Re: Il male di vivere della gioventù

Inviato da  benitoche il 11/7/2011 1:38:37
Caro amico, molti anni fa, un amico mio che di figli ne aveva cinque, grande osservatore di fenomeni vegetali ma anche di tutto il resto, con un sospiro rassegnato mi disse: «Fare il genitore è l’unica professione
in cui quello che fai si rivela giusto o sbagliato dopo vent’anni o piú». Per quello che ho visto lungouna vita concordo abbastanza con la sua saggezza.

Estroflettendosi in cerca di regole, si scopre sempre dopo che queste erano troppe o troppo poche, e che alcune, per noi importanti, scivolano sulla prole come acqua sul manto delle foche. Gli alberelli crescono per forza propria e, a questo proposito, crescevano pure
benissimo quando era assente la cultura del bambino e del fanciullo. Poi un attento giardiniere può certamente aiutare una sana crescita con qualche tutore. E, alle volte, nemmeno lui può far molto. In generale
un tempo l’educazione del bambino, seppure discutibile, era piú facile: i binari erano stabili e non sciabolavano impazziti come durante un terremoto.

Bimbi e bimbe erano considerati come adulti in embrione e importava solo che crescessero per diventare infine adulti per bene. Del resto le lusinghe pericolose erano poche, e l’immoralità era lontana dal venire assunta come status sociale: pressoché impensabile... come i lussi e le alternative di qualsiasi genere. In un batter di ciglia, diciamo in cinquant’anni, tutto è cambiato, ma l’uomo è per sua natura adattogeno: peccato che in genere non abbia consapevolezza di quello che perde e di ciò che acquista.

Ora, insieme al Dottore, anche bypassando la giustificazione esoterica che lei e i lettori conoscono, arriviamo subito alle linee guida che valgono, che funzionano alla prova della realtà. Steiner indica per il
primo settennio del tutto essenziale l’ambiente fisico, cioè tutto quello che il bambino può vedere ordinariamente (non ideali o contenuti interiori ma ciò che vede con i sensi) poiché nel primo settennio egli è
soprattutto un imitatore.In questo periodo il bimbo è straordinariamente plastico.Ho visto in una famiglia buona ma attraversata da rancori e litigi, un bambino che cresceva troppo lentamente e sembrava quasi
deperito.Quando, e per fortuna, ci furono chiarimenti e una restaurata armonia, il fanciullo – questione di mesi – fiorí in maniera visibile e crebbe di statura. Senza dottori e integratori.

Dunque, nel primo settennio l’ambiente circostante plasma il bambino. Le parole magiche sono: imitazione ed esempio.
Divergo da lei sul giudizio di valore: i primi sette anni sono fondamentali poiché formano tutto. Organi, carattere ecc. È per noi adulti che essi sembrano piú ‘scarsi’ poiché è minore la nostra soddisfazione per
l’interazione cosciente con il piccolo. Tutto qua.
Nel secondo settennio si cambia binario, e le rotaie si chiamano: autorità e imitazione morale. Poiché lei ha due figli, uno di 7 e una bambina di 11, converrà che siamo dentro questo parametro.Però vorrei considerare le sue parole. Se sua moglie ha detto veramente che “ solo con la dolcezza protettiva si forma un carattere sereno e non aggressivo”, ciò varrebbe soprattutto per il primo settennio, ed è terribilmente semplicistico, poiché il bambino non è la somma passiva delle vostre caratteristiche.

La frase indicherebbe piuttosto un buon principio pedagogico per l’allevamento di un cane con il quale calma, dolcezza e non aggressività (del padrone o capo branco), faranno crescere lui con le medesime virtú.
Mentre il bambino è ‘altro’ da voi, e assai spesso crescerà con caratteri molto o del tutto diversi dai vostri.
Nel bene o nel male sono il suo patrimonio individuale.
) )
Talvolta occorre tener fermo a fronte di capricci passeggeri. Il ‘no’ non deve spaventare i genitori: una ragionevole austerità fa bene ai ragazzi: è solo questione di buon senso, ossia di dedicarsi ad un sano rapporto con la realtà senza le deformazioni date dalle rappresentazioni e astrazioni o dalle ideologie pedagogiche. Certo che rifiutare il gelato ai ragazzi e comprarselo per sé sarebbe stolto o criminoso...
Bisognerebbe vincere la paura subconscia che sorge nell’anima quando ci si trova davanti il gravoso compito di educatori, e questo vale sia per i genitori che per gli addestratori di cani. In tal senso, la minor sensibilità dei nostri nonni verso i nostri padri era, per certi versi, migliore di una attenzione e sensibilità che nasce e cresce nel timore della propria insufficienza. Non bisogna aver paura dei propri figli!
È questo che genera tutta l’insufficienza odierna. Il Padre e la Madre rimangono archetipi celati nell’anima per l’intera vita: per il bambino i genitori sono di un’importanza gigantesca, anche quando
non venga espressa, e un pochino di forza e dignità non guasterebbe affatto (ascoltate di Giorgio Gaber I Padri miei e I Padri tuoi).

L’antroposofia è una realtà sua e non dei suoi figli, se vuole usarla meglio sarebbe che essa fluisse nella misura in cui è divenuta contenuto vivo di lei stesso e non come schema di pensieri. Le racconto questa: conoscevo due antroposofi, ambedue medici e di cultura medio-alta. Avevano due figli a cui era stato proibito tutto il pensabile secondo una visione astratto-restrittiva della pedagogia e didattica antroposofica.
Mi limito al cibo. Mi accorsi che i bambini, messi a dieta stretta dallo svezzamento in poi, divenivano sempre piú grassocci. E non sembrava un retaggio, con genitori belli e magri. Feci qualche piccola indagine e scoprii che a scuola e con gli amichetti, cioè lontani dallo sguardo dei genitori, facevano tutto quello che era loro stato proibito e con avidità trangugiavano merendine, salumi, cioccolate ecc.

Spazzolavano tutto il possibile. Questi sono i risultati delle astrazioni prive di buon senso, cioè di realtà.
Non dissi nulla ai genitori perché una parte del mio cuore batte sempre per le minoranze oppresse.
Massimo diceva che “la concentrazione non ha mai ucciso nessuno”. Nel suo caso io direi che una minima severità pacata farebbe bene a tutti. E spieghi a sua moglie che le incomprensioni subite da lei nel passato non hanno alcuna parentela col soddisfacimento dei capricci dei figli. Basta fondarsi sulla realtà, cosa che dovrebbe essere uno dei frutti dell’antroposofia. Mentre l’antroposofia pensata può respingere molte persone del tutto sane. Non travasi antroposofia nei bambini, piuttosto mostri loro la bellezza di un architrave o il mistero della forma (diversa) delle foglie. In questo senso il mondo è pieno di meraviglie e misteri: educhi la loro attenzione in questa direzione. Racconti loro le storie degli eroi mitici, antichi o moderni. Se non le ricorda, trovi racconti del genere e inizi lei a leggere con entusiasmo e rispetto. Dia loro materia degna di interesse (se poi uno si innamora di Ercole e l’altra di Jacques
Cousteau, vanno bene ambedue).

Inoltre: i bambini sono molto prudenti con gli adulti, e si potrebbe dire
che bambineggiano per una istintiva forma di autodifesa. Parli con loro come avessero due anni di piú ciascuno. Vedrà come a poco a poco si paleseranno con momenti di saggezza e maturità da restare a
bocca aperta. Dia loro da leggere storie e saggi per ragazzi piú grandi. Poi inizi a chiedere notizie esatte (faccio un esempio: la bambina potrebbe leggere la Storia della Marina e lei potrebbe chiederle, come
fosse ovvio, i nomi delle navi. Al bimbo, con le avventure degli Dei olimpici, chieda con interesse nomi, avvenimenti ecc.) Va bene tutto: Salgari, Verne, Dante. Scelgano loro. Lei porti e non spinga, ma sostenga
le loro inclinazioni. Sarebbe splendido che entusiasti di qualcosa (potrebbe essere anche la botanica delle piante lungo i muretti abbandonati) incominciassero a memorizzare per il piacere di farlo; la
comprensione come la intendiamo noi importa poco, molto invece l’imparare a memoria. Mi ricordo che in IV elementare, avendo letto Viaggio al centro della terra di Verne, imparai spontaneamente a memoria il misterioso scritto in latino che indicava la via ai coraggiosi personaggi.
Il mestiere di genitore è piuttosto ingrato, e se trovano uno zio o un conoscente da ammirare o persino da adorare, seppure con occhi ben aperti, sappiate fare un passo indietro. Difficilmente si vedono eroi e
superuomini nella propria casa. Però infiammarsi per qualcuno o qualcosa è il nutrimento dell’anima nel secondo settennio. Ai genitori rimane l’infinito compito di amare, che sarebbe la cosa piú facile del mondo se non fosse invischiata nei mille distinguo dettati dai fantasmi suscitati dal sé personale.

Vorrei aggiungere ancora che nel processo di individuazione dei ragazzi è spesso poi inevitabile un invisibile o palese respingimento dell’ordinario sperimentato nell’ambiente familiare. Circa i fondamenti dell’antroposofia sarebbe proficuo, nel terzo settennio, avvicinare i giovani a qualcuno che la conosca e sia estraneo alla famiglia e che, soprattutto, sia dotato di autorevolezza, pazienza e di sincero amore per lo Spirito. Da padre a padre la saluto e le auguro buona fortuna.

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