Re: Il suicidio dignitoso

Inviato da  florizel il 20/8/2011 15:53:12
Edmondo

Citazione:
sembra assurdo, ma quando ho aperto il topic, mi sentivo un po' che stavo per ricadere in uno di questi periodi "esistenziali" se così si può chiamare..


Ma poi hai aperto il topic… ed in qualche modo ho come l’impressione che stia servendo più a capire SE il suicidio fosse il modo giusto di affrontare le cose, piuttosto che se esso possa o non possa essere “dignitoso”.

Pispax ha sollevato un punto , credo, importante della questione: il ritiro nella propria testa. Io aggiungerei: il frazionamento tra le funzioni della “testa” e quelle del “sentire”.

Del sentire sé, del sentire la relazione con gli altri, e le vie d’uscita, e le proprie potenzialità.
E la propria “utilità”, quindi anche il proprio ruolo, o la propria “missione”. E qui intendo “missione” per indicare anche la missione con se stessi e l’avanzamento fino al massimo possibile della comprensione delle cose. Oltre alla missione intesa nel rapporto con l’altro da sé.

E’ come se utilizzando solo il “pensiero freddamente razionale” si riuscissero a percepire solo gli aspetti negativi dell’esistenza (che indubbiamente sono reali, e svariati) ed avvenisse una sorta di parzializzazione automatica di se stessi che separa dalla dimensione della “fiducia” nella vita.
Questo conduce all’allontanamento dalla percezione della propria totalità ed integrità.
In ogni caso, ritengo che alla base ci siano conflitti che andrebbero affrontati e risolti.
Ma stiamo parlando ancora di “suicidio” dovuto a sofferenza. Mi pare che il topic sia andato “oltre” questa particolare specificità, decontestualizzando il tuo discorso iniziale.


Citazione:
Ma mi hai fatto venire in mente "ditostorto" (dal film l'albero di Antonia) che per esempio si suicida, perché "stanco di pensare"..


Ho visto svariate volte quel film, mi piace moltissimo. Io ho amato molto il personaggio della donna che ululava alla luna…

Ma quello che dici di Ditostorto è vero fino ad un certo punto: lui è un “pensatore”, appunto. Non si è ucciso perché riteneva di aver raggiunto il suo scopo, a mio modesto parere.
E’ piuttosto la sua inclinazione alla “comprensione” delle cose fine a se stessa ad averlo ucciso, compreso il fatto che solo quelle erano le SUE corde interiori.
Pensa all’altro personaggio, quello dello “scemo del paese”, che anche senza “capire”, ma solo “sentendo”, riesce a rifarsi una vita, ed addirittura a diventare padre.
Un gran film, sono contenta che ci sia qualcuno con cui (finalmente) averne potuto un po’ parlare.

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