Re: Il suicidio dignitoso

Inviato da  benitoche il 19/8/2011 23:25:58
Citazione:

Calvero ha scritto:
Citazione:
Credo che il suicidio sia spesso dovuto alla perdita di un qualcosa che si riteneva più importante della vita stessa


.... il nostro amico ha toccato un concetto "filosofico" che vola alto, per quanto parli delle debolezze umane


Grazie Calvero,metto questo copia incolla per scrupolo di coscienza dopo non vi disturberò più

Secondo la tradizione dell’antica Roma, il suicidio rappresentava l’unica possibilità di lavare una grave onta o riparare a una battaglia ignominiosamente perduta, compiendo un atto che veniva considerato il massimo del coraggio. Anche il suicidio rituale giapponese attinge allo stesso principio di recupero dell’onore per sé, i propri familiari, il proprio Paese. Secondo l’insegnamento della Scienza dello Spirito, dobbiamo invece sviluppare le forze necessarie a trasformare la sconfitta dell’ego in vittoria dell’Io. Massimo Scaligero precisa che il suicida: «…già in un’esistenza precedente ha subíto la sconfitta della vita: non ha risolto il suo problema, è fuggito dinanzi ad esso: uccidendosi, lo ha rimandato alla vita successiva. Perciò gli si presenterà di nuovo, ancora piú grave, ancora piú doloroso: nuovamente sorgerà in lui l’impulso al suicidio: ma forze nuove dell’Io nel frattempo saranno nate. La concatenazione può essere interrotta dall’Io che si dèsti al suo essere libero. Nell’Io libero è presente la Forza del Logos: il Logos è la sua essenza. In sostanza il suicidio è l’atto estremamente negativo della libertà dell’uomo: questa libertà può infine operare in lui positivamente. Le occorre soltanto la direzione della Vita, piuttosto che quella della Morte. L’Io del candidato al suicidio deve scorgere il Christo, l’aurora della Vita, per vincere la Morte nella Vita: deve superare la sete di vita che non ha speranza di essere soddisfatta, nella sfera terrestre, tra nascita e morte, se non corrompendo la vita. Deve incontrare in sé il vincitore della Morte, il Logos risolutore della sete di vita. Non è un aver troppo sopportato la vita, un essersi saziato di vita, un eccesso di vita, che muove il suicida, bensí l’opposto: un’impotenza a possedere la vita: una inesausta sete di vita, un’incapacità a sopportare il tormento di questa sete. L’Io vince la Morte, proprio allorché non patisce la sete di vita: possiede la vita, non può patirne la sete. Chi è karmicamente destinato al suicidio, può interrompere la concatenazione distruttiva con un atto assoluto dell’Io: un atto che sostanzialmente è un atto d’amore, non ha altro impulso se non il superamento dell’ego, che è avverso alla vita perché incapace di dominio della vita, bramoso di vita. Deve annientare l’ego impotente, perché nasca infine il portatore della potenza».

M. Scaligero, Reincarnazione e karma, Ed. Mediterranee, Roma 1976

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