La creazione del “democratico perfetto”: arrivano i corsi di “morale laica”!

Inviato da  Ribelle il 18/9/2012 15:30:11
di Enrico Galoppini - 11/09/2012

Che la “democrazia”, esito inevitabile degli “immortali principi dell’89” (Liberté, Égalité, Fraternité), vada configurandosi come una parodia, un’inversione a 180 gradi della civiltà tradizionale (di cui l’”Ancién Régime” abbattuto con la Rivoluzione Francese era solo una pallida sopravvivenza), lo dimostra anche una serie di provvedimenti di carattere “culturale” e “pedagogico” adottati dalle cosiddette “autorità”.

Gente che nel migliore dei casi naviga a vista, subendo le suggestioni della sua epoca, ma che nel peggiore è cosciente di dove va a parare nei rispettivi ambiti, contribuendo col proprio apporto ad un perverso progetto che mira a realizzare un “uomo nuovo” di tipo “laico”, cioè completamente sconnesso dalla sua Fonte, dall’Origine, senza più “speranza” e completamente immerso in “questo mondo”.

La Francia, che della summenzionata triade è stata il primo sanguinoso laboratorio, va fiera della sua “laicità”, che considera come una questione di “identità nazionale” e che convenzionalmente viene intesa come un’organizzazione del “vivere insieme” politico e sociale che prescinde da qualsiasi “verità” di tipo religioso, in un trionfo del relativismo che dopo averlo illuso per un po’ con le sirene di una “tolleranza” spacciata per il colmo della magnanimità conduce l’uomo nelle secche del nichilismo e della disperazione.

Siccome però l’uomo non è una scatoletta vuota - ed una volta fatto disamorare dalla religione, che comprende anche una “morale”, finisce per non averne più alcuna, o meglio una “morale fai da te” di cui non è chiaro ai più il ‘marchio di fabbrica’ - anche i dirigenti della “nazione laica” per eccellenza si sono posti il problema di una “morale” da impartire nelle scuole. Una “morale laica”.

Ma il problema è: chi insegnerà questa “morale”, e, in particolare, quali saranno i contenuti di questa “morale” e da che fonte trarranno legittimità? La domanda è quella che dovrebbero porsi i malcapitati ragazzi che dal 2013 saranno sottoposti a quest’ennesimo indottrinamento democratico, ed i loro familiari, se hanno a cuore la formazione spirituale dei loro pargoli.

Se la questione degli insegnanti di “morale laica”, sebbene importante, è a questo punto secondaria (anche gli attuali “docenti di religione”, che non sono dei sacerdoti, fanno perlopiù danni), considerato il livello della trovata è dirimente il tipo d’insegnamento “morale” che verrà imposto agli allievi delle scuole statali francesi.


Da un articolo de “La Stampa” si evincono cose da far tremare i polsi. La “rifondazione della scuola francese” (in “democrazia” c’è questa mania, ad ogni governo, di voler rifare tutto daccapo, ma in realtà nulla funziona mai veramente) dovrebbe infatti passare attraverso l’insegnamento di… “cosa è giusto”!

Detta così sembra l’affermazione di un bambino dell’asilo, ma dietro non c’è affatto la sua innocenza.

Leggiamo il seguito, dalle parole del nuovo ministro francese dell’Educazione Nazionale: “Una morale universale, fondata su idee di umanità e di ragione. La capacità di ragionare, di criticare, di dubitare, tutto questo si deve imparare a scuola”. “Alcuni valori sono più importanti di altri: la conoscenza, l’abnegazione, la solidarietà, piuttosto che i valori del denaro, della concorrenza e dell’egoismo”.

Tante belle parole, affascinanti per un’utenza (mi riferisco ai genitori) perfettamente a suo agio in questo “mondo moderno” da non accorgersi che anziché porre un freno alla tendenza all’amoralità, al “vuoto di valori” (che sembrerebbe essere l’intenzione dei promotori della “morale laica”), sprofonderà la gioventù costretta ad adeguarsi a questa “morale laica” (quantomeno per prendere un bel voto!) in abissi sempre più profondi di mancanza di senso, facendole smarrire ogni tipo d’orientamento.

Intanto cominciamo col dire che non esiste una “morale universale”, e questo lo sanno anche i laureati della triennale di Antropologia. La “morale” è per sua essenza mutevole, cambia col tempo, ma soprattutto si riferisce e si applica ad un ambito specifico, quello delle relazioni tra gli uomini, che a sua volta trae legittimità - trovandovi una coerenza su un piano sovraordinato - da dei principi che informano una tradizione autentica. Ecco perché sebbene le tradizioni religiose regolari postulino tutte l’esistenza di un Ente Supremo, eterno e assoluto, unico, senza fine né principio, indivisibile e senza pari, fornendo degli strumenti per approssimarsi a Lui, si differenziano per tutto il resto, perché ciascuna insiste su alcuni aspetti della medesima Verità piuttosto che su altri. Ma tutte, al di là della non contraddizione coi dati della metafisica, che è una, sono d’accordo su un sentire comune, che è quello del “sacro” e della relativa concezione dell’essere umano, “creato secondo la Sua forma”, e per questo in grado di risalire alle Fonti dell’Essere attraverso un’adeguata ascesi nell’ambito di una tradizione regolare e sotto la guida dei suoi Maestri, dei suoi “realizzati”. Invece, nella pseudo-civiltà “democratica” e “laica”, dove vige la tirannia del numero (si pensi alla “dittatura della maggioranza”) che in apparente contraddizione con la sua pretesa “razionalità” lo conduce verso la dissoluzione, l’uomo è semplicemente concepito nelle sue funzioni biologiche e nelle sue facoltà razionali-emozionali, da cui la non casuale insistenza sulle “idee di umanità e di ragione”. La “ragione”, per carità, è un gran bel dono di Dio, ma dev’essere usata come strumento, non come fine, altrimenti si scade nel cerebralismo dell’attuale “cultura” e, a livello esistenziale, nella fisima di voler “capire e spiegare tutto”, quando invece siamo in grado di cogliere sì e no una parte infinitesimale di quella parte di realtà in cui ci troviamo a vivere. A cosa può servire la “ragione”, infatti, oltre a non scadere nell’irrazionalismo (che ovviamente è peggiore del razionalismo), se non come strumento per discernere, anche attraverso il sopravvalutato “mondo” dei razionalisti, quelle verità metafisiche che, non ripugnando alla ragione stessa, costituiscono il trampolino di lancio per una conoscenza meta-razionale, la Conoscenza del “cuore”?

Ma la patria degli “immortali principi dell’89” è quella in cui ci si dette per l’appunto all’adorazione di una “Dea Ragione”, per cui non stupisce che, dopo oltre duecento anni, non essendovi cambiati i rapporti di forza e nemmeno l’impostazione data alla società, si passi ad una stagione meno spettacolare ma più subdola e pervasiva dell’indottrinamento dell’essere umano secondo i dettami di quella che va delineandosi sempre più prepotentemente come una specie di “ultima religione”, o “religione degli ultimi uomini”: quella dei “diritti umani”.

Che cosa sia poi la “capacità di dubitare”, lo sappiamo… È dal ’68 che vanno avanti con questa solfa, ed il risultato è la riproduzione di individui uno più conformista dell’altro. E provatevi – studenti e professori - ad esercitare la pratica del “dubbio” sui diktat che a livello di programmi scolastici vengono imposti in maniera sempre più ossessiva (in particolare nel campo della Storia e della cosiddetta “Educazione civica”), e vedrete che fine faranno tutte queste sviolinate sul “diritto di critica”. No, la sostanza, come ha ben capito chi ci è già passato, è che verrà imposta una precisa e particolarissima “morale”, nient’affatto “universale”, ovvero quella che farà comodo alla riproduzione del consenso verso questo sistema dominato dall’ateismo e perciò disumano (altro che “umanità”!), e al mantenimento della posizione dei dominanti nei differenti ambiti, i quali, coi loro “modelli” imbeccano l’esistenza di tutti gli altri che come buoi stanno aggiogati al carro.

C’è anche dell’involontaria comicità, spero, in questa trovata della “morale laica” come materia di studio. Vengono infatti svalutati dal ministro, al confronto con “quelli veri”, “i valori del denaro, della concorrenza e dell’egoismo”: ma dove vive costui? Non sa che oramai non c’è notiziario che non si apra con le novità sullo “spread”, sul “rating del debito pubblico”, sul “rischio di default”? Non si è accorto che quella fantastica “civiltà laica” di cui va tanto orgoglioso è quella dominata dall’usura e dalla truffa monetaria, dove se non hai i soldi non conti un accidente? Cosa racconteranno agli allievi di questi corsi di “morale laica”, che la massa crescente di gente in difficoltà economica, di disoccupati e di emarginati è finita così perché non hanno creduto abbastanza alla “Dea Ragione”?

Sulla “concorrenza”, poi, come la metteranno quando i ragazzi, una volta finita la scuola e caduti nelle grinfie delle “agenzie di job placement”, spuntate come funghi in ossequio proprio alla “concorrenza” e al “libero mercato”, sperimenteranno che tutte quelle chiacchiere servivano solo a gettare una cortina fumogena tra il prima, “spensierato”, all’insegna del “divertimento”, e il dopo, che li attendeva con tutte le sue ansie e la fine delle “illusioni”?

Sull’”egosimo” presentato come disvalore stendiamo un velo pietoso, poiché la “democrazia” è il sistema in cui i miliardari, che ad “egoismo” battono chiunque, la fanno da padroni dettando legge (e “morale”). Insomma, cari ragazzi, va bene prendere 10 e lode in “morale laica”, ma poi svegliatevi alla svelta che se dopo la scuola non farete tanta grana non sarete nessuno! Invece, se avrete “successo”, sempre grazie ai buoni uffici della “Dea Ragione”, potrete entrare nei ranghi degli imbonitori che predicheranno agli sfigati le magnifiche sorti e progressive di un mondo intriso di “morale laica”.

Ma il peggio, nelle intenzioni di chi ha allo studio quest’ennesima follia che vede come cavie i poveri studenti delle scuole cosiddette “pubbliche”, deve ancora venire.

Siccome ogni inversione, ogni parodia, deve arrivare ad un punto in cui, a suo modo, si ‘perfeziona’, casca a pennello la definizione di “prete laico” data all’insegnante di quest’incredibile nuova materia. Si capisce bene perciò che l’intento dell’allontanamento progressivo dei preti veri dalle scuole era la loro sostituzione con un altro tipo di ‘chierico’, che al posto della Croce, sempre più contestata nelle aule scolastiche dalle avanguardie del “laicismo”, innalzerà i labari della “Fratellanza Universale”, creando le premesse di una società di “eguali” in un mondo finalmente “libero”: dal grembiule col fiocco blu o rosa si è passati direttamente al “grembiulino”!

In questa ‘proposta didattica’ c’è anche una stoccata agli “integralisti di ogni genere”, che nell’immaginario comune – specialmente in Francia, nazione ormai “ex cattolica” - sono percepiti in special modo come “gli islamici” (in Francia, non solo per esigenze propagandistiche di “scontro di civiltà”, la questione è più sentita che in Italia); ma il colpo più perfido, che dà la misura di quale sia la bolgia in cui sono progettati questi “curricula”, viene portato alla famiglia, quando si afferma che “per dare la libertà di scelta, bisogna essere capaci di strappare l’allievo a tutti i determinismi, familiare [corsivo nostro], etico, sociale, intellettuale”.

Ecco il punto, ed il cerchio così si chiude. Chi agita le parole d’ordine di una “società aperta” e “laica”, incitando ad una “libertà di scelta” sciolta da ogni legame naturale, alla innata societas, non fa che illudere l’essere umano, facendogli credere di potercela fare da solo, come un “titano”, mentre sa bene che nella simulata societas delle “belle idee” sarà una piuma al vento che verrà sballottato in qua e là da chi soffia più forte. La famiglia – al di là di quel che fanno i “politici di area cattolica”, tutto fumo e niente arrosto, e troppo a braccetto coi potenti, questi potenti senza uno straccio di Timor di Dio, per essere credibili – è tenuta nella massima considerazione da tutte le tradizioni religiose regolari quale nucleo primario su cui edificare una società virtuosa. Tutto il resto sono elucubrazioni e fantasie con le quali si cerca di abbindolare la tendenza dei giovani alla “contestazione”, mentre i loro genitori, che non hanno mai smesso di pensarsi come “giovani” anch’essi e pertanto diventano ‘complici’ dei loro figli in questo gioco al massacro, non sospettano di mandarli in una scuola che sistematicamente glieli mette contro, minandone l’autorità (quando ne hanno una) con iniziative del tipo di quella allo studio in Francia.

Chi pondera questo tipo di “insegnamenti” sa inoltre bene un’altra cosa (perché conosce bene la psiche dei suoi polli da spennare): che in mezzo al progressivo sgretolamento delle religioni (che subiscono attacchi d’ogni tipo, soprattutto al confronto con un “mondo” sempre più “attraente” per masse di “liberati” e che pagano il prezzo dell’inadeguatezza di troppi loro esponenti, non più capaci di comunicarne lo “spirito”), la famiglia resiste stoicamente, in un andazzo che rema sistematicamente contro. Ma ancora non basta. È ancora percepita come un argine contro la manipolazione totale dell’essere umano... È sin troppo facile immaginare quali contenuti edificanti conterrà una “morale laica” mirata a “strappare l’allievo dal determinismo familiare”. Basta vedere quale tipo di ‘famiglia’ viene propagandata attraverso la “cultura di massa”, quella che attende al rientro da scuola, dopo l’ora di “morale laica”, queste povere creature che credono di avere già una “personalità” solo perché glielo fanno credere per esigenze “di mercato”.

Perché mai tutta questa esigenza di “strappare l’allievo dal determinismo familiare”? Che male gli avranno mai fatto – tranne rari casi di scellerati - i suoi genitori? Da dove può provenire una “preoccupazione” così assurda? Chi può trarre vantaggio dal mettere i figli contro i padri e le madri svalutando agli occhi dei primi il tipo di educazione che i secondi hanno scelto per proteggerli dalle peggiori insidie? La risposta non è poi così difficile.

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