambiamento, in senso inverso, della proporzione tra la domanda di beni di consumo e la domanda di beni di produzione in favore dei primi ”#.
Tale inversione deve necessariamente riaccorciare la catena produttiva ed effettuare la transizione verso metodi meno capitalistici, a meno che non vengano concessi proporzionalmente altri crediti ai produttori, ai quali la crescita dei prezzi dà temporanee aspettative di extra-profitto. Ciò solitamente accade per qualche tempo, ma le banche non possono espandere illimitatamente il credito, e anche se potessero la spirale inflazionistica imporrebbe dopo qualche tempo di prendere provvedimenti.

Hayek fa a questo punto la supposizione che ciò accada per un paio d’anni, dopodichè le banche si vedono costrette a bloccare l’espansione. Innanzitutto, l’effetto immediato del blocco dell’espansione del credito è che l’ammontare di moneta maggiore speso in beni di consumo (per reagire alla scarsità di beni e conseguentemente alla contrazione del consumo) non è più compensato da un aumento proporzionale della domanda in beni di produzione. Quindi, all’inverso di ciò che accadeva quando ad aumentare era la domanda per i beni di produzione, i beni dell’ultimo stadio aumentano di prezzo e si creano, in generale, extra-profitti negli stadi più bassi della catena, causando il trasferimento verso di essi di molti beni non-specifici, che ora possono essere utilizzati con rendimento maggiore in questo punto della produzione. La nuova domanda di questi beni provocherà un aumento relativo dei loro prezzi, aumento considerevole tenuto conto che ad esso si aggiunge un livello dei prezzi dei beni di consumo maggiore di quello che si avrà dopo l’adeguamento dell’offerta alla domanda. Inoltre la catena di produzione tenderà ad accorciarsi, ovvero ad arrivare più velocemente il bene finito sul mercato. Infatti l’aumento del prezzo relativo dei fattori originari e dei prodotti intermedi facilmente trasferibili renderà svantaggiosi i processi più lunghi, la cui prima conseguenza è la caduta dei prezzi dei beni di produzione più specifici, la cui produzione verrà interrotta (a causa del trasferimento di beni complementari di carattere non specifico, i beni specifici sono divenuti relativamente abbondanti; può convenire, ora, terminare i processi produttivi tramite i fattori originari piuttosto che affidarsi a beni specifici, solitamente presenti negli ultimi stadi della produzione). La caduta del prezzo dei prodotti intermedi, cumulativa, porterà infine ad un arresto del lavoro in tutti i primi stadi dei processi più lunghi. Quindi molti processi non possono essere continuati in maniera profittevole, ed i lavoratori impiegati nei primi stadi lo sono adesso ad un prezzo svantaggioso per l’imprenditore. Inoltre, poiché l’avvio di nuovi processi di produzione più brevi deve necessariamente ripartire da zero, i nuovi beni di consumo potranno assorbire i prodotti intermedi solo gradualmente, man mano che i nuovi beni avanzano verso il consumo ed i prodotti intermedi necessari avanzano.

Così che, mentre nei processi più lunghi le attività produttive cessano quasi nello stesso istante in cui diventano svantaggiose per effetto della variazione dei prezzi relativi dei beni specifici e non-specifici in favore degli ultimi e dell’aumento del saggio di interesse, i beni lasciati liberi troveranno nuovo impiego solo quando i nuovi processi più brevi saranno prossimi al completamento. #

La situazione, spiega l’economista austriaco, è simile a quella degli abitanti di un’isola che abbiano lavorato per costruire una macchina destinata a rifornirli di tutte le cose necessarie, salvo poi scoprire di aver esaurito i risparmi e tutto il capitale libero #. Non avrebbero altra scelta che abbandonare il processo per dedicarsi al sostentamento quotidiano. Solo qualora accumulassero nuovamente le scorte necessarie a compiere il processo produttivo senza esaurire il cibo potrebbero rimettere in funzione la macchina. Nel mondo reale, semplicemente, il lavoratore rimosso dal processo produttivo, diviene disoccupato, non potendo senza l’ausilio di capitale produrre a sufficienza per vivere. Le conclusioni qui riportate valgono per tutti i beni e servizi la cui messa al consumo richiede beni e servizi ausiliari che, in seguito ad un mutamento della struttura produttiva, potrebbero non essere disponibili nelle quantità desiderate. In altre parole la macchina capitalistica può funzionare in maniera continua solo fintanto che si consumi quella parte di reddito destinata al consumo secondo l’organizzazione corrente della produzione. Ogni aumento del consumo richiede, preventivamente, risparmio nuovo. E’ ingannevole pensare che la struttura del capitale esistente, come sostengono in molti per via dell’esistenza di impianti produttivi sovradimensionati, possa permettere di accrescere la produzione quasi illimitatamente: gli strumenti durevoli di produzione non rappresentano tutto il capitale necessario ad espanderla, e sarebbe invece necessario investire una gran quantità di altri mezzi in investimenti lunghi che darebbero risultati solo in futuro.
“ L’esistenza di capacità produttiva inutilizzata, perciò, non dimostra affatto l’esistenza di un eccesso di capitale e di un consumo insufficiente: al contrario, è un sintomo della nostra incapacità di utilizzare appieno gli impianti fissi perché la domanda corrente di beni di consumo è troppo pressante per permetterci di investire i servizi produttivi correnti in processi produttivi lunghi per i quali (a causa del fatto che ‘ il capitale è stato male indirizzato ’) è disponibile la necessaria attrezzatura durevole ”.#

A seguito di tali conclusioni rimane in parte aperta la questione delle risorse inutilizzate, anche perché esse sono spesso state considerate ‘la’ condizione che giustifica il credito bancario. Hayek concede che la concessione di crediti durante la fase acuta della crisi possa avere temporaneamente qualche effetto benefico #, ma perché sia tale essa deve essere regolata così precisamente da bilanciare l’aumento iniziale dei prezzi dei beni di consumo e cosicché i crediti siano ritirati non appena i prezzi cadono e l’offerta di questi beni e dei beni di produzione si è adeguata alle nuove proporzioni delle rispettive domande. Tuttavia questi crediti potrebbero contribuire a mantenere vantaggiosi processi indiretti di produzione che non posso essere sostenuti senza ulteriori incrementi di credito. E, conclude Hayek, non si vede come le banche possano mantenere la circolazione entro questi limiti.

Quello che è necessario non è la cura della crisi, ma che i cambiamenti in atto nella struttura capitalistica siano completati al più presto, in modo da soddisfare le mutate condizioni della domanda. Se la struttura della domanda, determinata dagli individui (agenti) con le loro scelte (preferenze) viene distorta con la creazione di una domanda fittizia, la produzione è male indirizzata e l’adattamento alle condizioni reale di mercato è rinviato. Non esistono cure, se non il tempo. Hayek:

..giungiamo a risultati che non fanno altro che confermare l’antica verità secondo la quale possiamo forse impedire l crisi frenando a tempo l’espansione del sistema economico ma, una volta che essa è sopraggiunta, non possiamo fare nulla per uscirne prima che essa sia naturalmente conclusa.

LA MONETA

Alla luce dell’analisi fin qui sviluppata Hayek trae ora le conclusioni sulla moneta. Il primo risultato a cui si è giunti è che una caduta dei prezzi proporzionale all’aumento della produttività non solo è innocua, ma è l’unico mezzo che il sistema economico conosce per allineare la struttura produttiva alle preferenze. Una transizione verso metodi di produzione più capitalistici ha sì l’effetto di ridurre il reddito monetario - salvo in caso di completa integrazione verticale della produzione - e, tenendo conto della rigidità nominale dei salari, creerebbe dei disturbi evitabili sono immettendo nel sistema una quantità di moneta aggiuntiva esattamente pari alla variata proporzione tra domanda di beni di consumo e di produzione, al fine di mantenerla inalterata, obiettivo non perseguibile nella pratica; come abbiamo visto però quest’effetto sarebbe compensato dall’aumento del reddito reale, al minor prezzo cioè al quale è possibile acquistare i beni di consumo.
Si ricorda che quando parliamo di cambiamento nella quantità di moneta in questo contesto ci si riferisce alla totalità dei mezzi di scambio disponibili in un sistema economico chiuso o nel mondo intero (il che è equivalente); quando invece si tratta di problemi pratici, ci si riferisce alla quantità di moneta circolante come un particolare genere di mezzo di scambio usato da una o più nazioni parte di un sistema economico più ampio. Questa distinzione è importante perché la moneta circolante, come è definita nel secondo caso, è continuamente soggetta a fluttuazioni - quando aumenta o diminuisce il volume della produzione locale, anche qualora la quantità totale di moneta resti costante.
Affinché i prezzi non subiscano influenze monetarie - ovvero al fine di avere una moneta neutrale - l’offerta di moneta deve rimanere costante. E’ possibile? Non sono forse gli economisti giunti alla conclusione che l’ammontare di moneta necessario allo svolgersi dell’attività economica deve fluttuare regolarmente con le stagioni e che le banche centrali non solo, nel rispondere alle accresciute o diminuite domande di moneta, possono soddisfare tali esigenze senza provocare danni ma devono necessariamente farlo per evitare inceppi nel sistema? Come si concilia, si chiede Hayek, tutto ciò con i risultati a cui ci ha portato l’analisi? Le ragioni per cui le fluttuazioni sono necessarie nei singoli paesi valgono anche qualora si consideri il sistema monetario nel suo complesso e la quantità totale di moneta? Riportiamo per intero la lucida argomentazione di Hayek:

L’aumento o la diminuzione della quantità di moneta che circola in un area geografica assolve ad una funzione altrettanto determinata da quella svolta dall’aumento o diminuzione dei redditi monetari dei singoli individui, cioè la funzione di rendere gli abitanti capaci di appropriarsi di una quota maggiore o minore del prodotto del mondo. La grandezza relativa dei redditi totali di tutti li individui di una comunità ‘aperta’ sarà sempre in un ben preciso rapporto con la quota che essi ottengono del prodotto totale del mondo. E se la circolazione monetaria entro quella nazione cresce regolarmente come conseguenza di un aumento della sua produzione, questa è solo una delle tappe, nel processo di aggiustamento, necessarie affinché quella nazione diventi capace d ottenere per sé una porzione maggiore del prodotto del mondo. Quello che, se considerato dal punto di vista della singola nazione, sembra un aumento assoluto della quantità di moneta in circolazione conseguente ad un aumento della produzione, di fatto non è altro che un cambiamento nella distribuzione relativa locale della moneta utilizzata da tutte le nazioni, che a sua volta è la condizione necessaria per un cambiamento nella distribuzione del prodotto del mondo intero.[..] [Questo] non è una prova che lo stesso sarebbe necessario per una comunità isolata; dimostra piuttosto, per contrasto, quanto sarebbe inutile un aumento della circolazione monetaria sia per questa comunità che per il mondo intero. #


In fondo qui si sta esprimendo, con parole diverse, un giudizio sull’irrilevanza della moneta in quanto tale. O meglio, si argomenta che se essa altro non è che “specchio dei beni”, una maggior quantità di essa si diffonde in un paese in seguito ad un aumento dei beni; la moneta cioè non aumenta a partire da se stessa. Allo stesso modo un aumento nella quantità totale di moneta, uniformemente e proporzionalmente distribuito, non avrebbe alcun effetto sulla ricchezza, lasciando gli individui nelle stesse condizioni di prima per quanto riguarda la loro capacità di appropriazioni del prodotto. Se perciò la quantità totale di moneta è aumentata d’arbitrio, si opera un trasferimento di ricchezza a favore dei primi prenditori che si manifesta successivamente in una perdita di potere di acquisto di un’unità della moneta stessa: a parità di prodotto del mondo è necessario riallineare le proporzioni tra esso e la quantità di moneta ora presente; il tempo necessario affinché l’aggiustamento si compia è esattamente quello in cui i nuovi prenditori possono avvantaggiarsi della moneta ricevuta.

Un altro distinguo, causa di molte confusioni, che è necessario fare, è quello tra la domanda di moneta in generale e quella di particolari tipi di moneta. Il fenomeno di cui si parla è quello per il quale in alcuni periodi dell’anno una porzione maggiore della moneta circolante sarà in forma liquida. Questo accade ad esempio nei giorni di pagamento, piuttosto che in quelle stagioni dove i consumi sono più alti. Secondo Hayek, ciò non implica necessariamente una variazione del medio circolante, a patto di rendere questo concetto tanto da ampio da includervi qualsiasi cosa possa fungere, anche solo temporaneamente, come moneta. Questo perché ogni variazione della quantità di moneta, sia essa moneta legale - monete coniate, banconote, depositi bancari - o altri mezzi di scambio - si pensi alla cambiale - dovrebbe essere considerato nell’analisi teorica qui sviluppato equivalente. Queste ultime forme di credito che fungono da moneta e non possono essere controllate dall’autorità centrale, sorgono con una certa facilità anche perché, ed è bene non dimenticarlo, ci si aspetta che esse possano essere facilmente convertite in moneta. Ovvero non sono indipendenti dallo stato del ‘credito legale ’ .
A questo punto bisogna chiedersi se sia utile cercare di far variare il medio circolante in maniera tale da rendere la moneta interamente neutrale rispetto ai prezzi e se questo fine sia perseguibile da un’autorità monetaria.
Il credito di un paese è costituito, immaginandolo quantitativamente come una piramide rovesciata, al vertice dalla base monetaria, sopra al quale sta la banca centrale, quindi i crediti delle banche commerciali ed infine la totalità dei crediti commerciali esterni alle banche. Un’autorità monetaria può controllare direttamente i primi due, ed indirettamente il terzo gradino. Le proporzioni ( “l’angolo al vertice”) possono variare e durante un boom cresce l’ammontare di crediti concesso dalla banca centrale sulla stessa base monetaria, crescono i crediti delle banche commerciali e così via. “ Così, anche se le banche centrali riuscissero a mantenere la base della struttura del credito immutata durante la fase ascendente del ciclo, non vi può essere dubbio che la quantità totale del medio circolante nondimeno crescerebbe. Per impedire l’espansione, perciò, non è sufficiente che le banche centrali, contrariamente alla propria pratica, si astengano dall’espandere i loro propri crediti […] [ma] sarebbe necessario che esse contraessero proporzionalmente il credito ”.# Cosa che, si aggiunge, è ragionevolmente utopistico aspettarsi che accada.

Nonostante le possibilità di praticare simili politiche siano state - allora e oggi - nulle, e il continuo errato indirizzo della produzione ha prodotto un sistema i cui risultati nuovi sono stati principalmente nell’aumento della frequenza con cui il ciclo si manifesta, non si vede per quale motivo rifiutare, sulla base di una scarsa aderenza allo zeitgeist moderno #, l’analisi teorica e spingerla fino alle sue conseguenze pratiche.

In ultima analisi vengono analizzati i casi in cui un’impresa integra due o più stadi che prima erano svolti separatamente, ed il caso opposto in cui due o più stadi che esistevano in una impresa integrata siano ora svolti da imprese differenti. Nel primo caso si libera una quantità di moneta, ora non più necessaria per le transazioni, mentre nel secondo una quantità di moneta prima disponibile per la circolazione viene ora impiegata per effettuare i pagamenti necessari al passaggio dei beni attraverso gli stadi separati. I due casi influiscono sulla struttura produttiva e sono equiparabili, rispettivamente, al caso di un cambiamento nelle preferenze a favore della produzione e il caso opposto di un aumento in favore del consumo, anche se quantitativamente minori. Non v’è dubbio che in entrambe queste occasioni il ritiro della quantità di moneta aggiuntiva - o la sua immissione nella circolazione, a seconda - ristabiliscano immediatamente lo stato iniziale senza che i prezzi siano influenzati. Ma, come nei casi considerati in precedenza, se le motivazioni che spingono questi processi sono reali, al termini della transizione la struttura produttiva sarà nuovamente stabile e adatta alle proporzioni delle preferenza. Se viceversa la domanda del nuovo imprenditore di scorte liquide - nel caso della separazione di un’impresa prima integrata - venisse soddisfatta con la creazione di moneta nuova, il cambiamento della quantità di circolante non agirebbe sull’orientamento della domanda e servirebbe solo preservare l’equilibrio esistente. Si aggiunge inoltre che, se si vuole che la moneta sia neutrale rispetto al sistema dei prezzi e alla produzione, ogni cambiamento nelle proporzioni tra il flusso totale di beni e la quantità di essi che sono scambiato contro moneta dovrebbe essere compensato da un aumento del volume di moneta.

La situazione cambia quando si rimuove l’ipotesi, fin qui assunta, che la velocità di circolazione della moneta sia costante, ovvero fino a che si consideri solo l’ammontare dei pagamenti effettuati durante un dato periodo di tempo. L’eccezione - simmetrica - del paragrafo precedente, una volta rimossa quest’ipotesi, non è più la sola nel quale non possiamo considerare neutrale la moneta. I cambiamenti nella velocità di circolazione sono assimilabili a quelli nella quantità di moneta, e se si vuole che la moneta sia neutrale rispetto ai prezzi ogni cambiamento dovrebbe essere compensato da una proporzionale immissione o sottrazione della moneta nel sistema economico. Non solo: sarebbe necessario anche controllare che la moneta venga effettivamente data - o sottratta - a coloro che effettivamente la richiedano, ovvero sia immessa in quelle parti del sistema economico dove si verificano cambi nella velocità di circolazione. Nel caso della sottrazione il problema - che da un punto di vista esclusivamente teorico può non apparire insormontabile - sarebbe ancora più complicato. Tuttavia, tutto ciò può tradursi in pratica di politica economica? E’ impossibile accertare il saggio di interesse naturale che eliminerebbe ogni eccesso di domanda di capitale rispetto all’offerta di capitale reale, e anche se lo fosse, non sarebbe possibile impedire alle banche di espandere il credito durante la fase ascendente del ciclo. #

Hayek conclude che l’unica prassi di politica che può suggerire a partire dai propri risultati è in negativo: un aumento della produzione e del commercio non giustificano un’espansione del credito, e le banche “ non devono temere di creare danni alla produzione se eccedono in prudenza […] E’ probabilmente un’illusione pensare che saremo in grado di eliminare le fluttuazioni industriali attraverso una politica monetaria. Il massimo che possiamo sperare è che la crescente informazione presso il pubblico consenta alle banche centrali di seguire una politica cauta durante la fase ascendente del ciclo, così da mitigare la depressione successiva, come pure di opporsi alle proposte, avanzate in buona fede ma pericolose, di combattere la depressione attraverso ‘un po’ di inflazione’.# ”

Il futuro premio Nobel si dichiara modestamente soddisfatto # per ciò che ha messo in luce: la dubbia veridicità delle dottrine contemporanee sulla moneta, ed in particolare l’opinione che basti stabilizzare il valore di questa per eliminare tutte le sue influenze sul sistema dei prezzi - e che perciò, se la moneta è stabile, è lecito escluderla dall‘analisi teorica; la necessità di abbandonare la massima di Mill e di ripensare i compiti della teoria monetaria, più vasti “di quanto comunemente non si presuma” #. Essa deve ripercorrere “una seconda volta l’intero percorso” svolto dalla teoria pura nell’ambito del baratto, e analizzare quali cambiamenti si rendono necessari quando si introduce lo scambio indiretto. Fino a che questo lavoro non viene svolto, e non vi è accordo sulle questioni teoriche essenziali, non è possibile e nemmeno immaginabile una riforma di un sistema monetario ormai totalmente sottratto alle influenze dei singoli individui #.

Infine Hayek si riserva una stoccata, che chiude le sue lezioni:

Sebbene io creda che i ricorrenti stati di depressione economica possono essere spiegati soltanto a partire dall’operare delle nostre istituzioni monetarie, non credo sia possibile spiegare in questo modo ogni stato di stagnazione economica. Mi riferisco in particolare al tipo di depressione prolungata che alcune nazione europee stanno attualmente attraversando. Sarebbe facile dimostrare con lo stesso tipo di analisi che ho utilizzato nelle ultime due lezioni [‘Il ciclo economico’ e ‘la moneta’ in questo lavoro] che certi tipi di iniziative dello Stato, provocando una sostituzione tra la domanda dei beni di produzione e la domanda dei beni di consumo, possono provocare un continuo accorciamento della struttura capitalistica della produzione, e perciò una prolungata stagnazione. Questo può accadere nel caso di una crescita della spesa pubblica in generale, o di particolari forme di tassazione o di spesa pubblica. In questi casi, naturalmente, nessuna manipolazione del sistema monetario può esserci d’aiuto. Solo una radicale revisione della politica fiscale può fornire la cura. #


Milano, ieri
Inviato il: 28/6/2008 10:43
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Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#3
Dubito ormai di tutto
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L’ANALISI

Nello studiare le cause delle fluttuazioni della produzione, Hayek elenca in primo luogo le dottrine che sono state grosso modo accettate fino ad allora. In particolare si preoccupa di confutare l’idea che l’esistenza di risorse non utilizzate sia una condizione necessaria per l’aumento di produzione e che essa possa essere usata come punto di partenza per l’analisi teorica. Il punto di partenza dovrebbe coincidere invece con il punto di arrivo della teoria economica generale, ovvero l’equilibrio, in cui non esistono risorse inutilizzate #.

E’ importante poi definire cosa si intende quando si parla , qui, di aumento della produzione: non i cambiamenti dei metodi dovuti alla conoscenza tecnica, ma “ l’ aumento di produzione reso possibile da una transizione verso metodi di produzione più capitalistici o, il che è lo stesso, da una organizzazione della produzione tale che, in ogni dato momento, le risorse disponibili vengono impiegate per soddisfare i bisogni di un futuro più distante di prima ” #. Cioè la transizione verso catene produttive più lunghe in cui tra l’ingresso delle materie prime e la fine del prodotto all’ultimo stadio intercorre un tempo maggiore. La ragione d’essere di ciò è che allungando il processo è possibile ottenere una quantità maggiore di beni di consumo a parità di mezzi originari di produzione. Questa definizione di aumento della produzione è necessaria per comprendere come possa accadere che sia temporaneamente impossibile utilizzare tutte le risorse disponibili, come si vedrà più avanti.
Nel linguaggio di Prices and Production la parola produzione definisce inoltre tutti i processi necessari per portare i beni nelle mani dei consumatori. Terra e lavoro sono i mezzi originari di produzione, mentre la dicitura fattori di produzione include anche il capitale. Il capitale a sua volta include tutti i fattori da cui è tratto il reddito sotto forma di salari, interessi e rendite. Con beni di produzione si intendono invece i beni esistenti che non sono beni di consumo. I prodotti intermedi sono invece i beni di produzione esclusi i mezzi originari di produzione.

A questo punto trovo utile dare una rappresentazione schematica del modello di produzione che ha in mente Hayek.



Gli impieghi successivi dei mezzi originari di produzione necessari alla produzione dei beni di consumo sono rappresentati dall’ipotenusa del triangolo rettangolo. Il valore di tali mezzi è rappresentato dalla proiezione sull’asse verticale dell’ipotenusa. Le linee verticali si hanno in corrispondenza della realizzazione di un prodotto intermedio, il cui valore è espresso dalla proiezione sull’asse verticale, il tempo necessario alla sua realizzazione dalla corrispondenza sull’asse orizzontale - che è appunto il tempo e si misura da sinistra a destra. In tal modo si può anche vedere quanto manca in termini di valore e tempo per la realizzazione del bene di consumo. Per semplicità il tempo è espresso in unità arbitrarie. Il cateto verticale del triangolo rappresenta il valore della produzione corrente dei beni di consumo, e l’area la totalità degli stadi successivi attraverso cui passano i mezzi originari prima di diventare beni di consumo. Appena cresce l’intervallo di tempo tra l’entrata nel sistema produttivo dei mezzi originari di produzione, e la loro uscita dall’ultimo stadio del processo, maturi per il consumo, la produzione diviene più capitalistica, e viceversa.
Il diagramma rappresenta anche il movimento della moneta, da destra verso sinistra, ovviamente contrario a quello dei beni. Gli scambi di moneta contro beni avvengono quando due stadi vicini del processo produttivo riguardano imprese diverse, mentre il passaggio dei beni è diretto nel caso di imprese integrate. In primo luogo si analizza il caso di stadi di produzione in cui ad ogni passaggio di beni vi è una contropartita monetaria. La proporzione di moneta spesa per i beni di consumo e quella spesa per i prodotti intermedi sarà uguale alla proporzione tra la domanda di beni di consumo e la domanda di prodotti intermedi.

Viste le difficoltà che si presentano nel trattare il caso continuo, Hayek ipotizza per semplicità che i mezzi originari di produzione siano applicati ad un tasso costante discreto per unità di tempo. Per fare un esempio si può ipotizzare che la produzione sia organizzata - per soddisfare un consumo pari a 40 - in cinque stadi, ognuno lungo 1 unità di tempo, alla fine di ognuno dei quali il valore dei prodotti intermedi sia maggiore di 8. Perciò al primo stadio avremo 8 dopo 1 unità di tempo, dopo 2 unità di tempo avremo prodotti intermedi per un valore di 16, dopo 3 unità il valore dei prodotti intermedi sarà 24, quindi 32 fino a raggiungere la quantità richiesta, 40, per il consumo. E’ possibile fare questa ipotesi semplificatrice senza perdere molto in generalità rispetto al caso continuo.

In altre parole la produzione procede ad intervalli di tempo regolari per stadi omogenei, in questo modo:

8 16 24 32 40

tempo ------------------------>

[purtroppo non riesco a importare il mio disegnino. Qui ogni numero rappresenta uno stadio di produzione, nei termini del valore del bene intermedio all'uscita da quello stadio]

La quantità di moneta spesa per la produzione può essere superiore in un periodo alla quantità spesa per i beni di consumo nello stesso periodo. Hayek cita uno studio di M.W.Holtrop che calcolò che i pagamenti effettuati per i beni di consumo negli Stati Uniti ammontavano a circa un dodicesimo dei pagamenti effettuati per i beni di produzione. Ma questo fatto è stato speso trascurato o non visto del tutto, tanto che lo stesso Smith scriveva che il valore delle merci che circolano tra commercianti non può mai superare il valore delle merci che circolano tra commercianti e consumatori. Ciò che non è stato capito è che i beni possono essere scambiati molte volte contro moneta prima di arrivare ai consumatori, “ in media tante volte quanto l’ammontare speso per i beni di produzione è maggiore dell’ammontare speso per beni di consumo #”. Ed infatti nel nostro esempio, ipotizzando che i valori siano stati espressi in termini monetari, si ha una spesa per il consumo pari a 40 e una spesa per i prodotti intermedi pari a 8+16+24+32=80. La proporzione 40:80 rappresenta il rapporto tra la produzione di beni di consumo e la produzione di beni intermedi.

Un altro punto importante è che la struttura produttiva non rimane inalterata, né in termini di lunghezza, né in termini di grandezza. Essa rimane tale solo se gli imprenditori troveranno vantaggioso re-investire le stesse proporzioni dei propri ricavi nello stesso modo. Nelle parole di Hayek:

Il mantenimento del grado esistente dell’organizzazione capitalistica dipende, perciò, dai prezzi pagati ed ottenuti per il prodotto di ciascuno stadio di produzione, e questi prezzi, quindi, sono un fattore molto concreto e realmente importante nel determinare l’orientamento della produzione.


La transizione verso metodi di produzione più capitalistici avviene perciò quando si modifica la proporzione tra la domanda di beni consumo e beni di produzione in favore di quest’ultima, e viceversa. Essa può avvenire per effetto di una modifica volontaria nelle preferenze di consumo e risparmio, o per una modificazione della quantità di moneta. Nel caso di un aumento del risparmio volontario, che modifichi ad esempio la relazione precedente da 40:80 a 30:90 (ovvero 1:3), l’ammontare maggiore reso disponibile per la produzione viene impiegato per organizzarla in maniera tale da consentire di vendere la produzione di beni di consumo a 30. Ciò comporta che la durata media dei processi indiretti e degli stadi intermedi aumenti in proporzione all’aumentata domanda di beni di produzione. Alla fine della transizione la struttura ne risulterà modificata. Il prezzo unitario dei fattori produttivi, disponibili nella medesima quantità se si trascura l’aumento di capitale, cadrà nella stessa proporzione mentre il prezzo unitario dei beni di consumo, disponibili in maggiori quantità in seguito all’adozione di metodi di produzione più capitalistici, cadrà in misura possibilmente maggiore. Inoltre la quantità spesa negli ultimi stadi produzione è diminuita, mentre è cresciuta nei primi stadi. Una volta modificata la struttura di produzione essa, se le preferenze non si modificano nuovamente, rimane permanente. Una quantità invariata di moneta non crea in questa situazione alcuna difficoltà rispetto all’aumento della produzione dei beni di consumo, all’aumento della circolazione dei beni di produzione e del numero degli stadi.

La nuova struttura di produzione sarà pertanto:

4.3 8.6 12.9 17.1 21.4 25.7 30

Cosa succede quando la quantità di moneta non rimane invariata? Hayek esamina il caso di un aumento della moneta sotto forma di concessione di crediti ai produttori, supponendo che essi siano concessi per creare artificialmente il rapporto tra le preferenze per beni di consumo e risparmio analizzato in precedenza sotto forma di risparmio volontario. A tal fine la quantità aggiuntiva di moneta che deve essere concessa è pari a 40 (il rapporto diviene infatti 40:120, 1:3). La prima differenza rispetto alla situazione del risparmio volontario è che il valore dei beni intermedi è maggiore, poiché la produzione può essere rivenduta per 40. L’altra differenza, più importante è che nel caso del risparmio volontario non v’era ragione per un ripristino delle posizioni iniziali: esso avveniva perché un certo numero di individui aveva deciso di modificare la proporzione del proprio reddito destinata al risparmio, ottenendo alla fine della transizione una parte maggiore dell’accresciuto reddito reale #.
Nel caso dell’espansione del credito il risparmio non è effettuato volontariamente da coloro che trarranno profitti dai nuovi investimenti. E’ fatto invece dai consumatori nei termini in cui ottengono meno beni in cambio del loro reddito monetario, nonostante le loro preferenze di consumo non siano mutate. Se il loro reddito monetario aumentasse tenderebbero ad espandere il consumo secondo le loro preferenze iniziali, modificando nuovamente la struttura produttiva, ovvero accorciando i processi e aumentando le quantità di moneta scambiate negli ultimi stadi della produzione. Alla fine della transizione il valore monetario dei beni di consumo risulta aumentato, l’organizzazione della produzione meno capitalistica e “ parte del capitale nuovo investita in un’attrezzatura adatta solo ai processi più capitalistici andrà perduta #”. Tale transizione verso metodi di produzione meno capitalistici per Hayek assume necessariamente la forma della crisi economica. Questo restringimento della catena produttiva avviene anche come conseguenza di una accresciuta quantità di moneta disponibile per i consumatori, anche se gli effetti sono generalmente meno gravi.

Da ricordare che la proporzione di quantità di beni scambiati contro moneta ed il flusso totale dei beni non va confuso con la proporzione tra il volume dei pagamenti monetari ed il volume fisico dello scambio. Se una porzione costante del flusso totale dei beni vieni scambiata contro moneta, essa rimane invariata anche quando il volume degli scambi cresce relativamente alla quantità di moneta impiegata per i pagamenti ed i prezzi cadono.
Inviato il: 28/6/2008 10:38
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  •  sick-boy
      sick-boy
Re: Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#2
Dubito ormai di tutto
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Prices and Production#
Il Ciclo Economico Nelle Lezioni di F.von Hayek






























INTRODUZIONE

Ciò che spinge Hayek a tenere le quattro lezioni all’Università di Cambridge nel 1931 da cui è tratto lo scritto qui in esame è, come lui stesso dichiara nella prefazione della prima edizione inglese, la necessità di confutare le dottrine inflazionistiche, presenti in forme diverse in svariati ambiti del pensiero economico di allora (e presenti tutt’oggi). Tale necessità deriva dalla convinzione che esperimenti governativi di manipolazione della moneta e del credito poggino sull’idea, ritenuta sbagliata, di “una moneta ‘elastica’ che si espanda e contragga ad ogni fluttuazione della ‘domanda’ ”#.
Lungi dall’essere totalmente insignificanti # le influenze monetarie hanno un peso determinante nell’indirizzare il volume e l’orientamento della produzione. Nel dichiarare ciò che costituisce l’oggetto della sua analisi Hayek aggiunge:

Eppure, nel caso ci venisse chiesto se la comprensione della relazione tra moneta e prezzi abbia fatto grandi progressi durante questi anni, tenendo conto di tempi anche recentissimi, o se le dottrine comunemente accettate su questo punto abbiamo progredito molto rispetto a quando era generalmente noto un centinaio di anni fa, sarei incline a rispondere in modo negativo. Questa affermazione può sembrare paradossale, ma penso che chiunque abbia studiato la letteratura sulla moneta della prima metà del diciannovesimo secolo converrà che è ben difficile trovare un’idea nella teoria monetaria contemporanea che non fosse già nota […] Eppure confesso che alcuni dei problemi fondamentali in questo campo mi sembrano tuttora irrisolti, che la validità di alcune delle dottrine accettate mi pare sia molto dubbia, e che abbiamo persino trascurato di sviluppare alcuni dei suggerimenti utili forniti da quei primi scrittori.

Una teoria monetaria degna dovrebbe, per prima cosa, non tenere separati, sostanzialmente e metodologicamente, l’indagine sui valori che si suppone esistano indipendentemente dalla moneta e la ricerca su moneta e prezzi. L’errore è quello di cercare connessioni causali dirette tra la quantità totale di moneta, il livello generale dei prezzi e il volume totale della produzione. Se nessuna di queste grandezze in quanto tale esercita un’influenza determinante sugli individui , è evidente che vi è un abisso tra questo tipo indagine e le “principali proposizioni della teoria economica non-monetaria” che “si basano proprio sull’assunzione della conoscenza delle decisioni degli individui”#. In altre parole Hayek insiste sulla necessità di una teoria economica veramente generale, che non studi “ l’equilibrio ” da un lato basandosi sulle decisioni di individui razionali in base ad informazioni rilevanti per la scelta, dall’altro in termini di macro-aggregati e valori medi che non influenzano direttamente le scelte degli agenti.# Piuttosto che dedicare le proprie ricerche e preoccupazioni alle tendenze di crescita “uniforme” del livello dei prezzi #, l’obiettivo dovrebbe essere la comprensione dei cambiamenti dei prezzi relativi e della modificazioni del livello generale attraverso sequenze temporali più o meno determinate. Questo frattura non è stata priva, secondo Hayek, di conseguenze nello sviluppo del pensiero economico e nella prassi:

[..]questa idea che i cambiamenti dei prezzi relativi e nel volume della produzione siano un conseguenza delle variazioni nel livello dei prezzi, e che la moneta modifichi i prezzi singoli solo attraverso l’influenza che esercita sul livello generale dei prezzi, è alla radice di almeno tre opinioni del tutto errate: primo, che la moneta agisce su prezzi e produzione solo se il livello generale cambia[…] secondo, che un livello dei prezzi crescente tende sempre a provocare un aumento di produzione, e un livello dei prezzi decrescente una riduzione […] e terzo, che la teoria monetaria possa essere descritta come niente di più di una teoria di come si determina il valore della moneta.




Richard Cantillion# fu il primo, nelle sue critiche a Locke, a tentare di spiegare come e in che proporzioni un aumento della quantità moneta causi un rialzo dei prezzi dei beni, in un’analisi che, partendo dalla scoperta di nuove miniere di oro e argento, mostra come i primi redditi ad accrescersi siano quelli delle persone collegate alla produzione e i primi prezzi che salgono quelli dei beni su cui si riversa la spesa aggiuntiva di tali soggetti. La conclusione è che l’aumento della moneta è nient’affatto indipendente dal tempo ma, anzi, esso favorisca i primi percettori del nuovo denaro e sfavorisca i gruppi che vedono aumentare per ultimi i loro redditi (monetari).
Tali argomentazioni saranno riprese da Hume nei Political Discourses, che pur non cita direttamente Cantillion e specifica che è solo nella fase intermedia, quella tra l’aumento di moneta e l’aumento dei prezzi, che “la quantità crescente di oro e argento è favorevole alle industrie”.

Il difetto principale di queste teorie, anche nella loro successiva formulazione soggettivista, sta, per Hayek, nell’incapacità di fornire alcuna proposizioni di carattere generale sugli effetti che dovrebbe causare un cambiamento della quantità di moneta. E annuncia:

Come mostrerò più avanti, infatti, tutto dipende dal punto in cui l’incremento di moneta entra in circolazione ( o dal punto in cui la moneta viene tolta dalla circolazione), e gli effetti possono essere del tutto opposti a seconda che essa giunga prima nelle mani dei commercianti e degli industriali oppure direttamente nelle mani degli impiegati dello Stato. #

Un ulteriore stadio di sviluppo delle teorie monetarie si ebbe quando esse cercarono di stabilire una relazione tra quantità di moneta e tasso di interesse. Allo stesso modo di Hayek, riporto per intero le argomentazioni di Henry Thornton, primo autore ad occuparsi di ciò nel 1802 in uno studio, Paper Credit of Great Britain, che cercava di stabilire se la Banca centrale d’Inghilterra tendesse a mantenere la circolazione entro certi limiti per evitare “pericolose svalutazioni”. La risposta è negativa:

Al fine di accertare quanto intenso ci si può aspettare che sia, in ogni istante, il desiderio di ottenere prestiti dalla banca, dobbiamo indagare sul tema riguardante la probabile quantità di profitti che da tali prestiti potrà derivare nelle circostanze esistenti. Questo problema deve essere valutato considerando due punti: primo, l’ammontare di interessi che deve essere pagato sulla somma presa a prestito; secondo, l’ammontare di profitti commerciali o di altra natura che può essere guadagnato impiegando il capitale preso a prestito. Il profitto che può essere guadagnato nel commercio è generalmente il più alto che si possa ottenere; ed esso regola anche, in larga misura, il saggio di profitto in tutte le altre attività. Possiamo perciò considerare questo un problema principalmente basato sul confronto tra saggio di interesse che la banca prende sui prestiti ed il saggio corrente di profitto nel commercio.

Il circolante potrebbe, secondo tale argomentazione, espandersi praticamente illimitatamente, se solo la Banca centrale tenesse i tassi sufficientemente bassi. La teoria fu poi ripresa da Ricardo nei suoi Principles, e dal fondatore della Currency school Thomas Joplin, che espose più chiaramente di chiunque altro fino ad allora, secondo Hayek, la relazione tra saggio di interesse e circolazione delle banconote. Joplin sostiene che la scelta tra banconote e moneta metallica non è affatto neutrale rispetto alla determinazione del tasso di interesse: mentre nel primo caso il “banchiere provinciale” non può sapere quale tasso di interesse è ‘giusto’ e dovrà far pagare per il prestito un prezzo fisso, nell’ eventualità di un prestito in moneta metallica conoscerebbe sempre le condizioni di mercato. Inoltre non potrebbe prestare moneta che non sia stata “risparmiata e messa nelle sue mani”; avrebbe perciò un ammontare definito di moneta da dare in prestito. A seconda delle condizioni di mercato della domanda accrescerebbe o ridurrebbe di conseguenza e proporzionalmente il tasso di interesse. “ Poiché le banche provinciali , tuttavia, non sono soltanto mediatrici del capitale iniziale, ma emettono moneta, la domanda di moneta e la domanda di capitale sono così mescolate insieme che la conoscenza delle due è totalmente confusa ”.

L’altro filone teorico del quale l’economista austriaco riporta la storia, è quello che si occupa della relazione tra una variazione della quantità di moneta e la produzione di capitale, ovvero dell’influenza della prima sulla produzione; la teoria del “risparmio forzato” - nome con il quale era nota ai tempi di Hayek - in particolare sosteneva che un aumento della quantità di moneta era in gradi di aumentare il capitale. J.Bentham già nel 1804 sosteneva che il governo può farsi promotore, tramite la tassazione o la creazione di cartamoneta, di un accumulo di ricchezza futura (ovviamente in termini di capitale). Malthus scrive che lo spostamento del “prodotto di un paese” nelle mani della classe produttiva # avrebbe sostanzialmente incrementato in breve tempo “il prodotto” del paese. Anche Mill accenna, nel quarto dei suoi Essay on Some Unsettled Questions of Political Economy, al fatto che il reddito, nelle mani dei banchieri, può essere convertito in capitale. E per descrivere la svalutazione della moneta che ne consegue parla di “accumulazione forzata”.

Knut Wicksell “alla fine del secolo riuscì finalmente a saldare insieme in modo definitivo questi due filoni di pensiero fino ad allora separati”# La sua teoria sostiene che il tasso di interesse (“saggio di interesse naturale”) sarebbe tale da equilibrare la domanda e l’offerta di risparmio; in un’economia monetaria la domanda e l’offerta di capitale si incontrano in forma monetaria ed essendo la quantità di moneta disponibile per usi capitali arbitrariamente modificabile dalle banche, il tasso può differire da quello naturale. Finché il tasso coincide con quello naturale, rimane neutrale rispetto ai prezzi dei beni, ovvero non li modifica. Quando però il tasso differisce da quello naturale, ad esempio quando si situa al di sotto, il circolante è troppo abbondante e i prezzi tendono al rialzo #.

Quello che Hayek, e non a torto, critica, è la conclusione che se il tasso di interesse coincide con quello naturale i prezzi rimarrebbero rigidi. Ciò non è vero perché, banalmente, le cause di un aumento dei prezzi possono essere molteplici #. Ciò che è vero che se i due tassi coincidono, i prezzi non subiscono influenze monetarie.

L’ultimo sviluppo delle teorie monetarie# si ha con Ludwig von Mises, di cui Hayek fu allievo all’università di Vienna, che studia separatamente le influenze monetarie sui beni di consumo e quelle che influenzano i beni di produzione, in una compiuta teoria del ciclo del credito.

Appare chiaro, sintetizzando, che affinché le offerte di moneta e la domanda di capitale si eguaglino le banche non devono espandere il credito, evitando di prestare più di quanto è stato depositato loro sotto forma di risparmio (più le eventuali quantità aggiuntive tesaurizzate); allo stesso tempo, affinché i prezzi non mutino, è necessario che la quantità di moneta in circolazioni vari al variare della produzione. Ovvero le banche potrebbero perseguire deliberatamente uno di questi due obiettivi, ma non entrambi. Quale che sia però l’influenza della moneta sul livello dei prezzi, essa deve sempre influenzare i prezzi relativi, che a loro volta indirizzano la produzione quantitativamente e qualitativamente. Ancora, specularmente, il livello dei prezzi può aumentare lasciando immutati i prezzi relativi - quello che accadrebbe se “una fatina raddoppiasse in una notte tutto l’oro del mondo”. Se si accettano queste premesse, non si può sostenere che, se il livello dei prezzi rimanesse stabile, la produzione non sarebbe afflitta da influenze monetarie.

Quando si esaminano le influenze della moneta sui prezzi singoli, trascurando totalmente il fatto che la variazione di questi ultimi sia o meno accompagnata da variazioni nel livello dei prezzi, ci si accorge subito dell’inutilità del concetto di valore di generale della moneta, inteso come l’inverso di un qualche livello dei prezzi[…] Una simile teoria della moneta, che non sarà più una teoria del valore della moneta in generale, ma una teoria dell‘influenza della moneta sui diversi rapporti di scambio tra beni di ogni tipo, mi sembra il probabile quarto stadio # nello sviluppo della teoria monetaria #.

F.v.Hayek
Inviato il: 28/6/2008 10:22
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  •  sick-boy
      sick-boy
Hayek, Prezzi, produzione ed i ciclo economico
#1
Dubito ormai di tutto
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Da Leith
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Posto qui un mio lavoro di sintesi sul ciclo economico analizzato da F.v.Hayek. Se interessa bene, se non interessa è gratis, perciò non prendetevela.

edit: chiedo scusa per i refusi, ma sto copiando da works (bel programma demmerda)
Inviato il: 28/6/2008 10:21
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