« È l'uomo, nel suo pensare e agire, un essere spiritualmente libero,
o sta sotto la costrizione di una ferrea necessità determinata da leggi
puramente naturali? ». Su poche questioni si è tanto aguzzato l'umano
ingegno quanto su questa. L'idea della libertà ha trovato numerose
falangi e di caldi sostenitori e di ostinati oppositori.
Che un azione non possa esser libera se il suo autore non sa perché
la compie, è evidente. Ma come stanno le cose per le azioni di cui si
conoscono i motivi? Questo ci porta alla domanda: « Qual è l'origine e
il valore del pensare? ». Perché, senza la conoscenza dell'attività pensante
dell'anima, non è possibile farsi un concetto di ciò che sia conoscere,
e quindi anche di ciò che sia conoscere un'azione. Quando sapessimo
che cosa significa il pensare in generale, ci sarebbe anche
facile comprendere l'ufficio ch'esso adempie nelle azioni umane. « Il
pensare fa sì che l'anima, di cui anche l'animale è dotato, divenga spirito
», dice Hegel a ragione: e perciò il pensare darà anche alle azioni
umane la sua impronta caratteristica.
Con ciò non voglio affatto dire che tutte le nostre azioni discendano
da calme riflessioni della nostra ragione: né intendo affatto definire
come umane nel più alto senso solo quelle azioni che derivano da un
giudizio astratto. Ma non appena le nostre azioni si sollevano al di sopra
del soddisfacimento di desideri puramente animali, le relative ragioni
determinanti sono sempre compenetrate da pensieri. L'amore, la
compassione il patriottismo, sono molle motrici che non si possono
risolvere in freddi concetti razionali. Si dice: qui reclama i suoi diritti il
cuore, il sentimento. Senza dubbio. Ma il cuore e il sentimento non
creano le ragioni determinanti dell'azione. Le presuppongono. Nel mio
cuore entra la compassione quando nella mia coscienza si è già formata
la rappresentazione di una persona che desta compassione.
La via al cuore passa per la testa.
A ciò non fa eccezione neppure l'amore. Quando
non è la semplice estrinsecazione degli istinti sessuali, esso riposa
sulle rappresentazioni che ci facciamo dell'essere amato; quanto più
idealistiche sono queste rappresentazioni, tanto più beatificante è l'amore.
Anche qui il pensiero è padre del sentimento. Si dice che l'amore
rende ciechi per le debolezze dell'essere amato. Si potrebbe guardare la
cosa anche al rovescio e dire che l'amore apre gli occhi per i suoi meriti.
Molti passano distrattamente accanto a questi meriti, senza rilevarli.
Uno li vede, e appunto per ciò si desta l'amore nell'anima sua! Che
altro ha egli fatto, se non crearsi di una cosa una rappresentazione che
cento altri non hanno? E poiché non hanno la rappresentazione, non
hanno l'amore.
Possiamo guardar la questione da qualunque lato: ci apparirà sempre
più chiaro che il problema dell'essenza dell'azione umana presuppone
quello dell'origine del pensare. Mi rivolgerò, dunque, per prima
cosa, alla ricerca di questa
origine.