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  Civiltà Ebraica

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Re: Civiltà Ebraica
#511
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2011: ’150 attacchi israeliani alla moschea di al-Aqsa’
Evidenza Gerusalemme - 21/2/2012

Vignetta: nella parte superiore il mondo volta le spalle agli 'scavi al di sotto di Al-Aqsa'. Nella parte inferiore tutti guardano i 'tunnel di Gaza'

Al-Quds (Gerusalemme) – InfoPal. La Fondazione Al-Aqsa per il patrimonio storico-religioso scrive in un rapporto: “Nel 2011 si sono verificati 150 episodi di assalti da parte di israeliani contro la moschea di al-Aqsa”.

La tipologia di questi attacchi non è variata nell‘aggressività, mentre si è osservata una nuova tendenza all’espansione del controllo israeliano sull’area sacra.

Irruzioni nelle ore della preghiera. Gli assalitori sono stati 150mila. Sono israeliani o coloni israeliani provenienti dagli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata. Qui hanno eseguito rituali spirituali dell’ebraismo sotto la scorta di militari e polizia di Israele, e lo hanno fatto con arroganza, presunzione e rivendicazione della sovranità.Questi individui sono incoraggiati, spesso guidati sul campo, da parlamentari israeliani.

Oltre alle numerose violazioni quotidianamente segnalate, il 2011 è stato caratterizzato anche da escalation di tali attacchi. Gli autori degli assalti hanno portato in visita circa 200mila turisti della propaganda, nella misura in cui hanno violato la sacralità del luogo di preghiera. Il riferimento fatto dalla Fondazione è la presenza di turisti in abbigliamento non consono con il contesto spirituale.

Parallelamente agli attacchi di israeliani, si annoverano le ulteriori restrizioni di polizia e militari d’occupazione a Gerusalemme, città occupata da Israele.
Anche le limitazioni alla libertà di movimento e alle libertà spirtuali imposte ai palestinesi sono aumentate nel 2011. I palestinesi di Cisgiordania e Striscia di Gaza – circa 3,7milioni di cittadini -, sono stati interdetti dall’accesso alla moschea di Al-Aqsa.

Israele impedisce alle autorità competenti, sulle quali ricade la giurisdizione territoriale su questi luoghi sacri, di procedere con opere di restauro, riparazione o manutenzione. Inoltre, il governo d’occupazione israeliano ha promosso progetti di scavo nei suoi sotterranei.

“Il loro obiettivo è ‘ricostruire il presunto Tempio’, ma la storia dell’occupazione israeliana della Palestina è stata puntualmente segnata da atti di conversione di siti religiosi islamici in luoghi dell’ebraismo o anche scuole rabbiniche”.

Non si fermano gli scavi. Nelle fondamenta della moschea di Al-Aqsa, al di sotto di tutta la città vecchia di Gerusalemme e lungo il suo perimetro, Israele ha avviato da tempo lavori di scavo e di perforazione per portare alla luce presunti siti storici. Queste gallerie si estendono complessivamente per 3mila metri. Sono piani attuati da tempo, tuttavia, nel 2011 si è riscontrata una loro pubblicizzazione che non ha precedenti.

Le dichiarazioni di testimonianze archeologiche sono false, dirette a deformare la natura storica della città.

L’ebraicizzazione ora minaccia direttamente la moschea di al-Aqsa. La chiusura di Bab al-Mugaribah – poi revocata dal premier Benjamin Netanyahu per timori di ripercussioni regionali – resta in sospeso e l’intento è quello di abbatterla per costruirvi una struttura destinata ai militari.

I palestinesi gerosolimitani sono testimoni e vittime della politica israeliana di demolizione e di espulsioni forzate.

Nelle aree prossime alla moschea di al-Aqsa (Silwan, a sud), Israele procede a espellere i residenti palestinesi. Del progetto per la realizzazione del giardino talmudico fanno parte, però, anche estese aree destinate alla costruzione di centri commerciali e turistici. Per non parlare delle numerose unità a uso abitativo esclusivo di coloni israeliani che minacciano il quartiere di Ra’s al-‘Amoud (Porta di Damasco).

La Fondazione avverte: “Le vicende che stanno investendo i Paesi arabi forniscono a Israele il pretesto di accelerare i propri piani, approfittando della distrazione internazionale. Il 2012 è stato inaugurato con dinamiche molto pericolose.

Al rapporto si includono conlcusioni dai toni preoccupanti per la sorte di importanti siti religiosi della presenza storica palestinese a Gerusalemme. A tal proposito si citano i resoconti dei servizi segreti israeliani quando avevano più volte ammonito dall’attesa escalation di aggressioni da parte di israeliani e coloni contro cittadini e terra palestinesi.
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tag: Al Quds (Gerusalemme), al-Aqsa, attacchi isareliani contro al-Aqsa, demolizioni, ebraicizzazione, espulsioni di palestinesi, pulizia etnica, rapporto Fondazione Al-Aqsa 2011, scavi

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Inviato il: 21/2/2012 20:38
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Re: Civiltà Ebraica
#512
Sono certo di non sapere
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La ‘Giustizia’ secondo Israele: oltre 500 palestinesi detenuti amministrativi. Dieci sono bambini
Evidenza Prigionieri palestinesi - 22/2/2012

Ramallah – InfoPal. Il Centro palestinese per la difesa dei prigionieri ha rilasciato alcuni commenti sulla pratica israeliana delle detenzioni amministrative, provvedimenti illegali in base alla legislazione internazionale e ai principi della legge umanitaraia.

La detenzione amministrativa, senz’accusa e rinnovabile a oltranza, viene adottata da Israele per porre il detenuto in uno status indefinito dal quale potrebbe anche non uscirene mai più, perché essa viene applicata attraverso proroga anche per lunghi anni. Soprattutto, il detenuto non potrà mai difendersi da un’accusa perché un’accusa può non esserci.

Oggi Israele detiene oltre 500 palestinesi in questa condizione, quindi in detenzione amministrativa, dieci sono bambini: anche contro di loro non ci sono capi di imputazione, ma rimangono in carcere, deprivati del diritto a una difesa legale; non saranno mai portati davanti a un giudice, quindi non saranno processati.

“La detenzione amministrativa è una manifestazione della mentalità coloniale israeliana nei confronti del popolo palestinese; è arbitraria, viene applicata senza distinzione di alcun tipo e, soprattutto, è la prova delle smisurate violazioni di Israele alle leggi internazionali. Essa dimostra la brutalità delle pratiche dell’occupazione israeliana contro un intero popolo”, commentano dal Centro.
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tag: Centro palestinese per la difesa dei prigionieri, detenzione amministrativa

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Inviato il: 22/2/2012 21:01
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Re: Civiltà Ebraica
#513
Sono certo di non sapere
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Quei bambini legati mani e piedi ad una sedia
Tommaso Caldarelli

INSULTI E MINACCE – Trattati come pezze da piedi, quando va bene. “Arrestati di notte”, racconta il Guardian, “legati mani e piedi con corde di plastica, accecati, abusati verbalmente e fisicamente, minacciati”, trattati a male parole (“figlio di p*****, cane” sarebbero improperi particolarmente comuni), “trattenuti in isolamento”, senza che i genitori nulla sappiano del loro destino al momento dell’arresto, senza tutela legale e in strutture in prevalenza israeliane, “il che rende particolarmente difficile” qualsiasi ipotesi di visita o di contatto con le famiglie, palestinesi e dunque persone non gradite oltre i confini del loro contestato Stato. Come abbiamo detto, l’articolo del Guardian è una raccolta di una grande serie di documenti ufficiali elaborati da organizzazioni non governative che si occupano di studiare e tutelare i bambini palestinesi nei territori israeliani: sono realtà “bipartisan”, potremmo dire, nel senso che sia organizzazioni israeliane che palestinesi raccolgono dati, testimonianze e documenti utili a denunciare ed affrontare il problema: fra i documenti citati, c’è No Minor Matter, della “B’Tselem – The Israeli Information Center for Human Rights in the Occupied Territories”, e le testimonianze raccolte dalla sezione palestinese di Defense for Children International: “Non stiamo dicendo che non ci sono colpe. Diciamo che i bambini hanno diritti”, dice il responsabile di DCI. “Indipendentemente dalle accuse a loro carico, non dovrebbero essere arrestati di notte in terribili raid, non dovrebbero essere legati e bendati per ore, dovrebbero essere informati del diritto di rimanere in silenzio e dovrebbe essere permessa la presenza di un genitore durante gli interrogatori”. Nella tabella del rapporto della B’Tselem, i numeri di questi arresti.

MOHAMMED – Il racconto della loro esperienza nelle prigioni di Al Jalame e Petah Tikva è particolarmente crudo nelle parole dei piccoli. Ad esempio, Mohammed viene da Tulkarm, città della striscia di Gaza. Lo scorso gennaio, all’età di 16 anni, i militari hanno fatto irruzione in casa sua intorno alle 2 del mattino: “Erano in quattro e mi hanno detto devi venire con noi, senza dirmi perché, senza dire niente a me o ai miei genitori”. Legato, accecato, secondo ciò che lui pensa sarebbe stato condotto in una delle colonie israeliane, dove è stato fatto inginocchiare per un ora in una strada asfaltata nel freddo della notte. Poi, è stato portato ad Al Jalame, struttura detentiva sulla strada che va da Nazareth ad Haifa. Test medico, e poi è stato sbattuto nella cella 36, dove ha passato 17 giorni in isolamento. “Stavo da solo, ero spaventato e avevo bisogno di parlare con qualcuno. Ero disperato, volevo qualcuno da incontrare, con cui parlare. Ero annoiato, così tanto che quando ho visto la polizia fuori dalla cella e ho visto la polizia che parlava in ebraico, io non parlo ebraico, ma annuivo ad ogni cosa dicessero. Ero disperato, volevo parlare con qualcuno”. Certo, non come è stato costretto a parlare, interrogato nella stanza, legato alla sedia: “Mi hanno minacciato, hanno detto che avrebbero arrestato la mia famiglia se non avessi confessato”. Di qualcosa che lui non aveva fatto, a suo dire, dato che si è sempre professato innocente. “Ho visto un avvocato non prima di 20 giorni dopo l’arresto”, racconta Mohammed.

E GLI ALTRI – Sameer Saher è di Azzer. Aveva 12 anni quando gli agenti di polizia sono entrati a casa sua, sempre di notte. “Un soldato mi ha preso per le gambe e mi ha portato alla finestra; mi ha detto: ‘Quasi quasi ti butto di sotto’, ricorda il ragazzo. “Mi hanno picchiato sulle gambe, sullo stomaco, sul volto”, racconta Sameer. Ezz ad-Deen Ali Qadi, diciassette anni quando è stato arrestato, in prigione stava lentamente impazzendo. “Mi ripetevo le domande degli interrogatori, chiedendomi”, racconta, “se avessero ragione. Inizi a sentire la pressione della cella, allora pensi alla tua famiglia. E ti senti come se perderai il futuro. Lo stress è enorme”, racconta; come se non bastasse, i secondini si prendono anche gioco dei ragazzi: “Ti chiedono se hai sete, portano l’acqua e se la beve il poliziotto”. Alla fine, i piccoli confessano: Mohammed ha confessato di essere affiliato ad un’organizzazione proibita, il che gli è costato oltre un mese di galera. Ezz ha confermato di aver tirato pietre e di aver “pianificato operazioni militari”, il che gli è costato sei mesi di libertà; “il Guardian ha documenti di altri cinque giovani detenuti in isolamento ad Al Jalame e Petah Tikva. Tutti hanno confessato dopo essere stati interrogati”. Il padre di Yahir è riuscito ad entrare nella cella dove il figlio era detenuto: non lo ha trovato molto in forma. “Ho visto i segni dell’elettroshock, erano visibili da dietro il vetro. Gli ho chiesto se lo avevano utilizzato su di lui, e ha annuito. Aveva paura che qualcuno lo stesse ascoltando”, ha detto Odwan.
QUI
Inviato il: 4/3/2012 10:07
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Re: Civiltà Ebraica
#514
Dubito ormai di tutto
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Il legame fra gli USA e Israele mai così stretto

Israele è padrone del proprio destino. Lo ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel corso di un incontro alla Casa Bianca con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Obama, a sua volta, ha assicurato Israele del sostegno di Washington:

“Gli Stati Uniti sosterranno sempre Israele in materia di sicurezza – ha detto l’inquilino della Casa Bianca - Per noi si tratta di un obbligo non solo rispetto ai nostri mutui interessi su questo tema, ma anche perché ci basiamo su una condivisione di valori e su un’incredibilmente stretta correlazione fra i nostri rispettivi popoli”.

Sull’immancabile convitato di pietra, l’Iran, i due capi di governo hanno espresso completa identità di vedute sulla questione del nucleare. Secondo il grande vecchio della politica israeliana, il presidente Shimon Peres, Barack Obama sarebbe il presidente più filo israeliano nella storia delle relazioni israelo-statunitensi.

Fonte: euronews.com
Inviato il: 5/3/2012 19:30
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Re: Civiltà Ebraica
#515
Sono certo di non sapere
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Netanyahu: Nessun Libano ci sarà sulla mappa

Per anni, gli israeliani paranoici sono stati urlando il sanguinoso omicidio che il Presidente dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad, e detto che “Israele dovrebbe essere cancellato dalla mappa.”

Naturalmente, l’uomo non ha detto nulla di simile, è stato una traduzione deliberata destinata a servire i loro scopi: a demonizzare Ahmadinejad e l’Iran e per giustificare un attacco non provocato contro la Repubblica islamica dell’Iran.

Quindi che cosa ha detto Ahmadinejad effettivamente? Per citare le sue parole esatte in Farsi:

“Imam ghoft een rezhim-e ishghalgar-e qods bayad az safheh-ye ruzgar mahv shavad.”

La citazione completa tradotta direttamente in italiano:

“L’Imam ha detto che questo regime che sta occupando Gerusalemme deve sparire dalla pagina del tempo“.

Parola per parola traduzione: Imam (Khomeini) ghoft (detto) een (questo) (regime) rezhim-e ishghalgar-e (occupando) qods (Gerusalemme) bayad (deve) az safheh-ye ruzgar (da pagina del tempo) mahv shavad (svanire da).

Così che dovrebbe risolvere la campagna di disinformazione combattuta al fine di impostare la fase di un aggressivo attacco contro l’Iran e loro illusioni paranoiche che l’Iran sta costruendo un’arma nucleare al fine di “cancellarli dalla carta geografica.”

Essi sono costantemente isterici, mentre raccoglievano miliardi all’anno in denaro dei contribuenti americani per alimentare l’isteria e la brama di guerra e di prendere fuori quei governi che non piace loro, preferibilmente da dalla NATO o le forze armate US.

Ma è ironico.
Non non c’era nessuna confusione o non urlare quando Netanyahu effettivamente ha detto ad un intervistatore che quando Israele si è fatto con loro, non c’era nessun Libano sulla mappa del nuovo mondo. In una conferenza stampa in Svizzera, in occasione della costruzione una ferrovia israeliana , il quotidiano tedesco Die Zeit ha intervistato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu:

“Complimenti Mr Netanyahu, la mia prima domanda è che l’inizio della costruzione della linea ferroviaria conferma l’annuncio dell’ufficio dissidente siriano intelligenza che colpirà il Libano?”
In risposta, Netanyahu dichiarò:
“Sì, e non è un segreto che accadrà con il supporto della coalizione Golfo-U.S. ed è per questo che essi sono stati avvertiti, ma prima di chiedere a voi, avete un’occhiata alla nuova mappa del mondo e vedere che non c’ non è nessuna nazione con questo nome.”

Dato che il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha elencato 388 violazioni dello spazio aereo del Libano, c’è senza dubbio quello che Israele sta progettando per quanto riguarda il Libano.
Il Presidente Michel Suleiman ha condannato le recenti dichiarazioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sul Libano, dicendo che la sua esistenza non sarà interessato dalle sue osservazioni.

Strano che nessuno altro, nessuna grande bocca, grandi parlatori, il grande bastone delle nazioni occidentali abbianola minima preoccupazione che questo nucleare armato, stato razzista dell’apartheid, che ha usato armi di distruzione di massa contro il Libano in passato, di aver commesso un genocidio contro il popolo libanese, sta minacciando loro ancora una volta.

In una dichiarazione, ha aggiunto:
“il Libano è l’unico paese che ha battuto Israele militarmente e lo stato ebraico è ancora da recuperare da esso.”

In effetti, l’unica cosa che ha smesso Israele nel 2006 di cancellare il Libano dalla carta geografica è stata la difesa contro di loro fornito da Hezbollah, che li ha inviati a piangere con la coda tra le gambe.

“La diversità del Libano è l’esatto contrario del sistema razzista di Israele, che non ha posto nel mondo,” ha sottolineato il Presidente.

Strano, non è vero, che tutti i paesi attaccati da ovest, i nemici di Israele, possano tutti dire la stessa cosa.
Che essi sono stati i modelli di tolleranza, di fratellanza, di prosperità e di diritti umani, a differenza di alleati occidentali dell’Arabia Saudita, Qatar. ecc., che sono orribili feudali esempi di pratiche barbare e nell’arretratezza.

“Il Libano è uno dei fondatori delle Nazioni Unite e la dichiarazione universale dei diritti umani e le dichiarazioni di Netanyahu riflettono il suo disprezzo per gli esseri umani“, ha aggiunto Suleiman.

Siria ed Hezbollah in Libano sono in allerta in previsione di un attacco israeliano in Libano, cosi il quotidiano londinese A-Sharq al-Awsat ha osservato recentemente. Secondo la relazione, Hezbollah ha monitorato con cautela il rafforzamento delle truppe IDF lungo il confine con il Libano.

È anche interessante notare che l’emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa Al-Thani, ha ammesso che la linea ferroviaria israeliana è finanziata dal Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita.

Il Qatar, quella che ha avuto un interesse acquisito nel fomentare il terrorismo ed un cambiamento di regime “in Libia, Siria e altrove. Non è strano che ad Israele le sia consentito a sventolare il bastone a qualcuno che si sente come con l’impunità, essi mantengono un monopolio sulle armi nucleari in Medio Oriente?
Il paese stesso che ha minacciato tutte le capitali d’Europa?

Lisa Karpova - www.Pravda.Ru

http://english.pravda.ru/opinion/columnists/01-03-2012/120646-No_Lebanon_will_be_on_map-0/
Inviato il: 6/3/2012 14:21
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Re: Civiltà Ebraica
#516
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Da perugia
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la lobby si scatena contro un libro di storia!

Milano - Nell'atrio dell'Università cattolica sono stati affissi manifesti chiaramente antisemiti col volto di Mussolini e la caricatura di un ebreo, con il naso adunco, come veniva raffigurato in epoca fascista.
I manifesti sono stati appesi negli spazi del gruppo studentesco della Comunità antagonista padana.
Daniele Nahum, vice presidente della comunità ebraica milanese, ha chiesto al rettore che vengano subito tolti.
I manifesti si riferiscono ad un convegno organizzato per il 17 marzo "Nazismo, sionismo e altri totalitarismi: alleanze taciute e verità scomode". Durante la conferenza verranno presentati due libri L'asse Roma-Berlino-Tel Aviv e Il fez e la kippah di Andrea Giacobazzi.

http://milano.ogginotizie.it/121065-milano-manifesti-antisemiti-alla-cattolica/

(AGENPARL) - Roma, 06 mar - "I manifesti antisemiti firmati dalla comunità antagonista padana apparsi oggi nell’atrio dell’Università Cattolica di Milano rappresentano un episodio gravissimo, sul quale mi auguro ci saranno conseguenze in applicazione della cosiddetta legge Mancino. Auspico che gli inquirenti vogliano verificare la natura e le finalità di questo gruppo studentesco e il contenuto del convegno che in questi manifesti si annuncia. Nei prossimi giorni chiederò un incontro al ministro della Giustizia Severino per verificare la possibilità di una approvazione del disegno di legge presentato dal Pd per una revisione che renda più efficace la legge Mancino contro ogni forma di discriminazione e di intolleranza", è quanto ha dichiarato Emanuele Fiano, Responsabile Sicurezza del Partito Democratico.

http://www.agenparl.it/articoli/news/regionali/20120306-antisemitismo-fiano-pd-a-milano-episodio-gravissimo

“Quei manifesti ci offendono in quanto cittadini di religione ebraica. Chiediamo all’Università e al rettore che vengano tolti”. Daniele Nahum, vicepresidente della Comunità ebraica di Milano, è indignato: i manifesti che da una settimana sono appesi nel cortile dell’Università Cattolica e che annunciano il convegno “Nazismo, sionismo e altri totalitarismi: alleanze taciute e verità scomode”, sono offensivi e inaccettabili. L’immagine che accompagna l’annuncio, per di più toglie ogni dubbio sulla matrice antisemita del convegno è la copertina del libro ” Il fez e la kippah” di Andrea Giacobazzi: due profili, quello di Mussolini, e quello caricaturale del “giudeo”, rappresentato secondo l’iconografia antisemita del primo Novecento – barba, naso adunco, orecchie a punta.

Il manifesto è stato appeso negli spazi del gruppo studentesco della Comunità Antagonista Padana, una cellula del Movimento Universitario Padano, che ha deciso di staccarsi dal movimento vicino alla Lega Nord e organizzare, fra le altre cose, il convegno in programma per sabato 17 marzo all’Hotel Admiral di via Domodossola, a Milano.

“In questo convegno si paragona il nazismo al sionismo. chi lo ospita si deve vergognare. spero che i proprietari dell’hotel lo facciano annullare” ha concluso Nahum.

http://www.mosaico-cem.it/articoli/primopiano/manifesti-antisemiti-alluniversita-cattolica-di-milano

UNIVERSITA' CATTOLICA NELL'ATRIO SPUNTANO I MANIFESTI ANTISEMITI

http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/03/06/foto/universit_cattolica_nell_atrio_spuntano_i_manifesti_antisemiti-31010006/1/
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“Se un ebreo ortodosso mi considera "immondo" o mi saluta per primo per non dover essere costretto a rispondere al mio saluto, la cosa non preoccupa più di tanto.” (John)
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Inviato il: 6/3/2012 15:27
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Re: Civiltà Ebraica
#517
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Breaking News: militari israeliani aprono il fuoco contro corteo funebre a Gaza. Tre palestinesi feriti
Evidenza - 13/3/2012

Gaza – InfoPal. Stavano accompagnando in un corteo funebre, verso il cimitero ad est di Gaza, i corpi delle ultime due vittime della catena di raid israeliani, quando i palestinesi presenti sono stati presi di mira dai militari israeliani.

Bassam al-’Ajilah e Mohammed Taher, due combattenti del Jihad Islamico, sono stati assassinati ieri sera nell’ultimo di una serie di attacchi israeliani.

I militari israeliani hanno aperto il fuoco sul loro tragitto, ferendo tre palestinesi. Ancora non si conosce la gravità dei casi.

Questo accade mentre le parti sono impegnate ad esporre alla stampa l’accordo per il cessate il fuoco raggiunto con la mediazione egiziana.
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tag: aggressione isareliana su Gaza, cessate il fuoco, palestinesi feriti, soldati isareliani sparano a corteo funebre, tregua resistenza-Israele

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Inviato il: 13/3/2012 22:17
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Re: Civiltà Ebraica
#518
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Come Israele tratta realmente i cristiani palestinesi
Apartheid e pulizia etnica Evidenza - 16/3/2012

22/12/2011: cristiani palestinesi lasciano il terminal di frontiera di Erez, nel nord della Striscia di Gaza, diretti verso la città cisgiordana di Betlemme per festeggiare il Natale. L'esercito israeliano rilascia circa 500 permessi ai cristiani di Gaza a questo scopo. (Reuters/Ibraheem Abu Mustafa)

di Fida Jiryis

Ma’an. In un editoriale pubblicato recentemente dal Wall Street Journal, “Israel and the plight of Mideast Christians” (“Israele e le condizioni difficili dei cristiani in Medio Oriente”), l’ambasciatore israeliano negli USA Michael Oren presenta Israele come una democrazia tollerante e pacifica: un’immagine smentita dai fatti.

Io sono una di quei cristiani palestinesi che vivono all’interno d’Israele e ai quali si riferisce Oren, e in nessun momento della mia vita ho mai percepito il “rispetto e apprezzamento” da parte dello Stato ebraico, di cui invece Oren si vanta in modo così brillante.

La minoranza cristiana in Israele è emarginata al pari di quella musulmana o, al limite, tollerata in silenzio. Soffriamo delle stesse discriminazioni dei musulmani palestinesi, quando cerchiamo un lavoro, andiamo negli ospedali, chiediamo un prestito alla banca o saliamo sull’autobus.

Israele basa le sue fondamenta sull’essere uno stato razzista eretto per i soli ebrei, e alla maggior parte della popolazione ebraica non interessa molto di che religione siamo, se non siamo, appunto, ebrei. Così, nei miei rapporti quotidiani con lo Stato, percepisco atteggiamenti rudi ed apertamente sprezzanti.

La dichiarazione di Oren secondo cui “l’estinzione delle comunità cristiane in Medio Oriente è un’ingiustizia di dimensioni storiche” è insomma un forte shock, per chiunque abbia anche solo un minimo di familiarità con la storia della fondazione d’Israele.

Vorrei dunque ricordare ad Oren e ad altri che tale fondazione, nel 1948, comportò l’espulsione di migliaia di cristiani palestinesi dalle loro case e il loro trasferimento forzato, il che o li costrinse a fuggire al di là del confine o li trasformò in profughi interni. Anche la pulizia etnica dei palestinesi – che fu utilizzata nella fondazione d’Israele – è un’ingiustizia di dimensioni storiche. Chi vive in una casa di vetro – così come in una casa rubata ai palestinesi – dovrebbe fare molta attenzione quando getta delle pietre.

Il marito di mia cugina, Maher, proviene da Iqrith, un paesino a qualche miglio di distanza dalla Galilea. La sua famiglia – insieme a tutti gli abitanti di Iqrith – venne espulsa dal suo villaggio nel 1948 e Iqrith fu raso al suolo dalle forze israeliane alla vigilia di natale del 1950, una sorta di “regalo natalizio” speciale per la sua gente. La data scelta per questa distruzione porta quindi a meditare sul messaggio che s’intendeva lanciare.

Maher nacque anni dopo che la sua famiglia ebbe trovato rifugio a Rama, un villaggio nei pressi della Galilea. Oggi, lotta per trovare un posto dove costruire una casa e vivere con sua moglie e i suoi figli. Le politiche israeliane, che limitano rigidamente le zone edificabili nelle città e nei paesi arabi, danno infatti come risultato una scarsità di terreni, che impedisce la naturale espansione della popolazione. Il fatto che venga limitato l’uso della terra agli abitanti di quella stessa città o paese rappresenta una grave discriminazione ai danni dei profughi interni palestinesi, per quel che riguarda il loro diritto a costruire abitazioni.

D’altra parte, il ritorno di persone come Maher viene reso impossibile da Israele, che rifiuta di trattare sul diritto dei rifugiati a ritornare nelle loro terre d’origine. Se Oren è tanto preoccupato per i cristiani palestinesi, sarebbe così gentile da concedere il via libera al ritorno dei profughi cristiani originari di Iqrith, Birim, Tarshiha, Suhmata, Haifa, Jaffa e decine di altre città e paesi arabi palestinesi dai quali si videro espellere nel 1948?

La risposta – ve lo assicuro – è no. Molti di questi rifugiati vivono in campi profughi negli stati confinanti, dove Israele e Oren sono felici di lasciarli.

I terroristi ai quali si riferisce lo stesso ambasciatore, quando afferma che “Israele, nonostante debba salvaguardare i suoi confini dai terroristi, concede ai cristiani di Gaza e Cisgiordania di accedere alle chiese di Gerusalemme”, sono in realtà cristiani palestinesi che vivono nelle terre che Israele ha occupato – contravvenendo in modo clamoroso a tutte le dichiarazioni dei diritti umani – e dalle quali si rifiuta di ritirare i suoi soldati e i suoi coloni abusivi.

Elogiare Israele perché concede il permesso di muoversi attraverso quello che per legge è il proprio paese, questo è il colmo dell’arroganza.

Quando poi sostiene che “a Gerusalemme, il numero di arabi – tra i quali vi sono anche cristiani – è triplicato dal 1967, anno in cui Israele riunificò la città”, il diplomatico si dimentica di parlare delle instancabili politiche israeliane di repressione che vengono portate avanti in quella stessa città: insediamenti senza fine; un Muro di separazione che la taglia giusto nel mezzo, dividendo le famiglie, i quartieri e le attività commerciali, e dunque colpendo duramente l’economia araba; espropriazioni di terreni ed espulsione delle famiglie arabe che li abitano da generazioni; e revoca della cittadinanza per ogni palestinese residente che rimanga all’estero per un periodo troppo lungo.

Immaginate lo scalpore che si verrebbe a creare se un cittadino USA viaggiasse due anni in giro per il mondo e, al ritorno, scoprisse che la sua cittadinanza è stata revocata e che ha perso la sua carta d’identità e passaporto USA!

Ai funzionari israeliani non importa se i palestinesi che discriminano siano cristiani o musulmani. È comunque vero che le lotte inter-religiose sono in aumento, in una regione geopolitica tormentata a lungo da condizioni di povertà – per le quali l’Occidente ha sulle spalle responsabilità significative, avendo dato il suo aiuto ai molti dittatori che vi governano.

Insomma, nessuno si fa imbrogliare dalla falsa tolleranza di Oren e dalle sue lacrime di coccodrillo per la difficile situazione dei cristiani. Se fosse sincero, allora lo esorterei a guardare da vicino le politiche di occupazione e di discriminazione razziale messe in atto da Israele.

Come disse Gesù in Matteo 7:3, “perché guardi tu il fuscello che è nell’occhio del tuo fratello, e non scorgi la trave ch’è nell’occhio tuo?”

Fida Jiryis è una scrittrice palestinese della cittadina araba di Fassuta in Galilea, Israele. È l’autrice di “My Return to Galilee” (“Il mio ritorno in Galilea”), di prossima pubblicazione, che racconta il suo ritorno in Israele dopo l’inizio della diaspora.
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Inviato il: 16/3/2012 20:23
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Re: Civiltà Ebraica
#519
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Rapporto della Coalizione contro il razzismo in Palestina-Israele
Apartheid e pulizia etnica Evidenza - 20/3/2012

An-Nasira (Nazareth) – InfoPal. La Coalizione contro il razzismo ha pubblicato il rapporto annuale sulla Palestina, prendendo in esame i fatti che, nel 2011, hanno colpito le minoranze nel paese, tra le quali anche i palestinesi in Israele (Territori palestinesi occupati nel ’48, ndr).

Nel 2011 Israele ha varato 35 leggi razziste per l’avallo della pratica delle forme di razzismo, e l’anno scorso è stato segnato da un trend in crescita nelle attività del parlamento israeliano, la Knesset.
Queste leggi, ma anche disegni in attesa di approvazione, sono diretti a reprimere le espressioni e le attività dei palestinesi in ogni sfera della vita: dagli affari civili all’accesso all’impiego. Medesima tendenza si riscontra nell’approccio istituzionale israeliano verso altri gruppi di immigrati.

Sono stati rilevati nel 2011, 13 episodi di istigazione razzista a sfondo religioso, con dichiarazioni alle quali sono seguiti atti con roghi e profanazioni di moschee, chiese e cimiteri.

Si è esteso il fenomeno del “prige tag”, la ritorsione nella forma di singoli atti, ma anche di azioni preordinate condotte da gruppi di individui.

Nel 2011, sono stati monitorati 155 episodi di razzismo istituzionale contro imprese pubbliche e private. In questo contesto si individua la violazione del diritto alla vita, mentre si contravviene al diritto alla casa con il fenomeno delle demolizioni di case di palestinesi, il loro allontanamento, il divieto d’accesso a locali notturni, o quello a prendere in affitto una casa, rivolti a determinate categorie.

La Coalizione ha raccolto in maniera diretta 61 denunce di questa natura, e solo 22 delle centinaia di casi di demolizioni. Nel 2011, il villaggio di al-‘Araqib è stato abbattuto da Israele decine di volte.

La Coalizione contro il razzismo ha annunciato il lancio di una campgana dal titolo “Il Razzimo contro tutti, tutti contro il razzismo” mentre la presente relazione è stata indirizzata al premier Netanyahu e al ministro in carica sulla questione degli alloggi in Israele, diretti responsabili delle demolizioni, espressioni del razzismo istituzionale.

Nidal ‘Othman, avvocato e direttore della Coalizione, ha annunciato che i componenti di ogni minoranza o anche solo dei gruppi che sono in Israele vittima di razzismo, hanno dato la propria adesione per denunciare le sistematiche azioni di razzismo da parte del governo di Israele. Tra di essi anche la comunità di etiopi che hanno spezzato una lancia a favore della comunità palestinese, esprimendo quindi solidarietà.

Oltre alla divulgazione della realtà in Israele, la Coalizione ha organizzato due marce: una, il 2 aprile, raggiungerà la residenza del ministro dell’Istruzione a Tel Aviv, l’altra, il 16 aprile, si dirigerà davanti alla casa gerosolimitana del primo ministro.

Nel rapporto si riconosce “il governo di Netanyahu si è distinto per la ferocia degli atti di razzismo, nelle politiche sociali ‘promosse’ nel paese fino ad attuare la politica delle espulsioni fisiche.
Questa prassi colpisce i palestinesi, ma anche altre comunità, prevalentemente coloro che vengono dai paesi orientali, e in questa coesione intravediamo un’implosione sociale nel paese molto prossima”.
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tag: Coalizione contro il razzismo, comunità palesitnese in Israele, etiopi in Israele, Knesset, minoranze in Israele, Netanyahu, razzismo in Israele

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Inviato il: 20/3/2012 20:47
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Re: Civiltà Ebraica
#520
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Gerusalemme, militari israeliani assaltano una scuola elementare: obiettivo, un bimbo palestinese
Bambini Diritti Negati Evidenza - 21/3/2012

Al-Quds (Gerusalemme) – InfoPal. I soldati israeliani hannno invaso questa mattina una scuola elementare ad al-Quds (Gerusalemme) per arrestare un bambino palestinese sospettato di aver lanciato pietre contro i militari.

Nella scuola di Ra’s al-‘Amoud (Porta di Damasco), il direttore si dice sconcertato per l’assalto a un istituto pubblico e per l’aggressione ai danni del bambino che non ha ancora 11 anni.

Il responsabile ha raccontato di aver tentato di respingere i soldati, di impedire loro di entrare nella scuola: “Ho chiesto ai soldati chi stessero cercando con esattezza, ma non sapevano fornire dettagli. Hanno detto di cercare un bambino che indossava delle scarpe bianche e che poco prima aveva tirato pietre contro di loro”.

Sono numerosi gli episodi di questa natura: “Mio figlio ‘Omar dice di aver paura di andare a scuola, ed io con lui – dice un genitore -, quando gli ho chiesto il motivo, mi ha confessato di essere stato arrestato un giorno dagli israeliani, mentre tornava da scuola. E’ stato arrestato per alcune ore per poi essere lasciato andare insieme ad altri compagni di scuola”.

Non è l’unica storia di violazioni israeliane al Diritto all’Infanzia e allo studio: pochi giorni fa è accaduto in una scuola di Silwan, nella stessa zona di Gerusalemme, quando Salah Muhaisen, insegnante di 43 anni, è stato arrestato in un raid simile a quello di poche ore fa.
Nonostante i tentativi dell’amministrazione di sottrarlo ai soldati, il docente è stato condotto dagli israeliani nel centro di al-Muskubiyah dove è stato accusato di aver difeso i bambini.

Immediata la condanna di Defence for Children per un episodio che rivela una prassi israeliana quotidiana contro i bambini palestinesi.

“Gli arresti di minori palestinesi tra i 12 e i 17 anni vengono condotti nella notte. Essi vengono prelevati dalle loro case e l’illegalità delle fasi successive è una prassi consolidata; essi venono malmenati, bendati e portati via da casa senza permettere la presenza di un genitore, né di un avvocato”.

Negli ultimi quattro anni, l’organizzazione ha raccolto 311 casi di arresti. Il 90% dei minori sono sottoposti a duri interrogatori, l’accusa è sempre il lancio di pietre o l’essersi ribellati ai militari d’occupazione israeliani, mentre il percorso legale per la loro difesa è un labirinto.

Defence for Children, inoltre, accusa Israele di aver trasferito 2/3 dei minori palestinesi arrestati verso centri all’interno di Israele (Territori palestinesi occupati nel ’48, ndr), esplicita violazione all’art. 76* della Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra.

* art. 76: “Le persone protette imputate saranno detenute nel paese occupato e, se sono condannate, dovranno scontarvi la loro pena. Esse saranno possibilmente separate dagli altri detenuti e sottoposte a un regime alimentare e igienico sufficiente per mantenerle in buono stato di salute e corrispondente almeno al regime degli stabilimenti penitenziari del paese occupato. Esse riceveranno le cure mediche richieste dalle loro condizioni di salute. Esse saranno parimente autorizzate a ricevere l’aiuto spirituale che potessero chiedere. Le donne saranno alloggiate in locali separati e sottoposti alla sorveglianza immediata di donne. Sarà tenuto conto del regime speciale previsto per i minorenni. Le persone protette detenute avranno il diritto di ricevere la visita dei delegati della Potenza protettrice e del Comitato internazionale della Croce Rossa, conformemente alle disposizioni dell’Art. 143. Inoltre, esse avranno il diritto di ricevere almeno un collo di soccorso al mese”. (Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, 1950. Sezione III Territori Occupati).
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tag: assalto a scuola elementare, Defence for Children, Diritto all'Infanzia, diritto allo studio, minori palesitnesi arrestati, Silwan

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Inviato il: 21/3/2012 21:17
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Re: Civiltà Ebraica
#521
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Colonie israeliane e diritti umani dei palestinesi: nuova risoluzione Onu
Apartheid e pulizia etnica Evidenza - 23/3/2012

Al-Arabiya, Agenzie, InfoPal. Il Consiglio Onu per i Diritti Umani ha approvato una risoluzione che promuove l’avvio di un’indagine sulle implicazioni che gli insediamenti israeliani hanno sui diritti dei palestinesi.

La risoluzione è passata con 36 voti a favore e 10 astensioni. Gli Stati Uniti sono stati gli unici ad aver votato contro la mozione.

“Ipocrita” la mossa per il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che ha tenuto a dire: “Il Consiglio è formato da una maggioranza ostile a Israele e il suo operato non è sincero. (…) I membri del Consiglio Onu per i Diritti Umani dovrebbero provare vergogna”.

“Ad oggi, il Consiglio ha passato 91 decisioni, 39 delle quali chiamano in causa lo Stato di Israele, 3 in relazione alla Siria ed una all’Iran – ha aggiunto Netanyahu -, basta ascoltare oggi il rappresentante siriano parlare di Diritti Umani per comprendere quale sia il livello di ipocrisia del Consiglio”.

Per i palestinesi “una nuova vittoria”, come ha commentato Nabil Abu Rudeina, portavoce del presidente dell’Autorità palestinese (Anp), Mahmoud ‘Abbas. 

“E’ una posizione che invia un messaggio alla comunità internazionale: ‘le colonie israeliane sono illegali e devono essere rimosse’”.

Alla presentazione della risoluzione, l’inviato del Pakistan ha riservato parole di critica per l’insistenza coloniale israeliana in Palestina, definendo il comportamento di Israele “una violazione alle leggi internazionali sui Diritti Umani e al diritto umanitario”.

“E’ una risoluzione, questa, conforme a tali principi di legalità, ed essa è intesa a sfidare le pratiche israeliane in Palestina”, ha aggiunto.

Oltre a ordinare un’indagine sulle conseguenze sui diritti dei palestinesi derivanti dalla colonizzazione israeliana, la mozione richiama Israele a “mettere in atto misure di rilievo” iniziando ad esempio a sottrarre le armi ai propri coloni.

In sede di voto, è stata pronunciata, inoltre, la condanna all’annuncio israeliano degli ultimi programmi coloniali in Palestina, ed è stato chiesto allo Stato ebraico di fare inversione di rotta nella propria politica.

Contrari gli Usa, “che non hanno gradito tali rimproveri a Israele”.
“Sono azioni che non portano a nulla, e che di certo non promuovono una pace duratura – per l’inviato statunitense -, in tal modo, le parti saranno sempre più distanti”.

L‘inviato israeliano si è anche pronunciato contro dichiarazioni e risoluzione, affermando: “Molti tra i presenti oggi, come durante altri interventi in questa stessa aula, hanno ripetutamente posto l’accento sull’adozione di decisioni imparziali, rigorose e apolitiche. Perché mai, allora, questi principi vengono meno quando le risoluzioni chiamano in causa Israele?”

Per il ministro degli Esteri di Israele, Avigdor Lieberman, è stata: “Una decisione inverosimile, esito del lavoro di un organo (il Consiglio per i Diritti Umani dell’Onu) dal quale emerge una realtà fortemente policizzata, che non concede spazio ai Diritti Umani”.

“Mentre altre realtà in Medio Oriente si macchiano di violazioni ai Diritti Umani, l’Alto Commissario per i Diritti Umani (Onu) si pone in ridicolo sprecando tempo e risorse per creare un organo superfluo, ma audace, la cui unica missione è soddisfare i capricci dei palestinesi”.

L’azione legale della comunità internazionale è un fatto correlato alle critiche, più volte espresse, verso l’espansione coloniale israeliana della Palestina.
Nonostante queste critiche, a fine febbraio, un comitato israeliano legalizzava e autorizzava un avamposto coloniale a nord della Cisgiordania occupata e approvava un piano per la costruzione di 500 nuove unità abitative.

Cisgiordania, dicembre 2011.

“Riprorevole la mossa israeliana”, disse in quell’occasione Robert Serry, inviato Onu per il Medio Oriente, quando aveva ammesso: “Questi episodi (la colonizzazione israeliana) ci allontanano sempre più dalla soluzione dei due Stati”.

In settimana, il capo per i Diritti Umani Onu, Navi Pillay, aveva affermato che l’espansione coloniale israeliana è fortemente correlata ai molteplici problemi che si riportano nei Territori palestinesi occupati, tra i quali i fatti di violenza.

Oltre 310mila coloni israeliani vivono in insediamenti nella Cisgiordania occupata, e il numero pare essere destinato a crescere.

Altri 200mila vivono in decine di quartieri coloniali a Gerusalemme Est, anch’essa occupata da Israele nel 1967, poi annessa nel 1980, con un atto unilaterale mai riconosciuto dalla comunità internazionale.

Agenzie:

Al-Arabiya

The Jerusalem Post

Wafa’
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tag: Cisgiordania occupata, colonie israeliane, implicazione sulle vite dei palestinesi derivanti dalla colonizzazione israeliana, insediamenti isareliani, reazione isareliana a risoluzione di condanna Onu, risoluzione Onu per avvio indagine su coloni israeliane

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Inviato il: 24/3/2012 20:19
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Re: Civiltà Ebraica
#522
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Condannato alla deportazione, un minorenne palestinese al giudice: ‘Non riconosco questo tribunale, siete una banda di mafiosi’
Bambini Evidenza - 23/3/2012

Ramallah – InfoPal. Ahmed Mahmoud Salibi, 16 anni, è uno degli otto minorenni palestinesi che giorni fa Israele aveva deciso di allontanare dalle loro case con la deportazione. Hanno tutti tra i 14 e i 16 anni.

Ieri, Ahmed ha interrotto il giudice mentre leggeva il verdetto contenente l’accusa (aver lanciato pietre contro coloni e soldati) e la condanna (la deportazione).

Ahmed ha detto al giudice: “Sono appena un ragazzino, non riconosco questa corte, mi state condannando all’ingiustizia, siete un covo di mafiosi. Non riconosco il vostro Stato”.

Colto dall’ira, il giudice ha minacciato di adottare altre sanzioni contro il ragazzo.

Arrestato il 12 marzo scorso, Ahmed Salibi era stato pestato duramente dai soldati israeliani. I suoi avvocati riferiscono che sono ancora evidenti i segni della tortura subita.
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tag: corte militare di 'Ofer, minori deportati da Israele, minori palestinesi arrestati da Israele

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Inviato il: 24/3/2012 20:20
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Re: Civiltà Ebraica
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Diritti Umani: ‘Israele cancelli l’Apartheid dall’agenda politica’
Apartheid e pulizia etnica Evidenza - 28/3/2012

An-Nasira (Nazareth) – InfoPal. Un gruppo contro le discriminazioni ha chiesto a Israele di fermare le proprie pratiche razziste nei confronti dei palestinesi che vivono in Israele (Territori palestinesi occupati da Israele nel 1948, ndr), iniziando con l’abolizione della serie di leggi approvate in parlamento.

‘Adalah, Centro per la giustizia che monitora la discriminazione nel paese e fornisce assistenza legale ai palestinesi in Israele, ha esposto la situazione a un Comitato Onu.
L’organo delle Nazioni Unite ha quindi condannato lo Stato ebraico per la sua inadempienza alla Convenzione Internazionale sull’Eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1976).

Della discriminazione contro i palestinesi al suo interno, Israele ne fa un uso sistematico.

Si menziona in particolare la legge, approvata a marzo 2011, che dà potere alle autorità d’occupazione di vietare ai palestinesi di risiedere in zone ebraiche.
Di conseguenza un bagaglio di diritti viene negato ai palestinesi: l’accesso a servizi e all’occupazione, la partecipazione politica, l’istruzione, l’accesso al credito e altri diritti sociali.

Inoltre, in questo intervento si penalizza Israele per l’esistenza della tanto discussa legge sul divieto di ricongiungimento familiare, vietato ai palestinesi nel paese per legge, e sulla base di criteri strettamente razziali.

Si chiede a Israele di invalidare queste leggi, quindi di rinunciare al piano coloniale nel Negev, il quale produce ogni giorno lo sfollamento della consistente comunità di beduini. La politica delle demolizioni e delle espulsione di questa comunità, la cacciata dei palesitnesi più in generale, sono accompagnate da una serie di misure legislative studiate ad hoc da Israele.

Il Comitato chiede a Israele di avviare invece, una politica di incoraggiamento e di inserimento di tali comunità nella società, a partire dal diritto all’Istruzione.

Altre pratiche israeliane mettono in allarme, come la detenzione amministrativa (senz’accusa e prorogabile a oltranza, ndr), applicata da Israele anche contro i bambini palestinesi.

Il sistema giuridico e quello giudiziario in Israele preoccupano molto in ambienti per i diritti umani.
“L’aver creato sistemi ‘legali’ paralleli destinati, l’uno ai coloni e ai cittadini ebrei israeliani, l’altro ai palestinesi in Cisgiordania, a carattere prevalentemente militare, indica che ‘la segregazione è un fatto compiuto”.

Israele ha respinto la Raccomandazione generale n°19/1995 della Commissione ONU per l’eliminazione delle discriminazioni razziali. Il Comitato Onu oggi ribadisce al governo di Tel Aviv la richiesta di adottare misure immediate per cancellare definitivamente dalla propria agenda politica l’Apartheid.
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tag: 'Adalah, Apartheid israeliana, comunitò beduina espulsa, Diritti umani, discriminazioni in Israele, divieto di ricongiungimento familiare, leggi razziste israeliane, palestinesi del '48, sistema giudiziario e legislativo israeliano

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Inviato il: 29/3/2012 0:04
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Re: Civiltà Ebraica
#524
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La guerra di Israele contro i bambini palestinesi: 3 minori picchiati e arrestati
Evidenza - 29/3/2012

Al-Khalil (Hebron) – InfoPal. Tre minori palestinesi d’età non superiore ai 14 anni, sono stati arrestati dalle forze d’occupazione israeliane ad al-Khalil (Hebron).

I tre ragazzini sono stati portati via presso il checkpoint di Tal Rumeida, al centro di Hebron.

Mohammed az-Zagir, membro dell’associazione giovanile contro le colonie israeliane, ha reso noti i nomi dei tre minori palestinesi arrestati da Israele: Mohammed Abu ‘Aisha, Shadi al-Muhtasab, entrambi di 14 anni, e Hamdan Sha’banah, di 13.

“Dapprima sono stati condotti al checkpoint di Shutir, all’ingresso della nota via ash-Shuhada’, vicino alla quale sorge la colonia illegale Bet Hadassah.
Qui i tre palestinesi sono stati picchiati dai soldati israeliani, poi sono stati condotti in una località ignota”, ha raccontato az-Zagir.

Il luogo dove si è consumata l’ennesima violazione israeliana ai danni dell’infanzia è tristemente noto alla popolazione locale perché qui accade spesso che i bambini palestinesi vengono sottoposti a varie forme di abusi, arresti e pestaggi.

E’ aumentato il dato dei casi di violenza contro i bambini palestinesi che si consumano presso questo checkpoint.

Allo stesso modo, si ricordano i vari episodi ai danni della scuola palestinese Qartabah, ancora nei pressi di via ash-Shuhada’, dove 17 bambini palestinesi sono stati posti in stato di fermo.

Il regime d’Apartheid di Israele non tiene in considerazione dei principi fondamentali che disciplinano il rispetto dei diritti dell’Infanzia, i bambini palestinesi costituiscono un obiettivo per gli israeliani. Essi vengono umiliati e maltrattati ogni volta che ne esiste la possibilità.

Fanno parte di tali pratiche israeliane anche le deportazioni di minori palestinesi, con allontanamenti, spesso decisi da tribunali israeliani, dalle loro case, dalla loro terra.
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tag: Al-Khalil (Hebron), checkpoint israeliani, coloni israeliane, minori palestinesi arrestati, tre minori palestinesi arrestati, via ash-Shuhada', violazioni israeliane all'infanzia palestinese

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Inviato il: 30/3/2012 9:23
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Re: Civiltà Ebraica
#525
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La pulizia etnica continua: Israele isola il campo di Shu’faat e le aree adiacenti da Gerusalemme
Apartheid e pulizia etnica Evidenza - 10/4/2012

Al-Quds (Gerusalemme) – InfoPal. Nir Barakaat, sindaco di al-Quds (Gerusalemme), non ha mai fatto mistero dell’esistenza del piano di colonizzazione israeliano esposto qui di seguito.
Israele punta ad isolare il campo di Shu’faat e le aree immediatamente adiacenti ad esso dal centro della città santa.

Una volta che il Muro d’Apartheid sarà completato, 1/4 degli abitanti palestinesi saranno isolati da Gerusalemme, mentre un checkpoint connesso al muro, eretto circa 4 mesi, assurgerà a valico di frontiera vero e proprio.

Isma’il Khatib, presidente del Comitato gerosolimitano contro il Muro d’Apartheid e gli insediamenti illegali di Israele sulla terra palestinese, ha esposto modalità e tempi – in termini di celerità – con cui questo piano israeliano sta andando avanti, volto ad isolare Gerusalemme, a lasciare fuori parte della sua popolazione palestinese stretta dal Muro d’Apartheid e inibita dall’accedere alla città santa.

L’obiettivo del governo d’occupazione di Israele è ebraicizzare Gerusalemme, a qualunque costo, e malgrado le conseguenze derivanti sulla popolazione, vale a dire la pulizia etnica dei palestinesi da Gerusalemme.

La fase attuale è grave. Khatib ha spiegato come il completamento del Muro d’Apartheid, con un’estensione di 1Km in direzione di Shu’faat, sia diretto a inglobare l’illegale colonia israeliana di Givat Ze’ev, a nord-est di Gerusalemme. Shu’faat, ma anche Ra’s Khamis, Ra’s Shehadah, il quartiere as-Salam, le zone di sovranità del Waqf (Fondazioni pie) di Gerusalemme saranno totalmente separati dalla città.

Circa 70mila palestinesi saranno isolati e l’unica possibiltià di raggiungere Gerusalemme da Shu’faat sarà quel posto di blocco che oggi diventa valico di frontiera a tutti gli effetti. E sono prevedibili le devastanti conseguenze socio-economiche e del Diritto alla Salute.

“Quella qui esposta è solo la prima fase del piano israeliano per l’isolamento della città dai suoi abitanti palestinesi. La 2° fase prevede l’isolamento di ‘Essawiyah, at-Tour, Beit Hanina e ulteriori opere di segregazione di Shu’faat, con la realizzazione di autostrade destinate a servire gli insediamenti illegali di Israele sulla terra palestinese.

Nella 3° fase saranno isolate Beit Safafa, Silwan e Ra’s al-‘Amoud, adiacenti agli ingressi della città vecchia, quindi in direzione della moschea di al-Aqsa. Israele vieterà l’ingresso all’area sacra ai palestinesi sprovvisti di un permesso israeliano.

Nella 4° fase, strade e zone di parcheggio di cui usufruivano i residenti palestinesi, saranno trasferite verso Bab al-‘Amoud (Porta di Damasco), Wadi al-Joz, via Salah id-Din e as-Sawana; anch’essi destinati a restare isolati dal cuore della città vecchia e dalle sue mura antiche.

L’isolamento delle aree palestinesi di Gerusalemme va di pari passo con l’ebraicizzazione, processo sul quale il governo di Israele intende esercitare il massimo controllo.

La 5° e ultima tappa è la più pericolosa perché Israele mira ad annientare la presenza fisica dei palestinesi a Gerusalemme, di coloro che risiedono nella città vecchia, nei quartieri cristiano, armeno e musulmano. La novità è che questi quartieri saranno rinchiusi all’interno di cancelli dotati di dispositivi elettronici.

Anche l’accesso alla moschea di Al-Aqsa sarà dotato di cancelli e telecamere per monitorare ogni spostamento sugli ingressi.

Ma fanno parte del progetto israeliano anche gli scavi in corso nelle fondamenta della moschea di Al-Aqsa, le gallerie e la costruzione di una cittadella sotterranea nelle fondamenta lungo le mura antiche di Gerusalemme, l’apertura di varchi d’accesso all’area sacra ovunque; su via Salah id-Din, presso Bab al-Mugariba e altri sotto il cimitero islamico di Ma’minallah (sul quale, tra l’altro, Israele ha approvato la costruzione di un “Museo della Tolleranza”), ad ar-Rahma e Silwan per garantire collegamenti ai quartieri coloniali israeliani a Gerusalemme.

Su 230 mila palestinesi gerosolimitani, Israele mira ad isolarne dalla città il 38%. Il piano israeliano ha anche una scadenza, vale a dire il 2020 per fare della popolazione di Gerusalemme l’84% ebraica, il 12% di una minoranza palestinese.

L’allarme “colonizzazione” è stato lanciato anche per Abu Dis a sud, Shu’faat al centro fino a Beit Jala, nella provincia di Betlemme.

“Svuotare” Gerusalemme. Ziad al-Hammouri, direttore del Centro gerosolimitano per i diritti socio-economici (JCSER), informa che tale piano era noto già ai tempi di Olmert, quando era vice di Ariel Sharon. Allora Israele aveva dichiarato di voler annettere, estendendo le competenze dell’amministrazione municipale e installando un governo militare a Sour Baher, ‘Ein Touba, ‘Esawiyya, Kafr ‘Aqab, tutte zone palestinesi che nel breve tempo saranno isolate dal muro d’Apartheid.

In questa aree palestinesi Israele applicherà la Legge sulle Proprietà degli Assenti* per mezzo della quale si arrogherà controllo e operatività su proprietà e terreni dei palestinesi dal momento che la manovra svolge la fuzione di farli “ricadere – con l’annessione – entro i confini municipali”.

Per ultimo, al-Hammouri cita le dichiarazioni pubbliche del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, “Gerusalemme è la capitale del popolo ebraico”, quando aveva annunciato di puntare alla realizzazione di 300mila colonie a Gerusalemme.

“Senza palestinesi gerosolimitani, Gerusalemme non esisterà e, una volta che Israele avrà cancellato dalla città santa qualunque traccia arabo-musulmana, non sarà rimasto più nessuno capace di rimediare, mettendo in salvo i palestinesi”.

* Elaborata nel 1948 ed emanata nel 1950, la Legge sulle Proprietà degli Assenti fu creata ad hoc al fine di acquisire la proprietà su beni e proprietà delle migliaia di profughi palestinesi che furono espulsi dalle forze ebraiche verso i Paesi arabi confinanti.
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tag: Al Quds (Gerusalemme), colonizzazione, ebraicizzazione, Israele isola Sh'faat, Legge sulla Proprietà degli Assenti, pulizia etnica della Palestina

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“Welcome to Palestine 2012″: compagnie aeree bloccano imbarco passeggeri. Agenti anti-sommossa al Ben Gurion airport
Evidenza - 15/4/2012

InfoPal. Decine di attivisti diretti in Palestina per la manifestazione “Welcome to Palestine 2012″ sono stati bloccati dalle compagnie aeree agli aeroporti di partenza – Roma, Bruxelles, Parigi, Ginevra, ecc. – su ordine di Israele…
Jet2.com, Lufthansa, Air France, Alitalia, Easyjet hanno accolto la richiesta israeliana di impedire l’imbarco dei propri passeggeri diretti a Tel Aviv.

Su ordine di Israele. Solo questo ci dovrebbe far riflettere.

Agenti anti-sommossa sono stati dispiegati all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, pronti ad “accogliere” i pacifisti che arrivano dall’Europa.

Altre info:

http://www.maannews.net/eng/ViewDetails.aspx?ID=476539

http://www.presstv.ir/detail/236328.html

(Foto in homepage di PressTv)
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#527
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Gerusalemme: inviato Onu condanna lo sfratto di una famiglia palestinese
Apartheid e pulizia etnica Evidenza - 20/4/2012

Betlemme – Ma’an. Il coordinatore umanitario dell’Onu Maxwell Gaylard ha condannato mercoledì lo sfratto di alcuni palestinesi del quartiere di Bayt Hanina (Gerusalemme est) da parte d’Israele.

“La cacciata dei palestinesi dalle loro case e proprietà nei territori occupati contravviene alla legge internazionale, inclusa la quarta Convenzione di Ginevra, e dovrebbe quindi aver fine”, ha infatti dichiarato Gaylard in un suo comunicato.

Nella stessa giornata di mercoledì, la polizia israeliana aveva sfrattato una famiglia palestinese dalla sua casa di Bayt Hanina, poco prima che dei coloni ebrei vi si trasferissero.

Come ha riferito Khaled Natshah all’agenzia stampa ufficiale palestinese Wafa, la polizia israeliana ha infatti ordinato a lui e agli altri dieci componenti della sua famiglia di lasciare l’edificio. Natshah è quindi stato portato in una stazione di polizia, mentre gli agenti rimuovevano tutti i mobili e gli averi degli inquilini.

Da parte sua, il giornale israeliano The Jerusalem Post riporta che a essersi trasferiti nella casa di Natshah sono dieci coloni ebrei del “Fondo terreno israeliano”, di estrema destra.

Si tratta del primo episodio di sfratto a Bayt Hanina, ma i coloni hanno già occupato diverse abitazioni nel vicino quartiere di Shaykh Jarrah.
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tag: coloni, Gerusalemme occupata, pulizia etnica

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Inviato il: 20/4/2012 16:11
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#528
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Esperto Onu lancia allarme sui prigionieri palestinesi in sciopero della fame nelle carceri israeliane.
Evidenza Prigionieri palestinesi - 2/5/2012

Comunicato stampa delle Nazioni Unite – Consiglio per i Diritti umani – 2 maggio 2012

Esperto Onu lancia allarme sui prigionieri palestinesi in sciopero della fame nelle carceri israeliane.

Ginevra, 30 aprile 2012. Il Relatore speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati nel 1967, Richard Falk, lunedì ha affermato di essere sgomento dalla “continua violazione dei diritti umani nelle prigioni israeliane” in mezzo a una massiccia ondata di scioperi della fame dei prigionieri palestinesi.

In azioni straordinarie di resistenza collettiva non-violenta contro le condizioni di abuso connesse alla prolungata occupazione israeliana dei territori palestinesi, più di 1.000 prigionieri hanno iniziato lo sciopero della fame ad oltranza il 17 aprile 2012, Giornata dei Prigionieri palestinesi. Questo sciopero è una protesta contro le ingiuste procedure di arresto, le detenzioni arbitrarie e le cattive condizioni di detenzione. Le autorità carcerarie hanno adottato misure punitive contro i prigionieri in sciopero della fame, compreso il negare loro le visite dei familiari e dei legali, la confisca dei loro effetti personali e il confino in celle di isolamento.

“Sono sconvolto dalle continue violazioni dei diritti umani nelle prigioni israeliane e sollecito il governo di Israele a rispettare i suoi obblighi internazionali in fatto di diritti umani verso tutti i prigionieri palestinesi”, ha affermato Falk. “Israele deve trattare quei prigionieri in sciopero della fame in accordo con gli standard internazionali, compresi il permesso per le visite dei familiari”.

Falk ha fatto notare che, dalla guerra del 1967, circa 750mila palestinesi, comprese 23mila donne e 25mila bambini sono stati detenuti nelle prigioni israeliane. Ciò costituisce circa il 20% del totale della popolazione nei Territori palestinesi occupati, o il 40% del totale della popolazione maschile nei Territori occupati.

“L’ampio uso israeliano della detenzione amministrativa viola gli standard internazionali per i processi equi”, ha aggiunto Falk. “I detenuti devono essere in grado di sfidare effettivamente gli ordini di detenzione amministrativa, incluso il fatto che gli avvocati abbiano pieno accesso alle prove su cui l’ordine è basato”.

Il Relatore speciale ha evidenziato che, attualmente, Israele tiene circa 300 palestinesi in detenzione amministrativa.

Falk si è rivolto alla comunità internazionale per assicurarsi che Israele rispetti le leggi e le normative umanitarie internazionali nel trattamento dei prigionieri palestinesi.

Nel 2008, il Consiglio Onu per i diritti umaniu designò Richard Falk (Stati Uniti d’America) come quinto Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati del 1967. Il mandato fu stabilito nel 1993 dalla Commissione Onu per i diritti umani: http://www2.ohchr.org/english/countries/ps/mandate/index.htm

OHCHR Country Page – Occupied Palestinian Territories:http://www.ohchr.org/EN/countries/MENARegion/Pages/PSIndex
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tag: prigionieri palestinesi, relatore speciale Nazioni Unite, Richard Falk, violazioni israeliane dei diritti umani

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Inviato il: 2/5/2012 20:45
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Re: Civiltà Ebraica
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Umm Kamel, donna simbolo della Palestina che resiste agli invasori
Apartheid e pulizia etnica Evidenza Storie - 7/5/2012

Roma – InfoPal. “Avevo una casa a Gerusalemme Est, dove vivevo con mio marito e i miei figli, ma coloni e autorità di occupazione israeliane me l’hanno presa”.

Così inizia il suo drammatico racconto Umm Kamel al-Kurd, una palestinese gerosolimitana di 60 anni, durante il convegno “A 64 anni dalla Nakba“, svoltosi a Roma sabato 5 maggio.

La sua testimonianza commuove e indigna la sala del Centro Frentani, dove siedono circa 100 persone di diverse comunità cittadine e organizzazioni di solidarietà con la Palestina.

“Un giorno, un signore si presentò a casa nostra – continua Umm Kamel -, dicendo di essere un funzionario esattoriale israeliano, e mi chiese di fornirgli i nostri nomi e i dati della nostra abitazione, perché li avrebbe registrati presso l’ente per cui lavorava.

“Con questo stratagemma, l’uomo entrò in possesso dei nostri dati e documenti. Pensavamo si trattasse di un rappresentante della legge, invece era membro di un’organizzazione di coloni. Tempo dopo, ricevemmo la convocazione da parte del tribunale. Era un giorno di festa per noi musulmani, quindi non c’erano avvocati con cui presentarsi. I coloni avevano studiato bene la trappola!

“Contro di noi non c’erano accuse. Ci chiesero di scegliere quale parte di casa tenere per noi, quale per i nostri figli, il resto sarebbe andato ai coloni.

“Il giudice emise poi una sentenza di confisca della nostra abitazione, che venne divisa tra noi e i coloni. Era il ’99. Due anni dopo si presentò un gruppo di coloni con la chiave ottenuta dal magistrato. Essi occuparono una parte della nostra casa. Quel giorno mi trovavo in ospedale con mio marito, che era disabile. Arrivarono correndo dei vicini, dicendo che i coloni avevano preso una parte della mia casa e che i soldati li stavano proteggendo.

“L’esercito proteggeva i coloni, gli invasori, gli aggressori, da noi!

“Durante quella convivenza forzata, ci fecero subire ogni tipo di angherie, di tortura psicologia, di sopruso.

“Uno dei coloni mi disse pure: ‘Sono entrato a casa tua con un documento falso’. Nonostante ciò, la polizia rispose che non poteva cacciarli perché avrebbero dovuto comunque passare un anno nella nostra abitazione, secondo quanto disponeva la legge. Così essi trovarono un altro stratagemma: il giorno prima dello scadere di ogni anno, arrivava un’altra famiglia e sostituiva quella precedente.

“Mai pronunciai offese o parole fuori posto contro di loro: la mia fede me lo proibisce. Le colone erano solite appendere fuori dalla nostra porta foto di bimbi palestinesi e insegnare ai loro figli a fare il tiro al bersaglio, scegliendo parti sensibili: testa, occhi, collo, petto, ecc. Una mostruosità!

“Passammo otto anni in questo modo. Una mattina all’alba arrivarono sei coloni per aggredirmi. Fu uno shock che mi provocò una depressione durata due anni.

“Tempo dopo, dal tribunale ci offrirono soldi, tanti, fino a 15 milioni di dollari, perché ce ne andassimo di lì, ma rifiutammo, ripetutamente. Il 9 novembre 2008 arrivarono le forze israeliane e buttarono fuori di casa mio marito, disabile, e sotto infarto. Anche io fui spinta fuori, con le mani legate dietro la schiena. Quando chiesi dell’acqua a una soldatessa, lei mi insultò.

“Piazzammo una tenda davanti alla nostra casa occupata e ci installammo all’interno per un lungo periodo. Mio marito morì, in quella situazione precaria.

“Io e i miei figli ora viviamo in diverse abitazioni, da una parte all’altra del Muro dell’Apartheid. Per recarci in visita l’uno dall’altro, impieghiamo ore, anche se siamo a pochi metri di distanza: le nostre case e vie sono interrotte e separate dal Muro, e dobbiamo fare chilometri per aggirarlo, attraverso checkpoint, per quei pochi metri.

“Gli israeliani sono gente che ha ingannato, falsificato la Storia. Hanno ucciso mio marito, confiscato la mia casa e tutto ciò che vi stava dentro. Uno dei miei nipotini una volta mi chiese: ‘Dove posso andare a chiedere giustizia? A quali tribunali?”



La famiglia al-Kurd è una dei sopravvissuti alla Nakba del 1948, quando si trasformò in rifugiata, insieme a 750mila altri palestinesi. Gli al-Kurd vissero in case assegnate loro dall’Unrwa, l’ente delle Nazioni Unite per i profughi, a Sheikh Jarrah.

Il 9 novembre del 2008 furono deprivati della loro abitazione dopo sette anni di contenziosi con i coloni illegali, sostenuti dalla “giustizia” israeliana anche a dispetto delle risoluzioni Onu 242 e 338 che chiedono allo stato sionista di ritirarsi dai territori occupati con la guerra del 1967, compresa Gerusalemme Est.

Mentre, in uno stoico atto di coraggio e resistenza passiva, Umm Kamel viveva dentro la tenda, di fronte alla sua casa rubata dai coloni e dall’ingiustizia israeliana, cittadini di tutto il mondo si recavano in visita a questa straordinaria donna palestinese, simbolo ed esempio della Palestina che non s’arrende all’oppressione e alla prepotenza degli invasori.
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tag: Gerusalemme, Nakba, pulizia etnica, Umm Kamel al-Kurd

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Re: Civiltà Ebraica
#530
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Re: Civiltà Ebraica
#531
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Cisgiordania meta di vacanze-turismo per imparare a ‘sparare a un terrorista’
Evidenza - 19/6/2012

Ynet. Turisti di tutte le età, esaltati, in visita in Cisgiordania per imparare dai coloni israeliani come sparare a un “terrorista”.

Campi estivi in stile ‘giochiamo a fare la guerra’. Un gruppo di turisti americani a bordo di un furgoncino dotato di aria condizionata scende nel clima torrido della Cisgiordania. Sorrisi smaglianti per tutti, e tutti pronti a impugnare una calibro 3, tipo di arma locale.

“Avanti maneggiatela! – urla una guida israeliana mentre ordina loro – annientate quel terrorista”. Allora i turisti caricano l’arma puntandola verso obiettivi di cartone.

Negli ultimi mesi, il blocco coloniale di Gush Etzion è diventato una destinazione molto calda per i turisti che intendono fare un’esperienza senza pari in Israele; l’opportunità di simulare un’operazione armata contro il terrore. Gli abitanti degli insediamenti vicini corrono sul posto e si offrono ai turisti per raccontare loro storie dal campo di battaglia, oer inscenare simulazioni di assassinii di terroristi da parte delle guardie delle colonie, e per esibirsi nell’uso di armi.

Il fatto che quest’attrazione turistica sia ubicata oltre la Linea Verde non può che esaltare ulteriormente i visitatori, i quali spesso si sono detti delusi per essersi sentiti dire dalle guide di essere al sicuro.

‘Mamma non ti può proteggere’. Shay, una guida dai capelli brizzolati con voce rauca fa vedere il suo metodo migliore per bloccare un aggressore, e spara. Una varietà di fucili e cinture esplosive finti sono disposti sui banchi di fronte ai presenti, mentre in fila lungo le pareti ci sono ritratti di “terroristi” sorridenti.

“Bloccami,” ordina Shay al 19enne Micheal che, in pochi attimi, si ritrova per terra. Secondo la stampa internazionale, Shay ha fatto parte delle truppe di combattimento nell’Operazione Entebbe, la missione che nel 1976 mise in salvo i passeggeri di un volo dirottato di Air France. Quando i turisti lo vengono a sapere, i loro occhi si illuminano.

“Immaginate di fronte a me un terrorista con un’arma automatica”, dice Shay agli spettatori rapiti dalle sue parole.

“In meno di 3 secondi il terrorista può sparare un’intera cartuccia, vuol dire che io avrò meno di 3 secondi per stenderlo. Ma questo è ciò che farò”.
Shay spara una pallottola contro ogni target, e ogni volta esulta.

Ma i turisti non vengono a Gush Etzion per assistere soltanto. I turisti vogliono sparare.
Shay consegna un’arma finta al 14enne Brian, che eccitato dice “Oh Gesù!”

“Tua madre non ci sarà a proteggerti, quindi comportati da uomo. Pronto per eliminare un terrorista?”, dice Shay. “Pronto” risponde Brian.
Uno ad uno, i combattenti per un giorno mentre indossano occhiali protettivi maneggiano i loro fucili Tavor o M16.

Cecchina a 5 anni. Michel Brown, banchiere di 40 anni è venuto da Miami, e ha portato moglie e i tre bambini con l’intenzione di “insegnare loro dei valori”, come dirà.
Non appena entrata, la piccola di 5 anni scoppia in lacrime. Ma mezz’ora dopo, Tamara sta impugnando una pistola e già spara pallottole di creta come una professionista.

“Questo fa parte della loro educazione – dice con fierezza Micheal mentre guarda sua figlia, – devono sapere da dove vengono e devono sapere agire”.

Sharon Gat, il manager del sito, dice che tutti gli istruttori presenti hanno svolto ruoli di leadership dell’esercito israeliano: “Questo è un programma speciale creato su richiesta della gente. Turisti provenienti da tutto il mondo vengono appositamente per incontrare ex combattenti e per ascoltare le loro storie. E’ un‘esperienza che si fa una volta nella vita”.

“Siamo venuti a sapere di quest’opportunità in Cisgiordania e abbiamo deciso di venire a vedere di persona”, aggiunge la madre Olga.
Suo figlio Jacob, 24 anni, posa sul tavolo il fucile ed esclama: “E’ un’esperienza fantastica. Ho imparato come bloccare un terrorista e come soccorrere gli ostaggi. Ora, quando mi troverò in difficoltà, saprò come comportarmi”.

Davidi Pearl, alla guida del Consiglio regionale di Gush Etzion, osserva come quest’esperienza abbia fatto del suo distretto una “gioiello del turismo” famoso nel mondo.

A conclusione dell’eccitante giornata, viene loro consegnato un diploma: “Corso di uso di arma da fuoco frequentato in Israele”, si legge sull’attestato.

“Boom, boom”, grida il 13enne Riley mentre esce dal sito. “Boom, boom!”, risponde Jacob.
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tag: americani fanno turismo terroristico in Israele, esercito israeliano, ex combattenti israeliani, Gush Etzion, insediamenti israeliani, razzismo israeliano, vacanze turistiche per sparare ai terroristi

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Re: Civiltà Ebraica
#532
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‘Modificare le legislazioni europee per combattere chi delegittima Israele’
Evidenza - 21/6/2012

An-Nasira (Nazareth) – InfoPal. Fonti giornalistiche locali scrivono di manovre israeliane di natura segreta, nello specifico quelle che il ministro degli Esteri Lieberman sta conducendo all’estero per controllare e contrastare l’attivismo solidale con la causa palestinese.

Ynet scrive che il ministro israeliano avrebbe formato un team di esperti che saranno operativi in Gran Bretagna, Francia e Usa al fine di interagire con le istituzioni di questi Paesi, principalmente per via diplomatica, e combattere quanti osino delegittimare Israele.

L’azione di Lieberman si proprone di condurre a modifiche alle legislazioni nazionali europee e il suo il team sta studiando modalità per raggirare l’azione di organizzazioni e giudici internazionali contro quanti – tra politici e militari di Israele – sono accusati di crimini di guerra.

Lieberman potrebbe avvalersi di amicizie e conoscenze personali.

Similmente a quanto è accaduto in Gran Bretagna, dove la legislazione è stata modificata ad hoc per tamponare il rischio di cattura e procedimento penale nei confronti di questi israeliani, Israele eserciterà pressioni per “colmare le lacune legali in Europa”.

Crimini di guerra, Apartheid e razzismo dilagante in Israele contro i palestinesi sono le ragioni per cui gli attivisti della solidarietà con il popolo palestinese chiedono il boicottaggio dello Stato di Israele.
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tag: attivisto europeo, crimini di Guerra israeliani, legislazioni europee, propaganda israeliana, solidarietà con la Palestina

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Inviato il: 22/6/2012 14:54
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Re: Civiltà Ebraica
#533
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GUARDATE QUESTO BAMBINO immagini non adatte a sionisti con i paraocchi.
Inviato il: 25/6/2012 13:21
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Re: Civiltà Ebraica
#534
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edo ha scritto:
GUARDATE QUESTO BAMBINO immagini non adatte a sionisti con i paraocchi.


Confini, Patrie, Religioni, Stati, Politica, Gerarchie, Uniformi, Gerarchie, Scuole, Bandiere, Popoli Eletti, Appartenenza, "Dio", Chiese, Governi, Eserciti .....

.... stessa merda, stessa identica e precisa merda.
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Misti mi morr Z - 283 - Una volta creato il manicomio, la ragione l'ha sempre il direttore; che l'abbia o meno
Inviato il: 25/6/2012 18:46
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Re: Civiltà Ebraica
#535
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DI KHALID AMAYREH
DesertPeace

Credo fortemente che agli ebrei in tutto il mondo, compresi quelli in Israele, debba essere costantemente ricordato degli orribili crimini commessi in Palestina sotto il loro nome collettivo e che debbano comprendere la stretta somiglianza ideologica tra nazismo e sionismo.

Credo che questo sia uno strumento legittimo per ottenere che gli ebrei, specialmente quelli che hanno a cuore giustizia ed onestà, riconsiderino la loro identificazione e infatuazione per questa entità malvagia e per la sua altrettanto nefasta ideologia e le sue azioni.

Gli ebrei in tutto il mondo semplicemente non possono amare Israele e appoggiare la sua sfrenata criminalità contro il popolo palestinese e allo stesso tempo parlare al mondo delle crudeltà del nazismo. La coerenza morale è assolutamente di importanza primaria.

Appoggiare oppressione e razzismo è spesso tanto sbagliato quanto praticare oppressione e razzismo. Infatti un'oppressione qual'è l'occupazione non può persistere per un tempo tanto lungo senza l'appoggio materiale e morale e il sostegno di persone che possono spesso parlare con moderazione e sembrare gentili. Anche molti dei sostenitori dell’ Apartheid in Sudafrica e del nazismo in Germania parlavano con moderazione e sembravano gentili, non sapendo (o sapendo) che stavano tacitamente sostenendo criminali malvagi e razzisti che commettevano orrendi delitti contro l'umanità.

Il sionismo (la cui incarnazione centrale è lo Stato israeliano dell’ apartheid) è malvagio a causa della sua malvagia ideologia razzista e dei comportamenti ed azioni criminali in Palestina.

Il sionismo ha dichiarato che tutti gli ebrei sono un'etnia distinta, proprio come i nazisti avevano dichiarato che tutti tedeschi erano un'etnia distinta.

Intanto il sionismo quanto il nazismo desideravano costruire uno ‘Stato’ che sarebbe stato ‘ redento’ tramite una purificazione violenta (nel caso della Germania nazista) e un ‘muro d'acciaio’ (nel caso dell'Israele sionista).

In entrambi i casi la pulizia etnica è stato il maggiore strumento utilizzato per cancellare gli ‘inferiori’, i portatori d'acqua e tagliatori di legna in modo da creare insediamenti per ‘soli tedeschi’ in Europa e per ‘soli ebrei’ in Palestina.

In tutta onestà non ci sono differenze fondamentali tra il socialismo nazionale ebraico (sionismo) e il socialismo nazionale tedesco (nazismo). I nazisti predicavano la ‘ razza dominante’ per giustificare il nazismo mentre i sionisti hanno adottato l'antico mito del ‘popolo eletto’ per giustificare il sionismo.

Inoltre non possiamo davvero ignorare l'assoluta somiglianza tra la conquista etnica sionista della Palestina con l'inserimento di ‘coloni ebraici’ alle spese dei nativi cristiani e musulmani palestinesi e la spinta nazista per il ‘Lebensraum’ in Polonia con l'importazione di ‘Ariani’ a spese della popolazione indigena.

Già, in Europa i nazisti hanno cercato di appropriarsi dei Sudetenland [regione dei Sudetti n.d.t.] mentre in Palestina i sionisti stanno rubando la Cisgiordania. Gli argomenti sono gli stessi, le bugie le stesse e i mezzi praticamente identici.

Dobbiamo sottolineare queste somiglianze e il ‘terreno comune’ tra sionismo e nazismo indipendentemente da quante persone saranno urtate da questi paragoni. La verità è sempre di per sé un valore supremo.

Non c'è dubbio che il terzo Reich abbia commesso contro gli ebrei indifesi crimini mostruosi e molto maggiori di quelli commessi da Israele contro gli egualmente indifesi palestinesi. Sì, sappiamo tutti di Auschwitz-Birkenau, Bergen Belsen, Treblinka e degli altri campi di detenzione dove molti ebrei, in gran parte non sionisti e anti sionisti, sono morti per mano degli sterminatori nazisti.

Però poniamoci la seguente domanda: i nazisti erano ‘nazisti’ solo perché crearono e utilizzarono le camere a gas per bruciare le loro vittime ebraiche e non ebraiche? I nazisti sarebbero stati meno malvagi e perciò ‘meno nazisti’ se avessero sterminato le loro vittime tramite proiettili anziché forni, o facendole morire di fame come Israele ha fatto ai palestinesi? Inoltre, se gli ebrei hanno avuto il diritto di definire “nave dell'esodo” una Auschwitz galleggiante, perché dovrebbe essere sbagliato per i palestinesi descrivere come “nazista” l'estirpazione in corso di un intero popolo dalla propria patria ancestrale? Gli ebrei hanno un diritto esclusivo di definire i loro critici e nemici come “nazisti” mentre gli altri, ad esempio i palestinesi, non hanno un diritto simile di definire “nazisti” i crimini e i criminali israeliani?

Inoltre dovremmo astenerci dall’usare l'epiteto di nazista per descrivere i criminali razzisti del nostro tempo, ovunque essi siano e indipendentemente a quale religione aderiscano, a meno che, o sino al momento in cui, essi inizino ad utilizzare camere a gas per sterminare le loro vittime?

Più precisamente, per quale logica Israele e i suoi sostenitori utilizzano la seconda guerra mondiale (una guerra crudele in cui alcuni milioni di ebrei e quasi 50 milioni di non ebrei sono morti) come giustificazione e copertura per espropriare, disumanizzare e praticare la pulizia etnica ai danni del popolo indigeno palestinese?

Bene, Israele potrebbe in teoria sterminare gran parte dei palestinesi con armi nucleari, chimiche o biologiche, o semplicemente tramite un'intensa campagna di massiccio bombardamento aereo e tramite l'artiglieria. Un tale atto renderebbe gli israeliani meno ‘nazisti’?

Voglio chiedere a coloro che potrebbero agitarsi e scrivere contro di me la seguente domanda: in quale momento dovremo iniziare a definire ‘nazista’ Israele? Quando il numero delle sue vittime raggiunge un milione? Due milioni? O forse 6 milioni? O quando i sionisti iniziano ad utilizzare lo Zyklon B per ucciderci? O quando il 90% dei palestinesi sono racchiusi in campi di detenzione, circondati da muri di cemento alti 8 metri pieni di torri di guardia gestite da una Gestapo sionista dal grilletto facile?

So che alcuni apologeti dei sionisti saranno pronti, quasi istintivamente, ad argomentare che, a differenza di Israele, il terzo Reich aveva stabilito in anticipo un piano, una soluzione finale, per sterminare tutti gli ebrei in Europa e nel mondo.

Indipendentemente dall'autenticità storica di una tale affermazione sfiderei i sionisti e i loro sostenitori ed apologeti a dimostrare che Israele non ospita una soluzione finale per i palestinesi.

L'estirpazione brutale virtualmente di un intero popolo dalla propria madre terra storica non equivale ad un genere di soluzione finale? La pulizia etnica non è una forma di soluzione finale? Che dire dell’affamare continuamente, del circondare e perseguitare i palestinesi? Inoltre, c'è una fondamentale differenza tra il tentare di distruggere un intero popolo in base ad un piano e tentare di distruggerlo senza un piano? L'esito ultimo non sarebbe lo stesso?

Non invocate la calunnia del terrore. Sappiamo, e sapete, e tutto il mondo sa che parole come ‘terrore’, ‘terrorista’, ‘asse del male’ e ‘nemici della libertà’ sono tutti termini ideologici usati in modo tendenzioso dai potenti e dagli arroganti, quali Israele e gli Stati Uniti, per giustificare il loro autentico terrore contro i deboli e gli oppressi. Persino lo stesso Satana chiamerebbe terroristi i suoi nemici.

Come analisi finale, il ‘terrorismo’ neè la guerra del povero contro il potente e l'arrogante, e la ‘guerra’ è il terrorismo del forte contro il debole e l'oppresso.

È vero, lo scopo dell'Olocausto nazista è maggiore di quello dell'occupazione criminale sionista della Palestina. Ma la mentalità, la psicologia, la malizia, l'odiosità e specialmente lo scopo autenticamente malvagio in entrambi i casi non sono certamente così distanti l'uno dall'altro.

Nella mia mente non c'è alcun dubbio che Israele avrebbe sterminato, o almeno cercato di sterminare, il popolo palestinese molto tempo fa se fossero state disponibili le ‘circostanze obiettive’. Non c'è bisogno di dire che per ‘circostanze obiettive’ intendiamo qui un grande evento internazionale (per esempio una guerra nucleare, un disastro globale o un qualche gigantesco evento) che sposterebbe o allontanerebbe la tensione internazionale da un tale evento genocida.

È vero che Israele preferirebbe ‘risolvere il problema’ senza una campagna di terrore e omicidi di massa, per esempio terrorizzando e maltrattando i palestinesi, o la grande maggioranza di loro, sino a fargli lasciare la propria patria ancestrale.

Eppure non c'è dubbio che Israele contemplerebbe l'ipotesi di ricorrere allo ‘scenario peggiore’ nel caso che i palestinesi rimanessero legati alla loro patria e rimanessero ostinatamente nelle loro case, città e villaggi.

Nel 2001, alcuni giorni dopo gli eventi dell'11-9 negli Usa, l'allora ministro della difesa israeliano Benjamin Ben Eliezer si vantò di come la preoccupazione dei media internazionali per gli eventi negli Usa avesse concesso a Israele la possibilità di uccidere più palestinesi in Cisgiordania senza essere criticato dalla comunità internazionale.

Similmente, l'ex primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, disse agli studenti della Bar Ilan University nel 1989 che “ Israele avrebbe dovuto sfruttare la repressione della manifestazione in Cina (gli eventi di piazza Tiananmen) che aveva focalizzato l'attenzione del mondo su tale paese, per portare avanti un'espulsione di massa degli arabi dai territori”.

Persino oggi, i leader israeliani affermano sfacciatamente che vorrebbero svegliarsi e trovarci tutti morti.

Infatti la morte della palestina come nazione è sempre stata e continua a essere lo scopo finale del sionismo, questo è il motivo per cui il sionismo non riconosce la nostra esistenza come popolo, e quando lo fa o è costretto a farlo sotto la pressione della realtà, insiste che la Palestina è la Giordania e che la capitale della Palestina è Amman e non Gerusalemme.

Inoltre non c'è dubbio che i quotidiani atti di omicidio, terrore, umiliazione e violenza a cui sono costantemente sottoposti i comuni cittadini palestinesi per mano dei soldati israeliani dal grilletto facile che gestiscono i checkpoint e i posti di blocco in tutti i territori occupati sono paragonabili in molti aspetti agli stessi atti di umiliazione e terrore che ebrei e non ebrei dovettero subire nell'Europa occupata dai nazisti.

I nazisti hanno stampato numeri sulle braccia dei prigionieri ebrei, e gli israeliani hanno fatto lo stesso ai palestinesi.

I nazisti hanno trattato gli ebrei come semplici numeri piuttosto che come esseri umani, e gli israeliani hanno fatto la stessa cosa ai palestinesi.

La Gestapo brutalizzò, affamò e maltrattò gli ebrei nel ghetto di Varsavia per distruggere la loro volontà e Israele sta facendo la stessa cosa i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania.

I nazisti praticavano ogni genere di comportamento sadico ai danni degli ebrei, come, ad esempio, costringere i musicisti ebrei a suonare musica per i soldati della Gestapo e della Wehrmacht e gli israeliani hanno fatto la stessa cosa ai check point della Cisgiordania.

Non so se gli ebrei siano stati costretti a bere l'urina dei soldati tedeschi come le guardie di confine israeliane hanno obbligato le loro vittime palestinesi.

Durante gli anni delle due Intifada ho viaggiato attraverso la Cisgiordania, passando attraverso i check point e i posti di blocco dell'esercito israeliano. Lì ho visto quanto bestialmente si comportino verso gli indifesi palestinesi i soldati israeliani, molti dei quali nipoti dei sopravvissuti dell'Olocausto.

Ho visto soldati uccidere persone innocenti su due piedi per nessuna ragione. Ho visto soldati costringere i giovani palestinesi a spogliarsi nudi e rimanere per ore sotto la pioggia battente. Ho visto soldati rilassarsi e godersi il dolore e la sofferenza inflitte a migliaia di palestinesi, passeggeri ed automobilisti, la cui unica ‘colpa’ era essere deboli e palestinesi.

Ho visto con i miei occhi gli atti oscenamente sadici praticati dagli ebrei contro le loro vittime indifese. Questo comportamento non avviene in incidenti isolati. Questa è la norma, non l'eccezione.

L'occupazione in stile nazista della Palestina da parte di Israele non è opera di pochi ebrei israeliani. Non è nemmeno opera del solo establishment militare. È un atto collettivo di una società moralmente desensibilizzata che ha quasi perso la sua umanità soccombendo ad una psicosi collettiva che non è dissimile dalla cecità morale che colpì il popolo tedesco quasi sessant'anni fa.

Oggi gran parte degli ebrei sono più o meno o sostenitori entusiasti, oppure silenziosi e apatici, per quanto riguarda le atrocità perpetrate in loro nome a Gaza, nella Cisgiordania e in Libano.

Di fatto esagererei poco nel dire che molti, probabilmente una maggioranza, degli ebrei israeliani stanno ricavando benefici dall'occupazione.

Per alcune cose ai palestinesi è andata peggio che alle vittime di Hitler; la tragedia palestinese è ancora in corso e i palestinesi, a differenza degli ebrei, che ancora ricevono un risarcimento per perdite vecchie di sessant'anni non ricevono alcun risarcimento per la proprietà personale perduta, e nemmeno un riconoscimento da parte dei loro tormentatori di alcuna responsabilità per queste espropriazioni.

Sessant'anni fa i sionisti demolirono 438 villaggi palestinesi e avvelenarono o distrussero i pozzi in modo da assicurarsi che i loro legittimi proprietari non sarebbero tornati. Oggi i sionisti continuano a comportarsi più o meno secondo queste tradizioni, demolendo case, distruggendo fattorie e restringendo gli orizzonti delle persone, tutto ciò con lo scopo di farle emigrare.

Oggi in ogni scuola media d'America gli studenti leggono Anna Frank, mentre in ogni liceo ‘Notte’ di Elie Wiesel è una lettura obbligatoria. Questo è l'uomo che afferma sfacciatamente che egli si identifica prontamente con i crimini di Israele e che non potrebbe mai arrivare a dire cose negative di Israele.

Le vittime della prima Notte dei Cristalli godono dell'approvazione e della simpatia del mondo, mentre allo stesso tempo sono riusciti a demonizzare un intero popolo per il quale la notte dei cristalli rimane ancora una notte senza fine.

Ma, a differenza dei nazionalsocialisti tedeschi, i nazionalsocialisti ebraici falsificano la storia e la realtà per giustificare i loro crimini contro l'umanità. La narrativa dell'Olocausto, che è stata elevata allo stato di religione, permette allo Yad Vashem, il museo dell'Olocausto a Gerusalemme, di invocare il mantra ‘ mai più’ e allo stesso tempo di sorgere su terra araba rubata a Ein Karem affacciandosi sulle tombe senza nome dei palestinesi massacrati dai terroristi giudeo-nazisti a Deir Yassin.

È triste, veramente triste, che gran parte degli ebrei si trovino ora, consciamente e consapevolmente, nei panni dei loro vecchi oppressori.

[Vittime del massacro sionista nei campi profughi palestinesi in Libano di Sabra e Shatila .]

Il 23 agosto 1947, quasi un anno prima della nascita di Israele, Harry Truman scrisse le seguenti parole a Eleanor Roosevelt, apparentemente in seguito ad un'altra atrocità ebraica in Palestina:
“Ho veramente paura che gli ebrei siano come tutti gli sconfitti. Quando si trovano al vertice diventano tanto intolleranti e crudeli quanto lo erano le persone verso di loro quando erano essi a trovarsi in basso. Mi dispiace davvero tanto questa situazione perché la mia simpatia e sempre stata dalla loro parte.”


Oggi, alla luce del comportamento nazista di Israele in Palestina, è difficile guardare alle parole profetiche di Truman con indifferenza. Infatti è un obbligo morale del primo ordine opporsi al sionismo con lo stesso vigore e la stessa determinazione che il mondo dimostrò nei confronti del nazismo.

Alcuni ebrei, per ignoranza, per lealtà tribale o per entrambe le cose, insistono che l'opposizione al sionismo è antisemitismo. Bene, se oppressione e razzismo sono coerenti con l'essere ebraici, allora il mondo sarà obbligato ad essere in un certo senso antiebraico. Infatti se l’antisionismo è antisemitismo allora lo stesso antisemitismo diventa un obbligo morale per le persone coscienziose come argomenta eloquentemente Michael Neumann, professore di filosofia alla Trent University in Ontario, Canada.
“Oggi, quando Israele potrebbe avere la pace a portata di mano conduce deliberatamente e lentamente un altro giro di espropriazioni, rendendo la Palestina invivibile per i palestinesi e vivibile per gli ebrei. E lo scopo qui non è quello di ottenere sicurezza, come vorrebbero farci credere i propagandisti e i promotori di Israele. Il vero scopo è l'estinzione di un popolo, il popolo palestinese.

E Israele dispone di un numero sufficiente di esperti di pubbliche relazioni per eliminare i palestinesi con un livello di violenza di tipo americano piuttosto che di tipo hitleriano. Questo è un genocidio più leggero, gentile e strisciante che ritrae i perpetratori come vittime e le vittime come terroristi.”

“È assolutamente chiaro che Israele stia costruendo uno Stato razziale, non uno Stato religioso. Come i miei genitori io sono sempre stato ateo. Per la biologia della mia nascita ho diritto alla cittadinanza israeliana; forse voi siete i più ferventi credenti del giudaismo ma non ne avete diritto. I palestinesi vengono schiacciati e uccisi per me, non per voi. Devono essere spinti con la forza in Giordania, perire in una guerra civile. Perciò sparare ai civili palestinesi non è come sparare ai civili vietnamiti o ceceni. I palestinesi non sono ‘danni collaterali’ in una guerra contro una ben armata forza separatista o comunista. Si spara contro di loro perché Israele pensa che tutti i palestinesi dovrebbero scomparire o morire, in modo che la gente con un nonno ebreo possa costruire dei lotti sulle macerie delle loro case. Questo non è un sanguinoso errore ma una emergente crudeltà, la deliberata strategia di uno Stato dedito e progettato per un sempre più crudele nazionalismo etnico. Esso ha la responsabilità di un numero relativamente basso di cadaveri, ma le sue armi nucleari possono uccidere forse 25 milioni di persone in poche ore.”


Francamente credo che i sionisti non siano nemmeno moralmente adatti a parlare al mondo delle crudeltà del nazismo, e la ragione per questo sta non solo nei crimini nazisti del sionismo contro il popolo palestinese e gli altri popoli del medio oriente. Va ben al di là di ciò.

Il sionismo cooperò e collaborò col nazismo, non necessariamente per salvare ebrei, come si afferma mentendo, ma piuttosto per portare a compimento il sionismo e lo Stato sionista. E per accelerare lo scopo malvagio, i sionisti acconsentirono quietamente all'omicidio di centinaia di migliaia di ebrei che sarebbero potuti essere salvati e mandati in altre parti del mondo, specialmente nel Nord America.

[La lettera del 1941 con cui il gruppo armato sionista Lehi, di cui faceva parte il futuro primo ministro israeliano Yitzhak Shamir, offriva collaborazione alla germania nazista. Vedi storia su Wikipedia.]

Nel 1949 l'intelligence israeliana impiegò Walter Rauff, un ufficiale delle SS che si ritiene sia stato responsabile dell'omicidio di almeno 100.000 persone e che era ricercato dagli alleati come criminale di guerra. Israele, invece di portarlo alla giustizia, lo pagò per i suoi servigi e lo aiutò a scappare in sud America. Rauff che aveva escogitato un piano per distruggere gli ebrei in Palestina non fu il solo criminale nazista impiegato da Israele.

Certo, è sbagliato incolpare ogni singolo ebreo sulla terra per i crimini di Israele. Gli ebrei però, se lo desiderano, possono fare la differenza parlando contro la criminalità e il razzismo israeliani.

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=print&sid=4563
Inviato il: 26/6/2012 21:37
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Re: Civiltà Ebraica
#536
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Giornata int.le contro la Tortura: in Israele è sempre legalizzata
Evidenza Prigionieri palestinesi - 27/6/2012

Ramallah – InfoPal. Al sit-in in solidarietà con i prigionieri palestinesi svoltosi ieri ad al-Bireh, i deputati di Cambiamento e Riforma hanno denunciato le violazioni israeliane all’accordo raggiunto con i prigionieri.

L’Egitto, che in quell’accordo aveva mediato, è stato interpellato per ridare validità all’intesa, soprattutto riguardo alle detenzioni amministrative.

I deputati. inoltre, si sono espressi a sostegno della liceità di un’eventuale ripresa della sciopero dei prigionieri di fronte alle violazioni di Israele.

A Gaza, intanto, in occasione della Giornata internazionale per le vittime di tortura, celebrata ieri, 26 giugno, il ministro per gli Affari dei Prigionieri, ‘Atallah Abu as-Sabah, si è appellato alla comunità internazionale per l’invio di una commissione d’indagine su abusi, maltrattamenti e forme di tortura nelle prigioni dell’occupazione israeliana.

La Convenzione contro la Tortura, adottata dall’Assemblea Generale Onu il 10 dicembre 1984, è entrata in vigore il 26 giugno 1987. Israele è tra gli Stati che l’hanno ratificata.

“Israele si distingue per aver legalizzato la tortura”, dice il ministro. Alle sue dichiarazioni si accoderanno altri, come l’Organizzazione araba per i Diritti Umani con sede a Londra.
Le pratiche disumane e degradanti, espressione adottata per dare una definizione di tortura, sono un dato di fatto, una prassi e una misura espressamente inserita nel sistema Israele.*

“Sono esattamente simili pratiche che hanno costretto detenuti e prigionieri palestinesi in Israele a indire un lungo sciopero della fame. Ma abusi e indifferenza caratterizzano la fase d’attuazione dell’accordo in Israele. Si cita il caso di Dirar Abu Sisi, ancora detenuto in isolamento, e dei numerosi prigionieri palestinesi in sciopero della fame, come Hassan as-Safadi, il quale, dopo 77 giorni di digiuno, ha deciso di riprendere a scioperare a causa del mancato rispetto di Israele degli impegni presi.

Leggi del diritto internazionale, IV Convenzione di Ginevra, Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e Convenzione contro la Tortura sono i riferimenti normativi ai quali maggiormente Israele contravviene.

E’ di ieri la notizia pervenuta dalla prigione di Eishel. L’unità speciale Nahshon ha assaltato la famigerata sezione n.11, facendo denudare tutti gli internati e costringendoli all’esterno dell’edificio nelle ore più calde del mattino.

Confische e divieti di varia natura sono stati imposti ai detenuti palestinesi di Eishel, i quali, in reazione alla violenza israeliana, hanno proclamato lo sciopero della fame fino a che non saranno loro distribuiti i tre pasti giornalieri previsti dalla legge, e per la fine delle perquisizioni all’interno delle celle.

*Nel 1987, una Commissione guidata dal giudice Landau, da cui prende il nome, prescrisse per l’Intelligence israeliana l’utilizzo di “pressioni psicologiche e fisiche moderate”. Lo stesso anno la Corte Suprema israeliana approvò l’uso della tortura nelle prigioni di Israele.
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tag: Giornata int.le contor la tortura, ministro per gli Affari dei prigionieri, prigionieri palestinesi, tortura in Israele

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Inviato il: 27/6/2012 17:19
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Re: Civiltà Ebraica
#537
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Israele, cosa ne fai dei bambini che ammanetti?

The Independent 29 Giugno 2012
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Un’indagine condotta dal Foreign Office inglese, avvalendosi della relazione di una delegazione di alti giuristi britannici, descrive le abituali e disumane pratiche di tortura inflitte ai giovani Palestinesi, che vanno dall’incappucciamento all’impiego di ceppi di ferro ai piedi

Una indagine senza precedenti. Un gruppo di nove qualificati avvocati inglesi ha potuto indagare su come siano stati trattati, dopo l’arresto, alcuni ragazzi palestinesi (anche dodicenni). Nello sconvolgente resoconto, intitolato «Children in Military Custody» si descrivono dettagliatamente i rapimenti nei letti che questi ragazzi subiscono nel cuore della notte ritrovandosi con i polsi legati dietro la schiena, bendati e fatti inginocchiare o sdraiare a faccia in giù sul cassone dei veicoli militari.

Questi bambini, provenienti dalla West Bank, vengono poi detenuti in condizioni di tortura: detenzione in isolamento (con scarse possibilità di essere visitati dai genitori); forzati a rimanere svegli prima di essere interrogati; abusati fisicamente od obbligati a firmare delle confessioni che nemmeno sanno leggere.

Il gruppo di legali – guidato da Sir Stephen Sedley, ex giudice della Corte d’Appello – ha appreso che «ogni bambino Palestinese viene trattato come un potenziale terrorista». Nella conclusione alla quale giunge, l’indagine evidenzia ripetute violazioni della Convenzione ONU sui Diritti dei Bambini, Convenzione che proibisce trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

«Eravamo seduti in un tribunale e seguivamo un’audizione preliminare quando un giovane apparentemente molto piccolo di età – poco più di un bambino – fu portato dentro con indosso una tuta marrone ed i ceppi ai piedi. Ne fummo sconvolti. Dei giudici anziani ci avevano invitato in una corte militare per assistere ad una cosa del genere...», così ci spiega uno degli autori dell’indagine, l’avvocato dei diritti umani Greg Davies.

Dice testualmente il resoconto dell’indagine: «Tenere d’abitudine, od anche solo per periodi prolungati, in isolamento dei bambini, è tortura».

La scorsa notte, il Foreign Office, che ha appoggiato l’indagine, ha dichiarato che porterà queste evidenze davanti alle autorità israeliane:

«Il governo del Regno Unito è da lungo tempo preoccupato per il trattamento che subiscono i bambini palestinesi incarcerati da Israele, e quindi ha deciso di finanziare quest’indagine indipendente. Se da una parte riconosce che le autorità israeliane hanno recentemente compiuto significativi miglioramenti, il governo condivide molte delle preoccupazioni espresse nel rapporto e continuerà ad esercitare pressioni per ulteriori miglioramenti».

Se il gruppo di legali ha dichiarato di non poter dimostrare la veridicità delle ripetute dichiarazioni rilasciate da bambini circa gli abusi subiti – e tutti negati dalle autorità Israeliane, che hanno dato alla delegazione di avvocati una libertà di accesso senza precedenti – può rimarcare la scorrettezza delle procedure legali adottate: i bambini israeliani devono avere un colloquio con un avvocato entro 48 ore dal loro fermo e non possono essere imprigionati se minori di 14 anni. I bambini Palestinesi possono invece essere incarcerati già a 12 anni e possono essere trattenuti per 3 mesi senza contatti con legali.

Ogni anno ne vengono incarcerati fra i 500 ed i 700.

«È convolgente che vengano incarcerati in violazione di molte convenzioni; di conseguenza, i genitori non possono visitare i loro figli perchè non ottengono i permessi», ha aggiunto Marianna Hildyard, Consigliere della Regina.

Se la squadra di legali ha accolto favorevolmente i miglioramenti introdotti dalle autorità israeliane, gli avvocati – tanto quelli palestinesi che quelli israeliani – sono stati concordi nel considerare tali miglioramenti più di facciata che sostanziali.

La sera scorsa, Amir Ofek, il portavoce dell’Ambasciata israeliana, ha dichiarato che la nazione ha apprezzato l’impegno dimostrato dalla delegazione, ma ha incolpato quei palestinesi che inneggiano al terrorismo. «È un fatto che [dei bambini] siano spesso coinvolti in atti criminali. Dato che l’Autorità Palestinese non vuole, o non è capace, di rispettare gli impegni ad indagare e punire questi reati, Israele non ha altra scelta che provvedere da sé», ha dichiarato Ofek.

«Israele prende atto delle dettagliate raccomandazioni contenute nel resoconto e le studierà attentamente nell’ambito del suo costante impegno nel ricercare l’equilibrio più appropriato fra il prevenire la violenza ed il trattare con umanità gli autori di questi crimini».

Nel resoconto si conferma che i bambini vengono strappati dai loro letti, legati e bendati. (www.childreninmilitarycustody.org)

Terri Judd
Inviato il: 29/6/2012 22:13
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Re: Civiltà Ebraica
#538
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Penso che questo video possa essere interessante:

Benjamin Friedman, 1962

Pace ai vostri sensi
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Inviato il: 14/7/2012 18:05
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Re: Civiltà Ebraica
#539
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Furiose reazioni israeliane contro la nuova legge sudafricana.Perfino accuse di «apartheid» ai danni dei coloni

Il Sudafrica sarebbe tornato ad essere uno Stato razzista che pratica l'apartheid. Così sostengono le autorità israeliane che hanno commentato con rabbia la decisione del paese africano di dare il via libera al marchio «Prodotto nei territori occupati palestinesi» alle merci che provengono dagli insediamenti colonici israeliani in Cisgiordania. «E' evidente che i processi cominciati in Sudafrica in questi anni non hanno portato ad alcun rinnovamento sostanziale in quel Paese, che rimane uno Stato che pratica l'apartheid... un apartheid che al momento viene attuato nei confronti di Israele», ha commentato il vice ministro degli esteri Danny Ayalon, tra i principali rappresentanti della destra radicale nel governo del premier Benyamin Netanyahu. Il portavoce del ministero degli esteri, Yigal Palmor, ha riferito della convocazione dell'ambasciatore sudafricano e ha definito la scelta di Pretoria «senza precedenti» e «discriminatoria».

Grande la soddisfazione in casa palestinese, o almeno tra quei palestinesi e gli attivisti internazionali che da anni si battono affinchè le merci prodotte nelle colonie (costruite da Israele nei territori arabi e palestinesi occupati in violazione delle leggi e convenzioni internazionali) non vengano esportate con l'etichetta «Made in Israel» ma con l'indicazione precisa della loro provenienza.

E' la prima volta che uno Stato molto importante - e il Sudafrica lo è - decide di applicare tale misura e ciò potrebbe aprire la strada a decisioni analoghe di altri paesi (difficilmente però quelli europei, di sicuro non gli Stati uniti). E' comprensibile perciò l'irritazione israeliana, anche perchè i due paesi un tempo mantenevano strette relazioni - i rapporti tra il Sudafrica bianco (che teneva in prigione «il terrorista» Nelson Mandela) e lo Stato di Israele sono stati intensi, anche militarmente, tra gli anni '70 e '80 -, ora invece sembrano sempre più distanti, anche a causa dell'occupazione militare dei territori palestinesi.

L'accusa di discriminazione razziale (a danno dei coloni) fatta da Israele al Sudafrica è priva di fondamento. Si tratta di una questione di rispetto della legalità internazionale. In linea con una legge per la protezione dei consumatori del 2008, il ministro del commercio sudafricano ha dato il suo assenso alla misura per consentire ai cittadini del suo paese di sapere che l'origine dei prodotti non è Israele ma i Territori occupati palestinesi. Lo aveva spiegato due giorni fa il portavoce governativo Jimmy Manyi: «Si tratta di un provvedimento coerente con la posizione del Sudafrica che riconosce i confini israeliani del 1948 definiti dalle Nazioni Unite e non riconosce i territori occupati oltre quei confini come parte dello Stato di Israele».

Dal punto di vista commerciale il Sudafrica ha agito correttamente. Un'industria straniera che realizza un prodotto in un determinato paese è poi tenuta a distribuirlo con il «Made in» di quel paese. Quindi Israele deve precisare che la produzione industriale ed agricola delle colonie non avviene nel suo territorio. Insiste invece nel voler etichettare quei prodotti con il «Made in Israel» come se la Cisgiordania, il Golan (siriano) e Gerusalemme est fossero all'interno dei suoi confini. Leggi e risoluzioni internazionali dicono che non è così. Israele lo sa bene, visto che la stessa Unione europea garantisce l'esenzione dalle tariffe doganali solo ai prodotti che giungono da Israele e non anche a quelli provenienti dalle colonie. Il «Made in Israel» su tutte le esportazioni serve perciò a dare copertura alla produzione degli insediamenti colonici.

Si prevede ora una battaglia in Sudafrica dove il provvedimento, in discussione dallo scorso maggio, ha suscitato le forti proteste della comunità ebraica locale - che si dice «indignata» e parla di «misura discriminatoria e foriera di divisioni» - ma anche dei conservatori evangelici sempre più influenti nel paese.

Michele Giorgio
Fonte: www.ilmanifesto.it
24.08.2012
Inviato il: 24/8/2012 23:21
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Re: Civiltà Ebraica
#540
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PALESTINA, LE SEVIZIE DELL'ESERCITO ISRAELIANO SUI BAMBINI NEI RACCONTI DEI SOLDATI
Postato il Mercoledì, 29 agosto @ 07:28:46 CDT di davide

DI MAURO QUARANTELLI
ilfattoquotidiano.it

"Ne prendi uno, gli punti la pistola addosso. ‘Non sparare’, biascica quello pietrificato. Lui lo vede nei tuoi occhi che sei pazzo, che di lui non può fregartene di meno”. Hebron, 2006-2007. Intorno volano le pietre. Il sergente maggiore della brigata Kfir ha appena fermato un ragazzino che ne aveva lanciata una. A sei anni di distanza ha deciso di parlare. La sua è la diciassettesima delle 47 testimonianze raccolte nell’ultimo dossier di Breaking the silence, associazione di ex soldati delle Israel Defense Forces che dal 2004 racconta l’occupazione dei territori palestinesi. Ora il faro è puntato sui bambini e sulle loro vite sotto assedio. Tra pestaggi, intimidazioni e umiliazioni: “Eravamo cattivi, davvero. Solo più tardi ho capito che avevamo perso il senso della pietà”.

A seguito, "Rachel Corrie e l'ennesima prova dell'impunità dell'esercito israeliano" (Chantal Meloni, ilfattoquotidiano.it);

Arrestati, ammanettati, bendati. Picchiati. Lo stillicidio è quotidiano. Nablus, 2005: “Ogni giorno dovevamo entrare nei villaggi e occuparli. Dimostrare che il territorio era nostro, non loro. (…) Una volta l’autista del blindato è sceso, ha afferrato un ragazzino e ha cominciato a picchiarlo a sangue. Non stava facendo nulla, era seduto sul marciapiede”, racconta il sergente maggiore dell’Armored corps dell’Idf. Come gli altri 30 ex colleghi che hanno rotto il silenzio, era in servizio tra il West Bank e la Striscia di Gaza tra il 2005 e il 2011. Il picco della seconda Intifada è passato, la situazione è calma. Ma la macchina della violenza macina ancora odio e dolore. E ingoia bambini che in molti casi non hanno nemmeno 10 anni.

Hebron, 2010: “Non sai i loro nomi, non ci parli. Loro piangono, si cagano addosso”. Chi parla è un sergente della brigata Nahal: “Me ne ricordo uno, piangeva senza sosta. Alcune volte nella stazione di polizia non c’è spazio e allora te li devi portare in caserma, ammanettarli, bendarli e aspettare che la polizia se li venga a prendere. E quello stava lì, accucciato come un cane”. La loro colpa è nella maggior parte dei casi l’aver lanciato pietre. Per fermarli tutto è lecito, anche sparare. E i proiettili, anche se di gomma, fanno male. Nablus, 2006-2007: “Tu ne scegli uno e miri al corpo, dalla feritoia del blindato – racconta un sergente dei paracadutisti – mi ricordo che ne prendemmo uno al petto da 10 metri e quello cadde a terra, svenuto”.

“Per anni sono emersi rapporti sulle condizioni dei bambini sotto l’occupazione israeliana – ha spiegato al Guardian Gerard Horton, legale di Defence for Children International – ora a parlare sono gli stessi soldati. E gli episodi che raccontano non sono incidenti isolati, ma la naturale conseguenza della politica del governo israeliano”. Ad aprile un rapporto di Dfc aveva fatto luce sui numeri dei minori che ogni anno vengono arrestati: negli ultimi 11 anni sono stati 7.500, 2.301 nel solo 2011, nel 2010 erano stati 3.470. Tra il 2008 e il 2012, il 75% degli arrestati sarebbe stato sottoposto a violenze fisiche, si legge nel dossier “Bound, Blindfolded and Convicted: Children Held in Military Detention”, basato sulle testimonianze di 311 minori.

La Convenzione dell’Onu sui diritti dei bambini (Uncrc) è lontana anni luce. In base ai racconti, Israele avrebbe violato gli articoli 2 (discriminazione), 3 (interesse superiore del bambino), 37 (b) (ricorso precoce alla detenzione) e 40 (uso di manette) della Convenzione. Senza parlare del divieto di trattamenti crudeli, inumani o degradanti (articolo 37 a): “Mentre li facevamo scendere dalla jeep ho sentito uno di loro cagarsi addosso. Ma non poteva fregarmene di meno”, ha raccontato un sergente maggiore della brigata Nahal. “Pochi giorni dopo il loro arresto – si legge nel dossier di Dfc – i due terzi dei minori vengono trasportati in prigioni situate in territorio israeliano”. In violazione dell’articolo 76 della Quarta Convenzione di Ginevra.

Un portavoce delle forze di difesa israeliane ha spiegato che Breaking the silence non ha voluto rivelare i nomi dei 30 soldati. “Lo scopo di questa ricerca – ha detto al Guardian – è solo quello di gettare ombre sull’Idf, che ha sempre invitato l’organizzazioni a trasmettere immediatamente reclami o sospetti riguardanti condotte improprie alle autorità competenti. In linea con i nostri impegni etici, gli incidenti in questione saranno oggetto di studi approfonditi”.

La pietà è morta nel West Bank, ma a distanza di anni alcune coscienze si risvegliano. E ricordano: “Quel ragazzino lì, sdraiato a terra, che implorava di non essere ucciso, poteva avere 9 anni – racconta un sergente della brigata Nahal in missione ad Assoun, vicino Qalqiliya – ho pensato ai nostri figli. Può un bambino pregare di non essere ucciso con una pistola puntata alla testa?

Marco Quarantelli
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
Link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/28/palestina-sevizie-sui-bambini-raccontate-dai-soldati-israeliani/336166/
28.08.2012

RACHEL CORRIE E L'ENNESIMA PROVA DELL'IMPUNITA' DELL'ESERCITO ISRAELIANO

DI CHANTAL MELONI
ilfattoquotidiano.it

Oltre alla grande amarezza per la decisione di oggi, ci sono due cose che a mio parere emergono dalla vicenda di Rachel Corrie:

1. la cultura di assoluta impunità che caratterizza le azioni, violazioni e crimini commessi dall’esercito israeliano;
2. la mancanza di considerazione e rispetto della vita umana a fronte delle logiche di difesa e sicurezza.

Rachel, come i civili palestinesi che cercava – forse ingenuamente, certamente con passione e consapevolezza – di difendere, emergono quali vittime sacrificabili di questo conflitto; effetti collaterali di una guerra asimmetrica che protegge i militari molto piú che la popolazione civile.

I fatti risalgono al 2003: siamo nel cuore della seconda intifada, gli scontri tra Israeliani e Palestinesi sono violentissimi. Sono gli anni degli attacchi terroristici da parte dei Palestinesi in Israele e delle dure repressioni da parte degli Israeliani in Cisgiordania e a Gaza.

Secondo fonti israeliane, dei circa 4800 Palestinesi uccisi negli anni dalla scoppio della seconda intifada al 2008 solo un terzo o poco piú (35%) sarebbero stati coinvolti in attivitá militari o para-militari. Tra le 1053 vittime Israeliane meno di un terzo sarebbero stati militari (31%).

La pratica della distruzione delle case palestinesi è ampiamente utilizzata dall’esercito israeliano. Come denunciano dagli avvocati del Centre for Constitutional Rights di New York, che ha tentato di portare in giudizio la Caterpillar, gli enormi bulldozer americani – ritoccati specialmente per gli usi di guerra israeliani – hanno distrutto piú di 4.000 abitazioni solo in quegli anni, ferendo, uccidendo o lasciando senza casa migliaia di famiglie palestinesi.

Ufficialmente si tratta di bonificare il territorio dai presunti terroristi e di spianare le aree di confine (la c.d. buffer zone); in realtá si tratta spesso di ritorsioni, di punizioni collettive nei confronti della popolazione civile tutta, che come tali sono state a piú riprese condannate a livello internazionale, anche come distruzione di proprietá civile, che è vietata e prevista come crimine di guerra ai sensi degli articoli 53 e 147 della IV convenzione di Ginevra (a meno che la distruzione sia “assolutamente necessaria” ai fini dell’operazione militare).

Rachel Corrie si opponeva a tutto ciò: armata di giubbotto arancione fosforescente e megafono si “interponeva” tra i soldati, o i bulldozer, e gli obiettivi da distruggere. Quando l’enorme Caterpillar l’ha schiacciata stava cercando di impedire che la casa della famiglia del medico palestinese ove era ospitata venisse rasa al suolo. I testimoni presenti con lei sul luogo al momento del fatto giurano da 9 anni che non è possibile che il soldato che guidava non l’avesse vista.

I genitori di Rachel hanno un solo desiderio: che venga svolta un’indagine accurata e indipendente sulla morte di loro figlia. Per questo nel 2005 avevano presentato ricorso contro lo stato di Israele alla Corte di Haifa; a loro parere, l’indagine militare condotta nel 2003 e conclusa sbrigativamente al fine che nessuna responsabilità potesse essere imputata all’esercito israeliano non era accettabile.

Dello stesso parere sono peraltro tutte le organizzazioni per i diritti umani, nonché l’ambasciatore americano in Israele, il quale, relazionando nel maggio 2011 al comitato per gli affari esteri americano, ha dichiarato: “Per sette anni abbiamo fatto pressione sul governo di Israele ai piú alti livelli perché conducessero una indagine accurata, trasparente e credibile sulle circostanze della sua (di Rachel Corrie) morte. Il governo di Israele ha risposto che considera il caso chiuso e che non ha intenzione di riaprire una indagine sull’incidente”.

Il giudice Oded Gershon, presidente del collegio nel tribunale di Haifa, ha tuttavia avallato la decisione dell’esercito di non procedere con alcuna indagine penale nei confronti del soldato che guidava il bulldozer che ha ucciso Rachel Corrie, ed inoltre non ha riscontrato alcuna negligenza in tal senso da parte dello stato israeliano.

Per chi conosce bene la realtà della giustizia militare israeliana viene da dire ‘tutto come da copione’. La mancata apertura di un’indagine accurata e indipendente sulla morte di questa giovane attivista americana va solo ad aggiungersi alle centinaia, migliaia, di mancate indagini aperte nei confronti di civili uccisi come vittime collaterali di questo conflitto. Come riportato da B’tselem, la piú importante organizzazione israeliana per i diritti umani, in dieci anni solo il 3% dei casi in cui è stata chiesta l’apertura di un’indagine per l’uccisione di palestinesi da parte di soldati israeliani ha originato un’indagine penale.

Chantal Meloni
Fonte: www.ilfattoquotidiano.it
Link: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/28/rachel-corrie-e-lennesima-prova-dellimpunita-dellesercito-israeliano/336630/
28.08.2012
Inviato il: 29/8/2012 15:11
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