Re: SCAPAC 2 - Rigassificatori

Inviato da  Lezik85 il 15/5/2010 11:46:46
L'italia "gasata"

L’eco-business dei rigassificatori

L’Italia va a gas. Non completamente, ma abbastanza da essere dipendente molto più da questo combustibile fossile che dal tanto giustamente criticato petrolio. Secondo le statistiche di Terna, società che dal 2005 gestisce la rete di trasmissione nazionale, la maggior parte delle centrali termoelettriche italiane sono alimentate a gas naturale (60,5% del totale termoelettrico nel 2006), a carbone (16,9%) e con derivati petroliferi (12,9%). Ma nel 1995 (quindi prima dell’entrata in vigore della famigerata delibera detta CIP 6 che assimilava le centrali a ciclo combinato alle fonti rinnovabili), gas naturale, carbone e petrolio “pesavano” rispettivamente per il 23,7%, il 12,2% e il 60,8%.

Il problema è che politici di ogni colore e industriali hanno puntato molto sul gas perché questa fonte fossile ha supportato la riconversione profonda delle strutture energetiche nazionali (costruzione delle ormai famose centrali a ciclo combinato). Negli anni passati si è fatto di tutto per far arrivare quanto più gas possibile, costruendo una fitta rete di gasdotti e favorendo in maniera vergognosa la costruzione di rigassificatori. Per vincere le resistenze delle popolazioni preoccupate per gli effetti sul territorio e sulla salute si sono gonfiate le previsioni dei consumi, si sono minacciati fantomatici black-out, si è ricorsi, insomma, alla solita politica dell’emergenza che ormai è un utile strumento per cercare di far passare tutto.
Ma i nodi vengono sempre al pettine.

La crisi economica che attanaglia il sistema capitalistico da un paio di anni ha provocato una diminuzione drastica dei consumi facendo saltare le previsioni gonfiate, presentate negli anni passati come “verità assolute” e indiscutibili.
Insomma, anche se nessuno ne parla siamo in piena “bolla del gas”: i consumi di gas italiani sono passati dai 77,3 milioni di metri cubi del 2003 agli 86,1 del 2005, ma poi sono diminuiti a 84,4 nel 2006, rimanendo stabili nel 2007 con 84,9 e nel 2008 con 84,8 precipitando però ad appena 78,1 nel 2009. Anche le importazioni che erano aumentate da 59,2 milioni di metri cubi del 2002 ai 77,3 del 2006 sono scese ai 76,8 del 2008 per poi precipitare ai 69,2 del 2009 (fonte: Ministero sviluppo economico). Come si vede anche prima che la crisi colpisse pesantemente l’Italia, i consumi erano rimasti per un paio di anni stabili, segno che gli aumenti previsti (con la relativa spinta alla costruzione di gasdotti e rigassificatori) erano stati propagandisticamente esagerati.

Comunque la tendenza è generale. Secondo il “World energy outlook 2009”, redatto dall’IEA, Agenzia internazionale per l’energia, si va verso “un forte eccesso nell’offerta di gas nei prossimi anni” tanto da prevedere una “capacità inutilizzata di ben 200 miliardi di metri cubi nel periodo 2012-2015”.
La domanda sorge spontanea: ma allora tutti i rigassificatori di cui si parla da anni (secondo il Ministero sviluppo economico, agosto 2009, ben 9 i progetti presentati in Italia oltre ai rigassificatori già realizzati o in fase di realizzazione) che fine faranno? La risposta di governo e Confindustria parla di fare dell’Italia un hub, punto di smistamento, del gas da immettere nelle reti europee.

Ma questo progetto che fa business sulle spalle dell’ambiente della salute dei cittadini appare oggi irrealistico perché il gas che arriverà in eccesso difficilmente potrà essere piazzato su altri mercati, saturi anch’essi. In presenza di una bolla del gas dai contorni giganteschi come quella che si preannuncia, il gas continuerà ad arrivare dai gasdotti a causa dei particolari contratti che vigono nel settore. In poche parole: i contratti detti “take of pay” prevedono che se l’acquirente non ritira il prodotto deve pagare per il quantitativo non ritirato. L’acquirente può solo non ritirare subito il prodotto pagato, riservandosi di riceverlo successivamente. L’altro mercato, quello che spesso viene ricondotto ai rigassificatori, detto “spot” perché fondato su contratti a breve termine, è quasi inesistente in Europa e non si svilupperà certamente in presenza della “bolla”.

A questo proposito ci pare interessante riferire l’opinione di un consulente del Ministero dello Sviluppo Economico, il prof. Urban, rilasciata all’agenzia AGI Energia il 17 novembre 2009: “ In Italia abbiamo decine di terminali GNL, di cui si prevede o si auspica la costruzione nei prossimi anni.
Molti di questi non hanno né contratti di acquisto del gas naturale né contratti di vendita dello stesso sul mercato interno… si tratta molto probabilmente di cattedrali nel deserto.”

Queste cattedrali nel deserto sono però garantite dallo Stato. I costi di costruzione di un rigassificatore sono notevoli, valutati dai 300 agli 800 milioni di euro. Il rischio dell’investimento sarebbe elevato.
Per incentivare la costruzione di questi impianti, lo Stato italiano è intervenuto garantendo la copertura di gran parte dei costi e dei rischi economici dei rigassificatori. Grazie alla delibera 178 emanata dall’Autorità per l’energia nell’estate 2005 (governo Prodi), lo Stato italiano ha azzerato, di fatto, il “rischio di impresa”. Con questa delibera l’Autorità per l’energia: “assicura anche in caso di mancato utilizzo dell’impianto” la copertura di una quota pari all’80% della potenza nominale da rigassificare. Così, se le società che gestiscono i terminali non riusciranno a procurarsi il GNL, interverrà lo Stato italiano che le rimborserà con i soldi prelevati dalle bollette dei cittadini.
Ma non è finita. Al servizio di rigassificazione si applicano le tariffe differenziate fissate dall’Autorità dell’energia a seconda dei costi dell’impianto. A causa dell’ammortamento del costo dell’impianto il gas dei nuovi rigassificatori, sarebbe fuori mercato. Grazie alla citata delibera dell’Autorità per l’energia, lo Stato si accollerà, per meglio dire scaricherà ancora sui cittadini, attraverso le bollette, le differenze di costo.
È evidente che la costruzione dei rigassificatori non porterà giovamento sul versante dei prezzi mentre porterà un aggravio dei costi sulle bollette dei consumatori.

I rigassificatori sono inutili, perché di gas ce n’è fin troppo, sono dannosi per l’ambiente a causa dell’inquinamento atmosferico che provocano e sono pericolosi, per i rischi di incidente disastroso che comporta questa tecnologia.

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