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  Civiltà Ebraica

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Re: Civiltà Ebraica
#331
Dubito ormai di tutto
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L'Asse Roma-Berlino-Tel Aviv
Andrea Giacobazzi
Ed. Il Cerchio

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“Se un ebreo ortodosso mi considera "immondo" o mi saluta per primo per non dover essere costretto a rispondere al mio saluto, la cosa non preoccupa più di tanto.” (John)
9/11 anomalies
Inviato il: 20/10/2010 11:29
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Re: Civiltà Ebraica
#332
Sono certo di non sapere
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Inviato il: 20/10/2010 14:31
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Re: Civiltà Ebraica
#333
Dubito ormai di tutto
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I Cristiani nel Talmud - del Rev. I.B. Pranaitis tratto da "Il Talmud smascherato"

http://www.pontifex.roma.it/index.php/opinioni/laici/1384-i-cristiani-nel-talmud-del-rev-ib-pranaitis-tratto-da-qil-talmud-smascheratoq


IL TALMUD SMASCHERATO
Gli insegnamenti segreti dei rabbini sui Cristiani

http://www.vho.org/aaargh/fran/livres5/pranaitisital.pdf



I segreti della dottrina rabbinica

http://www.libreriauniversitaria.it/segreti-dottrina-rabbinica-pranaitis-effedieffe/libro/9788885223455


EDIT:

comunque sono inquietanti anche certi versi della Bibbia tipo questo:

"Allo straniero potrai prestare a interesse, ma non al tuo fratello; affinché l’Eterno, il tuo Dio, ti benedica in tutto ciò a cui porrai mano, nel paese dove stai per entrare per prenderne possesso."

(deuteronomio 23,20)

Chi verrebbe considerato "lo straniero"?
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“Se un ebreo ortodosso mi considera "immondo" o mi saluta per primo per non dover essere costretto a rispondere al mio saluto, la cosa non preoccupa più di tanto.” (John)
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Inviato il: 20/10/2010 15:01
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Re: Civiltà Ebraica
#334
Sono certo di non sapere
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Inviato il: 28/10/2010 20:30
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Re: Civiltà Ebraica
#335
Sono certo di non sapere
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Re: Civiltà Ebraica
#336
Sono certo di non sapere
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Abusi contro i prigionieri, la denuncia di due ong

Non siamo all'orrore di Abu Ghraib e neppure a quello di Guantanamo ma nel centro di interrogatorio e detenzione del servizio israeliano di sicurezza interna (Shin Bet) a Petah Tikva, vicino Tel Aviv, le torture fisiche e psicologiche a danno dei prigionieri palestinesi sarebbero sistematiche. Ad affermarlo sono state ieri HaMoked e Betselem, storiche organizzazioni non governative (ong) israeliane impegnate nella tutela dei diritti umani. Le due associazioni hanno raccolto le testimonianze di 121 palestinesi detenuti a Petah Tikva lo scorso anno. A conferma delle denunce ci sono anche le dichiarazioni di due ebrei attivisti di estrema destra: Haim Perlman, accusato di aver assassinato arabi, e il suo complice. «Lo Shin Bet tortura fisicamente i detenuti durante gli interrogatori e poi li incatena nelle celle d'isolamento», è scritto nel rapporto ( http://www.btselem.org/English/Publications/Summaries/201010_Kept_in_the_Dark.asp ) diffuso dalle ong che sottolineano come «i maltrattamenti usati dagli agenti nei confronti dei detenuti palestinesi avvengono con il pieno sostegno delle autorità israeliane». Il centro dello Shin Bet a Petah Tikva ricorda il carcere segreto israeliano, divenuto poi noto con il numero «1391», chiuso qualche anno fa dopo che il giornalista di Haaretz Aviv Lavie ne rivelò l'esistenza. Nel «1391» scomparvero per anni personaggi come lo sceicco Abdel Karim Obeid e l'ex comandante militare sciita Mustafa Dirani, sequestrati dall'esercito israeliano in Libano per ottenere informazioni su Ron Arad, pilota catturato in combattimento.

I detenuti, scrisse Aviv Lavie a proposito del carcere di massima sicurezza «1391», venivano tenuti bendati e ammanettati in celle buie di 2,5x2,5 metri nelle quali era negato l'accesso alla Croce rossa internazionale. A Petah Tikva la Cri riesce ad entrare, ma le condizioni di vita dei detenuti sono dure, scrivono Betselem e HaMoked entrate in possesso del rapporto (mai reso pubblico) del procuratore Naama Feuchtwanger seguito alla visita, il 31 marzo 2009, nel centro di detenzione fatta da due ispettori ministeriali. Significativo che dal 2001 a oggi il ministero della giustizia israeliano non abbia aperto alcuna inchiesta sui 265 casi di torture e abusi denunciati dai prigionieri. Appena due giorni fa due minorenni palestinesi arrestati a luglio avevano riferito che agenti dello Shin Bet avevano urinato loro addosso e di essere stati costretti a bere l'acqua sporca delle toilette. A Petah Tikva i maltrattamenti - nel 9% dei casi, si tratta di vere e proprie torture - comincerebbero già al momento dell'arresto e andrebbero avanti durante tutta la detenzione, con gli agenti dello Shin Bet che seguirebbero i manuali degli interrogatori in uso alla Cia negli anni '60. I 121 testimoni hanno riferito di essere stati arrestati di notte e di aver subito violenze già durante il tragitto verso Petah Tikva. Nel centro sono stati sistemati in celle minuscole dove a stento entra un materasso, senza finestre, con soffitti bassi, con la luce artificiale tenuta accesa sempre, anche durante la notte, in condizioni igieniche spaventose. Il 35% dei testimoni ha raccontato di essere rimasto senza un cambio di biancheria per lunghi periodi. Qaysar Diq, 24 anni del villaggio di al Diq (Nablus), è rimasto con gli stessi pantaloni e la stessa maglia per 65 giorni. Il 78% ha denunciato di aver trascorso lunghi periodi in isolamento, in alcuni casi anche due mesi. Durante gli interrogatori i detenuti sono costretti a rimanere seduti per ore in posizioni scomode e dolorose su sedie ancorate al pavimento e con le mani legate allo schienale. Nel 36% dei casi, le minacce di ritorsioni contro i familiari sono state usate a scopo intimidatorio. Una donna di 63 anni, Rabea Said, sarebbe stata portata a Petah Tikva e interrogata affinché i suoi figli detenuti potessero vederla umiliata e insultata, prima di essere rilasciata senza alcuna accusa. HaMoked e Betselem hanno accertato gravi abusi fisici nel 10% dei casi, compiuti attraverso la sistematica privazione del sonno e il poco cibo, allo scopo di fiaccare e rendere privo di volontà il detenuto, proprio come suggeriva la Cia nei suoi vecchi manuali concepiti per l'America Latina.

Michele Giorgio
Fonte: www.ilmanifesto.it
3.11.2010
Inviato il: 4/11/2010 12:39
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Re: Civiltà Ebraica
#337
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Inviato il: 5/11/2010 14:56
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Re: Civiltà Ebraica
#338
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Gerusalemme occupata: nuove 13.500 unità abitative. Terra confiscata nel Negev

Scritto il 2010-11-08 in News

An-Nasira (Nazareth) - Pal-Info, InfoPal. La municipalità di al-Quds (Gerusalemme) sta avviando la costruzione di 13.500 unità abitative nei quartieri palestinesi della città.

La notizia non fa scandalo e il comune interviene specificando che il programma edilizio incontrerà presto l'approvazione per la prossima fase che vedrà la costruzione di 350 unità abitative nella Gerusalemme occupata.

Le procedure sono in corso e si tratta di progetti che spaziano da complessi residenziali a istituti per l'istruzione e centri sportivi.

Intanto, restano anche le minacce su villaggi palestinesi nel Negev per la confisca di ulteriore terra, a beneficio delle comunità di coloni israeliani: il ministero per gli Insediamenti e le attività edilizie ha già disposto la confisca di 1.800 ettari di terra palestinese tra Bi'r Saba' (Beersheva) e 'Arad per costruire strade di comunicazione ad uso esclusivo dei coloni.
Inviato il: 8/11/2010 21:33
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Re: Civiltà Ebraica
#339
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L’ “Olocausto” fra Storia e Politica
di Norman Finkelstein* - 08/11/2010



1967, “nasce” l’industria dell’Olocausto Prima di tutto vi ringrazio per avermi invitato, questo è il mio primo viaggio in Italia e fra le tante città che ho visitato, Roma è stata la prima nella quale ho provato la sensazione di voler
restare e vivere, perché è una città davvero speciale. E penso che mi piacerebbe anche ritirarmi a Teramo.
L’argomento di cui vorrei parlare oggi è l’industria dell’olocausto, un termine col quale intendo quelle organizzazioni, istituzioni o singole persone ebree americane, che hanno sfruttato la terribile sofferenza degli Ebrei durante la seconda guerra mondiale per scopi politici ed economici.
La mia esposizione è divisa in due o forse tre parti: vorrei parlare delle origini dell’industria
dell’olocausto, dell’ideologia dell’industria dell’olocausto, e dell’uso dell’industria dell’olocausto
per sottrarre denaro all’Europa.
La prima cosa da ricordare è che negli Stati Uniti non c’è mai stata alcuna discussione
sull’olocausto nazista tra il 1948 e il 1967, nessun contributo originale nella vita intellettuale e
politica americana. Ad esempio, fino agli anni Settanta non era mai stato tradotto Primo Levi, e a
fino a quel momento erano stati pubblicati in inglese, sull’argomento, solo uno o due libri di
carattere storico. L’olocausto è diventato oggetto di discussione nella vita pubblica negli Stati Uniti
solo dopo la guerra arabo-israeliana del giugno 1967.
La prima e ovvia questione da porsi è quale sia stato il motivo dell’assenza di un dibattito
prima della fine degli anni Sessanta. La risposta, altrettanto ovvia, è che subito dopo la fine della
seconda guerra mondiale gli Stati Uniti avevano instaurato un’alleanza politica con la Germania
occidentale, e la Germania occidentale mal avrebbe sopportato una simile discussione. D’altro
canto, in quel periodo le élites degli ebrei americani si attestavano in genere sulle linee delle élites
della società americana, e dunque anch’esse non parlavano dell’olocausto, perché se lo avessero
fatto, questo sarebbe sembrato un tentativo di minare l’alleanza tra gli Stati Uniti e la Germania
occidentale. Nei fatti, in quel periodo gli unici a parlare dell’olocausto nazista erano di sinistra,
perché allineati all’Unione Sovietica, e l’Unione Sovietica era contraria all’alleanza tra la Germania
occidentale e gli Stati Uniti: cosicché, parlando dell’olocausto nazista, la sinistra avrebbe raggiunto
l’obiettivo di minare l‘alleanza tra la Germania occidentale e gli Stati Uniti, così come voleva
l’Urss.
Questa era più o meno la fotografia della situazione prima del giugno del ’67. In seguito, dopo
la guerra del giugno 67, accaddero due cose importanti nella società americana. Il primo
cambiamento rilevante fu che Israele divenne il più importante alleato americano in Medio Oriente.
Il secondo, visto che Israele era diventato il più importante alleato degli USA in Medio Oriente, che
gli ebrei americani diventarono proisraeliani. Prima della guerra del giugno del 1967 l’olocausto era
stato raramente menzionato nella vita americana, così come Israele, e in entrambe i casi
essenzialmente per la stessa ragione: gli ebrei americani erano preoccupati che se fossero stati
troppo pro Israele avrebbero potuto urtare la posizione dominante nella società americana. Dopo il
giugno del ’67, essendo ormai Israele il principale alleato degli americani nel Medio Oriente,
diventava possibile essere filoisraeliani, perché se a questo punto eri pro Israele eri anche pro Stati
Uniti, dal momento che Israele stava combattendo per difendere gli interessi americani in Medio
Oriente. Ecco dunque che dopo il 1967 gli ebrei americani diventano fortemente proisraeliani e
2
scoprono e usano l’olocausto nazista come arma per difendere Israele da qualsiasi atteggiamento
critico.
La questione diventava a questo punto come utilizzare l’olocausto come scudo protettivo di
Israele, in un momento in cui le lezioni che si potevano trarre dall’olocausto potevano diventare
armi critiche nei confronti dello stesso Israele. Questa è una domanda cruciale, e posso spiegarla
con un esempio personale: entrambi i miei genitori erano sopravvissuti all’olocausto nazista, ed
erano rimasti segnati così profondamente da questa loro esperienza durante la seconda guerra
mondiale, da provare un profondo senso di identificazione con la sofferenza dei palestinesi. E
allora, come poteva l’olocausto diventare un’arma per difendere Israele?
Il dogma dell’ “unicità” e “incomparabilità” dell’olocausto
La risposta a questo interrogativo sta a mio avviso nei due dogmi basilari che stavano
diventando all’epoca parte dell’industria dell’olocausto: il primo dogma, che credo tutti voi in
questa sala conosciate, è che l’olocausto è stato un evento unico nella storia. L’argomento con cui
qui vi state confrontando recita che voi non potete comparare l’olocausto nazista a nessun altro
orrore nella storia. Ora, questo dogma dell’incomparabilità è un controsenso per uno storico.
Chiunque abbia frequentato dei corsi di storia delle scuole superiori sa che l’abc del fare storia è il
comparare e confrontare. Per esempio un assunto tipico nelle classi di storia delle scuole è
comparare e confrontare la rivoluzione francese con quella russa, o comparare e confrontare la
monarchia francese con quella inglese. Qualsiasi persona razionale deve perciò concludere che se si
assume la non comparabilità come dogma, diventa impossibile parlare di storia. Inoltre, la pretesa di
non comparare è anche un abominio morale, perché fondamentalmente sta a significare che nessuno
nella storia del mondo ha sofferto come gli ebrei.
Quindi la domanda è: se questa dottrina del non comparare è priva di valore dal punto di vista
storico e un abominio dal punto di vista morale, perché persiste? La risposta ovvia è che essa è
fondamentalmente un’arma ideologica. Perché se tu affermi che qualcuno ha sofferto e soffre
terribilmente, e in modo irripetibile, allora ciò vuol dire che questo qualcuno ha uno speciale diritto
morale che gli deriva proprio dalla sua sofferenza. Ecco dunque che uno storico americano ha
potuto scrivere che l’unicità della sofferenza degli ebrei dà forza morale ed emotiva alle
rivendicazioni di Israele nei confronti delle altre nazioni. Questo a mio modo di vedere è il vero
obbiettivo della dottrina dell’unicità: preservare Israele dalle critiche nei confronti dei suoi crimini,
per i quali, se non vi fosse stato l’olocausto, sarebbe chiamato a difendersi.
Il secondo dogma fondamentale dell’industria dell’olocausto è la convinzione che l’olocausto
sia stato il culmine, il risultato finale di un eterno e irrazionale odio contro gli ebrei. Questo
particolare dogma era l’essenza del libro di Daniel Goldhagen - I volenterosi carnefici di Hitler -
che pretende di provare che l’olocausto nazista era il risultato di questo eterno e irrazionale odio
tedesco contro gli ebrei. Come il primo dogma, anche questo è privo di fondamento dal punto di
vista storico, in quanto non c’è nessuna prova che tutti i tedeschi dall’inizio dei tempi abbiano
cercato di sterminare gli ebrei. Ma come il primo, anche questo dogma è politicamente molto utile
dal punto di vista politico, nella misura in cui afferma che tutto il mondo cerca di assassinare gli
ebrei senza che questo abbia nulla a che vedere con ciò che gli Ebrei hanno fatto. E quindi diventa
possibile concludere che l’odio e il risentimento diretto contro gli Ebrei o contro Israele non hanno
nulla a che fare con ciò che realmente gli Ebrei e Israele fanno.
L’argomentazione va dritta all’obbiettivo più o meno in questo modo: uno, l’olocausto nazista
fu il risultato dell’azione comune dei cattivi gentili che odiavano gli Ebrei; due, l’olocausto nazista,
l’uccisione degli ebrei fu un evento irrazionale. Dunque, l’odio contro gli Ebrei è irrazionale.
Dunque, tutto l’odio riversato contro Israele non ha nulla a che fare con ciò che gli Ebrei hanno
sempre fatto.
Vi faccio due esempi al proposito, tratti dagli scritti di Weizmann, la voce più autorevole per
l’industria dell’olocausto. Un suo argomento tipico è che per circa duemila anni il popolo ebraico ha
vissuto sull’orlo dell’estinzione, che gli Ebrei siano stati sempre sotto minaccia, col rischio di essere
uccisi: per cosa? Per nessuna ragione. E’ questo un argomento chiave che viene usato per difendere
Israele: esso pretende che il motivo che spinge gli arabi e i non arabi ad attaccare Israele è
semplicemente il fatto che essi odiano gli ebrei. Ecco quel che scrive Weizmann:
“a causa di ciò che siamo e di ciò che la nostra patria Israele rappresenta, il cuore delle
nostre vite, il sogno dei nostri giorni, quando i nostri nemici cercheranno di distruggerci, lo
faranno cercando di distruggere Israele; ed essi cercheranno di distruggere Israele distruggendo
noi. Possiamo mai garantire che anche se rinunciamo ai nostri territori staremo al sicuro? No,
non lo possiamo garantire. Possiamo garantire che se siamo moralmente nel giusto, non ci
saranno più nazisti nel mondo? No, non lo possiamo garantire. Ciò che siamo, ciò che abbiamo
rappresentato nei secoli, è stato un deterrente per i nostri nemici: infatti quanto più abbiamo amato
la vita e quanto più abbiamo amato la giustizia e la dignità umana, tanto più siamo stati
perseguitati”.
L’ultima frase è, credo, la più importante. Weizmann sostiene che più siamo buoni, più ci
odiano. Così se oggi i Palestinesi o gli Arabi provano odio contro Israele, l’unica spiegazione
possibile è che Israele si è comportata in modo meraviglioso.
Dovrei aggiungere che questa dottrina, se è molto distruttiva per i Palestinesi, può diventarla
anche per gli Ebrei: essa infatti predica la totale irresponsabilità morale. Essa sostiene che non si è
responsabili per l’ostilità che si provoca con le proprie azioni. Il che significa che se la gente prova
odio o risentimento contro qualcuno, questo fatto non può in nessun modo essere messo in relazione
con ciò che questo qualcuno ha compiuto. Il risultato è l’assenza di limiti e l’irresponsabilità delle
proprie azioni.
Eccoci dunque all’ultima parte di questa mia conferenza, che riguarda il modo in cui questa
assenza di limiti e irresponsabilità abbia condotto l‘olocausto nazista nel racket dei ricatti. Il
martellamento continuo nei confronti dell’Europa da parte dell’industria dell’olocausto, per quello
che viene chiamato risarcimento, ha avuto come effetto la diffusione dell’antisemitismo e la
negazione dell’olocausto. Vorrei farvi brevemente due esempi, utili per la discussione che mi
piacerebbe poi sviluppare con voi.
Chi provoca l’antisemitismo
Il primo esempio riguarda ciò che è successo alle banche svizzere. All’inizio, alla metà degli
anni 90, l’industria dell’olocausto lanciò tre accuse contro le banche svizzere. La prima era che
dopo la seconda guerra mondiale i banchieri svizzeri avrebbero negato ai sopravvissuti e ai loro
eredi l’accesso ai conti bancari; la seconda era che i banchieri svizzeri avrebbero distrutto i registri
dei conti egli Ebrei; la terza che i banchieri svizzeri avrebbero sottratto miliardi e miliardi di dollari
appartenenti agli Ebrei, e da questi depositati in Svizzera durante la seconda guerra mondiale.
Nel maggio del 1996 venne quindi istituito un Comitato di Ebrei e Svizzeri con il compito di
investigare su queste accuse. Ma ancor prima che esso potesse redigere un proprio rapporto sui
risultati delle proprie indagini, l’industria dell’olocausto avanzò la pretesa che le banche svizzere
pagassero il denaro rivendicato e, nel 1998, attraverso vari tipi di ricatto, costrinse la Svizzera a
pagare 1,25 miliardi di dollari. Alcuni mesi dopo, anzi un anno dopo, il Comitato rese pubbliche i
risultati della propria indagine, grazie alla quale – si deve peraltro ricordare che a suo interno
c’erano Ebrei provenienti dagli Stati Uniti e Israele – si poteva concludere che: punto 1, non c’era
alcuna prova che dopo la seconda guerra mondiale i banchieri svizzeri avessero negato ai
sopravvissuti ebrei e ai loro eredi l’accesso ai conti; punto 2 – con riferimento alla seconda accusa –
non c’era alcuna prova che i banchieri svizzeri avessero distrutto sistematicamente i registri dei
conti degli ebrei; punto 3, c’erano le prove che la pretesa esistenza di miliardi di dollari nei conti
ebrei in Svizzera era completamente infondata.
La più grande autorità vivente sull’olocausto nazista è, senza eccezioni, è lo storico Raul
Hilberg. E Hilberg, già nel ‘97, usava le parole “ricatto” ed “estorsione” per descrivere quello che le
organizzazioni ebraico-americane stavano facendo. Egli affermò che tutte le pretese di miliardi di
dollari degli ebrei nei conti delle banche svizzere erano pura follia. Ricordò fra l’altro: “Io ero un
membro della classe media austriaca prima della seconda guerra mondiale, e mio padre non ha mai
avuto un conto bancario in Austria, figuriamoci un conto corrente in Svizzera!” Evidentemente si
ritiene che ci si possa far credere che tutti gli ebrei dei piccoli villaggi dell’Europa orientale, tutti,
avessero un conto corrente svizzero e una Mercedes!
Il caso delle banche svizzere provocò un’ondata di antisemitismo in Svizzera. Ma quando le
fu chiesta ragione di questo fatto, l’industria dell’olocausto rispose che non poteva essere stata lei la
causa dell’antisemitismo, e che invece erano gli antisemiti a causare l’antisemitismo!
Questo è un esempio di quello di cui parlavo poco fa, e cioè il fatto che l’irresponsabilità
morale alla fine può essere molto distruttiva - credo - anche per gli ebrei.
Il “negazionismo” e l’infinita avidità dell’industria dell’olocausto
Passiamo ora al secondo esempio, e cioè al caso degli industriali tedeschi. Anche in questo
caso, l’industria dell’olocausto prima ha fabbricato pretese, e poi è ricorsa al ricatto per estorcere
denaro.
L’industria dell’olocausto ha cominciato a pretendere che ci fossero centinaia e centinaia di
migliaia di sopravvissuti dell’olocausto nazista, che non ricevettero il risarcimento dalla Germania.
Ricordo che mia madre era solita dire che se tutti quelli che avevano dichiarato di essere dei
sopravvissuti all’olocausto fossero stati effettivamente tali, i nazisti non avrebbero ucciso nessuno.
Questo vuol dire che siamo di fronte a un terribile esempio di negazione dell’olocausto. Perché se tu
pretendi di aumentare il numero dei sopravvissuti, alla fine diminuisci il numero delle vittime:
questo fa l’industria dell’olocausto, quando pretende che ci siano centinaia e centinaia di migliaia di
sopravvissuti dei campi di concentramento e dei campi di lavori forzati dopo la seconda guerra
mondiale.
Ora, alcuni mi accusano di essere un negazionista dell’olocausto, o un visionario, ma io dico
esattamente quello che credo: e cioè che la vecchia convenzionale tesi circa quello che è successo
sia quella veritiera. La vecchia convenzionale tesi sosteneva che l’olocausto nazista era stato una
sistematica industria della morte degli ebrei, efficiente come una catena di montaggio. E che solo
poche persone al maggio 1945 erano sopravvissute ad essa: circa centomila, come dicono i migliori
storici. Il che vuol dire che oggi i sopravvissuti ebrei ancora viventi sono circa dieci o ventimila.
Ora, senza esagerazioni, la pretesa corrente dell’industria dell’olocausto è che ci sono circa un
milione di sopravvissuti oggi ancora viventi, e che al 2035 ne saranno ancora vivi circa diecimila.
A questo punto capite bene cosa vuol dire tutto questo: i miei genitori erano sopravvissuti
all’olocausto nazista ed io già li ho persi entrambi. Se guardate alle tabelle delle assicurazioni, io
non sarò più vivo nel 2035. Ma l’industria dell’olocausto, nella sua infinita avidità e
irresponsabilità, afferma che 10.000 ebrei sopravvissuti ai lager saranno ancora vivi nel 2035.
Il doppio furto dell’industria dell’olocausto
L’ironia finale di tutto ciò è che l’industria dell’olocausto pretende che tutto il denaro così da
essa raccolto sia destinato alle vittime dell’olocausto. Ma come voi potrete leggere nella prefazione
all’edizione tedesca del mio libro, i sopravvissuti dell’olocausto hanno intentato causa contro
l’industria dell’olocausto, perché non hanno mai avuto un centesimo di quel denaro. Così c’è un
doppio ladrocinio: un furto contro i governi europei, e un furto contro le vittime viventi
dell’olocausto nazista.
Vorrei a questo punto finire con una nota personale. La Germania ha pagato per il
risarcimento, dalla fine della guerra fino ad ora, 60 miliardi di dollari agli Ebrei. Adesso ricordate
quello che ho detto prima: tutti gli storici più seri dicono che i sopravvissuti ebrei ai lager sono in
realtà pochi: quindi, se la Germania ha pagato 60 miliardi di dollari e se i sopravvissuti sono pochi,
se ne dovrebbe dedurre che ciascun sopravvissuto sia stato generosamente compensato per le sue
sofferenze. In realtà, per fare un esempio che conosco da vicino, mia madre, che è stata nel campo
di concentramento di Maidenek e poi in due campi di lavoro forzato dal settembre del ‘39 fino a
maggio del ‘45, per tutto questo periodo di sofferenza ha ricevuto complessivamente 3500 dollari.
E’ difficile che voi possiate incontrare un sopravvissuto che non avversi l’industria dell’olocausto
per lo sfruttamento che essa fa dell’olocausto nazista. In effetti, sono convinto che l’olocausto
nazista è usato a livello politico per perseguitare i palestinesi, a livello morale per sminuire la
sofferenza degli altri popoli, e sul piano economico per alimentare il racket del ricatto.
Per tutte queste ragioni, è ora di chiudere l’industria dell’olocausto.
*Conferenza di Norman Finkelstein all’Università di Teramo

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=35653
Inviato il: 9/11/2010 8:11
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Re: Civiltà Ebraica
#340
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Re: Civiltà Ebraica
#341
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E SE I TALEBANI FOSSERO ANCH'ESSI DEGLI EBREI ?
Postato il Mercoledì, 10 novembre @ 21:10:00 CST di davide

Filosofia DI CHEMS EDDINE CHITOUR
mondialisation.ca

“Il problema dell’umanità è che gli idioti sono strasicuri di loro stessi e le persone sensate piene di dubbi.”
Bertrand Russell

Dicendo “gli Ebrei” cosa si indica? Si tratta di un popolo, di una nazione, di una comunità, di una setta, di una nazionalità, di una religione, di una razza, di un’etnia, di un amalgama di tutto ciò sotto forma di casta, o di un’altra cosa ancora? “Se esiste il popolo ebraico, non esiste altro popolo dello stesso tipo” notava Raymond Aron nelle sue Mémoires. (1) “Una scuola, un popolo, una religione o altro ancora” si interrogava Jean-Michel Salanskis (2)



Per la storia, La Stele di Meremptah (scoperta nel 1896) è il solo indizio della presenza degli Ebrei in Egitto. Questa stele di granito grigio, che misura 3,18 metri di altezza per 1,61 di larghezza e 31 centimetri di spessore, fu eretta da Amenophis III. Merenptah, tredicesimo figlio e successore di Ramses II, utilizzò il retro per farvi incidere un inno rivolto a se stesso, alla data del terzo giorno del terzo mese di chemou (l’estate) dell’anno 5 di Merenptah, per commemorare la sua vittoriosa campagna militare dell’anno 5 (1210 circa) in Libia e nella terra di Canaan. La stele è particolarmente conosciuta per il fatto di contenere nella strofa conclusiva la prima supposta menzione di Israele (o piuttosto degli Israeliti) fuori dal contesto biblico, nonché la sola menzione di Israele conosciuta nei testi egiziani. La menzione di Israele si trova alla ventisettesima riga (la penultima), nell’elenco dei popoli di Canaan sconfitti da Merenptah. Non si tratta quindi di un riferimento ad uno Stato, né ad una città, ma piuttosto di un popolo cananeo che si tende ad identificare generalmente con i proto-Israeliti. Vediamo così che il racconto biblico della traversata del Mar Rosso non regge. (3)



La rimessa in questione

L’altro scossone al sostegno del popolo eletto è venuto dagli scienziati che hanno tenuto conto del reale e della narrazione immaginaria della storia, del mito fondatore ebraico. Infatti l’archeologia utilizzando i più recenti metodi di datazione al carbonio14, associati alla spettrometria, hanno permesso la pubblicazione di un’opera di riferimento: “La Bibbia svelata”, che è un’opera di sintesi dell’archeologo Israel Finkelstein e dello storico ed archeologo Neil Silberman.

Ne è uscita una rimessa in questione della storicità di una gran parte delle narrazioni bibliche, specialmente sull’origine degli antichi Israeliti, l’esodo e la conquista di Canaan, così come sui regni unificati di Davide e Salomone. (…) Gli autori rimproverano ai primi archeologi, sin dal 1900, quali William F. Albright, di aver preso le narrazioni storiche della Bibbia alla lettera: questa modalità si è chiamata archeologia biblica.(4)

Per Tom Segev, storico e politologo e una delle penne più libere di Israele, riporta uno studio del Professor Sand:

“La Dichiarazione di indipendenza di Israele dice che il popolo ebraico è nato sulla terra di Israele ed è stato esiliato dal suo paese natale. Ogni scolaro israeliano impara che questo è accaduto durante il periodo della dominazione romana, nel 70 d.C. La nazione è rimasta fedele alla propria terra, nella quale (gli esiliati) hanno cominciato a tornare dopo due millenni di esilio.

Falso, dice lo storico Shlomo Sand in uno dei libri più affascinanti e stimolanti pubblicati da tempo. Non c’è mai stato un popolo ebraico, solamente una religione ebraica, e neanche l’esilio ha mai avuto luogo – dunque il ritorno non ha avuto luogo. Sand respingerà la maggior parte delle storie della formazione dell’identità nazionale presenti nella Bibbia, compreso l’esodo dall’Egitto e, in modo più soddisfacente, gli orrori della conquista sotto Giosuè. Tutto ciò è finzione e mito che è servito alla creazione dello Stato di Israele, afferma.” (5)

“Secondo Sand, i Romani non hanno esiliato intere popolazioni, e la maggior parte degli Ebrei sono stati autorizzati a restare nel paese. Il numero degli esiliati è stato tutt’al più di qualche decina di migliaia. Quando il paese è stato conquistato dagli Arabi, molti Ebrei si sono convertiti all’Islam e sono stati assimilati ai conquistatori. Ne consegue che gli antenati degli Arabi palestinesi erano degli Ebrei. Questa tesi non è un’invenzione di Sand, 30 anni prima della Dichiarazione di indipendenza, essa è stata sostenuta da David Ben Gourion, Yitzhak Ben-Zvi e da altri”. Secondo Sand, il bisogno dei sionisti di presentare un’etnicità condivisa e una continuità storica ha prodotto una lunga serie di invenzione e finzioni, e il ricorso a tesi razziste. Alcune sono state preparate nello spirito di coloro che hanno concepito il movimento sionista, mentre altre sono state presentate come risultati di studi genetici condotti da Israele.” (6)


In un’intervista concessa al quotidiano L’Economist, Schlomo Sand dichiara inoltre: “Era più logico creare uno Stato ebraico in Europa. I Palestinesi non erano responsabili di ciò che gli europei avevano fatto. Se qualcuno avesse dovuto pagare il prezzo della tragedia, sarebbero dovuti essere gli europei, e ovviamente i tedeschi.” Lo scrittore denuncia l’ideologia sulla quale si fonda lo Stato di Israele. La nozione di popolo ebraico è stata inventata, secondo lui. Nella sua opera, Sand rimette in causa la legittimità storica della nazione ebraica-israeliana”, ma invita i popoli arabi a riconoscere lo Stato di Israele, come condizione sine qua non per andare avanti… “Tutti credono che il popolo ebraico sia sorto 20.000 anni fa. In realtà comunità religiose ebraiche esistono da migliaia d’anni. Ma il popolo ebraico è stato inventato da 150 anni appena. E penso che l’espressione “popolo ebraico” non sia corretta”. (6)

La parola popolo contiene una connotazione di proprietà su un territorio. Non credo che 500 anni fa gli Ebrei di Londra e quelli di Marrakech seguissero pratiche e norme culturali comuni. Avevano in comune una fede e rituali religiosi. Ma se le sole affinità tra i gruppi umani sono di natura religiosa, io definisco questa una comunità o una setta religiosa e non un popolo”.(6)

Alla domanda: “Da dove vengono gli Ebrei?” Schlomo Sand risponde: “Tutti pensano che l’esilio del popolo ebraico sia l’elemento fondatore della storia del giudaismo, della diaspora. Durante le mie ricerche ho scoperto che è nel patrimonio spirituale cristiano che il mito dello sradicamento e dell’espulsione è stato mantenuto, prima di inserirsi più tardi nella tradizione ebraica. In realtà, gli Ebrei non provengono tutti dal grande esilio dell’anno 70, ma al contrario hanno le più diverse origini. Si sa che la maggioranza degli Israeliani pensa di avere geneticamente la stessa origine. Questa è una vittoria di Hitler, che ha diffuso la credenza che tutti gli Ebrei siano della stessa razza. Ma è falso. Non hanno tutti la stessa origine, né la stessa matrice. Sono dei berberi, degli arabi, dei Galli, etc.. Credo che coloro che hanno voluto forgiare una nazione ebraica israeliana hanno cominciato riflettendo sul passato, strumentalizzandolo per far emergere una dimensione di continuità”. (6)

“Nel caso del sionismo, bisognava impegnarsi seriamente ad acquisire una terra che apparteneva ad un altro popolo. C’era bisogno di una storia forte, una legittimità storica. In quanto cittadino israeliano, trovo assurdo che qualcuno che si trovava su un territorio duemila anni addietro possa pretendere di avere diritti storici sullo stesso territorio. O allora bisognerebbe far uscire tutti i Bianchi dagli Stati Uniti, far rientrare gli Arabi in Spagna.. Da un punto di vista politico tuttavia, questo libro non è particolarmente radicale. Non tento di distruggere lo Stato di Israele. Dico che la legittimità ideologica e storica sulla quale si fonda oggi l’esistenza dello Stato di Israele è falsa. Provo ad essere uno storico, ma sono al tempo stesso un cittadino che pensa politicamente. Da un punto di vista storico, dico: no, non ci sono diritti storici degli Ebrei sulla terra della Palestina, che siano di Gerusalemme o di altri posti. Ma dico anche che da un punto di vista politico: non potete riparare ad una tragedia creando un’altra tragedia. Negare l’esistenza di Israele significa preparare una nuova tragedia per gli Ebrei israeliani. Ci sono dei processi storici che non si possono cambiare. Io mi oppongo all’occupazione dei territori palestinesi. Sono favorevole alla costruzione di uno Stato palestinese realmente indipendente a fianco di Israele. Ma parallelamente vorrei fare dello Stato di Israele una vera democrazia per tutti i suoi cittadini, senza distinzione né di religione, né di origine, né di sesso.” (6)

“Considerare lo Stato di Israele come uno Stato ebraico sarebbe catastrofico. Sarebbe ridurre la Francia ad uno Stato cattolico. Ma bisogna sapere che il riconoscimento dello Stato di Israele è una condizione sine qua non per andare avanti nella regione. Alla domanda: “Cosa pensate della decisione dell’ONU nel 1947 di creare lo Stato di Israele?” risponde: “Era più logico creare lo Stato di Israele in Europa. I palestinesi non erano responsabili di ciò che gli europei avevano fatto. Se qualcuno doveva pagare per la tragedia, sarebbero dovuti essere gli Europei, ed ovviamente i tedeschi. Ma non i palestinesi. D’altronde la spartizione non fu equa. Gli arabi erano 1,3 milioni e gli ebrei 630.000, e la terra fu divisa a metà. Oggi i palestinesi hanno meno del 22% del territorio. L’idea di uno Stato binazionale è sciocco a mio avviso, perché ritirare Israele dai territori occupati può essere fatto solo con la forza, ma per creare uno Stato binazionale c’è bisogno del consenso delle due società. E oggi questo non è possibile. Né l’uno né l’altro sarebbero d’accordo. In futuro spero che gli arabi e gli israeliani possano vivere insieme, in simbiosi. Ma per il momento vorrei che gli arabi israeliani diventassero dei veri cittadini. C’è bisogno che Israele accetti lo Stato palestinese, che tolga tutte le sue colonie, che dia terre fertili ai palestinesi alle frontiere stabilite nel 1967. Gerusalemme deve diventare la capitale dei due popoli. Bisogna riconoscere il torto fatto ai palestinesi e indennizzare i profughi e i loro bambini. Tuttavia, metto in dubbio il diritto di rientro dei rifugiati palestinesi, poiché la maggior parte delle case sono state distrutte ed è quindi economicamente impossibile che un piccolo territorio possa accogliere 6 milioni di persone tutte insieme. Bisognerebbe accettare una parte dei rifugiati soprattutto quelli che vivono in Libano.” (6)


Alla ricerca delle origini

Dopo la sua creazione, Israele non ha smesso di cercare le proprie origini. Dopo, gli ashkenazi, i sefarditi d’Africa del Nord e i falasci, ecco che Israele si interessa ai talebani!

“I talebani, scrive Marie-France Calle, sono forse ebrei… o almeno d’origine ebraica. Questo è - in breve – quello che tenta di verificare il governo di Israele. Il ministero israeliano degli Affari Esteri ha deciso di finanziare delle ricerche per stabilire una volta per tutte se i Pashtun (etnia da cui provengono i talebani) discendano da una delle dieci tribù perdute di Israele. Queste ricerche si svolgeranno in India. Per una ragione evidente: (le ricerche) sono impossibili da portare avanti in Afghanistan e in Pakistan. Si sa da tempo che i Pashtun - o Pathan – che popolano essenzialmente il sud e il sud-est dell’Afghanistan e l’ovest e il nord-ovest del Pakistan sarebbero i discendenti di una delle tribù perdute di Israele. Similitudini nei riti, nei vestiti, nelle tradizioni familiari, culinarie… tutto porta a credere che i Pashtun abbiano degli antenati ebrei. Una fortuna per gli scienziati che tentano di stabilire la veridicità dell’origine israelita dei Pashtun. Possono lavorare tranquillamente nel nord dell’India, a Lucknow, la capitale dell’Uttar Pradesh”. (7)


Il ministero israeliano degli Affari Esteri ha tuttavia deciso si finanziare le ricerche di una genetista indiana. Shahnaz Ali, per essere chiari, riporta il Times of India.. Accolta all’Institut Technion di Haifa, dove dovrebbe portare a termine il suo lavoro. Cosa spera Israele con un progetto simile? (7)

Chi sono i Pashtun ai quali appartengono i talebani? I “Pathan” sono dei montanari che formano una tribù afgana sparsa in tre paesi: Afghanistan meridionale e orientale, Pakistan del nord e il Kashmir occidentale indiano. I Pathan hanno mantenuto costumi ancestrali particolari. Portano la barba e lasciano crescere i peot (8). Circoncidono i propri figli dopo 8 giorni dalla nascita (e non 12 come le altre tribù musulmane). Le donne osservano pratiche particolari di purezza calcolate su quelle della Torah, con immersione nel fiume. Il loro sistema legale consuetudinario chiamato “Pashtunwali”, è ispirato alla Torah che è rispettata e riconosciuta come “Tawrat al Sharif”, essendo al Sharif, Mosé. Gli inglesi che li hanno amministrati per decenni li chiamavano “gli Ebrei”! La lingua pashtun sarebbe infarcita di parole in ebraico, come sarebbe Kabul (come una pietra grezza) o il luogo detto “Tora Bora” (creò la Torah). E’ da immaginare che se questa filiazione dovesse essere provata, i talebani apostati della religione musulmana, farebbero il loro “Alva” verso Israele, continuerebbero i loro studi nelle madrase giudaiche…

Da qualche tempo, i dirigenti israeliani moltiplicano le loro pressioni e dichiarazioni per fare di Israele la patria del popolo ebraico. La definizione di Stato del popolo ebraico – carico di significato e di pericolo per i palestinesi – comincia a farsi strada nell’immaginario occidentale, senza reticenza nell’ammettere in nome del debito eterno sia pecuniario che morale. I gruppi sionisti di ideologia razzista prendono come scudo il Giudaismo e, per “proteggere” lo Stato di Israele e nascondere le sue violazioni del diritto internazionale, tacciano di antisemitismo tutti quelli che non sono d’accordo con la politica dello Stato in cui i governanti praticano apertamente l’apartheid nei confronti della popolazione palestinese. Schlomo Sand si stupisce che ancora oggi i miti fondatori ebraici continuino ad essere considerati come assolutamente veritieri mentre altri miti fondatori siano stati smantellati uno ad uno e oramai classificati come pure costruzioni intellettuali.

Chems Eddine Chitour
Fonte: www.mondialisation.ca
Link: http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=21620
25.10.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di SUSANNA TROIANO

Note

1. Raymond Aron: Mémoires (capitolo XIX)
2. Jean-Michel Salanskis: Sterminio, legge, Israele. Analisi del fatto ebraico, Parigi: Les belles Lettres, 2003.
3. La stele di Merenptah: http://www.eternalegypt.org
4. Israele Finkelstein, Neil Asher Silberman La Bibbia svelata Wikipedia, l’enciclopedia libera
5. Tom Segev: Il “popolo ebraico”: un’invenzione, tradotto da FaustoGiudiceAlterinfo.net il 10 marzo. Haaretz Article, originale pubblicato il 1° marzo 2008
6. Nadia Belkhavat intervista di Schlomo Sand: Schlomo Sand: “Sarebbe stato più logico creare uno Stato ebraico in Europa” http://www.leconomiste.com/article.html?a=94532
7. Marie-Grance Calle: E se i talebani fossero ebrei? Le Figaro 13 febbraio 2010
8. Lunghi capelli ai lati del volto degli ebrei ortodossi Pr Chems Eddine Chitour : Ecole Polytechnique enp-edu .dz
Inviato il: 11/11/2010 9:15
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Re: Civiltà Ebraica
#342
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"Avevano reclutato ebrei della comunità ebraica russa per fornire copie dei loro documenti di identità in cambio di una promessa di denaro"

Olocausto, scoperta maxitruffa
sui fondi per le vittimeIndagano le autorità tedesche e l'Fbi. Coinvolti anche gruppi di gestione dei risarcimenti ai sopravvissuti della Shoah negli Usa. Indagate 17 persone, in gran parte ebrei emigrati dalla Russiadal corrispondente ANDREA TARQUINI

BERLINO - La malversazione degli indennizzi a chi soffrì per la Shoah, il genocidio del popolo ebraico pianificato e attuato dal regime nazista, è stata scoperta dalle autorità tedesche e americane. Una truffa colossale organizzata alle spalle delle vittime dell'Olocausto, e della stessa democrazia tedesca che da anni paga doverosamente i risarcimenti ai sopravvissuti al genocidio nazista e ai loro discendenti. False vittime, ispirate e aiutate nell'imbroglio dai responsabili di due dei fondi attivi negli Usa per la gestione dei risarcimenti versati da Berlino e la loro distribuzione a chi ne ha diritto, hanno intascato - insieme ai funzionari corrotti dei fondi - almeno 42 milioni di dollari. Lo Fbi indaga, il governo tedesco si tiene in stretto contatto con le autorità americane. E sta valutando la possibilità di chiedere ai truffatori e ai loro complici la restituzione delle somme loro versate.

"Siamo indignati, è un'offesa svergognata alle vere vittime dell'Olocausto, questa vicenda lascia in bocca un sapore molto amaro", dice Stephan Kramer, segretario generale del Zentralrat der Juden, il Consiglio centrale degli ebrei tedeschi. Il Consiglio chiede agli inquirenti americani e alle stesse autorità tedesche di fare con urgenza piena luce sul caso.

Le persone indagate dalla giustizia americana sono già almeno 17. La maggioranza sono ebrei emigrati dall'Europa orientale, e soprattutto dalla Russia. Ma tra i 17 ci sono anche responsabili dei fondi di gestione dei risarcimenti tedeschi alle vittime della Shoah. Tra costoro figura persino un ex direttore della Jewish Claims Conference, cioè l'organizzazione ebraica internazionale che, in base agli accordi con il governo tedesco e con le associazioni dei sopravvissuti all'Olocausto e dei familiari delle vittime, gestisce e distribuisce i risarcimenti pagati da Berlino. I funzionari corrotti dei fondi hanno poi intascato, come percentuale, parte dei risarcimenti ottenuti con carte false, trasformando normali ebrei emigrati dall'ex Urss in presunte vittime della Shoah.

"E' orribile, non capisco perché ciò sia stato possibile, perché per tanti anni nessuno abbia saputo svolgere controlli seri sulla gestione e la distribuzione dei risarcimenti", afferma Stephan Kramer. Il meccanismo della supertruffa alle spalle delle vittime dell'Olocausto ha qualcosa del delitto perfetto. La maggior parte degli emigrati dall'ex Urss e dall'Est che hanno partecipato all'imbroglio sono stati di fatto adescati da annunci accattivanti usciti su giornali in russo e pubblicati negli Stati Uniti. Alcuni dei fondi di gestione dei risarcimenti hanno pubblicizzato con enfasi la facilità con cui sarebbe stato possibile beneficiare degli indennizzi tedeschi. Responsabili dei fondi ed emigrati hanno poi prodotto carte false, presentando per vittime del genocidio nazista persone che non lo erano. Sono stati almeno 5500 i certificati, prodotti appunto con carte false, che spacciavano per perseguitati dal nazismo persone che non lo sono mai state. "E'una truffa svergognata", dicono i portavoce del Fbi americano, "pur di far soldi questa gente non si è fatta alcuno scrupolo, con carte false si è appropriata di soldi che appartengono alle vere vittime, o ai loro familiari sopravvissuti".

(10 novembre 2010)

http://www.repubblica.it/esteri/2010/11/10/news/olocausto_truffa-8971898/?ref=HREC2-1



http://newyork.fbi.gov/dojpressrel/pressrel10/nyfo110910.htm


LA LISTA DEI TRUFFATORI ARRESTATI DALL'FBI IN CONCOMITANZA CON L'ANNIVERSARIO DELLA NOTTE DEI CRISTALLI.

http://newyork.fbi.gov/dojpressrel/pressrel10/nyfo110910.htm

LINK NEURALE .....
CHI è ALLORA ELIE WEISELL ?
http://salentooi.wordpress.com/2010/01/30/elie-wiesel-non-e-nemmeno-elie-wiesel/
Inviato il: 11/11/2010 20:10
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Re: Civiltà Ebraica
#343
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5.615 TRUFFE FINORA ACCERTATE NELL'"INDUSTRIA DELL'OLOCAUSTO"
Postato il Giovedì, 11 novembre @ 21:10:00 CST di davide

Informazione LE FILIERE DELL' "ANTISEMITISMO" E DELLA "MEMORIA"

DI ANTONIO CARACCIOLO
civiumlibertas.blogspot.com

Questa mattina, accendendo il computer, ho trovato nella mia posta questa notizia ANSA, che riporto integralmente di seguito, ma che richiede un approfondito commento, perché non svanisca nel mare magnum dell’irrilevanza fra le migliaia di notizie che ogni giorno mettono a dura prova le nostre connessioni neurali:

ANSA) -WASHINGTON, 10 NOV- Hanno falsificato centinaia di carte e documenti inventando false vittime della Shoah e ottenendo così rimborsi per 42 mln di dlr negli ultimi 16 anni. Questa megatruffa, scoperta dall'Fbi, e' stata opera di 11 impiegati di un fondo di NY specializzato nella difesa degli interessi dei superstiti dell'Olocausto. Questa organizzazione era nata negli anni '50 per dare assistenza finanziaria agli ebrei che dimostravano di essere stati perseguitati dalla barbarie nazista nella 2/a guerra mondiale. ( fonte)

La notizia mi tocca anche su un piano personale, giacché è appena passato un anno, da quando il quotidiano “La Repubblica” ed i media che ci si sono abbeverati hanno tentato il colpaccio di coinvolgere un ricercatore della Sapienza – “la più grande università d’Europa”, che diamine! – negli affari industriali dell’«Olocausto», che secondo i disegni di una ben nota Lobby avrebbe dovuto portare come risultato l’introduzione anche in Italia di una legge vigente nella civilissima Germania, dove dal 1994 ad oggi, secondo mie stime in attesa di gradita smentita, hanno fruttato ben 200.000 procedimenti penali per reati di opinione. Naturalmente, sono stato assolto dalla mia università con formula piena per inesistenza del fatto e del diritto.

Ho avviato una causa civile contro “Repubblica”, ma giornalista e direttore non solo non si presentano in giudizio, ma persistono nella propagazione della notizia falsa, per la quale è in corso un procedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c.

Insomma, non sono neutro e disinteressato nel dare e commentare la notizia. Sono parte in causa in quanto anche di me si era voluto fare una “vittima” dell’«Olocausto», ma senza nessun diritto all’indennizzo di cui nella notizia ANSA sulla quale adesso ritorneremo, con ampio discorso, seguendo anche e soprattutto il modo in cui detta notizia viene riportata e commentata da quegli organi di stampa, dai “mainstream”, che di detta «Industria dell’Olocausto», denunciata da Norman G. Finkelstein, nel suo notissimo libro con questo titolo, sono stati partner industriali nella propagazione tentacolare di una siffatta industria, alla quale andrebbe aggiunta la filiera dell’«Industria dell’antisemitismo» e l’«Industria della Memoria». E si potrebbe anche aggiungere una «Industria dei Testimoni», con abbondantissima produzione editoriale e di cui resta ancora di conoscere il numero esatto di quelli che hanno diviso gli utili della megatruffa ordita dagli 11 impiegati smascherati dall’Fbi, nella notizia Ansa.

Non credo di dover spiegare oltre la connessione del fatto con tutta una politica che, sentendosi forti e protette le comunità ebraiche, perseguono con certezza di impunità. Proprio l’altro giorno, nel clima della campagna anti Pio XII, un amico sacerdote mi ha raccontato, serenamente e senza nessun astio, di come si è trovato verbalmente aggredito in treno, mentre leggeva il giornale, da un ebreo che sbraitando ad alto voce, gli gridava insulti, facendolo individualmente responsabile delle “colpe” della Chiesa verso gli ebrei. Il sacerdote non ha presentato denunciato nella persuasione che sarebbe stato inutile: siamo nelle loro mani. Per quanto riguarda la storiografia dell’«Olocausto» ognuno sa che essa è basata principalmente sulle “testimonianze”, ma quanto queste possano essere attendibili è provato ancora una volta dalla scoperta di questa ultima “megatruffa”. A ragione di ciò gli storici seri ed onesti, e non quelli reclutati dalla stessa Industria, dovrebbero essere lasciati liberi di poter lavorare e di presentare i risultati delle loro ricerche, la cui fondatezza può venir riconosciuto solo dal libero contradditorio e dibattito scientifico, coperto non solo dagli artt. 21 e 33 della costituzione, ma ancor prima dal fondamentale art. 3 che riconosce eguale dignità a tutti gli uomini «senza distinzione di... opinioni...». Invece, su certe materie “sensibili” la dignità è già messa in gioco se appena qualcuno si pone su posizioni controcorrente e fuori dal coro e dal conformismo dilagante. Si potrebbe scrivere un intero libro, raccogliendo le “perle” attribuibili a illustri e illustrissimi personaggi.

Nella parte che qui segue in Appendice daremo una rassegna stampa periodicamente aggiornata del modo i cui i «Mainstream dell’Olocausto» riporteranno e faranno scomparire una notizia, le cui implicazioni costituiscono un atto di accusa e di condanna dell’«Industria dell’Informazione» che ha reso e rende possibile la megatruffa. Certe verità le si può cogliere nelle virgole, negli aggettivi, nella coloritura, nell’attenuazione ed in tante astuzie della scrittura, già di per sé una forma di falsificazione rispetto alla realtà prima che il segno dovrebbe descrivere e raffigurare. la ricerca che qui avviamo ci sembra interessante e feconda.

RASSEGNA STAMPA COMMENTATA

Sommario: 1. Il Giornale. – 2. La Repubblica. – 3. Il Sole 24 Ore. – 4. Kramer si indigna. – 5. Come se nulla fosse! – 6. Ricostruzione della notizia. –

1. Il Giornale. – La posizione politica del “Giornale” è nettamente filoisraeliana e del tutto schiacciata sugli interessi, le volontà e i desideri della Lobby. Una delle sue firme è la signora Nirenstein, speriamo ancora per poco in parlamento, se si andrà a nuove elezioni. Con questa legge elettorale chiunque di noi avrebbe certezza di essere eletto se messo in lista fra i primi numeri di un partito dei due schieramenti. È questo il bipartitismo all’italiana, di gran lunga peggiore del proporzionalismo, che per lo meno rappresentava posizioni presenti nella società italiana. La signora Nirenstein non si è mai occupata di altro che di interessi israeliani, stando però non alla Knesset, ma nel parlamento italiano. Leggo attentamente il testo di “Redazione”. I rimborsi ottenuti sono per 42 milioni di dollari. Ma quanti i beneficiari? Solo gli undici impiegati di cui leggesi? Andiamo avanti... Si parla infatti di “clienti”, ma non capisce se per un milione ciascuno e dunque 42 clienti, o molti di più per non meno di centinaia e migliaia, se a quota inferiore al milione caudauno! La truffa durava da... sedici anni, cioè dal 1994 almeno, ossia da prima ancora che uscisse il libro di Finkelstein, che ci avvertiva dell’esistenza di un’Industria della “menzogna” e della “truffa”. Ma è vano aspettarsi dalla “Redazione” simili associazioni di idee: è la tecnica della disinformazione, cioè quando non si può tacere la notizia, si può però evitarne le sgradevoli connessioni. In questi casi si adotta la formula: i fatti separati dalle opinioni! «È l’incredibile storia...» Ma perché “incredibile”? E per chi “incredibile”? Per la “Redazione” del «Giornale»! E ci sembra che qui basti l’analisi non della notizia, per la quale basta l’Ansa, ma del modo in cui la «Redazione» del «Giornale» tenta di attutire e neutralizzare il fatto: il redazionale è “disgustoso” e ci asteniamo da ulteriore analisi. I «Commenti», se ve ne saranno, poi sono sempre selezionati in funzione del testo ed i Commentatori degli articoli pilota del Giornale si distinguono nettamente nel popolo degli internauti.

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2. La Repubblica. – Come se la cava la “Repubblica”. L’articolo-capriola è affidato da tal. Andrea Tarquini, il quale incomincia subito a parlare di... truffa. Mi sarei aspettato un esperto di “Olocausto” come Marco Pasqua, ma forse è in congedo ovvero usato per le grandi occasioni. Ma quale truffa? Quella «organizzata alle spalle delle vittime dell’Olocausto». La notizia Ansa parla di ben altra truffa e questi insistono nella Vulgata! Quando si dice non voler stare ai fatti e all’argomento! Se si legge il testo del "Giornale”, si faccia attenzione a come si tenti di neutralizzare e attutire l’impatto del vero e proprio “scandalo”, attribuendo ad una denuncia da parte ebraica la scoperta della mega-truffa. Ma suo malgrado il quotidiano di proprietà De Benedetti, ci fa sapere che fra i soggetti responsabili della truffa si trova

«…persino un ex direttore della Jewish Claims Conference, cioè l'organizzazione ebraica internazionale che, in base agli accordi con il governo tedesco e con le associazioni dei sopravvissuti all'Olocausto e dei familiari delle vittime, gestisce e distribuisce i risarcimenti pagati da Berlino».

E dunque non se ne può uscir fuori con la storia delle solite poche mele marce! Come ben ha denunciato Norman G. Finkelstein, qui la truffa è strutturale, legalizzata, ed in pratica quella scoperta è soltanto una violazione del regolamento di una truffa già in sé perfettamente legale.
Ricordo quando il quotidiano “Repubblica” uscì negli anni settanta: fui tra i primi lettori di quel nuovo quotidiano. Quanta acqua è passata da allora. L’immagine di cosa sia oggi questo quotidiano, il secondo in Italia, mi è stata data l’altra sera da suo vicedirettore Giannini – lo vedrò mai in Tribunale? –, mentre tentava di illustrare l’ultimo scoop: delle baldracche riprese mentre salivano su una macchina che avrebbe dovute recarle... alla residenza di Berlusconi. Ma di cosa si preoccupava Giannini? Del fatto che le baldracche superavano con estrema facilità i controlli di sicurezza. Che diamine!| Avrebbero potuto attentare alla vita del presidente del Consiglio! Poi, come se non gli bastasse, l’ineffabile Giannini stabiliva imperscrutabili e solo a lui chiare connessione fra il bunga bunga e i mercati finanziari. Lo scoop era talmente grosso che non riuscivano a crederci neppure i più feroci nemici di Berlusconi come Di Pietro, il quale si faceva promotore di un attacco diametralmente opposto a quello di Giannini: le baldracche avrebbero avuto – se ho ben capito la trama del romanzo – come autisti uomini della scorte, che però troverebbero umiliante e disonorevole un simile servizio. E dunque, in ogni caso, Giannini verrebbe smentito da Di Pietro: il servizio di sicurezza ci sarebbe, ma sarebbe “improprio”. Chiedo scusa, per queste porcherie, che posso ben aver frainteso, ma era necessario accennarne per far capire qual è il livello del giornalismo italiano! Figuriamoci poi ad attenderci nella notizia qui evidenziata un accettabile livello di informazione e interpretazione del fatto in sé. La notizia è poi ripresa una seconda volta da “l’Espresso”, da cui estraggo questo brano:

«…documenti d’identità falsi, date di nascita ritoccate e perfino lettere che raccontavano storie personali di persecuzione inventate di sana pianta» ( fonte).

per le evidenti connessioni con la storiografia. Quante di simili “testimonianze” sono alla base dei lavori degli storici olocaustici ufficiali? È curioso come nessuna risposta – che io sappia – sia finora venuta alla contestazione dell’identità del Testimone Principe, che stando a quel che leggo e che mi sembra inoppugnabile sarebbe un vero e proprio Impostore. E non sarebbe la prima volta. Ma tutto tace, o meglio tacciono i mainstream che si ritengono i ministri della Verità: se loro dicono, è vero! Se non dicono o tacciono, significa che la cosa o non è vera o neppure esiste.

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3. Il Sole 24 Ore. – È diversa la musica che si legge su “Il Sole 24 Ore”. Si tratta di un quotidiano economico meno portato alle operazioni ideologiche delle testate di cui sopra. L’articolo è più asciutto e va più direttamente al fatto. I lettori noteranno che mi era sopra, al n. 1, posto il problema di quante persone fossero implicate nel giro: non certo le sedici o diciassette persone, non di scarso rilievo:

«…Mercoledì scorso la procura di New York ha accusato 17 persone proprio di questo. Sei di loro erano dipendenti della Conference On Jewish Material Claims Against Germany, un ente creato dal governo tedesco nel 1951 per compensare gli ebrei sopravvissuti all'Olocausto con sedi a New York, in Germania e in Israele» ( fonte),

artefici della truffa industriale, ma anche le necessarie pezze di appoggio, i clienti, che poi avrebbero dovuto dividere a metà. E quanti erano? Il “Sole 24 Ore” dà il numero preciso di 5.615 pratiche fraudolente. Caspita! E mi chiedo quanti di costoro siano state fatte girare per le scuole ad istruire i giovani sull’ “Orrore” unico di tutta la storia umana. La notizia dovrebbe indurre a riflettere Umberto Eco, che alla fabbricazione di “carte false” ha dedicato il suo ultimo romanzo, che in un certo senso può essere considerato un ulteriore falso nella misura in cui tenta di accreditare una visione unilaterale e di parte della storia a scapito di altre interpretazioni, i cui autori sono rigorosamente consegnati alle patrie galere, perché possano apprendere e riflettere sulla Verità vera.

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4. Kramer indignato. – Sui media minori la notizia rimbalza. Come sempre succede, si vanno a cercare dichiarazioni di persone che si ritiene abbiano titolo a rilasciare qualche commento. Fra questi tal Kramer, dirigente degli ebrei tedeschi. Si noti bene che l’associazionismo ebraico ha una tale capillarità di cui non credo esista eguale per nessun altra comunità o gruppi di interessi. Se così non fosse stato, non si sarebbe mai giunti a quella che un altro ebreo – rubricato nella categoria degli «ebrei che odiano se stessi» (sic), forse perché non voglion far parte di detto associazionismo, – ha chiamato l’«Industria dell’Olocausto», vera e propria industria, con almeno 5.615 addetti accertati nel caso di cui si parla. Suona quanto mai “ipocrita” l’«indignazione» di cui si parla, se si confronta il numero di circa 200.000 cittadini europei perseguitati nella sola Germania, per la sola colpa – ad esempio – di non essere persuasi delle “dichiarazioni” dei 5.615 sopra citati che venissero eventualmente citate in opere storiografiche ufficiali sul tema «Olocausto». Non conosco nessuna dichiarazione proveniente dalla comunità ebraica tedesca che si “indigni” per il fatto che 200.000 cittadini siano stati perseguiti per meri reati di opinione, che se fossero state indirizzate sui casi di cui è stata scoperta la truffa, avrebbero avuto pienamente ragione. Mi risulta invece che la comunità ebraica di Monaco di Baviera sia stata attiva nell’impedimento opposto all’ebreo Ilan Pappe di poter parlare in una sala del Comune di Monaco. Quando si dice: due pesi due misure, o genericamente “doppiezza”. Si tratta comunque di una tecnica, di un gioco delle parti, per scongiurare ed eludere l’insorgere di ben altri e più radicali interrogativi su una truffa ancora più colossale che concerne la nostra libertà di poter pensare liberamente il nostro passato storico, la vita vissuta dai nostri padri e dai nostri nonni, spesso diffamati senza che a noi sia concesso il diritto di poterne difendere la memoria.

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5. Come se niente fosse! – Aspettavo di vedere come l’agenzia di propaganda sionista in lingua italiana, cioè la decennale «Informazione Corretta» l’avrebbe messa. Non direi che l’imbarazzo sia evidente. Ecco il solito commento, mai firmato:

«La notizia era già uscita su un numero di febbraio del settimanale americano THE JEWISH WEEK. Come scrive Gatti, mancava nell'elenco delle varie truffe quella dei finti sopravvissuti. Per fortuna sono stati scoperti, denunciati e ci auguriamo verranno imprigionati».

Non sappiamo se il Claudio Gatti di Sole 24 Ore sia parente di quello Stefano Gatti, che su una legge firmata da Alessandro Ruben, si è trovato beneficiario di 300.000 (una tantum o all’anno?) per il suo “Osservatorio sull’Antisemitismo”, la cui attività consiste nel fare i ritagli di stampa degli articoli che scrivono i vari Pasqua, Buffa, Pezzana, etc. Sembrerebbe una partita di giro. Pare che anche «Informazione Corretta» abbia avanzato titolo per avere un finanziamento pubblico. Qualcosa deve essere andato storto, forse era parsa troppo sfacciata e scoperta la richiesta, ma non ce lo dicono. E noi sappiamo solo le cose che di dicono: non possiamo avvalerci dei servizi del Mossad. La strategia è dunque quella di fare propria la notizia, dandole perfino la quotazione “Informazione che informa”, cioè un punteggio positivo. Naturalmente, non è da aspettarsi da costoro che traggano essi stessi le conseguenze di una truffa che chiama in causa i fondamentali del loro sistema di propaganda. Cosa mandano a dire a Norman G. Finkelstein, che ci aveva resi edotti sul sistema, ancora prima del « Jewish Week», che a quanto si legge avevano già dato la notizia nel loro numero di febbraio. Ma siamo a novembre! E le notizie sull’indagine pare fossero già note a dicembre del 2009! Sarà interessante cercare di capire come una simile notizia sia stata tenuta in frigorifero per circa un anno. I «Corretti Informatori» sapevano già da febbraio o ne sanno solo adesso in novembre? Finkelstein ha dunque fatto o non fatto «informazione che informa», avendo detto prima e meglio le cose che ora vengono alla luce del sole e non possono più essere nascoste? E sapendo questo perché i «Corretti Informatori» – su ordine diretto da Tel Aviv? – insistono nell’essere quasi soli nella richiesta di imprigionamento, come in Germania, dei cosiddetti “negazionisti”? E quelli che denunciano la truffa sono pure essi “negazionisti” e riduttori dell’«Olocausto»? Sembrerebbe che la tendenza sia quello di farne una innocente marachella, una cinquina moltiplicata per 5615. E i finti sopravvissuti sono solo 5.615? Ed i “falsi testimoni” quanti sono? Dobbiamo credere indistintamente a tutti? E come facciamo a sapere a chi credere o non credere? E chi deve dirlo? Forse che è stato il citato Kramer a scoprire la truffa? E non se ne sapeva nulla all’interno dell’associazionismo ebraico? Il Mossad può non aver saputo mai nulla al riguardo?

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6. Ricostruzione della notizia. – Aiutandoci con il motore di ricerca, cerchiamo di scoprire, incominciando dal web italiano, quando si incomincia a parlare di un fatto la cui gravità – si è visto – viene ridotta nella sua portata. La prima traccia italiana che troviamo è su “ Stormfront”, dovuta a un commento del 16 agosto 2010, che offre un link a The Jewish Week, del 5 luglio precedente. Che in ambiente ebraico ci si potesse preoccupare per primi non mi sembra affatto strano, e soprattutto questa solerzia non costituisce di per sé un titolo di merito o di maggiore sensibilità, come si vorrebbe far credere. Si dice che la frode è stata scoperta in dicembre, ma non trovo un link dello stesso TJW al febbraio precedente, dove sarebbe stata già data la notizia. Il governo tedesco pagava indennità e pensioni le cui pratiche venivano istruite e certificate in New York! Per giunta da personale non tedesco. Tutti i presupposti per una truffa colossale, forse voluta, nota e accettata durante almeno sedici anni. Non trovo altro. Ma se la prima notizia italiana è quella che si trova su un... Forum, allora ci sono nuovi motivi di riflessioni su quello che è il giornalismo italiano.

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Antonio Caracciolo
Fonte: http://civiumlibertas.blogspot.com
Link: http://civiumlibertas.blogspot.com/2010/11/ultime-notizie-vere-e-proprie-truffe.html
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Postato il Martedì, 16 novembre @ 18:10:00 CST di davide

Israele / Palestina DI NANCY SCHEPER-HUGHES
counterpunch.org

Nota editoriale - Nancy Scheper-Hughes è docente di Antropologia all’Università di California, Berkeley, dove dirige il programma di dottorato in medicina e società. Dal 1996 è coinvolta in ricerche attive sul campo del traffico globale di organi e ha seguito il movimento di corpi, parti umane, medici specializzati in trapianti, pazienti, intermediari e venditori di reni e la pratica del prelievo di organi e tessuti in diversi Paesi – dal Brasile, Argentina e Cuba, alla Moldavia, Israele e Turchia, all’India, Sudafrica e negli Stati Uniti. È cofondatrice di Organs Watch, un centro indipendente di ricerca e documentazione sui diritti del malato presso l’Università di California, Berkeley.

Quello che segue è il suo dettagliato rapporto sul prelievo di tessuti, pelle, ossa e organi condotta per molti anni presso l’Istituto Nazionale di Medicina Legale “L. Greenberg” di Israele, conosciuto anche come Istituto “Abu Kabir”, sotto l’egida del suo precedente direttore e attuale capo patologo, il dott. Yehuda Hiss. Molto prima che Donald Boström aprì la strada alle accuse sul traffico di organi dai Palestinesi nel tabloid svedese Aftonbladet nell’agosto 2009, attirando pesanti “accuse del sangue” [NdT], la dott.ssa Scheper-Hughes aveva già intervistato il dott. Hiss e aveva su nastro l’intervista che forma parte del presente resoconto.



La dott.ssa Scheper-Hughes sostiene che il suo proposito è di confutare le controverse affermazioni ufficiali del Ministero della Salute e delle Forze Armate israeliane per cui, pur ammettendo la possibilità che presso l’Istituto Nazionale di Medicina Legale ci possano essere state delle irregolarità, esse sono terminate da tempo. Ad oggi, lei afferma, essi non hanno riconosciuto, punito o corretto i diversi abusi, passati e presenti, dei diritti umani in campo medico avvenuti nell’Istituto Nazionale di Medicina Legale. Mentre molte delle accuse sono ampiamente conosciute, la deposizione del tenente colonnello Chen Kugel, membro della riserva delle Forze Armate israeliane e patologo statale, non è mai stata resa pubblica in inglese e le sue accuse sono conosciute solo all’interno di Israele. La dott.ssa Scheper-Hughes ha invitato il dott. Kugel a parlare pubblicamente su questo negli Usa il 6 maggio 2010.

Ci sono tre azioni legali in corso in Israele al momento riguardanti l’Istituto di Medicina Legale e il dott. Hiss. Due riguardano i presunti abusi contro i corpi senza vita di cittadini israeliani. Il terzo riguarda Rachel Corrie, una cittadina statunitense uccisa a Gaza nel 2003 mentre protestava contro la demolizione di case. Le trascrizioni dei procedimenti processuali dimostrano che l’autopsia di Corrie fu condotta in violazione di un ordine di un tribunale israeliano che imponeva la presenza di un rappresentante dell’ambasciata Usa. Queste trascrizioni dimostrano anche che il dott. Hiss ha ammesso di aver preso dei campioni dal corpo di Corrie senza che i suoi familiari ne fossero a conoscenza. Il dott. Hiss ha anche testimoniato di non sapere dove siano attualmente tali campioni. Per quanto riguarda quest’aspetto, il dott. Kugel asserisce che gli abusi nell’Istituto continuano tutt’oggi.

L’articolo di Scheper-Hughes si prende cura di notare la descrizione che il dott. Kugel fornisce del suo ex mentore, il dott. Hiss, quella di un uomo che vedeva se stesso come disposto ad assumersi grossi rischi personali e professionali “per servire un nobile fine... per aiutare le vittime degli attacchi terroristici”, con le sue azioni “come se fossero qualcosa di sublime, o anche eroico, come un moderno Robin Hood”. Alexander Cockburn e Jeffrey St. Clair, curatori di www.counterpunch.org

Nel luglio 2009, fui identificata come l’informatore nell’arresto, da parte di agenti del FBI del New Jersey, di un trafficante di organi di Brooklyn, un rabbino ortodosso, Isaac Rosenbaum (nella foto) [1] [2], del quale diversi anni prima avevo scoperto le non ortodosse attività commerciali mentre investigavo su una rete internazionale di trapianti illegali, i loro intermediari, avvocati, cercatori di reni, agenti assicurativi e di viaggio, addetti alle case segrete, e “baby sitter” che badano ai “turisti del trapianto” internazionali, malati e ansiosi. La particolare rete criminale, nella quale Rosenbaum aveva un piccolo ruolo, aveva origine in Israele, attraverso una “società” intestata da un famoso boss del crimine, Ilan Peri, che nel corso degli anni aveva fatto loschi affari con i trapianti e trafficato con i trapianti di reni e aveva collegamenti in Turchia, Moldavia, Ucraina, Brasile, Germania, Sudafrica, Filippine, Cina, Kosovo, Azerbaijan, Colombia e Stati Uniti. [3]

Gli arresti, in mezzo a sparatorie nelle sale operatorie, di due dei soci di Ilan Peri – il dott. Zaki Shapira, già membro del Centro Medico “Rabin”, e Petach Tikva, israeliano, e il suo socio turco dott. Yusuf Sonmez – in un ospedale privato di Istanbul nel 2007 [4] hanno reso incerto il Ministero della Salute di Israele, il quale, fino allora, aveva permesso che i fondi per i malati israeliani (assicurazioni mediche) rimborsassero i trapianti con donatori viventi all’estero, e molti di essi avevano fatto traffici dai Paesi dell’ex Unione Sovietica. I venditori di reni catturati durante la sparatoria turca, tuttavia, erano due palestinesi, Omar Abu Gaber, di 42 anni, e Zaheda Mahammid, di 26 anni. I destinatari degli organi erano un uomo israeliano di 68 anni, Zeev Vigdor, e un giovane sudafricano, John Richard Halford, che sono stati ripresi dalla televisione turca mentre venivano trasportati in barella fuori dalle sale operatorie e portati in un altro ospedale prima di essere riportati a casa senza i trapianti che avevano tanto desiderato.

Dopo il suo rilascio da una prigione tedesca nel 2007, Peri è tornato in Israele, dove è stato indagato per frode fiscale, [5] detenuto, ma rilasciato perché le leggi israeliane sul trapianto di organi non erano chiare rispetto alla legalità del “procacciarsi” trapianti all’estero usando donatori pagati. Nel 2008, due nuove leggi sono state approvate dal Parlamento israeliano (Knesset): una che spianava la strada per l’applicazione dei criteri di morte cerebrale in modo da soddisfare gli ultraortodossi, e l’altra che metteva al bando l’acquisto, la vendita e il commercio di organi per trapianti. [6] Il Ministero della Salute non rimborsa più i trapianti all’estero salvo che essi siano legali. Peri continua a organizzare viaggi per trapianti, ma oggi, egli sostiene, usando solo donatori di organi deceduti e percorsi legali.

Al suo culmine (1997-2007), la rete di traffico di organi che organizzava viaggi per trapianti in Israele rappresentava un piano multimilionario (in dollari) ingegnoso e estremamente lucrativo che riforniva qualche migliaio di pazienti in Israele ed ebrei della diaspora in tutto il mondo con gli organi “nuovi” e i trapianti di cui avevano bisogno. Con l’arresto di Rosenbaum, i media statunitensi si sono subito interessati alla trama del traffico di trapianti con base in Israele, quando è stato provato un collegamento con ospedali nella città di New York.

Il Commissario alla salute di New York e il FBI, che io avevo allertato anni prima riguardo alla banda per trapianti di Rosenbaum, ha dichiarato che la notizia è priva di attendibilità. Come potrebbero pazienti e venditori di reni di due diversi Paesi essere fatti entrare clandestinamente in ospedali per trapianti illegali? Come potrebbero superare la burocrazia richiesta per ogni operazione di trapianto? Suonava come una vecchia credenza, una leggenda urbana o un’accusa del sangue contro chirurghi ebrei e i loro pazienti. E quello era il peggior sospetto.

Sebbene il sistema giudiziario penale si rifiutasse di credere alla storia che gli avevo fornito, i trapiantisti che lavoravano negli ospedali negli Usa che erano stati avvicinati da Ilan Peri e dai suoi soci, compreso Isaac Rosenbaum, sapevano che era vera e sapevano che alcuni loro colleghi erano complici nella violazione delle norme sui trapianti, che potevano andare dalla violazione della Legge Nazionale sul Trapianto di Organi (NOTA) nella compravendita di organi, a frode, truffa, riciclaggio di denaro, corruzione, complicità col crimine organizzato e traffico di esseri umani. Il caso Rosenbaum, ancora in preparazione, sarà il primo procedimento giudiziario federale statunitense per crimini legati al traffico di organi. [7]

La storia di Aftonbladet fa breccia

Poi, nell’agosto 2009, un’altra storia di traffico di organi fa breccia, una che collega il traffico di organi Usa-Israele da parte di Rosenbaum e il riciclaggio di denaro con accuse molto più vecchie di furto di organi e tessuto dai corpi di “terroristi” e lanciatori di sassi palestinesi in seguito all’autopsia presso l’Istituto Nazionale di Medicina Legale israeliano di Abu Kabir, un sobborgo di Tel Aviv. Queste accuse, che risalivano ai primi anni ’90, sono state riciclate dal giornalista Donald Boström su un tabloid di sinistra, Aftonbladet, il 17 agosto 2009. [8]

Intitolata ”I nostri figli depredati per i loro organi”, la storia di Boström era caratterizzata da un mix di accuse di furto di organi, connessioni apparentemente casuali e retorica politica. L’informazione era basata sulla ricerca di Boström in Israele e nei Territori occupati durante la prima Intifada, e sul suo premiato libro, Inshallah, [9] pubblicato nel 2001, nel quale Boström per la prima volta aveva parlato delle accuse di manipolazione di corpi e furto di organi e tessuti dai corpi di palestinesi portati all’Istituto di Medicina Legale di Abu Kabir per eseguire l’autopsia. L’articolo di Boström suggeriva che sui corpi dei palestinesi erano stati compiuti prelievi come “bottino di guerra”.

La storia di Aftonbladet, subito tradotta in ebraico e in inglese, ha creato un fuoco di proteste, compresi una causa per calunnie da parte di un gruppo di avvocati specializzati di New York e il boicottaggio delle industrie svedesi. Boström è stato etichettato come antisemita e la storia che lui “aveva ripescato dalla fogna” fu etichettata come una deprecabile “accusa del sangue” contro Israele e gli ebrei nel mondo.

Io lessi queste notizie con crescente terrore. Come Boström, una volta durante una visita di ricerca in Israele nel 2003 ero stata accolta da uno sgradevole titolo e paginone (“Nuova accusa del sangue nella televisione francese – Israele ruba reni a bambini orfani in Moldova”) sul Makor Rishon, un tabloid di destra. [10] Il servizio prendeva in esame il documentario televisivo della durata di un’ora della cineasta Catherine Bentellier, I reni valgono tanto oro quanto pesano. Nel 2001 io avevo viaggiato con la cineasta in Moldova, dove avevamo fatto alcune interviste nei villaggi devastati dai trafficanti di organi, che avevano individuato alcuni giovani uomini e li avevano portati clandestinamente in Turchia, Ucraina, Giorgia pagandoli, talvolta costringendoli, per fornire reni ai pazienti israeliani in attesa di trapianto. L’imputazione di ”accusa del sangue” era accompagnata da incisioni medievali e una foto poco chiara di me mentre accarezzavo la mano di un orfano moldavo nel suo lettino.

Per quanto riguarda “l’accusa del sangue” svedese contro l’Istituto Nazionale di Medicina Legale di Abu Kabir, la questione principale, che non fu sollevata nella valanga di articoli, editoriali e rubriche di notizie pubblicate in Israele, Europa e Stati Uniti, era una semplice domanda: “La storia del furto di organi era vera?” E c’erano delle motivazioni per collegare il furto di tessuti dai defunti all’organizzazione di viaggi per trapianti illeciti a pazienti israeliani? C’erano delle motivazioni per collegare una storia all’altra?

Presentazione del dott. Yehuda Hiss

Io sapevo la risposta. Nel luglio del 2000, mentre studiavo l’aumento dei viaggi per trapianto organizzati da intermediari del crimine in Israele, avevo registrato un’intervista al direttore dell’Istituto Nazionale di Medicina Legale d’Israele, il dott. Yehuda Hiss, ad Abu Kabir, nella quale lui apertamente e liberamente aveva parlato dell’”informale” procacciamento di organi e tessuti dai corpi dei morti portati all’Istituto per esami e autopsie. Hiss descrisse un tipo di consenso “presunto”, inventato da lui e non condiviso con alcuno eccetto, per esempio, i suoi studenti di medicina, tirocinanti e specializzandi. Egli ha perseguito una tranquilla politica di aggressivo prelievo di tessuti, ossa, pelle e organi, come si dice per il bene superiore del proprio Paese, un Paese in guerra, e per il bene dei suoi compatrioti. Il prof. Hiss, considerato un eroe da molti israeliani e dal New York Times grazie i suoi servigi per la nazione in quanto manipola corpi uccisi da terroristi e uomini-bomba, considerava patriottico il proprio comportamento. Egli, nella sua mente, era non tanto “al di sopra della legge”, in quanto egli rappresenta la legge, una legge più alta, la sua legge, supremamente distaccata, razionale e scientificamente e tecnicamente corretta. Il Paese era in guerra, ogni giorno si versava sangue, i soldati venivano bruciati e ancora gli israeliani si rifiutavano di offrire i tessuti e gli organi necessari. Così lui in prima persona avrebbe risolto i problemi.

L’intervista registrata era una pistola fumante, ma io ebbi paura delle conseguenze indesiderate nel renderla pubblica. Il nastro stette, più o meno intoccato, nei miei archivi per dieci anni. Ma ora era necessario chiarire. Prima di farlo, però, volevo dare al prof. Hiss una possibilità di spiegare, o anche correggere, ciò che aveva ammesso nell’intervista del 2000. Prima di partire per un viaggio di ricerca nel settembre-ottobre 2009, accompagnata da Dan Rather e dalla sua squadra per un reportage sulla rete criminale costruita attorno al traffico di organi in Turchia, Moldova e Israele, presi contatto con Yehuda Hiss in Israele (attraverso uno dei miei numerosi assistenti alla ricerca in Israele) chiedendogli un seguito di intervista.

Il Ministero della Salute si oppose alla sua iniziale accettazione. Fu proposta un’intervista privata a casa sua, ma Hiss (e i suoi avvocati) volevano esaminare in anticipo tutte le questioni che avrei voluto sollevare. Poi il Ministero della salute negò del tutto a Hiss il consenso di parlare con me, in ogni circostanza. Mentre venivano intervistati riguardo agli effetti dei cambiamenti delle leggi e delle procedure sui trapianti, molti colleghi medici e trapiantisti di Tel Aviv e Gerusalemme spesso interloquivano con riferimenti sprezzanti alla “spregevole accusa del sangue dei media svedesi”, anche se essi erano pienamente a conoscenza - e sapevano che lo ero anch’io – del fatto che nella storia del tabloid di Boström era implicito un vero scandalo medico e politico di proporzioni internazionali. Io compresi il loro nervosismo sull’argomento, ma non che negassero un fatto conosciuto che veniva manipolato per diventare uno strumento di politica globale del governo israeliano.

Poco prima di tornare negli Stati Uniti, incontrai Meira Weiss, un’illustre antropologa già docente presso la Hebrew University, e Chen Kugel, M.D., un patologo legale che aveva lavorato nell’Istituto fianco a fianco col suo mentore, Yehuda Hiss. Sia Weiss, sia il dott. Kugel mi esortarono a scrivere una smentita di quelli che in Israele gridavano “al lupo al lupo” e usavano l’”accusa del sangue” per costringere i loro critici a tacere. Weiss mi ha ricordato l’intervista registrata fatta nel 2000 al dott. Hiss, poiché lei stessa l’aveva organizzata ed era presente mentre aveva luogo, ed era scioccata quanto me della sfrontatezza e arroganza delle rivelazioni di Hiss. Chen Kugel, un ufficiale militare della riserva e già patologo legale presso l’Istituto, era d’accordo che la verità doveva essere detta alla comunità globale, sebbene forse non da loro. Entrambi avevano già patito abbastanza poiché costretti a lasciare il loro lavoro.

La mia intervista con Yehuda Hiss presso l’Istituto era avvenuta più o meno nelle seguenti circostanze. Nel luglio 2000, dopo tre anni nel progetto Organs Watch, mi fu dato un file e una foto da un avvocato israeliano per i diritti civili, Lynda Brayer, nella sede della sua organizzazione a Betlemme. La Società di St. Yves è stata creata per fornire assistenza legale alle famiglie palestinesi, i cui parenti avevano subito la demolizione delle loro case, trasferimenti coatti e altri abusi. L’organizzazione a quell’epoca rappresentava la famiglia di Abdel Karim Abdel Musalmeh, che era stato ucciso con un colpo alla testa l’8 novembre 1995 da un tiratore scelto delle forze armate israeliane. Il singolo proiettile che uccise Abdel è chiaramente indicato nella foto, che faceva parte della cartella dell’autopsia. Un ordine militare di demolizione della casa di Musalmeh a Beit Awa, un villaggio fuori Ebron, aveva preceduto la sua uccisione da parte delle forze armate israeliane come “persona ricercata in fuga”. Gli avvocati stavano discutendo il caso per permettere alla casa di restare in piedi, in modo che la vedova di Abdel e i loro sei figli non rimanessero senza casa. Come se l’omicidio e l’esproprio non fossero abbastanza, il corpo di Musalmeh fu restituito alla moglie ridotto a brandelli. Il rapporto autoptico attribuiva la morte a un colpo di fucile alla testa. Perché allora il corpo aveva subito una dissezione totale e la cornea e la pelle erano state rimosse? Fui d’accordo nell’esaminare la faccenda.

Quando condivisi per la prima volta questa informazione e la cruda fotografia con Meira Weiss, lei mi rassicurò che a quell’epoca nell’Istituto non venivano prelevati organi o tessuti. Lei aveva assistito a centinaia di autopsie – di israeliani, arabi, arabi-israeliani, immigrati russi, stranieri e palestinesi. Quando i corpi venivano aperti e gli organi esaminati, essi venivano restituiti ai corpi, eccetto che per piccoli campioni di tessuto necessari per l’esame legale nei laboratori sopra l’obitorio. Weiss aveva notato che vi erano delle procedure non conformi ai codici internazionali di etica e alle leggi dello Stato, né con gli Accordi di Helsinki del 1975 sull’uso dei soggetti umani. [11] Vi erano atti di devianza da parte di alcuni membri dello staff. I tatuaggi, per esempio, talvolta venivano rimossi con un coltello dai corpi dei nuovi immigrati in Israele, prevalentemente russi e ucraini, sempre sospettati di non essere abbastanza ebrei. I tatuaggi li smascheravano, così erano trattati con ostilità. Il pene poteva essere circonciso, post mortem, senza che i parenti lo sapessero o consentissero. I corpi di ebrei e musulmani erano trattati in maniera diversa. I palestinesi portati in seguito ad uno scontro erano soggetti a un’autopsia completa, richiesta per fornire informazioni all’Autorità Palestinese. Dall’altro lato, i corpi dei soldati israeliani venivano rispettati, e le autopsie erano spesso discrete e parziali.

Le accuse riguardanti l’Istituto di Medicina Legale

L’Istituto Nazionale di Medicina Legale di Abu Kabir, un sobborgo di Tel Aviv, è il deposito nazionale di Israele dei corpi dei morti che devono essere identificati, esaminati e ai quali va fatta l’autopsia. Ha due scopi: da un lato, come istituto scientifico affiliato alla Scuola di Medicina Sackler (Università di Tel Aviv), attraverso il quale essa gestisce un laboratorio di genetica sullo stato dell’arte. Dall’altro lato, l’Istituto è controllato e strettamente supervisionato dalla chevra kadisha – l’organizzazione religiosa ortodossa che ha un monopolio virtuale su tutte le sepolture in Israele, eccetto che per i militari. L’Istituto è un’organizzazione civile che lavora sotto il controllo del Ministero della Salute. Dall’altro lato, esso è un braccio della polizia di sicurezza e dei militari.

L’Istituto, poi, è sia un tradizionale obitorio medico-legale, sia, ufficiosamente, la fonte primaria israeliana di tessuti, ossa e pelle necessari per trapianti, chirurgia plastica, ricerca e insegnamento medico. Il traffico illecito di organi, tessuti, ossa e lo stoccaggio di parti del corpo assortite presso l’Istituto è quello che gli antropologi chiamano pubblico segreto, qualcosa che ogni membro della “cricca” conosce, ma che non viene mai discusso e certamente mai ammesso a chi è esterno alla “cricca”. Infatti, le accuse e le indagini ufficiali sul traffico di organi e tessuto all’Istituto di Medicina Legale, iniziate nel 1999, sono in corso ancora oggi. Yehuda Hiss è stato, di tanto in tanto, il centro della pubblica indagine. È stato citato in giudizio ed è stato decorato. È stato sia rimproverato sia ricompensato, è stato licenziato dalla sua posizione come direttore dell’Istituto ed ha avuto un nuovo titolo, patologo anziano, con uno stipendio più alto.

Le accuse a Hiss di confisca di organi, tessuti e altre parti corporee risalgono al novembre 1999, con un reportage investigativo sul quotidiano di Tel Aviv, Ha’ir, il quale affermava che, sotto la direzione di Hiss, agli studenti di medicina era permesso fare pratica sui corpi mandati all’Istituto di Abu Kabir per un’autopsia, e che parti del corpo venivano portate altrove per trapianti e altri usi medici senza il consenso dei familiari interessati. Nel 2000, il quotidiano Yediot Aharonot pubblicò un listino prezzi per le parti del corpo che Hiss aveva venduto a ricercatori universitari e scuole mediche. Un comitato di esperti legali internazionali fu designato dal Ministero della Salute per investigare sulle procedure dell’Istituto. L’indagine si completò dopo due anni, durante i quali, secondo l’ex assistente e protetto di Hiss, Chen Kugel, molte prove furono distrutte. Tuttavia, secondo Kugel, Hiss aveva ancora in suo possesso una notevole collezione di parti di corpi ad Abu Kabir, quando il tribunale israeliano ha ordinato una ricerca nel 2002. Il sito Israel National News a quell’epoca affermava: “Negli ultimi anni, sembra che i responsabili dell’Istituto abbiano dato migliaia di organi per ricerche senza consenso, e nel frattempo hanno tenuto un ‘deposito’ di organi ad Abu Kabir.” Hiss fu ammonito, ma gli fu consentito di continuare le sue attività, che egli difendeva come necessarie per la medicina, per la difesa dello Stato di Israele e per il progresso della scienza.

Nel 2005, emersero nuove accuse di traffico di organi ad Abu Kabir e Hiss ammise di aver rimosso delle parti da 125 corpi senza autorizzazione. In seguito ad un patteggiamento con lo Stato, il procuratore generale ha deciso di non procedere nella causa penale, Hiss ha ricevuto soltanto un ammonimento e ha continuato come patologo capo ad Abu Kabir, cioè il capo ufficiale dei patologi di Israele. La raccolta illegale di corpi fu contemporaneamente proibita e tollerata. Infatti, Hiss era la risposta dello Stato alla cronica scarsità di tessuti e organi. Egli si rendeva conto della necessità prodotta dalla profonda riluttanza culturale delle famiglie a manomettere i corpi dei morti, che permetteva a lui di superare un confine e fare come voleva con i corpi affidatigli.

L’intervista al dott. Hiss.

Quando incontrai il prof. Hiss per la prima e, come si dimostrò, unica volta, scoprii che il patologo è un uomo formidabile, spaventoso, brillante. Immigrato in Israele dalla Polonia, con degli occhi azzurri mozzafiato, il corpo snello e un atteggiamento teso, estremamente vigile e aggressivo, è un uomo che cattura l’attenzione. L’intervista ha avuto luogo il 21 luglio 2000 nell’ufficio di Hiss nell’Istituto, alla presenza di un membro dello staff e di Meira Weiss. Penso che fossimo tutti colpiti dalle sue rivelazioni. Hiss permise che l’intervista fosse registrata, ma parte della nostra conversazione era confidenziale e il registratore era spento in quei momenti. Quella che segue è la trascrizione ridotta del nastro, col taglio di alcune digressioni.

YH - Mi chiamo Yehuda Hiss. Sono uno specialista in medicina legale. Qui facciamo medicina legale, così come patologia anatomica. Io pratico entrambe. La questione principale, qui, in confronto agli altri Paesi, è che [in Israele] abbiamo solo un Istituto [di medicina legale] per tutto il Paese. Ed è molto convenientemente situato al centro di Israele, in modo che il grosso della popolazione è situato molto vicino a noi... Ci sono altri venti centri medici in vari luoghi, ognuno col suo reparto di patologia: ma in Israele si fanno molte poche autopsie complete.

Ho iniziato il mio tirocinio in patologia anatomica nel 1974, a Sheba (Tel Hashomer). Avevamo solo tre specializzandi e facevamo circa 850 autopsie complete [ogni anno]. Oggi, ci sono 6-8 specializzandi e l’ospedale che ospita gli specializzandi in patologia anatomica è tre volte più grande, ma gli specializzandi oggi fanno solo 40-50 autopsie [l’anno] perlopiù incomplete. Questo è come stanno andando le cose nello Stato di Israele. Ne facevamo 800 l’anno 25 anni fa con meno specializzandi, e solo 40-50 l’anno oggi con molte più risorse. Questo è l’unico luogo in Israele dove si fanno autopsie complete.

Ora, riguardo alla questione del prelievo di tessuti – è strano. Non solo qui, in Israele, ma ovunque tutto dipende dall’approccio personale dei responsabili della patologia o del prelievo di organi. Nel mio caso, quando ero specializzando a Tel Hashomer – un ospedale collegato alle Forze Armate israeliane – potevamo collaborare con l’esercito e fornire l’esercito stesso con pelle da trapiantare per le vittime di ustioni, e, di tanto in tanto, ci potevano chiedere una cornea. Così io potevo essere coinvolto, poiché ero il responsabile, con altri due, e provvedevamo noi.

NS-H – Perché cornee ai militari ?

YH – Forse per delle ferite. Forse era più facile [per i militari] fare questa richiesta a noi e, una volta che avevamo ottenuto il consenso – la famiglia era d’accordo – durante l’autopsia, potevamo prendere un po’ di pelle e le cornee. Per l’autopsia, dovevamo sempre chiedere il consenso della famiglia, salvo che non fosse un ordine del tribunale [un caso criminale].

NS-H – C’è qualche resistenza, qui in Israele, nei confronti dell’autopsia – sia da parte degli ebrei sia degli arabi?

YH – Sì. Facevamo tutto molto informalmente: non chiedevamo mai il consenso delle famiglie.

Poi abbiamo iniziato a prelevare le cornee per diversi ospedali israeliani, inizialmente per Tel Hashomer, perché lì avevo amici che mi conoscevano bene. Gliel’ho suggerito in vari incontri. Ero stupito perché nessuno era mai venuto da noi a chiedere. Perché non vieni da noi? Dissi loro come funzionava al Case Western Reserve Hospital [di Cleveland]. Così, da allora cominciarono a venire dagli ospedali di Gerusalemme e Tel Aviv. Tra noi e i nostri colleghi di vari reparti tutto veniva fatto in via amichevole. Sentivo fortemente che queste cornee sarebbero dovute andare ai pazienti degli ospedali pubblici e non alle cliniche private. Non eravamo pagati per il prelievo, ma ci venivano fatte alcune donazioni di apparecchiature di cui avevamo bisogno.

Tutto quello che veniva fatto qui era estremamente informale. Non abbiamo mai chiesto il consenso delle famiglie. Ma il prelievo veniva fatto solo dai corpi per cui le famiglie accordavano un’autopsia. Non avremmo mai compiuto prelievi nel caso di obiezioni all’autopsia.

NS-H – La legge lo permette?

YH – La legge richiede il consenso per l’autopsia, ma non per il prelievo. L’ho letto nei libri di diritto... Ci fu un’appendice alla legge nel 1981, secondo la quale si dovrebbe chiedere il consenso della famiglia – per l’autopsia... Eravamo liberi di prelevare pelle dalla parte posteriore delle gambe. Prendevamo la cornea. Non avremmo preso cornee da quei corpi per i quali sospettavamo che i familiari potessero voler aprire le palpebre. Ci sono alcune famiglie ortodosse e alcune orientali [arabe] che aprono le palpebre e vi gettano sopra della sabbia. Sapevamo quali evitare. E avremmo chiuso e incollato le palpebre e coperto ogni posto dal quale avevamo rimosso qualcosa. E, in maniera simile, avremmo preso [pelle] soltanto dalla parte posteriore delle gambe. All’inizio degli anni ’90, abbiamo iniziato a prendere delle ossa lunghe dalle gambe. Poi ci chiesero valvole cardiache, e ne abbiamo fornite un po’, a causa della mancanza di collaborazione tra noi e i maggiori reparti toracici. Poi, a partire dal 1995, abbiamo iniziato a farlo in maniera più formale. Veniva fatto in base ad una certa lista di priorità, stabilita da vari centri medici e specifici reparti. Fu fatta come un qualcosa di semilegale. A quel punto, avremmo informato il Ministero della Salute. Prima di quell’epoca [1995], era solo tra me/l’Istituto e i vari reparti e centri medici – in maniera informale. Dopo, decidemmo che avrebbe dovuto essere fatto attraverso il Ministero della Salute.

NS-H – Voi dipendete dal Ministero della salute, ma eravate liberi di fare molto senza alcuna interferenza da parte loro?

YH – Sì, esatto, ma ci sono cose che davvero dovrebbero essere fatte con alcune istruzioni e attraverso il Ministero della Salute. Ciò non fu chiaro per molti anni.

NS-H – In alcuni Paesi dell’America Latina l’IML [Istituto di Medicina Legale] è sotto l’autorità della polizia, ma in altri, come Cuba, dipende dal Ministero della Salute. Nel vecchio Sudafrica, dipendeva dalla polizia militare – e qui?

YH – L’indipendenza è molto importante. Questa istituzione è stata fondata nel 1954 sotto gli auspici della Hebrew University di Gerusalemme. Poi, nei primi anni ’70, venne a dipendere dal dipartimento di polizia. Poi, nel 1975 o ’76, passò alle dipendenze del Ministero della Salute. Attualmente facciamo parte del Ministero della Salute e il direttore generale del Ministero è il nostro superiore, ma di fatto siamo completamente indipendenti. Fino a pochi anni fa, tutti i centri medici dipendevano dal Ministero della Salute, ma verso la fine degli anni ’90 sono diventati indipendenti. Ce ne sono ancora pochi direttamente alle dipendenze del Ministero della Salute. Da allora, c’è più interesse per quello che facciamo qui e per le nostre capacità [di prelevare tessuti] e quindi c’è più richiesta e crediamo che dovrebbe essere regolata. Vogliamo che sia ufficializzata anche per i diversi costi che sono richiesti per il prelievo di pelle e cornee, ossa, valvole polmonari e così via... Ma fino a quel momento, questo era soltanto tra noi e i diversi ospedali che servivamo, ma vogliamo che su ciò ci sia un po’ di controllo.

NS-H – Come venivano stabiliti i prezzi?

YH – Nel 1996 abbiamo fatto una lista dei diversi servizi medici che fornivamo, una lista di centinaia o migliaia di shekels – c’erano spese delle quali volevamo rientrare. Noi vorremmo collaborare solo con ospedali pubblici. In un’occasione, circa dieci anni fa, ci fu il caso di un responsabile di un reparto che usò una o due cornee donate all’ospedale da un Istituto di patologia – e lui le usò per i suoi pazienti privati. Questo è il solo caso che conosco – nel quale il tessuto donato per un uso generale è stato usato privatamente. Dal 1998, a causa della pubblica pressione, c’è stata una forte diminuzione di autopsie, e siamo stati costretti a chiedere il consenso di tutti i familiari per le autopsie e per i prelievi o per le dissezioni o per il tirocinio di militari che studiano medicina. Tutto ciò perché è andato sui giornali a lamentarsi che suo figlio, morto durante il servizio militare, era stato usato per sperimentazione medica e tirocinio. Nel Paese ha fatto scalpore e i permessi per le autopsie sono diminuiti. Da allora – circa due anni fa [1998] – ci è stato detto di chiedere il consenso per qualunque cosa. [Questo è un riferimento al defunto sergente Zeey Buzaglo della brigata Golani, che è stato ucciso in un incidente durante un’esercitazione nell’aprile del 1997. Quando suo padre, il dott. Haim Buzaglo, un pediatra, venne a vedere il corpo di suo figlio, notò che era stato danneggiato nell’Istituto – NS-H].

NS-H – Perché i militari [sono coinvolti]?

YH – C’è un rapporto particolare che lega l’Istituto e l’esercito a causa dell’attuale situazione politica in Israele. Tutti gli israeliani sentono che noi abbiamo l’obbligo di fornire aiuto in qualche modo, e poiché tutti noi abbiamo servito nell’esercito, abbiamo tutti una partecipazione personale nell’esercito anche dopo. Siamo tutti connessi all’esercito. E, a causa di questo, lo diamo per scontato. Non chiediamo mai. Pensavamo che cooperare fosse parte del dovere di tutti gli israeliani.

YH [indicando dei dati dei suoi archivi] – Guardi, ecco i dati. Tra gennaio e aprile abbiamo ricevuto 705 corpi. 500 di questi non erano adatti per prelievi. O perché i corpi erano troppo decomposti, o a causa di infezioni. Solo 175 erano adeguati per fare prelievi. Abbiamo chiamato tutti e 98 hanno rifiutato. Per dodici non siamo riusciti a trovare il familiare più vicino. Solo 65 di loro hanno dato il consenso. Così, possiamo dire che abbiamo un tasso di accettazione inferiore a un terzo.

Quando non riusciamo a trovare il familiare più vicino, per legge non facciamo prelievi. Originariamente, la legge richiedeva soltanto che noi informassimo la famiglia dell’intenzione di compiere un prelievo. Ora, non soltanto informiamo, ma dobbiamo chiedere il consenso. Così, a causa di questo brutto episodio, la reazione valica il Parlamento e la legge del Paese.

[Qui NS-H spiega come in alcuni Stati degli Usa, come la California, ci sia il consenso “presunto” per il prelievo di cornee, ma la maggior parte della popolazione ne era totalmente ignara. La legge era più o meno tenuta segreta.]

YH – Sì, questa è stata la nostra politica per molti anni, e poi un caso, un brutto scandalo, e per noi è tutto finito. Adesso, i giovani medici militari non possono più avere il tirocinio di cui hanno bisogno e, quando vengono mandati in Libano o nei territori palestinesi – e ci sono ferite, devono intervenire senza un tirocinio appropriato, così che, di fatto, fanno sperimentazione sui soldati vivi. Questo è dove ci ha portato tutto ciò. Nessuna esperienza preventiva, nessun tipo di tirocinio col corpo umano. Devono fare pratica [chirurgia] sui cani – ma mai sugli esseri umani! Questa è un’assurdità! Non vorrei che nessuno praticasse su di me una tracheotomia o colostomia senza alcuna precedente esperienza o tirocinio. Lei lo vorrebbe? Oggi, fanno un tirocinio virtuale su corpi computerizzati e così via, ma non è la stessa cosa.

NS-H – Allora non ci sono imprese biotech che vogliono il vostro materiale?

YH – In Israele, il 100% della pelle prelevata va alla banca della pelle dell’ospedale Hadassah, anche se loro devono ripagarla. Logisticamente, noi siamo soltanto collegati con Hadassah.

Da circa sei mesi, abbiamo un nuovo collaboratore che lavora giù con noi, una specie di assistente all’obitorio, e lui preleva pelle, ossa, cornee e ossa. Prima di lui, c’era solo un accordo con l’esercito – di solito ci mandavano un chirurgo plastico ogni settimana, che veniva qua per prelevare la pelle per la banca di Hadassah. Questo è durato per molti anni. Più di 12 o 13 anni. Dal 1987-1988, ogni due settimane, un chirurgo plastico veniva qua per prelevare la pelle. Ma ora non abbiamo più questo rapporto diretto con l’esercito a partire da quest’ultimo scandalo. Ora abbiamo il nostro assistente di obitorio, che è pagato per prelevare al nostro posto tutta la pelle, ossa, cornee, ecc. di cui abbiamo bisogno. Ci aiuta anche in altre attività.

NS-H – Quando chiedete il consenso, qualcuno dice che potete prendere questo e non quell’organo?

YH – Alcuni dicono di non toccare il cuore o il cervello – alcuni hanno paura che tu possa voler prendere la pelle. Ma non è come quando spelli un coniglio o cose del genere e noi diciamo che no, non è lo stesso – è una cosa delicata, non c’è sangue – non sbucciamo la pelle. Non è come scalpare una persona. Togliamo solo uno strato superficiale – dalla schiena e dalle gambe. E diciamo anche loro che prendiamo solo un tessuto sottile [dall’occhio] e non il globo oculare.

Per adempiere le leggi sia ebree sia musulmane che riguardano la disposizione del morto, tutto viene fatto immediatamente. Qui iniziamo a lavorare alle 6 di mattina. Per le 7 abbiamo l’intera lista di tutti i corpi che stanno per arrivare in quel giorno. Solo su alcuni di essi sarà fatta l’autopsia. E poi questa persona che è qui redige una lista che contiene cosa sarà fatto a chi. E poi ci mettiamo al telefono.

NS-H – Ci sono tecniche particolari per presentare questa richiesta ai familiari?

Membro dello staff – Dobbiamo saper riconoscere la gente.

YH – Sì, ma non fa per me. Dall’inizio, io dico: “Per favore non fatemelo fare! Non riesco a parlare alla gente di queste cose.” Non ho questa pazienza.

Membro dello staff – A lui piacciono i morti. Ma non i vivi! [risate]

YH – Sì, sono passato alla medicina legale da quella clinica perché volevo i pazienti già azzittiti! Così, diciamo che lo fa X – ma lei è troppo impegnata – e, in realtà, abbiamo bisogno di un assistente sociale per fare questo...

NS-H – Vengono prese altre parti del corpo – come le ghiandole pituitarie?

YH – Quando ero uno specializzando, prendevamo le ghiandole pituitarie. Oggi esistono sostituti chimici, ma quando facevo tirocinio, mi precipitavo al refrigeratore per depositare le ghiandole pituitarie in una bottiglia con acqua. Le raccoglievo – certo, naturalmente! Anche piccole ossa dell’orecchio interno – sono molto adatte per alcune procedure chirurgiche. Lo facevamo più o meno un paio di volte l’anno.

NS-H – Alcune di queste piccole ossa sono state usate per il tirocinio degli astronauti della NASA in preparazione di viaggi spaziali, con quali effetti sul bilancio? E cosa mi dice delle vendite internazionali?

YH – Si possono comprare cornee dalla Russia a 300 $ l’una, penso... A Mosca puoi trovare un rene per 20.000 $ e una cornea per pochi dollari, perché a loro di fatto non importa... Durante ogni autopsia, loro prendono quello che vogliono, ed hanno un’enorme scorta di organi ai quali possono ricorrere. Loro hanno pelle e cornee. In alcuni grossi centri medici in Russia, è possibile trovare reni freschi che prendono dagli incidenti automobilistici – e in Turchia altrettanto. Quindi, in entrambi i luoghi è possibile avere un trapianto per soli 20.000 $ - reni inclusi – perché ne hanno una scorta. Lo so perché facevo parte di un’organizzazione che procurava trapianti e lo abbiamo studiato. È molto economico. Là viene fatto bene da chirurghi molto bravi. Infatti, in Russia c’è un surplus di reni. Hanno un surplus perché là meno persone possono permettersi un trapianto.

NS-H – Ci sono alcuni dubbi riguardo all’uso degli standard internazionali per determinare la morte cerebrale in Russia.

YH – Sì, talvolta i nostri chirurghi accompagnano i nostri pazienti israeliani in Russia ed eseguono l’operazione lì con il rene di un russo. Alcuni portano i trapiantisti fuori da Israele...

NS-H – Sì, il turismo del trapianto, se n’è parlato sui giornali.

YH – Esatto. Vanno là una volta al mese per pochi giorni ed eseguono cinque o sei operazioni, e il paziente torna qui per rimettersi.

NS-H – La commissione medica etica dell’Università di California, San Francisco, ha deciso che la gente che vuole violare la legge e andare in Cina o nelle Filippine per ricevere un trapianto, al rientro non avrà le cure successive – potranno andare in un’istituzione privata.

YH – In Israele molte cose vengono fatte su base personale e attraverso conoscenze... Penso che in Israele tutto dovrebbe essere il più equo possibile. Non si dovrebbe dipendere dalle conoscenze o dalla ricchezza. Se soltanto la pubblicità e i media persuadessero la popolazione israeliana a donare gli organi delle persone decedute per trauma... [e anche se non c’è niente nella legge del talmud contro il prelievo di organi dai morti], una famiglia religiosa troverebbe un rabbino d’accordo con loro. Io provo a dire loro quanto è importante donare, ed essi rispondono: “Ho bisogno di parlarne col mio rabbino” – e nove volte su dieci tornano con una risposta negativa. Quella è la risposta che loro vogliono...

Il dott. Chen Kugel, l’informatore.

Come si può leggere dalla trascrizione, Hiss ha prontamente ammesso il prelievo non consensuale, informale di tessuti, pelle, ossa e organi per soddisfare le necessità del Paese. Fin quando nell’Istituto di Medicina Legale non è arrivato lui nel 1987 come capo patologo non venivano prelevati organi o tessuti. Lui ha spiegato al suo staff che questa era una pratica comune ovunque nel mondo, negli Usa, nella Case Western Reserve, dove aveva studiato, e in altri istituti legali che aveva visitato. Si trattava di un “consenso presunto”, senza il sostegno della popolazione o della legge. Sebbene ciò fosse in violazione delle leggi sulla donazione di tessuti e organi, Hiss pensava che potesse essere giustificata per un Paese straziato dalla guerra e traumatizzato come Israele. Hiss ammetteva che il prelievo di organi e tessuti era “informale” e che la sua legalità era poco chiara. Dalla sua prospettiva come patologo di Stato, l’attenta rimozione di alcuni organi, di cui il deceduto non avrebbe mai sentito la mancanza e la famiglia non avrebbe mai dovuto sapere, arrecava un piccolo danno. Gli studenti di medicina nel loro tirocinio militare venivano portati nell’obitorio dopo che Hiss e il suo team completavano le loro autopsie legalmente autorizzate, per essere istruiti sulla rimozione di organi.

Dopo che il mio nastro fu divulgato in Israele, il 19 dicembre 2009, dalla TV israeliana Channel 2, funzionari governativi hanno ammesso per l’esercito e per il Ministero della Salute che organi e tessuti sono stati raccolti dai corpi dei morti palestinesi e israeliani fino alla fine degli anni ’90, ma che la pratica è finita nel 2000. Il dott. Hiss, tuttavia, ha pubblicamente negato tutto ciò che è sul nastro – incluso ciò che mi ha detto. Oggi, afferma di negare tutto – l’immagazzinamento di parti di corpi, la falsa testimonianza e la raccolta di organi. Nega tutto. Egli afferma che tutto è stato fatto secondo la legge e che le famiglie hanno acconsentito ai prelievi per i trapianti. Non sono stati presi organi per studio, sostiene, assolutamente nessuno.

Chen Kugel, il non annunciato e originario (anonimo fuori da Israele) informatore riguardo l’Istituto di Medicina Legale, ha affermato che la situazione era molto peggiore di quella ammessa da Yehuda Hiss in questa intervista con me del 2000. Le osservazioni di Kugel rappresentano un racconto in prima persona da parte di un ufficiale militare e patologo legale. Quando egli è tornato in Israele per lavorare nell’Istituto di Medicina Legale nel 2000, dopo diversi anni passati negli Usa, dove aveva lavorato in diversi ospedali e programmi di medicina legale, sostiene di essersi immediatamente reso conto che qualcosa fosse terribilmente sbagliata. Ha tentato di parlare del problema con tre medici specializzandi, e insieme con loro di avere un incontro col direttore. Kugel era il portavoce e disse a Hiss che era sbagliato raccogliere organi e tessuti senza consenso e che “anche testimoniare il falso in tribunale non va bene”. Questo incontro non ebbe seguito, così il gruppo scrisse una lettera di reclamo al Ministero della Salute, rilevando le illegalità. Il Ministero reagì alacremente: mandò via i tre specializzandi e punì Kugel, il quale, come ufficiale militare che lavorava per le forze armate israeliane, non poteva essere licenziato. Allora si rivolsero ai media e raccontarono l’intera storia su cosa stava esattamente accadendo.

Kugel: “Gli organi erano venduti a chiunque”

Infatti, secondo Kugel, “Gli organi erano venduti a chiunque; chiunque volesse organi doveva solo pagarli.” Mentre pelle, valvole cardiache, ossa e cornee venivano rimosse e usate per i trapianti, gli organi solidi – cuori, cervelli, fegati – “venivano venduti per ricerche, presentazioni ed esercitazioni degli studenti di medicina e chirurghi.”

Per questi organi c’era un prezzo, basso - 300 $ per un femore, per esempio – e se un cliente avesse voluto tutti gli organi da un corpo, si poteva organizzare, non il corpo intero, ma la rimozione e vendita di tutti gli organi da un corpo, ha affermato Kugel, per circa $ 2.500.

In mezzo alla violenta indignazione suscitata dagli informatori, Hiss ha intrapreso la sua personale campagna mediatica e ha tentato di convincere il pubblico che tutto quello che è stato fatto era per un nobile fine, aiutare le vittime ferite a causa degli attacchi terroristici e i malati. Egli ha presentato la sua condotta, per dirla con le parole del dott. Kugel “come qualcosa di sublime o anche eroico, come un moderno Robin Hood. Che prende dai morti e dà alle vittime innocenti.”

“Allora, a chi venivano presi gli organi?”, ha chiesto Kugel in maniera retorica. La risposta è che li prendevano da chiunque, dagli ebrei ai musulmani, dai soldati ai lanciatori di pietre, dai terroristi e dalle vittime degli uomini bomba suicidi, dai turisti ai migranti. C’erano solo due considerazioni – la condizione fisica del corpo e dei suoi organi e l’abilità di nascondere quello che stavano facendo.

La maggior parte delle vittime del prelievo illegale di organi, secondo il dott. Kugel, non erano nemmeno sottoposte all’autopsia, ma semplicemente al prelievo. Nascondevano il danno mettendo tubi, occhi di vetro, manici di scopa, carta igienica e calotte di plastica per crani per coprire il luogo dove era stato rimosso il cervello, ecc. L’Istituto, ha detto Kugel, contava su un fatto: che la maggior parte degli israeliani non vede il corpo dei loro morti, salvo una volta per verificare che è quello giusto. Il corpo è avvolto in un sudario, oppure potrebbe essere avvolto in teli di plastica in attesa dell’impresa di pompe funebri. In quel caso, lo staff avvertiva gli addetti alla sepoltura, poco istruiti, di non aprire il telo perché il corpo era contaminato da una malattia infettiva. Era più difficile prelevare organi dai soldati perché i loro corpi erano controllati dai militari, che era più difficile ingannare. “Ma gli organi venivano presi dai soldati”, ha affermato Kugel. Era più facile prendere tessuti e organi dagli immigrati recenti, e, non c’è bisogno di dirlo, più di tutti era facile dai palestinesi. Questi avrebbero attraversato di nuovo il confine e, “se c’erano delle proteste provenienti dai loro familiari, loro sono nemici, quindi, naturalmente, stavano mentendo e nessuno li avrebbe creduti.”

Quello che Kugel ha trovato sorprendente è stato soprattutto la violenta indignazione riguardo all’articolo di Boström, mentre c’era abbondanza di dettagli sulla stampa israeliana riguardo l’Istituto, le cui faccende erano discusse animatamente da commissioni, che hanno trovato evidenti prove di illegalità, nonostante i tentativi di distruggerle. Dopo che questi fatti furono scoperti, ci sono voluti due anni affinché il giudice, o il responsabile della speciale inchiesta, decidesse se Hiss dovesse essere citato o no. Poi ci sono voluti due anni affinché la polizia iniziasse una seria indagine. Il risultato finale è stato la rimozione di Hiss da direttore dell’Istituto, ma, come scritto prima, trattenuto come patologo anziano con un aumento di stipendio. Kugel è stato licenziato dal suo posto perché, durante le indagini, ha parlato con uno dei testimoni che avevano seppellito le prove – parti di corpi umani – e questo fatto è stato interpretato come un’interferenza col processo. È stato censurato e messo sulla lista nera dell’insegnamento di tutte le università israeliane eccetto una. Per il dott. Kugel il principale problema non ha niente a che vedere con la scienza: è stato per la mancanza di rispetto, l’incetta di campioni dei corpi, la trasformazione dell’Istituto in una fabbrica di corpi. La condotta dell’Istituto è stata motivata dal denaro, dal potere e dal paternalismo autoritario del genere che dice: “Noi sappiamo cosa è bene per te, noi decidiamo cosa deve accadere a te, la persona che non sa niente. Decidiamo noi.” E quello è il motivo per cui è accaduto, e il dott. Kugel sostiene che accade ancora.


Rachel Corrie


Domande sull’autopsia di Rachel Corrie

Il 14 marzo 2010, il Tribunale del distretto di Haifa ha sentito i testimoni nella causa civile che la famiglia della defunta cittadina statunitense Rachel Corrie, pacifista a Gaza, ha intentato contro lo Stato di Israele per la sua uccisione illegale a Rafah, Gaza. Corrie, una studentessa universitaria statunitense e attivista per i diritti umani, il 16 marzo 2003 è stata schiacciata a morte da un bulldozer Caterpillar D9R. Durante l’udienza, il dott. Hiss, che aveva condotto l’autopsia di Rachel Corrie su richiesta dei militari israeliani, ha ammesso di aver violato un ordine di un tribunale israeliano che imponeva la presenza di un funzionario dell’ambasciata Usa come testimone. Hiss ha dichiarato che la sua politica era di non ammettere, durante l’autopsia, nessun osservatore che non fosse medico o biologo. Hiss ha ammesso di aver trattenuto campioni di tessuti e organi del corpo di Corrie per esami e sperimentazioni senza informare la famiglia. Hiss non era certo del fatto che i campioni fossero stati seppelliti con altri campioni di corpi provenienti dall’Istituto. I genitori di Corrie, Cindy e Craig, sono stati sconvolti da queste agghiaccianti ammissioni e davvero non sanno come utilizzarle e come dovrebbero procedere, se procedere. Mi hanno detto che cercano la verità, solo la verità e chiedono un simbolico risarcimento per danni di $ 1. Impedire che accada ad altri, affermano, è più importante del denaro.

Per finire, cosa collega la storia di Yehuda Hiss presso l’Istituto di Medicina Legale con Isaac Rosenbaum e la rete internazionale di trafficanti di organi in Israele? Forse soltanto il triste fatto che l’isteria per la scarsità di organi – qualsiasi cosa evochi quella frase agghiacciante – hanno portato sia agli abusi medici sui cadaveri sia gli abusi medici di chi era coinvolto nel traffico del turismo dei trapianti da Israele alle città di New York, Filadelfia e Los Angeles, tra le altre. Quando il dott. Zaki Shapira ha cominciato a drizzare le antenne riguardo ai venditori di reni nei primi anni ’90 per soddisfare le esigenze dei suoi pazienti bisognosi di trapianto nell’ospedale Bellinson di Tel Aviv, li trovò a portata di mano, i lavoratori ospiti palestinesi. I palestinesi erano, mi disse a Bellagio nel 1996 in una conferenza sul traffico di organi, “predisposti” a sacrificare i loro organi. O, forse, a essere sacrificati. Funziona in entrambi modi.

Nancy Scheper-Hughes è l’autrice di numerosi libri sulla povertà e sulla salute, compreso Death without Weeping: the Violence of Everyday Life in Brazil – secondo CounterPunch tra i cento migliori libri non di narrativa pubblicati in lingua inglese nel XX secolo. Si può prendere contatto con lei scrivendo a: nsh@berkeley.edu

Fonte: www.counterpunch.org
Link: http://www.counterpunch.org/hughes10252010.html
25.10.2010

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di GIUSEPPE FOLLINO

Note

[1] N. Mozgovaya, US Professor is whistleblower in Rosenbaum arrest, Haaretz, 26 July, 2009. http://www.haaretz.com/hasen/spages/1102799.html.
[2] M. Daly, Anthropologist's ‘Dick Tracy moment’ plays role in arrest of suspected kidney trafficker, New York Daily News, 24 July 2009.
[3] Nancy Scheper-Hughes, 2008, “Illegal Organ Trade: Global Justice and the Traffic in Human Organs” in Living Donor Organ Transplants, a cura di Rainer Grussner, M.D. e Enrico Benedetti, MD, New York, McGraw-Hill; N. Scheper-Hughes, 2006, Kidney bKin: Inside the Transatlantic Kidney Trade, Harvard International Review (winter) 62-65; N. Scheper-Hughes, (2004) Parts Unknown: Undercover Ethnography in the Organ Trafficking Underworld, Ethnography 5(1): 29-73; N. Scheper-Hughes, 2000, The Global Traffic in Organs, Current Anthropology (4192): 191-224
[4] Israeli doctor said detained in Turkey for illegal organ transplants. Three other Israelis said detained, including 2 alleged kidney donors and a recipient; 15 people held, Haaretz News Service, 1 gennaio 2007
[5] In diversi dettagliati scambi di mail (2006-2008) con un avvocato penalista (che ha chiesto di restare anonimo) ho appreso che il governo di Israele ha deciso di perseguire i crimini internazionali dei trapiantisti e trafficanti che operano fuori di Israele tramite indagini per frode fiscale.
[6] http://www.health.gov.il/transplant/about_adi.html “Knesset approves new organ donation law”,
http//www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-3523461,00.html
[7] United States District Court of New Jersey: criminal complaint: United States of America v. Levy Izhak Rosenbaum, : Mag. No. 09-3620 a/k/a “Isaac Rosenbaum”, luglio 2009
[8] Una traduzione in inglese dell’articolo di Donald Boström può essere trovata all’indirizzo: http://www.aftonbladet.se/kultur/article5691805.ab
[9] Donald Boström, 2001. Inshallah: konflikten mellan Israel och Palestina, Stockholm, Ordfront.
[10] Zeev Galilee, 2003. First Source (Makor Rishon) – “Pangs of Conscience” (Musar Klayot) New Blood Libel on French Television: Israel Steals Kidneys of Orphan Children in Moldavia, 24 ottobre 2003.
[11] Meira Weiss, comunicazione personale e giornale letto durante la conferenza di Organs Watch sulla lotta al traffico di organi e tessuti, Università di California, Berkeley, 7 maggio 2010
Per la registrazione dell’intervista a Hiss andare su nhnotes.html

[NdT] L'accusa del sangue è un'accusa antisemita diffusa a partire dall'XI secolo, secondo la quale gli ebrei userebbero sangue umano per motivi rituali. Durante il Medioevo si consolidò la leggenda in base alla quale gli Ebrei uccidevano i bambini cristiani durante le feste della Pasqua ebraica, con un rito particolare per utilizzarne il sangue.

VEDI ANCHE: ISRAELE AMMETTE IL FURTO DI ORGANI

GILAD ATZMON - L'IDF: IL TRITA ORGANI D'ISRAELE
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Re: Civiltà Ebraica
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I crimini di guerra e i crimini contro l'umanità di Israele non vengono denunciati dai media, Norman Finkelstein

Di recente, in una presentazione sponsorizzata presso l'Università di Toronto dai Canadesi per la Giustizia e la Pace in Medio Oriente (CPME), lo studioso americano Dr. Norman Finkelstein ha detto che a Gaza non c'è stata una guerra: la cosiddetta guerra di Gaza è stato un massacro. Ha detto anche che la devastazione di Gaza del 2008-2009, può essere un preludio di quello che sta per avvenire in Libano.

Finkelstein ha conseguito il dottorato dalla Princeton University nel 1988, e successivamente ha insegnato presso la Rutgers, la New York University, il Brooklyn College, l’Hunter College e la DePaul University (Chicago). La sua ricerca scientifica si è concentrata sul conflitto israelo-palestinese e la sua rappresentazione nei discorsi politici.

Ha detto che, anche se Israele ha effettuato 2.800-3.000 voli per missioni di combattimento, non un singolo aereo è stato danneggiato, in quanto Hamas se ne è stato seduto nel suo bunker per tutto il tempo; un analista israeliano ha dichiarato che non è stata combattuta una sola battaglia.

"Dopo la prima settimana di attacco aereo è cominciato l'assalto di terra. I soldati israeliani avevano equipaggiamento speciale per la guerriglia notturna, in tal modo Hamas non riusciva nemmeno a vederli. Un soldato israeliano ha detto: 'Non c'era niente. Era una città fantasma, con solo il bestiame”. Un altro soldato ha dichiarato: "Non ho visto un solo arabo per tutta la settimana”. Un altro soldato israeliano ha affermato: "Mi sentivo come nella stagione della caccia. Mi ricordava un videogioco della playstation”.

Anche se questo può sembrare surreale, Finkelstein ha sostenuto che la realtà su questa cosiddetta guerra di Gaza è che sono stati 22 giorni di morte e distruzione inflitti al popolo palestinese di Gaza. Ha detto che l'esercito israeliano ha esploso proiettili al fosforo bianco - che brucia ad una temperatura di 816 gradi Celsius – su scuole, ospedali e mercati, causando 1400 morti palestinesi.

"I quattro quinti di queste morti era dato da civili, 400 erano bambini. Israele ha avuto 10 morti in combattimento e quattro civili. Il rapporto di vittime è stato di 100 a uno. Si tratta di una guerra o di un massacro? "

Successivamente ha chiesto al pubblico di alzare la mano se avevano sentito dire che Israele ha affermato che l'alto numero di morti tra i civili è stato perché Hamas ha usato scudi umani ed ha costretto la gente a raccogliersi intorno alle postazioni di Hamas. Anche se molti tra il pubblico hanno alzato le mani, pochi lo hanno fatto quando ha chiesto loro quanti sapevano che delle 300 organizzazioni dei diritti umani che hanno indagato, non una ha riportato alcuna prova del fatto che Hamas abbia usato scudi umani o costretto la gente a rimanere intorno agli edifici controllati da Hamas.

“Ciò dimostra il potere dei media ", ha detto Finkelstein. "I fatti fondamentali non sono molto noti."

Ha aggiunto che Amnesty International ha dichiarato che, anche se le accuse israeliane sull'utilizzo di scudi umani fossero vere, non spiegherebbero comunque le morti di Gaza.

"Molti sono stati uccisi nelle loro case o mentre si recavano alle loro attività quotidiane. Dei 400 bambini uccisi, molti stavano studiando o giocando sui tetti o nelle loro case. Tutte le organizzazioni per i diritti umani hanno detto che questi interventi sono stati crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Hanno detto che Hamas ha commesso crimini equiparabili, ma non su una scala che si possa paragonare”.

Ha riconosciuto che Israele ha il diritto di impedire alle armi di entrare a Gaza, ma ha osservato che, poiché entrambe le parti si sono rese colpevoli di crimini di guerra e violazioni dei diritti umani; in base al diritto internazionale, entrambe le parti dovrebbero essere sottoposte ad un embargo sulle armi.

Finkelstein ha detto di ritenere che la vera ragione dell'attacco di Gaza fosse parte di un piano finalizzato a ripristinare la capacità di dissuasione di Israele, dopo le sconfitte militari subite in Libano nel 2000 e il 2006. Ha detto che un ex ambasciatore americano in Israele ha predetto che entro i prossimi 18 mesi Israele attaccherà il Libano.

"Israele ha chiarito che ha intenzione di fare in Libano quello che ha fatto a Gaza - usare la forza contro le infrastrutture civili. Israele ha sostenuto che la prossima guerra sarà un gioco diverso. Il capo di Hezbollah, Nasrallah, ha replicato che la prossima guerra sarà una guerra pan per focaccia - di una fabbrica per una fabbrica e di un aeroporto per un aeroporto. Se i missili colpiranno Tel Aviv ci saranno perdite umane enormi. Non c'è modo che Israele accetti una terza sconfitta in Libano. Se Hezbollah cominciasse a perdere, è quasi certo che l'Iran entrerebbe in guerra, sapendo di essere il prossimo obiettivo. E' difficile sapere come andrebbe a finire, ma entrambe le parti, probabilmente ricorreranno a misure estreme.

"Con la possibilità della guerra all'orizzonte, molto è stato fatto per tentare di risolvere il conflitto israelo-palestinese; ma, secondo quanto detto da Finkelstein, non c'è mai stato un processo di pace: è stata solo una facciata per permettere l'annessione di nuovi territori.

"Nel settembre del 1993, quando è stato firmato l'accordo di pace di Oslo, c'erano 250 mila coloni. Ora, 17 anni dopo, ce ne sono 500.000. Il quarantadue per cento della Cisgiordania è stata occupata. Quando i palestinesi si lamentano di questo, Israele dice la questione degli insediamenti deve essere negoziata nel processo di pace ".

Versione originale:

Fonte: www.thecanadiancharger.com
Link: http://www.thecanadiancharger.com/page.php?id=5&a=667
11.11.2010

Versione italiana:

Fonte: www.amiciziaitalo-palestinese.org
Link: http://www.amiciziaitalo-palestinese.org/index.php?option=com_content&view=article&id=2335:secondo-finkelstein-i-crimini-israeliani-non-vengono-denunciati-dai-media&catid=23:interventi&Itemid=43
20..11.2010

Tradotto da Barbara Gagliardi
Inviato il: 25/11/2010 20:36
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Re: Civiltà Ebraica
#348
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Disastro nel nord di Israele, almeno 40 morti a causa di un incendio divampato sul Monte Carmelo. Iniziata l’evacuazione di massa.

Mentre scrivo queste righe, i reparti dei Vigili del Fuoco israeliani stanno combattendo contro le fiamme. Essi disperano di poter riportare l’incendio sotto controllo in tempi brevi. “Abbiamo perduto il controllo dell’incendio”, ha dichiarato il portavoce dei Vigili del Fuoco di Haifa. “Non ci sono in Israele risorse antincendio sufficienti a spegnere le fiamme”.

Il Primo Ministro Netanyahu è accorso giovedì sulla scena del disastro. Ha chiesto a Stati Uniti, Grecia, Italia, Russia e Cipro di inviare forze supplementari in appoggio ai pompieri israeliani. Un paese normale avrebbe probabilmente richiesto l’aiuto dei propri vicini, ma lo stato ebraico non ha nessun vicino. Ha trasformato tutti i propri vicini in nemici.

Ma questa vicenda ha molte altre implicazioni. L’incendio che ha devastato il nord di Israele non è affatto una coincidenza. Il paesagio rurale israeliano è ricco di alberi di pino. Questi alberi sono una novità assoluta per la regione. Fino agli anni ’30 del Novecento, non esistevano. Gli alberi di pino vennero introdotti nel paesaggio palestinese nei primi anni ’30 per volere del Jewish National Fund (JNF) nel tentativo di “appropriarsi del territorio”. Nel 1935, il JNF aveva già piantato 1,7 milioni di alberi su un area totale di 1.750 acri. Nell’arco di cinquant’anni, il JNF ha piantato oltre 260 milioni di alberi, soprattutto su terre confiscate ai palestinesi. Lo ha fatto nel disperato tentativo di nascondere le rovine dei villaggi palestinesi, spazzati via dalla pulizia etnica, insieme alla loro storia.

Nel corso degli anni, il JNF ha portato avanti uno spietato programma di eliminazione della civiltà palestinese e del suo passato, ma ha anche cercato di dare alla Palestina l’aspetto dell’Europa. Le foreste naturali palestinesi sono state sradicate. Allo stesso modo sono stati divelti gli alberi di ulivo. Gli alberi di pino hanno preso il loro posto. Nella parte meridionale del Monte Carmelo, c’è una zona che gli israeliani hanno chiamato “Piccola Svizzera”. Ieri sera sono venuto a sapere che la Piccola Svizzera è andata a fuoco.

In ogni caso, i risultati sul territorio sono stati piuttosto devastanti per il JNF. Gli alberi di pino non si sono adattati al clima israeliano più di quanto gli israeliani si siano adattati al Medio Oriente. Secondo le statistiche del JNF, su 10 arbusti che vengono piantati, 6 non sopravvivono. I pochi alberi sopravvissuti non rappresentano altro che un’esca per le fiamme. Al termine di ogni estate israeliana, ogni foresta di pini in Israele diviene una potenziale zona del disastro.
A dispetto della sua potenza nucleare, del suo esercito criminale, dell’occupazione, del Mossad e delle sue Lobby sparse in tutto il mondo, Israele sembra essere molto vulnerabile. Si è alienato in mondo devastante dal territorio di cui esige la proprietà. Proprio come gli alberi di pino, Israele e gli israeliani sono stranieri nella propria regione.

Versione originale:

Gilad Atzmon
Fonte: http://www.gilad.co.uk/
Link: http://www.gilad.co.uk/writings/gilad-atzmon-the-burning-bush.html
2.12.2010

Versione originale:

Fonte: http://blogghete.blog.dada.net/
3.12.200

Traduzione a cura di GIANLUCA FREDA
Inviato il: 4/12/2010 18:32
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Re: Civiltà Ebraica
#349
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.......richiesto da Edo....








“L’instaurazione dello storico Stato ebraico su base nazionale e totalitaria, legato da un trattato con il Reich tedesco, sarebbe nell’interesse del mantenimento e del rafforzamento della futura posizione di potere tedesca in Medio Oriente”, questa frase pronunciata dai sionisti del Lehi per proporre un’alleanza militare al Terzo Reich è una delle tante testimonianze riportate nel libro “Asse Roma – Berlino - Tel Aviv”, scritto da Andrea Giacobazzi e recentemente pubblicato dalla casa editrice Il Cerchio.

Il testo analizza gli intensi rapporti instauratasi durante gli anni della seconda guerra mondiale tra le più diverse organizzazioni ebraiche (religiose, laiche, socialiste, nazionaliste, sioniste, sioniste-revisioniste) ed i vertici politici dell’Italia di Mussolini e della Germania di Hitler.

Molti i temi affrontati. Per quanto riguarda l’Italia la presenza massiccia di ebrei tra i dirigenti dello Stato fascista, il caso del giornale ebraico-fascista “La Nostra Bandiera”, gli intensi e proficui scambi tra i dirigenti sionisti e l’Italia di quegli anni in campo economico e politico, il rapporto privilegiato dei sionisti-revisionisti di Jabotinsky – considerati i “fascisti del sionismo” – e le organizzazioni dell’Italia fascista, in particolare la nascita, presso la scuola marittima di Civitavecchia, di un corso ebraico, nucleo della futura marina israeliana.



Mentre per la parte tedesca l’esistenza di gruppi organizzati di ebrei “assimilati” favorevoli all’instaurazione del nazionalsocialismo, la presenza tutt’altro che ridotta di esponenti di origine ebraica nelle forze armate e negli apparati di potere tedeschi, le fonti finanziarie del regime hitleriano, i forti legami e gli importanti accordi “nazi-sionisti” tra cui l’Haavara (per il trasferimento delle proprietà ebraiche in Palestina) e gli Umschulungsläger (campi di addestramento per i pionieri sionisti presenti in Germania), le collaborazioni con i sionisti-revisionisti ed in particolare le proposte di alleanze di guerra avanzate dal Lehi al Terzo Reich in cambio d’aiuto per la creazione dello stato ebraico.

Questa è la dimostrazione di come in politica non esista il Male Assoluto di stampo metafisico, ma le alleanze sono sempre variabili in funzione degli obiettivi che si vogliono raggiungere.

Come giustamente ha scritto il giurista Carl Schmitt, la dicotomia buono/cattivo riguarda unicamente la sfera morale, mentre nell’agire politico la distinzione fondamentale è quella tra Freund (amico) e Feind (nemico).

Tutto questo vale anche per la politica odierna. Basti pensare al leader populista olandese Geert Wilders che, pur tacciato dai media di razzismo, ha ottimi rapporti con Israele, in particolar modo con Aryeh Elhad, ex generale ed esponente del piccolo partito di estrema destra Hatikva, ed il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman; o, per rimanere in casa nostra, ricordiamo che l’europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio ha definito, elogiandoli, “nuovi centurioni” i “guerrieri” israeliani che combattono i palestinesi “seguaci di Allah”. Tutto questo, ovviamente, in funzione della comune battaglia contro l’Islam.

Ecco perché consigliamo la lettura di questo libro. Troppo spesso abbiamo sentito parlare di leggi razziali o persecuzioni contro gli ebrei durante il secondo conflitto mondiale. Eppure la Storia non è così lineare come vorrebbero farci credere. Ed il libro di Giacobazzi ha proprio il merito di parlare di vicende troppo spesso sottaciute o, peggio ancora, dimenticate.






articolo qui....
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C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di se (Oscar Wilde)
Inviato il: 9/12/2010 23:45
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      Manfred
Re: Civiltà Ebraica
#350
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“Anche noi, siamo contro il matrimonio misto e per il mantenimento della purezza del gruppo degli ebrei” [I sionisti tedeschi al governo del Reich]

Questa è la chiave di lettura.
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Manfred
Inviato il: 9/12/2010 23:54
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Re: Civiltà Ebraica
#351
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“Alleati e amici” promuoveranno le politiche governative alla stampa e durante incontri pubblici, come parte di una nuova strategia delle Publiche Relazioni


Israele ha istruito le sue ambasciate in 10 Paesi europei, inclusa l'Inghilterra, affinchè ognuna di esse recluti 1000 personaggi pubblici che agiscano come sostenitori delle sue politiche nell'ambito di una nuova offensiva delle pubbliche relazioni.

La scorsa settimana, il ministero degli Esteri ha spedito spedito alle ambasciate un telegramma contenente le istruzioni di Avigdor Lieberman, il controverso ministro dell'ala di estrema destra, per adottare una serie di misure con lo scopo di accrescere il sostegno dell'Europa a Israele.

'ordine più curioso è quello di trovare entro metà gennaio più di mille persone che agiscano da “alleati” di Israele. Una fonte li ha descritti come “amici che devono non solo ricevere dei messaggi ma anche promuovere attivamente questi messaggi”. Questi individui – meglio se scelti tra gli attivisti ebrei o cristiani, tra accademici, giornalisti e studenti – saranno istruiti regolarmente da ufficiali israeliani e incoraggiati a parlare a favore di Israele durante incontri pubblici, e a scrivere lettere o articoli per la stampa.

Cinque capitali europee sono state scelte per una spinta un po' più convenzionale nelle pubbliche relazioni. Le ambasciate israeliane a Londra, Madrid, Parigi, Berlino e Roma riceveranno infatti dei fondi per assumere lobbisti e firme professioniste sempre nell'ambito delle PR.

Alle agenzie di comunicazione verrà chiesto di concentrarsi su messaggi politici come: la posizione di Israele nell'ambito dei colloqui con i Palestinesi; argomenti che possono aiutare il “marchio” Israele, come turismo e tecnologia; e questioni locali sulle quali Israele vorrebbe destare l'attenzione, come i diritti umani in Iran o nei Paesi arabi.

Il ministro degli Esteri ha anche suggerito alle ambasciate di organizzare mensilmente degli eventi di alto profilo per promuovere Israele e le politiche del suo governo, e visite in Israele da parte di individui influenti. Liebermann sta pianificando di incontrare gli ambasciatori nei Paesi europei il prossimo mese per dare un impulso quest'offensiva delle pubbliche relazioni.

Un funzionario israeliano ha rifiutato di commentare queste rivelazioni, ma ha detto: “Certo noi cerchiamo sempre dei nuovi modi per migliorare la nostra comunicazione, non c'è nulla di strano in questo”, e ha aggiunto: “C'è della preoccupazione sul modo in cui Israele viene percepito all'estero, in particolare per quanto riguarda alcuni Stati dell'Europa occidentale”.

Israele ha precedentemente lanciato delle guide per migliorare la sua immagine attraverso hasbara – che letteralmente significa spiegazione, sebbene alternativamente interpretata come pubblica diplomazia, distorsione dei fatti o propaganda. Durante la sua guerra di tre settimane a Gaza, cominciata nel dicembre del 2008, Israele aveva promosso una strategia delle pubbliche relazioni attraverso il suo consiglio nazionale dell'informazione per coordinare giorno per giorno i messaggi chiave.

Il governo israeliano, l'esercito e diverse ambasciate sono esperte nell'utilizzo dei social media come Twitter, Facebook e Youtube per produrre del materiale promozionale. Organizzazioni come Bicom, il Centro di ricerca inglese per le comunicazioni su Israele, in Inghilterra, e l'Israel Project negli Stati Uniti, che si descrivono come indipendenti, sono in realtà dedicati alla promozione delle politiche israeliane. Entrambe le organizzazioni offrono ai corrispondenti stranieri di base in Israele e Palestina regolari incontri, contatti e tour, con viaggi in Israele interamente pagati ai giornalisti, compresi quelli del Guardian, che sono di sede in altri luoghi.

Simili strategie delle pubbliche relazioni sono portate avanti anche da altri Paesi. Il Rwanda ha assunto la compagnia londinese Racepoint per aggiornare i media con storie positive. Bell Pottinger, capeggiata da Lord Bell, un ex consulente della Tatcher, rappresenta lo Sri Lanka e il Madagascar.

Nel frattempo, il consiglio dei ministri israeliano ha approvato oggi un piano per costruire un enorme centro di detenzione capace di contenere più di 10 mila immigrati clandestini e rifugiati vicino ai suoi confini con l'Egitto. Israele ha iniziato a costruire un recinto lungo i bordi già prima dell'inizio del mese. L'autorità per la popolazione e l'immigrazione ha detto che tra le 1200 e le 1500 persone, provenienti principalmente dall'Africa Sub-Sahariana, hanno attraversato i confini ogni mese di quest'anno, mentre lo scorso anno erano 300 al mese. “C'è un'emorragia di persone che minaccia il lavoro degli israeliani, un'onda di immigrati irregolari che dobbiamo fermare a causa delle severe implicazioni che avrebbero per l'israeliano in quanto tale” ha detto il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante il consiglio di gabinetto di oggi.

Come se non bastasse, oggi il Generale maggiore Uri Bar-Lev, il capo della polizia indagato per presunte molestie sessuali e stupro, ha detto che di voler ritirare la sua candidatura per diventare Commissario della Polizia israeliana, e si è dato un tempo non specificato per dimettersi

Harriet Sherwood
Fonte: www.guardian.co.uk
Link: http://www.guardian.co.uk/world/2010/nov/28/israel-citizen-advocates-europe-pr
28.12.2010

Traduzione a cura di ANNA TORO
Inviato il: 13/12/2010 21:27
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Re: Civiltà Ebraica
#352
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“Riconosca l’errore, faccia le sue scuse…e cambi registro”
Lettera aperta all’on. Fiamma Nirestein

Gentile On.le Nirenstein,

gli attacchi da lei rivolti all’Ordine dei Giornalisti ed al Presidente Iacopino investono, a nostro modo di vedere, la sfera della libertà di informazione e del diritto di espressione, il che ci coinvolge direttamente come cittadini, oltre che come attivisti del movimento per la pace e la giustizia in Medio Oriente.

La “colpa” del Presidente Iacopino sarebbe quella di aver consentito lo svolgimento, in una sala dell’Ordine da lui presieduto, di una conferenza stampa avente ad oggetto la presentazione di un libro della giornalista Angela Lano sulla vicenda delle navi dei pacifisti assaltate dall’esercito israeliano circa sei mesi or sono e l’illustrazione della prossima spedizione navale che dirigerà verso la Striscia di Gaza assediata.

A sua detta, On. Nirenstein, il Presidente Iacopino ha commesso un gravissimo errore, addirittura uno “scandalo”, consentendo quella conferenza stampa e intervenendo nella presentazione del libro di Angela Lano.

Soffermiamoci su quella che avrebbe dovuto essere la prova regina dello “scandalo” commesso dal Presidente Iacopino:la presenza, nella conferenza stampa incriminata, dei rappresentanti dell’organizzazione turca İnsani Hak ve Hürriyetleri ve İnsani Yardım Vakfi, più conosciuta con il suo acronimo IHH. Si tratta dell’associazione proprietaria della Mavi Marmara, la nave a bordo della quale si trovavano i nove attivisti assassinati dall’esercito israeliano nel corso dell’assalto della scorsa primavera (assalto, è bene ricordarlo, condannato dall’ONU e da tutti i governi del mondo, escluso, ovviamente, quello di Tel Aviv).

On.le Nirenstein, da mesi lei proclama che l’associazione turca sia in realtà un’organizzazione terroristica, fuorilegge in Germania e inserita nella black list del Dipartimento di Stato U.S.A.; sulla base di questa affermazione, lei ha puntato il dito contro il Presidente Iacopino e l’intero Ordine dei Giornalisti.

***

On.le Nirenstein, prima di essere eletta al Parlamento italiano e di ricoprire la carica di Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, lei faceva la giornalista. Avrebbe, dunque, almeno due ottime ragioni per documentarsi, prima di lanciare accuse tanto gravi.

L’ İnsani Hak ve Hürriyetleri ve İnsani Yardım Vakfi – IHH (in italiano, Fondazione per i diritti dell’uomo, le libertà e l’aiuto umanitario) è un’organizzazione turca, con base ad Istanbul, dove è ufficialmente registrata dal 1995. Dal 2004, l’IHH è anche una delle ONG che godono dello status di “organismi consultivi” da parte del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite. L’IHH è intervenuta con aiuti umanitari in Bosnia, Pakistan, Etiopia, Libano, Indonesia, Palestina occupata, Sudan (Darfur), Ghana, Mongolia, Cina, Brasile, Argentina e ad Haiti dopo il recente terremoto. A differenza di quanto va proclamando da sei mesi, On.le Nirenstein, l’IHH non è fuorilegge in Germania e non è sulla black list del Dipartimento di Stato U.S.A. Per la verità, l’IHH è fuorilegge in un solo Paese al mondo: Israele.

Fuorilegge in Germania e considerata organizzazione terrorista dagli U.S.A. è, invece, un’altra organizzazione, che in comune con quella da lei additata, On.le Nirenstein, ha solo le iniziali del nome: si tratta, infatti, dell’Internationale Humanitare Hilfsorganisation, fondata a Francoforte e con sedi in alcuni Paesi europei (Belgio, Danimarca, Olanda ed Austria), ma non in Turchia.

L’IHH di Istanbul ha sempre dichiarato di non aver nulla a che spartire con l’IHH di Francoforte, ed ha tentato più volte, anche ricorrendo alla magistratura tedesca, di impedirle di utilizzare l’acronimo ed un logo molto simile al proprio.

Seguendo questa sua logica dovremmo accollare, denunciare e perseguire in Italia le malefatte della Confederazione Italiana degli Agricoltori (CIA) perché ha la stessa sigla della Central Intelligence Agency (CIA) con sede a Langley in Virginia e di cui alcuni agenti in Italia sono stati recentemente condannati a pene pesanti dalla magistratura.

On.le Nirenstein, tutto questo non può non essere di sua conoscenza, alla luce della sua grande esperienza come giornalista e Vicepresidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati, (anche perché è sufficiente una brevissima ricerca su internet per reperire tutte le informazioni in proposito).

Errare è umano, perseverare è diabolico. Lei, On.le Nirenstein, persevera nell’errore da più di sei mesi, e sulla base di questo errore ha scagliato le sue accuse contro chi ha messo a disposizione uno spazio di libertà per fornire un’informazione e un punto di vista che, per quanto siano a lei sgraditi, non si possono oscurare. Proprio come non si può oscurare la verità su quel massacro compiuto in mare aperto, in quell’alba di sangue della scorsa primavera. Proprio come non si può oscurare la verità di una feroce occupazione militare e coloniale che si fonda sul disprezzo razzista e sulla complicità di governi distratti o conniventi.

Vede, On.le Nirenstein, per noi non esistono razze inferiori e popoli eletti. Per noi, gli uomini e le donne sono tutti uguali e tutti hanno il diritto di esprimersi e raccontarsi, perché la libertà di informazione non può essere solo la libertà dei potenti di insultare i più deboli. Dunque, l’Ordine dei Giornalisti ed il suo Presidente hanno fatto una cosa giusta, ospitando la presentazione di quel libro e quella conferenza stampa. E lei, On. Nirenstein, farebbe un gran bel gesto, se ammettesse il suo errore e porgesse le sue scuse al Presidente Iacopino, agli attivisti dell’IHH ed a tutti quelli che si stanno preparando per portare alla Striscia di Gaza assediata ed a tutta la Palestina occupata un messaggio di solidarietà e di libertà.

La salutiamo qui e le diamo appuntamento al prossimo 25 aprile. Noi saremo come tutti gli anni in piazza insieme ai partigiani, agli antifascisti e insieme ai palestinesi con le bandiere rosse, palestinesi e partigiane per celebrare la Resistenza contro l'oppressione dei popoli.

Il Forum Palestina
Inviato il: 16/12/2010 14:05
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Re: Civiltà Ebraica
#353
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Mi stupisco che si perda anche tempo rispondere a delle macchiette come la Nirestein.
Basterebbe leggersi un suo articolo,per capire l'inutilita' di dialogare con queste persone
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"Quando vedo una persona in bicicletta penso che per l'umanita' c'è ancora speranza"
Inviato il: 16/12/2010 15:24
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Re: Civiltà Ebraica
#354
Mi sento vacillare
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Citazione:

black ha scritto:
Mi stupisco che si perda anche tempo rispondere a delle macchiette come la Nirestein.
Basterebbe leggersi un suo articolo,per capire l'inutilita' di dialogare con queste persone

A mia volta mi stupisco di come una colona israeliana possa essere anche deputata nel parlamento italiano. In virtù della nuova legge elettorale è' stata imposta da Berlusconi in un collegio dell Liguria, mi piacerebbe sapere quante preferenze ha avuto.
E' ovvio che - e i fatti di questi giorni ne sono una ennesima conferma - i suoi interessi verso un paese straniero-Israele. vengano prima di quelli dell'Italia.
Questa On.le si batte da tempo affinchè il parlamento vari una legge punitiva contro i reati d'opinione, nella fattispecie, chi dubitasse del sacro dogma olocaustico. E prima o poi ci riuscirà.
Inviato il: 16/12/2010 16:58
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Re: Civiltà Ebraica
#355
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Re: Civiltà Ebraica
#356
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Citazione:
E prima o poi ci riuscirà.

credo che il tentativo non possa riuscire. E'sempre più evidente la collusione di sionisti con i nazi-fascisti per ottenere uno stato in medioriente.
E sarà anche sempre più chiaro chi ha spinto per ben due volte gli USA nelle guerre mondiali. Se la storia la scrivono i vincitori non è detto che gli stessi riescano sempre ad insabbiare tutto.




Andrea Giacobazzi a Radio Italia: appoggio dei sionisti rivisionisti ai nazi-fascisti in cambio di un loro stato in Medioriente

***************

I sionisti rivisionisti in cambio del trasferimento degli ebrei in palestina e la nascita di un loro stato in medioriente, avrebbero dato il loro appoggio alle operazioni militari della Germania nazional-socialista.

Nell’Italia fascista presso la scuola marittima di Civitavecchia, si ebbe un corso ebraico, nucleo della futura marina israeliana. Non si possa tacere il fatto che in Israele il partito Likud sia l’erede a sua volta del Herut che era l’erede di fatto del revisionismo.






articolo qui
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Re: Civiltà Ebraica
#357
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Re: Civiltà Ebraica
#358
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Onu: 'Demolizioni aumentate del 45%'. Peace Now: '1.700 unità abitative in 3 mesi'

Scritto il 2010-12-23 in News

Al-Quds (Gerusalemme) - InfoPal. Fonti ufficiali Onu hanno affermato: "Nel 2010, le forze d'occupazione israeliane hanno proseguito rapidamente le demolizioni di abitazioni e proprietà palestinesi ad al-Quds (Gerusalemme). Questo processo ha subito un escalation del 45% rispetto al 2009".

Maxwell Gillard, Coordinatore umanitario nei Territori palestinesi occupati per le Nazioni Unite, ha espresso preoccupazione e ha specificato: "Quest'anno le abitazioni palestinesi distrutte da Israele tra Gerusalemme e Cisgiordania sono state 396. Nel 2009 ne erano state demolite 275. Oltre 3 mila palestinesi sono rimasti senza casa e attualmente sono sfollati".

"L'Impatto socio-economico ha un peso non indifferente, in maniera diretta sulle loro vite, ma pure sulla performance dell'assistenza umanitaria".

"Israele deve fermare questa politica" ha concluso Gillard.

Da parte sua, Peace Now, movimento pacifista israeliano, questa mattina ha ripetuto dati e previsioni esposti dal responsabile Onu.

"La costruzione delle colonie israeliane è avvenuta in modo rapido come non mai. Dalla scadenza della moratoria sul congelamento, tre mesi fa, decine di progetti per centinaia di unità abitative sono stati approvati da Israele per un totale di 1.700 unità abitative".

"Approvazione e implementazione si sono volti con una rapidità e in maniera estesa in un periodo particolarmente vulnerabile, quale quello di negoziati diretti tra Israele e palestinesi, mentre l'opinione pubblica era distratta da colloqui decisamente deboli".

I lavori di costruzione non vanno intesi unicamente con l'edificazione materiale delle unità abitative (Peace Now rivela l'ultimo piano per la costruzione di 75 abitazioni per coloni) ma pure con i lavori sussidiari per la fornitura di servizi; fognature, sistemi elettrici e strade ad uso esclusivo dei coloni di Israele.

Già fonti d'informazione israeliane, come il quotidiano Yediot Ahronot, avevano individuato nei principali blocchi coloniali quali "Ma'ale Adumim", "Beitar Illit" e "Modi'in Elite" i punti di maggior espansione e quelli interessati da un eventuali scambi di popolazioni da finalizzare con l'Autorità nazionale palestinese (Anp).

Alle dichiarazioni rilasciate oggi da Peace Now, hanno fatto seguito quelle di un leader dei coloni il quale, con orgoglio e disivoltura, ha confermato le cifre.

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Inviato il: 24/12/2010 14:01
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Re: Civiltà Ebraica
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Inviato: Ven Dic 24, 2010 8:54 pm Oggetto: Il massacro quotidiano dei lavoratori palestinesi

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Il massacro quotidiano dei lavoratori palestinesi



23/12/2010

di Vittorio Arrigoni articolo apparso anche su Peace Reporter

http://guerrillaradio.iobloggo.com/

IDF snyper

E’ sorprendente constatare quanti giornalisti internazionali, anche fra i più quotati, una volta giunti a Gaza riportino come l’assedio si sia attenuato osservando i negozi strapieni di cianfrusaglia e il declino del mercato nero dei tunnel negli ultimi mesi.

Senza necessariamente subentrare nella Striscia basterebbe documentarsi con i rapporti delle maggiori organizzazioni per i diritti umani per comprendere la situazione reale.
Recentemente, 21 fra le maggiori ONG che operano a Gaza, fra le quali Amnesty International, Oxfam, Save the Children, Christian Aid and Medical Aid for Palestinians hanno denunciato come un milione e mezzo di abitanti della Striscia, (più della metà sono bambini) continuano a essere strangolati da un assedio illegale sotto ogni punto di vista.

Nel rapporto, nominato “Speranze svanite, la continuazione del blocco di Gaza [1]” si fa luce sulle promesse disattese d’Israele di un allentamento dell’assedio all’indomani del massacro dello Freedm Flotilla.
Secondo l’ONU Israele ha permesso l’entrata a solo il 7% del materiale necessario per la ricostruzione degli ospedali e delle scuole danneggiate o distrutte durante l’offensiva Piombo Fuso, e ciò fra le altre cose quest’anno ha comportato l’impossibilità d’accesso all’istruzioni ad oltre 40 mila studenti. L’economia continua a essere al collasso per via del blocco delle importazioni e delle esportazioni, con il 93% delle industrie chiuse e oltre il 70% della forza lavoro disoccupata.
L’88% della popolazione continua a vivere di aiuti, sotto la soglia di povertà.

L’imposizione della “buffer zone”, quella porzione di terra nei pressi del confine che Israele ha di fatto sequestrato sparando a chiunque si avvicini, secondo l’ONU riguarda terreni fertili dal confine fino a un chilometro e mezzo nell’entroterra palestinese, cioè il 35% del totale dei terreni coltivabili a Gaza e che ora sono lasciati incolti.
E’ proprio avvicinandosi a queste zone di confine che si ha la misura di quanto l’assedio non si sia affatto attenuato, ma al contrario stretto attorno alle vite dei suoi abitanti, rendendo la vita impossibile ai contadini e ai molti raccoglitori di materiale edile di riciclo dai palazzi in macerie.

Dall’inizio di novembre ad oggi, il Palestinian Center for Human Rights [2] e l’International Solidariety Movement [3] hanno documentato 31 attacchi compiuti dei soldati israeliani al confine direttamente contro civili palestinesi. 6 di queste vittime sono bambini.

15 dicembre
Circa alle 9 50 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine Nord della Striscia di Gaza, nei pressi di Beit Lahiya, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo alla gamba sinistra Waleed Nasser Marouf di 21 anni originario di Beit Lahia.

14 dicembre
Circa alle 8:00 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine Nord della Striscia di Gaza, nei pressi di Beit Lahiya, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo ad un piede e alla mano sinistra Mohammed Motei Shkhaidem, 23 anni di Beit Lahia.

Circa tre ore più tardi, gli stessi cecchini hanno ferito alla gamba sinistra Jom’a Abu Warda, 29 anni, originario di Jabalya.

Verso le 13 pm, sempre nella stessa zona, i soldati israeliani hanno sparato ancora e gambizzato un altro civile:, Fadi Fareed Abu Hwaished di 18 anni.

12 dicembre
Circa alle 8 00am cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine Nord della Striscia di Gaza,nei pressi di Beit Lahiya, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo ad una gamba Aziz Aayesh al-Sous, 34 anni originario di Beit Lahia.

11 dicembre
Circa verso le 11 55 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine Nord della Striscia di Gaza, nei pressi di Beit Lahiya, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo ad una gamba Suhaib Sami Mrouf, di 16 anni.

10 dicembre
Circa alle 08 20 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine Nord della Striscia di Gaza, nei pressi di Beit Lahiya, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo ad una gamba Ibrahim Ghaben, 16 anni di from Beit Lahia, che si trovava a 150 metri dal confine.

Circa alle 9 am, soldati israeliani appostati sul confine Sud Est della Striscia di Gaza con Israele, nell’area di Khuza a est di Khan Younis, hanno sparato verso dei contadini palestinesi che lavoravano la terra a circa 800 metri. Nidal Hassan al-Najjar di soli 16 anni, e’ rimasto ferito al piede destro.

Nidal Hassan al-Najjar

“Ogni giorno! Ogni giorno! Questa cose avvengono ogni giorno!”
Cosi’ lo zio di Nidal agli attivisti dell’ISM che sono andati a trovarlo all’ospedale [4].

9 dicembre
Circa alle 7 30am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine Nord della Striscia di Gaza, nei pressi di Beit Lahiya, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo alle gambe Sultan Sad Izmail, 29 anni e Ahmed Sad Ghaben, 20 anni.

4 dicembre
Circa alle 9 00 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine Nord della Striscia di Gaza, nei pressi di Beit Lahiya, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile.
2 civili colpiti e feriti alle gambe dai proiettili israeliani: Mohammed Ata al-Hossoumi di 22 anni e Bilal Shaban al-Hossoumi di 17 anni.
Bilal da 5 mesi aveva dovuto sostituire al lavoro il fratello ventiseienne, anch’esso rimasto ferito dai soldati israeliani più o meno nella stessa zona. Mohammed Ata al-Hossoumi che prima dell’inizio dell’assedio della Striscia di Gaza lavorava presso una fattoria, ora non ha trovato altro impiego che recarsi al confine a raccattare materiale edile riciclabile, pietre e ferro. “Non m’importa se mi sparano ancora una volta uscito di qui, m’importa solo della mia famiglia, e di come riuscire a sfamarla.” Ha dichiarato Mohammed ad un attivista dell’ISM all’ospedale Kamal Udwan. [5]

Un’ora dopo i primi 2 ferimenti, nella stessa aerea soldati israeliani hanno sparato ancora e ferito un altro operaio palestinese, Marwan Mahmoud Ma’rouf, di Beit Lahia, colpito da un proiettile al piede destro.

Bilal Sha’ban al-Hossoumi e Mahmoud Ma’rouf hanno subito diverse fratture alle gambe, essendo stato colpiti da proiettili “dum dum”, proiettili che esplodono all’impatto, vietati dalle convenzioni internazionali.

2 dicembre
Circa alle 10:10 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione sul confine Nord della Striscia di Gaza, nei pressi di Beit Lahia, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero di materiale edile riciclabile a circa 400 metri dal confine.
Schegge di proiettile hanno ferito al piede ‘Alaa’ Nafez Barakat, di 21 anni, originario dal campo profughi Al Shati, a Overt di Gaza city.

30 novembre
Circa alle 07:20 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione poste sul confine a Nord Ovest di of Beit Lahia, a Nord della striscia di Gaza hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero da delle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo alla gamba Ismail Saed Ghaben, 31 anni, originario di Beit Lahia.

Ismail Saed Ghaben, 31 anni [6]
Non è la prima volta che Ismail viene ferito. Nel 2004, durante una incursione israeliana, i soldati delle forze di occupazione gli spararono ad un ginocchio. Nel 2008 fu ferito ancora da un proiettile ad una mano. Questa volta gli è andata peggio delle precedenti: i chirurghi dell’ospedale Kamal Udwan hanno dovuto amputargli 3 dita del piede. Anche 2 fratelli di Ismail in passato sono stati feriti mentre lavorano nei pressi del confine.

Un’ora dopo il primo ferimento nella stessa zona i soldati israeliani hanno sparato e colpito alle gambe altri tre lavoratori palestinesi: Ghassan Mas’oud Abu Riala di 21, anni, e Ameen Akram Abu Shawish, di 22 anni, entrambi originari di Zaytoun, a Nord a Gaza City. E Nader Mohammed al-Anqar, di 21 anni, proveniente da Beit Lahia.

“Non è un crimine questo?” e’ intervenuto il padre di Ameen durante la visita ai feriti degli attivisti dell’ISM [7], “gli hanno sparato un proiettile dum-dum!” Secondo le convenzioni di Ginevra che hanno messo al bando questo tipo di proiettile, si’ questo è un crimine.

Circa due ore dopo, alle 10 e 40, cecchini israeliani ancor in azione: colpito Bayan Farouq Tanboura, di 26, contadino di Beit Lahia che si stava recando ad acquistare delle patate su di un campo posto a circa 600 metri dal confine, ignorando che una incursione israeliana era in corso.

Ameen Akram Abu Shawish [8]Bayan Farouq Tanbourai 26 anni [9]

Anche 2 fratelli di Bayan in passato sono stati colpiti dai proiettili israeliani: Adham e Kaled.

28 novembre
Circa alle 08:15 am,
cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione vicine a Beit Hanoun (Erez), al confine Nord della Striscia di Gaza, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo ad una gamba Mukhles Jawad al-Masri di 15 anni, originario di Beit Hanoun che si trovava a circa 500 metri dal confine.

Foto di Mukhles Jawad al-Masri di 15 anni

“Per via dell’assedio, non ci sono molte possibilità di sopravvivenza per la mia famiglia. Siamo in 17 a casa e io riesco a portare del cibo sulla tavola solo riciclando materiali di scarto. E’ un lavoro pericoloso che mi consente di guadagnare appena 30 shekels al giorno (circa 6 euri), ma è l’unica possibilità che ho per aiutare la mia famiglia.” Ha raccontato Mukhels agli attivisti dell’ISM [10]. Il padre ha aggiunto al racconto: “tutti i giorni proviamo paura quando lo vediamo uscire di casa per andare al lavoro, ma è tutto quello che abbiamo. Tutte le volte temiamo che qualcuno corra ad avvisarci che Mukhels è stato arrestato o ferito dai soldati”.

Circa un’ora dopo, nella stessa zona, i soldati israeliani hanno ferito ad una gamba un altro giovane lavoratore palestinesi: Khalil al Zanin, 20, originario di Beit Hanoun, e poco più a ovest, sempre alla stessa ora, a finire gambizzato era Mamdouh ‘Aayesh al-Sous, di 28 anni, di Beit Lahya.

[11]

“Mi trovavo a circa 130 metri dal confine. Vicino a Israele, ma nella nostra terra. Abbiamo 100 giovani piante di ulivo che necessitano di cura, per cui andavo spesso in quella zona. Certamente i soldati israeliani mi conoscono, sono abituati a inquadrami con le loro telecamere. Non so perché mi hanno fatto questo.”

27 novembre
Circa alle 9:10 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione sul confine Nord fra la Striscia di Gaza e Israele, nei pressi di Beit Lahia, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile ferendo ad un gamba Shamekh Said al-Debes, 16 anni, originario di Jabalya . 3 ore dopo nella stessa zona, a essere colpito alle gambe è stato Ahmed Mahmoud Jarbou’, di anni 26, pescatore proveniente da campo profughi di al-Shati , Ovest di Gaza City , che stava pescando vicino alla riva.

Foto di Ahmed Mahmoud Jarbou', di 26 anni [12]
“Per più di un anno sono andato a pescare nella stessa zona. I soldati israeliani mi osservavano ogni giorno: sanno che sono solo un pescatore! Non c’era nessuna ragione, non ho dato loro nessun motivo di sospetto, non stava facendo assolutamente nulla di anormale poco prima che mi sparassero. Eppure lo hanno fatto, senza neanche un colpo di avvertimento. Il solo colpo che ho sentito è quello che ha centrato la mia gamba.”
Ha raccontato Ahmed agli attivisti dell’ISM [13], aggiungendo: “Sono padre di due figli, e non abbiamo altro con cui sopravvivere se non il frutto della mia pesca”.

Alle 14 pm. circa, cecchini israeliani ancora all’attacco di civili palestinesi nei pressi del confine Nord della Striscia a Beit Hanoun (Erez). Colpito ad una gamba l’ennesimo operaio palestinese impegnato nel recupero di materiale edile riciclabile: Khalid Ashraf Abu Sitta, di 21 anni, originario di Beit Hanoun.
Khalid Ashraf Abu Sitta, di 21 anni [14]

Il fratello della vittima si è rivolto cosi’ ad un attivista dell’ISM [15]: “Khalid ha lavorato nella stessa area per piu’ di sette mesi. Sono sicuro che i soldati lo conoscono, eppure gli hanno sparato senza neanche un colpo di avvertimento”.

24 novembre
Circa alle 09:45 a.m., cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione vicine a Beit Hanoun (Erez), al confine Nord della Striscia di Gaza hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo al piede sinistro Rami ‘Aayesh al-Shandaghli, 28 anni, originario di Jabalya town, che si trovava a circa 400 metri da confine.

19 novembre
Circa alle 08:20 am cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione sul confine Nord fra la Striscia di Gaza e Israele, nei pressi di Beit Lahia, hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile ferendo ad al piede dstro Mohammed Isma’il al-Ghandour, 34 anni, orignario di Beit Lahia town, che stava lavorando a circa 70 metri dal confine.

13 novembre
Circa alle 09:00 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione vicine a Beit Hanoun (Erez), al confine Nord della Striscia di Gaza hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile, ferendo alla gamba destra Ammar Khalil Hamdan, 22 anni originario di Beit Hanoun, che stava lavorando a circa 400 metri dal confine.

12 novembre
Circa alle 08:15 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione vicine a Beit Hanoun (Erez), al confine Nord della Striscia di Gaza hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile ferendo alla gamba destra Bashir Sami ‘Aashour, 20 anni, originario di Beit Hanoun, mentre stava lavorando a circa 50 metri dal confine.

10 novembre
Circa alle 07:45 am, cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione vicine a Beit Hanoun (Erez), al confine Nord della Striscia di Gaza hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero di materiale edile riciclabile, ferendo alla gamba Ibrahim Yousef Ghaben, 28 anni originario di Beit Lahia.

Foto di Ibrahim Yousef Ghaben [16]

Il fratello di Atif ha descritto agli attivisti dell’ISM la scena del ferimento [17]:
“gli hanno sparato da un torre di osservazione alla gamba quando si trovava a 600 metri dal confine. Gli amici lo hanno caricato su un carretto trascinato da un somaro fino a dove è potuta arrivare l’ambulanza. I dottori dicono che il proitille era un “dum dum”, che esplode all’impatto, che gli ha frammentato l’osso in più parti”.

7 novembre
Circa alle 06:15 am. cecchini israeliani appostati su una delle torri di osservazione vicine a Beit Hanoun (Erez), al confine Nord della Striscia di Gaza hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi impegnanti nel recupero dalle macerie di materiale edile riciclabile ferendo alla gamba sinistra Karam Talal al-Adham, 19 anni, originario di Beit Lahia.

2 novembre
Circa alle 11:00 am, soldati israeliani appostati sul confine Nord Est del centro della Striscia di Gaza hanno aperto il fuoco verso un gruppo di lavoratori palestinesi che stava raccogliendo materiale di riciclo come ferro, plastica e alluminio a 300 metri dal confine.
Hussam ‘Abdul Hafez al-Khaldi di 34 anni, è stato colpito da un proiettile alla spalla destra.

5 ore dopo, alle le 16:00, ambulanze palestinesi sono riuscite ad avvicinarsi al confine Est di Khan Yunis, per recuperare il corpo ferito di Mahmoud Mohammed Shirrir, 34 anni originario di Abbassan village. Shirirri, un disabile mentale, si era avvicinato al confine e i soldati israeliani non hanno esistato a sparargli addosso sebbene chiaramente non rappresentasse una minaccia. Il proiettile gli ha perforato l’anca sinistra.

Nella quasi totalita’dei casi esaminati, i cecchini israeliani hanno sparato contro i civili palestinesi senza alcun colpo di avvertimento.
Spesso i proiettili utilizzati sono “dum dum”, vietati dalle leggi internazionali.
Spesso i cecchini puntano alle ginocchia dei civili, in modo da provocare invalidità permanenti.
Secondo il PCHR, gli attacchi ai lavoratori palestinesi nella buffer zone hanno raggiunto una escalation senza precedenti: 81 lavoratori feriti e 9 uccisi dall’inizio dell’anno.
Il massacro dei lavoratori palestinesi è destinato a continuare anche nel nuovo anno nell’impunita’ della comunità internazionale, e nel pressoché silenzio dei media di massa.

Restiamo Umani

Vittorio Arrigoni da Gaza city



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la religione è indispensabile
soltanto a un’umanità rescissa dal mondo divino-spirituale.
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Re: Civiltà Ebraica
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Mi sento vacillare
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Megaphone desktop tool
From Wikipedia, the free encyclopedia

Screenshot of Megaphone Desktop ToolThe Megaphone desktop tool is a Windows "action alert" tool developed by Give Israel Your United Support (GIYUS) and distributed by World Union of Jewish Students, World Jewish Congress, The Jewish Agency for Israel, World Zionist Organization, StandWithUs, Hasbara fellowships, HonestReporting, and other pro-Israel public relations organizations. The tool was released in July during the 2006 Lebanon War. An RSS newsfeed is available so that non-Windows users may also receive the Megaphone "action alerts."

The softwareThe Megaphone Desktop Tool gives the user the option of going to a particular site with a poll, and if the user chooses to go to the site, the software then casts a vote automatically, when this is technically feasible. The vote is chosen by the distributors of Megaphone.

Giyus tries to save you the time and effort of locating the voting form inside the website, a seemingly simple task that may prove quite confusing at certain sites. Whenever we technically can we direct you straight to the voting action. If you have arrived at the poll results, it means that you were directed straight to the voting action and have already successfully voted. If for some reason you don't care to vote, you can always use the "No Thanks" link in the article alert popup. [9]

In the original version, the user was offered the option to vote or not to vote (see screenshot above), but was not offered the option to choose their own vote.

The software license provides for remote updates: "You understand and agree that Giyus.Org may provide updates, patches and/or new versions of the Software from time to time, including automatic updates that will be installed on your computer, with notice to You, as needed to continue to use the Services, and You hereby authorize such installations."[...]

http://en.wikipedia.org/wiki/Megaphone_desktop_tool
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Inviato il: 28/12/2010 21:19
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