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   Politica Interna & Estera
  Thomas Sankara, un Rivoluzionario

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  •  Al2012
      Al2012
Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#1
Dubito ormai di tutto
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Chi è Thomas Sankara?

Fino a pochi minuti fa a questa domanda non avrei saputo dare risposta, ma, grazie alla segnalazione che Alex13 ha fatto in “commenti liberi”, ora so che era un uomo meraviglioso, un grande uomo, che ha pagato con la propria vita, ma non ha mai rinunciato al suo desiderio di giustizia …. .

Ora copio/incollo un articolo, perché io non sono un abile scrittore ….

Thomas Sankara, un Rivoluzionario
http://www.lintellettualedissidente.it/thomas-sankara-un-rivoluzionario/

«Lo supplicavo di proteggersi la vita, gli dicevo che un eroe morto non serve a niente. Adesso però penso che un eroe morto serva da riferimento». Sennen Andriamirado su Thomas Sankara

Thomas Sankara nasce il 21 Dicembre 1949, in quello che ancora si chiamava Alto Volta, ed era una poverissima colonia francese che lui stesso avrà modo di descrivere come “un Paese di sette milioni di abitanti, più di sei milioni dei quali sono contadini; un tasso di mortalità infantile stimato al 180 per mille e un tasso di analfabetismo del 98%, se definiamo alfabetizzato chi sa leggere, scrivere e parlare una lingua; un’aspettativa di vita media di soli 40 anni; un medico ogni 50.000 abitanti; un tasso di frequenza scolastica del 16%”.

“Il nostro paese produce cibo sufficiente per nutrire tutti i burkinabè.
Ma, a causa della nostra disorganizzazione, siamo obbligati a tendere la mano per ricevere aiuti alimentari, che sono un ostacolo e che introducono nelle nostre menti le abitudini del mendicante.
Molta gente chiede dove sia l’imperialismo: guardate nei piatti in cui mangiate.
I chicchi di riso importato, il mais, ecco l’imperialismo.
Non c’è bisogno di guardare oltre.”


Giovane ufficiale dell’esercito, a 32 anni entra a far parte del governo di Saye Zerbo in qualità di segretario di Stato per l’informazione, ma si dimette dopo meno di un anno per l’incompatibilità tra la sua moralità e i “traffici” che aveva visto consumarsi nell’amministrazione statale. “Non posso contribuire a servire gli interessi di una minoranza”, dirà alla televisione per motivare la sua scelta.

“La politica degli aiuti è servita fino ad oggi solo ad asservirci, a distruggere la nostra economia. L’origine di tutti i mali del Paese è politica. E la nostra risposta non può essere che politica”

Passano sei mesi, Saye Zerbo viene rovesciato e Sankara diventa capo del governo, stabilendo che i suoi ministri dovranno avere “forza di carattere, coraggio, dedizione al lavoro, probità e onestà”. Ma anche quest’esperienza dura poco, perchè un altro colpo di Stato, con l’evidente infiltrazione dell’intelligence francese, lo rinchiude in prigione.

“L’imperialismo, attraverso le multinazionali, il grande capitale e la potenza economica è un mostro senza pietà, dotato di artigli, corna e denti velenosi. E’ spietato e senza cuore”; “Per l’imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. (…) Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità”

Dopo varie manifestazioni di piazza, che vedono le classi più povere invocare la sua liberazione, il governo cede: Sankara esce dal carcere, ed insieme al suo amico Campaorè mette a segno un nuovo colpo di Stato, diventando Presidente.

“Imperialismo, un sistema di sfruttamento che non si presenta solo nella forma brutale di coloro che con dei cannoni vengono ad occupare un territorio, ma più spesso si manifesta in forme più sottili, un prestito, un aiuto alimentare, un ricatto. Noi stiamo combattendo il sistema che consente ad un pugno di uomini sulla terra di dirigere tutta l’umanità.”

È il 4 agosto 1983: comincia la rivoluzione burkinabè. Nei quattro anni che seguiranno, fino a che Sankara verrà barbaramente ucciso dallo stesso Campaorè, il nuovo Burkina Faso (“terra degli uomini integri”, così Sankara rinominò ufficialmente l’Alto Volta) vide attuare le più innovative riforme sociali, attraverso tutti i campi di applicazione: dall’agricoltura alla sanità, dall’istruzione all’emancipazione della donna, dall’economia all’amministrazione pubblica.

“Non possiamo essere la classe dirigente ricca di un paese povero”

Tutte le “auto blu” furono vendute per costruire due ospedali, e il parco macchine nazionale fu ridotto a quattro Renault 5, una delle quali avrebbe usato Sankara stesso. Il Burkina Faso passò dal 143° al 78° posto per ricchezza nel mondo. Moltissimi impiegati statali vennero licenziati. Tra questi, coloro che venivano sorpresi sul posto di lavoro mentre erano impegnati a fare altro venivano denunciati pubblicamente via radio. Con i soldi pubblici risparmiati venne costruita una ferrovia tra le due principali città del paese.

“Il Movimento dei non allineati significa rifiutare di essere il terreno dello scontro fra elefanti che calpestano tutto impunemente.”

Ma la campagna più importante fu quella contro il debito: Sankara dichiarò a gran voce che il credito del FMI era uno strumento di controllo che i paesi ex-colonizzatori usavano per soggiogare gli Stati del terzo mondo, in questo caso africani. Invitò quindi tutti gli altri capi di stato, che si trovavano nella stessa situazione di indigenza del Burkina Faso, a non restituire il debito, a svincolarsi da esso, e a ricominciare a costruire un futuro con le sole forze dell’Africa.

“La nostra rivoluzione è e deve essere l’azione collettiva di rivoluzionari per trasformare la realtà e migliorare concretamente la situazione delle masse del nostro Paese. La nostra rivoluzione avrà avuto successo solo se, guardando indietro, attorno e davanti a noi, potremmo dire che la gente è, grazie alla rivoluzione, un po’ più felice perché ha acqua potabile, un’alimentazione sufficiente, accesso ad un sistema sanitario ed educativo, perché vive in alloggi decenti, perché è vestita meglio, perché ha diritto al tempo libero, perché può godere di più libertà, più democrazia, più dignità.”

Proprio un discorso su questo tema, il 29 luglio 1987 all’assemblea delle Nazioni Unite, fu la goccia che fece traboccare il vaso e che gli costò una morte violenta: poche settimane dopo, il 15 ottobre, l’”amico” Campaorè organizza un nuovo colpo di Stato. Sankara, insieme ad altri 12 compagni, viene ucciso.
Finisce la rivoluzione burkinabè, ma resta la memoria di un vero Rivoluzionario


Ora il video segnalato da Alex13, che ringrazio per la segnalazione.

Thomas Sankara-E quel giorno uccisero la felicità
https://www.youtube.com/watch?v=GPCNq-T7yDY
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“Capire … significa trasformare quello che è"
Inviato il: 18/9/2013 1:42
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  •  Al2012
      Al2012
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#2
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 25/10/2005
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Il programma «C’era una volta» di Silvestro Montanaro è stato cancellato dal palinsesto di Rai3 per mancanza di fondi.

C’è la crisi!!!!

Ma non per tutti ….

Leggete quello che segue

Silvestro Montanaro : Thomas Sankara-E quel giorno uccisero la felicità
http://www.annalisamelandri.it/2013/08/silvestro-montanaro-thomas-sankara-e-quel-giorno-uccisero-la-felicita/
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“Capire … significa trasformare quello che è"
Inviato il: 18/9/2013 2:20
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  •  Maksi
      Maksi
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#3
Dubito ormai di tutto
Iscritto il: 17/10/2011
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Un altro collega di Sankara si trova d'accordo con lui

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Ogni popolo che desideri prosperare dovrebbe rimanere legato al proprio suolo. L'uomo non dovrebbe mai perdere il contatto con la terra sulla quale ha avuto l'onore di nascere. Non dovrebbe allontanarsene se non per brevi periodi e con l'intenzione di tornare. Gli inglesi che divennero colonizzatori per necessità e che, invero, furono grandi colonizzatori, hanno in genere rispettato questa norma.

Per quanto concerne i popoli continentali, è importante, io ne sono certo, che debbano espandersi solo in quelle direzioni nelle quali è certo che le terre dei conquistatori e dei conquistati sono contigue. Questa necessità di affondare radici là dove è giusto si applica a tutti i popoli continentali e in particolare, a parer mio, al popola tedesco. E questa è la spiegazione piú probabile del motivo per il quale non abbiamo mai realmente sentito lo stimolo di diventare colonizzatori. Uno sguardo alla storia, antica e moderna, dimostrerà che le imprese oltremare hanno sempre, alla lunga, indebolito coloro i quali le intrapresero. Tutti alla fine sono rimasti spossati dai loro sforzi; e, come è nella inevitabile natura delle cose, tutti hanno dovuto soccombere a forze da essi stessi generate o da essi stessi ridestate. Quale esempio migliore di ciò di quello dei greci?

Quel che fu valido per gli antichi greci rimane ugualmente valido per tutti gli europei dei tempi moderni. Per prosperare, un popolo deve concentrare gli sforzi sul proprio paese. L'attento esame di qualsiasi periodo ragionevolmente lungo della storia rivelerà fatti che confermano la verità di questa tesi.

La Spagna, la Francia e l'Inghilterra sono rimaste tutte indebolite, devitalizzate e svuotate in queste inutili imprese coloniali. I continenti ai quali la Spagna e l'Inghilterra diedero l'avvio e che esse crearono pezzo per pezzo hanno oggi acquistato un sistema di vita del tutto indipendente e un modo di vedere completamente egoistico. Ciononostante non sono altro che mondi artificiali senza un'anima, una cultura e una civiltà proprie; e giudicati da tale punto di vista, non costituiscono altro che escrescenze.

È possibile, naturalmente, richiamarsi ai successi conseguiti nel popolare continenti un tempo deserti. Gli Stati Uniti e l'Australia costituiscono validi esempi di ciò. Successi, certo, ma soltanto sul piano materiale. Si tratta di edifici artificiosi, di corpi senza età, dei quali è impossibile dire se si trovino ancora nell'infanzia, o se siano già stati raggiunti dalla senilità. Nei continenti già abitati, l'insuccesso è stato ancor piú accentuato. In essi, le razze bianche hanno imposto con la forza la loro volontà e l'influenza esercitata sugli indigeni è stata trascurabile; gli Indú sono rimasti Indú, i Cinesi sono rimasti Cinesi, e i Musulmani sono sempre Musulmani. Non si è avuta alcuna trasformazione profonda, e i mutamenti determinatisi sono meno accentuati nella sfera religiosa, che in ogni altra, nonostante gli sforzi tremendi dei missionari cristiani. Si sono avute poche sparse conversioni, sulla cui sincerità è lecito nutrire forti dubbi, tranne forse nel caso di pochi individui ingenui e mentalmente deficienti. Le razze bianche, naturalmente, hanno dato alcune cose agli indigeni, i doni peggiori che potessero fare, e cioè i flagelli del nostro mondo moderno: materialismo, fanatismo, alcoolismo e sifilide. Per il resto, poiché questi popoli possedevano qualità proprie, superiori a qualsiasi cosa potessimo loro offrire, essi sono rimasti essenzialmente immutati. Là dove fu tentata l'imposizione con la forza, si ottennero risultati ancor piú disastrosi, e il senso comune, nel rendersi conto della futilità di tali provvedimenti, dovrebbe vietarne l'adozione. Un unico successo deve essere riconosciuto ai colonizzatori: ovunque essi sono riusciti a destare l'odio, un odio che incita quei popoli, strappati da noi al loro sonno, a sollevarsi e a scacciarci. Invero, sembra quasi che siano stati ridestati unicamente a tale scopo! Chi può asserire che la colonizzazione abbia accresciuto il numero dei cristiani nel mondo? Dove sono quelle conversioni en masse che attestano il successo dell'Islam? Qua e là si riscontrano gruppetti isolati di cristiani, ma di nome piú che per convinzione; ed ecco tutti i successi di questa magnifica religione cristiana, la custode della suprema Verità!

Prendendo in considerazione ogni fattore, la politica coloniale dell'Europa si è conclusa con un completo insuccesso. Io non ho dimenticato l'unico esempio di successo apparente, ma si tratta di un successo puramente materiale, ed io intendo riferirmi qui a quel mostro che si autodefinisce Stati Uniti. E mostro è il solo nome che si possa applicargli! In un momento in cui l'intera Europa - la loro madre - si batte disperatamente per respingere il pericolo bolscevico, gli Stati Uniti, guidati da Roosevelt dominato dagli ebrei, non trovano nulla di meglio da fare che porre le loro favolose risorse materiali a disposizione di quei barbari asiatici, decisi a strangolare l'Europa. Rievocando gli eventi ,provo una disperazione profonda al pensiero dei milioni di tedeschi, uomini di buona fede, che emigrarono negli Stati Uniti e che costituiscono ora la spina dorsale del paese. Poiché quegli uomini, si badi, non sono semplicemente buoni tedeschi, perduti per la loro madre patria; ma addirittura ne sono divenuti i nemici, piú implacabilmente ostili di tutti gli altri. L'emigrante tedesco conserva, è vero, le sue doti di industriosità e di operosità, ma perde molto rapidamente il suo spirito. Non v'è nulla di piú snaturato di un tedesco espatriato.

In avvenire dovremo guardarci da queste emorragie di sangue tedesco. Le vene della nostra razza devono espandersi a oriente, solo e sempre ad oriente. Questa è la direzione che la Natura stessa ha decretato per l'espansione dei popoli tedeschi. Il rigido clima con il quale l'Oriente li pone a dura prova consente loro di conservare le proprie doti di uomini arditi e virili.; e i vividi contrasti che vi trovano li aiutano a mantenere intatti l'amore e il desiderio del loro paese. Trapiantate un tedesco a Kiev, e rimarrà un tedesco perfetto. Ma trapiantatelo a Miami e farete di lui un degenerato.,. in altre parole, un americano.

Poiché la colonizzazione non è un'attività alla quale i tedeschi si sentano chiamati a dedicarsi, la Germania non dovrebbe mai fare causa comune con le nazioni colonizzatrici e dovrebbe sempre astenersi dall'appoggiarle nelle loro aspirazioni coloniali. Quel che noi vogliamo è una dottrina di Monroe in Europa. « L'Europa agli europei! » , una dottrina il cui corollario dovrebbe essere che gli europei si asterranno dall'immischiarsi nelle questioni di altri continenti.

I discendenti dei forzati in Australia non dovrebbero ispirarci altro che uno stato d'animo di suprema indifferenza. Se la loro vitalità non è abbastanza forte per far sí che si moltiplichino con un ritmo adeguato alla vastità dei territori da essi occupati, questo è affar loro, ed è inutile che si rivolgano a noi in cerca di aiuto. Dal canto mio, non ho nulla da obiettare al fatto che la popolazione in eccesso della prolifica Asia venga attratta, come da una calamita, nei loro spazi deserti. Trovino per loro conto il modo di salvarsi! E mi sia consentito di ripetere... la cosa non ci riguarda affatto.


Adolf Hitler, 7 Febbraio 1945
Inviato il: 18/9/2013 10:19
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  •  toussaint
      toussaint
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#4
Sono certo di non sapere
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Thomas Sankara è uno degli uomini più luminosi che questo pianeta abbia partorito nella sua storia.
Mi piace definirlo il Che africano, uno che non ha mai abbassato la testa di fronte al potere imperiale, uno che però non ha chiuso gli occhi di fronte ai vizi e alle debolezze dei suoi fratelli di pelle che invece a quel potere si sono inchinati godendo delle briciole che quel potere gli faceva ricadere.
Un uomo avanti, forse troppo avanti per la sua epoca e forse anche per la nostra.
Certo, è un sollievo pensare che possano esistere uomini del genere e che uomini del genere potremmo diventarlo tutti noi, volendolo...


edit: un altro di questi uomini è quello cui si ispira, indegnamente, il mio nick, Toussaint Louverture, anche lui come Sankara, tradito da quelli che dovevano essere suoi amici...
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"Siam del popolo le invitte schiere c'hanno sul bavero le fiamme nere ci muove un impeto che è sacro e forte morte alla morte morte al dolor. Non vogliamo più assassini non vogliamo più briganti come un dì gridiamo: avanti!" Arditi del Popolo 1921
Inviato il: 18/9/2013 10:29
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  •  Maksi
      Maksi
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#5
Dubito ormai di tutto
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Sankara era qualcosa di piu' del Che, anche perche' al Che i "negri" non piacevano:

"il nero è indolente e sognatore, spende il suo magro salario in frivolezze o bevande, l'europeo ha una tradizione di lavoro e risparmio che lo ha portato fino a quest'angolo di america e lo porta a migliorare se stesso, anche indipendentemente dalle sue stesse aspirazioni individuali."

"i neri quei magnifici esempi della razza africana, che hanno conservato la loro purezza razziale grazie alla scarsa affinità col lavarsi, hanno visto i loro territori invasi da un nuovo tipo di schiavi: i portoghesi."

"Faremo per i negri quello che i negri hanno fatto per la rivoluzione: NIENTE".


Sankara poteva veramente risollevare la razza nera africana, riafermando una coscienza nera, mentre adesso sono usati per fare guerre e politiche migratorie, con lo scopo di sradicare le strutture sociali, etniche e razziali europee.
Inviato il: 18/9/2013 10:59
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  •  Giano
      Giano
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#6
Dubito ormai di tutto
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Inviato il: 18/9/2013 12:59
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  •  sonsokh
      sonsokh
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#7
Ho qualche dubbio
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Da Lecco
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da molto tempo il sito vocidallastrada ha in evidenza un banner su di lui.
attualmente cliccando si viene indirizzati sul thomas sankara website
Inviato il: 18/9/2013 13:32
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  •  toussaint
      toussaint
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#8
Sono certo di non sapere
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Maksi, il Che rischiò di farsi ammazzare per gli africani, tanto che lasciò la sua comoda poltrona di Ministro a Cuba proprio per cercare di risollevare le sorti dei movimenti di liberazione africani dopo l'assassinio di Patrice Lumumba, tentando una spedizione in Congo.
E infatti, il Che era un idolo per Sankara:

"Thomas SanKara, la rivoluzione burkinabè e il Che" di Carlo Bata

L’8 ottobre 1987 a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, si rende omaggio a Ernesto Che Guevara, nel ventesimo anniversario della sua morte. Sono gli ultimi giorni della rivoluzione burkinabè, spezzata come molte altre nella storia con l’uccisione del suo laeder, Thomas Sankara, colpevole di aver osato sfidare il sistema di oppressione e sfruttamento e di aver criticato la politica criminale in Africa e in Medio Oriente di Stati Uniti, Francia, Sud Africa e Israele. Troppo per un capo di stato di un piccolo paese dell’Africa subsahariana. Da quattro anni durava l’esperimento burkinabè, nato dalla volontà di ridare speranza e dignità a un paese e un continente saccheggiato e martirizzato per secoli. Quattro anni in cui nell’ex Alto Volta si cercò, invano, di consolidare una rivoluzione che potremmo definire più che in ogni altro modo, antimperialistica. Erano stati creati i Comitati di difesa della Rivoluzione e molte strutture analoghe a quelle sperimentate negli stessi anni a Cuba e nel Nicaragua sandinista.

Sankara commemora il Che, consapevole del sacrificio del rivoluzionario argentino, che prima di trovare la morte in Bolivia era stato nove mesi in Congo per cercare di risollevare le sorti del paese dopo l’assassinio di Patrice Lumumba. Erano i paesi africani le “altre terre che reclamano il contributo dei miei modesti sforzi”, come scrisse nella Carta de despedida, letta da Fidel Castro all’Avana nell’ottobre del 1965. Ecco spiegata la sua insistenza sulla situazione in Congo come paradigma della volontà dei paesi ricchi di continuare a sfruttare impunemente il Sud del mondo, anche dopo aver concesso alle ex colonie l’indipendenza.

Dopo vent’anni, Sankara sostiene che la sorte riservata ai paesi poveri è “la perpetua mendacità come modello di sviluppo”. In altri anni in cui si manifestava un attrito tra Cina e Unione Sovietica sulla politica da adottare verso i paesi del Terzo mondo, Guevara scelse di stare vicino alle vittime secolari della dominazione straniera e, dopo aver criticato nel corso del suo intervento ad Algeri, nel febbraio 1965, la posizione di Mosca, sparì nel nulla per cercare di ripetere le gesta della Sierra Madre nella giungla congolese. La carica di ministro dell’Industria, ormai non faceva più per il suo animo ribelle.
Anche Sankara, rivendicò sempre autonomia dall’Unione Sovietica, accusata di non fare abbastanza per i paesi del Terzo mondo, e denunciò l’aiuto “scandalosamente insufficiente” fornito alla lotta di liberazione dei popoli ancora oppressi: “Per quello che rappresentiamo per l’intera Africa non capiamo questa politica, questa mancanza di interesse, questo rifiuto ad aiutarci da parte di chi dovrebbe farlo. Loro dovrebbero essere dalla nostra parte”.

Nell’ottobre del 1986 Sankara si recò a Mosca: si disse ammirato della Rivoluzione d’ottobre, della sincera volontà di Gorbaciov di risolvere le lacune del sistema socialista. Però invocando la specificità e l’originalità dell’esperienza burkinabè, dichiarò: “La vostra rivoluzione deve molto all’inverno, ma da noi non c’è l’inverno”. Anche il Che aveva sempre sostenuto la necessità di tenere le dovute distanze del blocco socialista e, all’inizio del 1965, così aveva tuonato ad Algeri: “I paese socialisti sono in un certo modo complici dello sfruttamento imperialistico”.

Un centinaio di cubani si recarono quindi volontari a combattere contro l’imperialismo, che all’inizio degli anni ’60 nell’ex Congo belga si manifestava in tutta la sua crudeltà, poco prima dell’aggressione al Vietnam, dove l’intervento straniero avvenne sotto forma di armi e mercenari, tra cui anche cubani veterani della Baia dei Porci e soldati di Rhodesia e Sudafrica. E l’imperialismo, già individuato da José Martì alla fine dell’Ottocento come un pericolo mortale per le piccole nazioni dell’America latina, secondo Guevara, era addirittura “il nemico del genere umano”. Sankara riporta alla tragicità della situazione africana negli anni ’80 il concetto: “L’imperialismo è un sistema di sfruttamento che non si presenta solo nella forma brutale di coloro che vengono con dei cannoni a occupare un territorio, ma più spesso si manifesta in forme più sottili, un prestito, un aiuto alimentare, un ricatto. Noi stiamo combattendo il sistema che consente a un pugno di uomini sulla terra di dirigere tutta l’umanità”. E chi combatte il sistema ha vita difficile.

Quando Samkara si recò all’Avana, espresse piena solidarietà alla rivoluzione cubana e, soddisfatto, affermò, davanti a Fidel Castro e Armando Hart: “Noi sappiamo che avremo sempre l’appoggio del popolo rivoluzionario di Cuba e di tutti quelli che hanno abbracciato gli ideali di José Martì”.

Il Burkina Faso e Cuba avviarono una cooperazione in campo agricolo, educativo e sanitario: macchinari per la coltivazione furono inviati a Ouagadougou, medici cubani lavoravano negli ospedali del Burkina Faso, giovani burkinabè studiavano nelle scuole cubane grazie alle borse di studio concesse loro dal governo all’Avana.
Il Burkina Faso fu vicino anche a un’altra rivoluzione che prese il potere anche negli stessi anni: il Nicaragua del Fsln. Che nel 1979 aveva posto fine alla sanguinaria dittatura di Somoza e stava cercando di costruire una società più giusta. In visita a Managua, Sankara che ben conosceva la pericolosità di non soggiacere ai dettami statunitensi (era salito al potere negli stessi mesi in cui a Grenada perdeva la vita Maurice Bishop), esclamò: “Triste Nicaragua, così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti: sì, in queste condizioni è proprio difficile vivere liberi”.

Sankara non poteva non ammirare il tentativo del Che di creare solidi legami tra i paesi africani che negli anni ’60 si opponevano all’ingerenza straniera: l’Algeria di Ben Bella, prima del colpo di stato del 19 giugno 1965 che portò al potere Boumadienne; l’Egitto di Nasser; il Ghana di N’krumah; il Senegal di Sénghor; la Tanzania di Nyerere. Sankara non poteva non ammirare lo stoicismo del Che nella sua lotta quotidiana contro l’asma, contro il paludismo e contro la dissenteria. Pur tra mille difficoltà, Guevara riuscì a consegnare una lettera a Winnie Mandela perché la consegnasse al marito, recluso nelle galere sudafricane, dove rimarrà altri venticinque anni. Le sue parole sono pungenti come sempre: “Nelson Mandela in prigione è mille volte più libero, mille volte più felice di quelli che fuori sono consumati dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo o, peggio, servono gli interessi dei nemici del popolo, soprattutto dell’imperialismo arrogante del nostro tempo”.

Ed era l’imperialismo arrogante, senza pudore né limiti che si stava combattendo nel 1965 in Africa centrale. Guevara, sempre nella Carta de despedia scritta a Fidel Castro, lo aveva ricordato: “Sui nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo e la sensazione di assolvere al più sacro dei doveri: combattere contro l’imperialismo dovunque esso sia”.

Tatu Muganda (così era chiamato il Che in Congo: in swahili Tatu significa “tre”, Muganda “dottore”) si divideva tra la cura degli ammalati e dei feriti, l’educazione e le azioni di vera guerriglia. I suoi sforzi risultarono però vani: il ritiro dalla regione avvenne senza aver portato a termine nulla di concreto. “Creare, due, tre, molti Vietnam”, ripeteva Guevara, che indossati di nuovo i vestiti del Che, cercò di far scoppiare un altro Vietnam nella selva boliviana, dove troverà la morte.

Nel discorso dell’8 ottobre 1987 Sankara però ricorda: “Le idee non si possono uccidere; le idee non muoiono. Ecco perché Che Guevara, incarnazione delle idee rivoluzionarie e del sacrificio di sé, non è morto… Che Guevara, argentino di nascita, ma cubano per l’impegno e il sangue che egli sparse per il popolo cubano, fu soprattutto cittadino del mondo libero – il mondo libero che insieme vogliamo costruire. Ecco perché Che Guevara è anche africano e burkinabè”.

Carlo Batà

Fonte : http://revolucionyhumanismo.blogspot.com/2012/01/thomas-sankara-un-revolutionnaire.html

Vedi anche "L’africa Di Thomas Sankara. Le Idee Non Si Possono Uccidere" un libro de Carlo Batà thomassankara.net/spip.php?article277
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"Siam del popolo le invitte schiere c'hanno sul bavero le fiamme nere ci muove un impeto che è sacro e forte morte alla morte morte al dolor. Non vogliamo più assassini non vogliamo più briganti come un dì gridiamo: avanti!" Arditi del Popolo 1921
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  •  toussaint
      toussaint
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#9
Sono certo di non sapere
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E ripeto, mi piace sempre accostare a Sankara la figura di Toussaint Louverture, il cui miglior ritratto è stato scolpito proprio dal suo assassino, Napoleone Bonaparte:
"La mia decisione di distruggere l'autorità dei neri ad Haiti non è dovuta tanto a considerazioni di tipo commerciale o più generalmente economico, bensì dalla necessità di bloccare PER SEMPRE la marcia dei neri nel mondo".


P.S.: i due condividono anche la mano assassina, il francese "rivoluzionario" Napoleone per Toussaint e il francese "socialista" Mitterand per Sankara...
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  •  Calvero
      Calvero
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#10
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Citazione:

Le Idee Non Si Possono Uccidere"


Senza intenti polemici nel merito di questo tema, mi si permetta di dire che mi sono un po rotto il cazzo con 'sta storia che le idee non si possono uccidere...

.. io sì, però, posso venire ucciso. Ci sarà certo un paradiso di idee eterne da qualche parte, a dimostrare che non possono essere uccise e anche, ci mancherebbe, sono lì a dimostrare quanti stronzi bastardi figli di una gran puttana le abbiano combattute uccidendo chi?

.. mica le idee. Loro [le idee] se ne stanno lì, tranquille, paciose, luminose, mentre "noi" crepiamo qui, come stronzi (o mosche, a seconda di come si vuole colorire la metafora).

Si cominci a uccidere chi vuole uccidere le idee. Anche perché chi vuole uccidere le idee, chissà come, guarda un po, leva la pelle a colui che le porta *

Fanculo le idee, a morte gli aguzzini

PS

* Con buona pace di Guccini che lui, aggiunge, poeticamente, come non si possano rinchiudere in una galera, e sticazzi
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Misti mi morr Z - 283 - Una volta creato il manicomio, la ragione l'ha sempre il direttore; che l'abbia o meno
Inviato il: 18/9/2013 16:22
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  •  Pyter
      Pyter
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#11
Sono certo di non sapere
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A morte gli aguzzini è una buona idea, quindi non vedo perché mandarla affanculo.
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"Nessuno ha il diritto di fare quel che desidera, ma tutto è organizzato per il meglio." (Antico decreto reale tolemaico)
Inviato il: 18/9/2013 16:29
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  •  toussaint
      toussaint
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#12
Sono certo di non sapere
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il non-platoniano Calvero...
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"Siam del popolo le invitte schiere c'hanno sul bavero le fiamme nere ci muove un impeto che è sacro e forte morte alla morte morte al dolor. Non vogliamo più assassini non vogliamo più briganti come un dì gridiamo: avanti!" Arditi del Popolo 1921
Inviato il: 18/9/2013 16:31
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  •  Calvero
      Calvero
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#13
Sono certo di non sapere
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Citazione:

Pyter ha scritto:
A morte gli aguzzini è una buona idea, quindi non vedo perché mandarla affanculo.


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Misti mi morr Z - 283 - Una volta creato il manicomio, la ragione l'ha sempre il direttore; che l'abbia o meno
Inviato il: 18/9/2013 17:10
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  •  horselover
      horselover
Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#14
Dubito ormai di tutto
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secondo me paragonare sankara a hitler è uno sproposito
Inviato il: 18/9/2013 18:20
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  •  Maksi
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Re: Thomas Sankara, un Rivoluzionario
#15
Dubito ormai di tutto
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Citazione:
secondo me paragonare sankara a hitler è uno sproposito

E chi voleva paragonarli?
Si tratta di ragionare sulle idee. Anche in questo caso Hitler aveva gia' capito tutto.
Un Sankara non sarebbe stato un nemico del Reich e questo dovrebbe far riflettere in molti.

@toussaint
Proprio perche' il Che aveva le sue esperienze africane, probabilmente si sara' fatto una sua opinione personale sui neri d'africa. Poi era idealista e un po' megalomane e andava dove poteva contribuire alla (sua) lotta. Un alleato no ti deve essere simpatico per forza. Penso che riteneva i "negri" inferiori, ma non per questo indegni del suo aiuto. Anzi, piu' intendi qualcuno inferiore piu' desideri interferire nei suoi riguardi. Anche lo stesso colonialimso si regge un po' su questo punto.
Inviato il: 18/9/2013 19:51
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