Re: Il male di vivere della gioventù

Inviato da  Makk il 9/7/2011 14:33:21
Citazione:

peonia ha scritto:
Che i giovani siano sempre radicali, idealisti, pieni di slanci e insicurezze, ok ma, ripeto, oggi la società che dovrebbe aiutarli, sostenerli, indirizzarli è frantumata, corrotta, inadeguata

Sbagli prospettiva, Peonia.

La società ha sempre avuto come scopo "irregimentare" i giovani e normalizzarli nel "buon cittadino", salvo espellere nell'emarginazione, la malattia mentale o la delinquenza incallita (compresa quella politica) quelli che non si adattano.
Questo naturalmente con l'esclusione delle élites, dove i giovani fanno (come sempre hanno fatto) il cazzo che vogliono perché, quando viene il momento, non c'è dubbio che li si può "comprare" alla vita di "normale classe dirigente" (nel senso che soldi e benefit sono int ale abbondanza che non si pone il problema che resistano al farsi comprare).

Aiutare, sostenere e indirizzare è sempre stato un compito rivolto ai "futuri buoni cittadini", non a tutti i giovani.
Questo è il modo in cui il potere si esprime e la società (società nell'accezione di "guida" in cui la stai usando in questa occasione) fa sostanzialmente questo.

Ci sono delle finestre temporali in cui le società cambiano il loro modo di rapportarsi col problema di integrare i giovani nella vita adulta.

L'andamento di una società "sana e robusta" è sostanzialmente "reazionario": la società ha delle sfide da raccogliere (conquiste militari, boom economici, dittature) e coccola (= indirizza) i giovani, dandogli grande impulso e importanza (e grazie al c#@$%! Sono la carne da cannone dell'obbiettivo "magnifico e progressivo").
Ma è anche il momento in cui la la funzione di indirizzo (conformizzante) si fa brutale, poche ciance e al lavoro (o al fronte).
Sono periodi in cui c'è un ottimismo contagioso e cieco, che raramente ripagherà il sacrificio fatto (= rinunciare alla moderazione nel "ricondurre all'ovile" i giovani e derubarli della libertà di sentirsi ribelli e progettuali).


Ci sono periodi in cui la società è in crisi sistemica (perdere una guerra, subire un tracollo economico grave). Qui la stretta conformistica della società sul controllo del giovane non si allenta, più che altro cessa di esistere: si ha quello che tu chiami "abbandono" del giovane a sé stesso, privilegiando il si salvi chi può.
Il conformismo diventa più un rifugio che un obbligo, per i giovani. Il messaggio è "fate quello che vi pare, siete liberi" (traduzione: arrangiatevi).


Ci sono periodi in cui la società diventa particolarmente oppressiva e allora la reazione di rifiuto dei giovani è specialmente dirompente. In quei periodi riescono a esprimersi con una generale sensazione di vitalità e di "frizzantezza" e la tendenza è "progressista".
Ma questi periodi coincidono con le società in stagnazione, cioè quando si indebolisce, per stanchezza, la stretta della società sul controllo del giovane: non avendo stimoli da offrire, la società si irrigidisce in lacciuoli e stilemi consunti e obsoleti, facili da vedere, bersagli agevoli per la volontà dei giovani. Che a loro volta si fanno strumento del cambiamento (positivo o negativo? Non si sa in anticipo!)

Come vedi, per i giovani esiste raramente un periodo "positivo" (secondo la mia analisi, dal loro punto di vista solo quello di stagnazione lo è).


Noi stiamo attraversando varie fasi, dal dopoguerra ad oggi:
l'esplosione del boom economico (poche palle e rimboccatevi le maniche).
La stagnazione e rivolta verso il cambiamento (anni '60/70)
La restaurazione in una finta società sana (anni '80/90), con una spinta verso un presunto "sol dell'avvenire capitalista", che li ha reclutati in massa al Dio denaro (purché facile e "da furbi").
L'immancabile crisi economica che stiamo vivendo, sistemica perché fondata sui piedi d'argilla che "caduto il muro tutto andrà bene", anche le peggiori cazzate, bruciando una generazione sull'altare dell'individualismo, per definizione non costruttivo e quindi che non lascia in eredità niente: né una stagnazione da troppa opulenza né una sfida al futuro, ma solo la melma recessiva in cui ci stiamo dibattendo.

Come si uscirà da questa situazione... ci vorrebbe la boccia di cristallo.
La mia impressione è che si avrà una nuova fase "reazionaria", perché il barcollare dell'Impero nordamericano rende probabili sfide per la supremazia da parte delle potenze concorrenti.
Per i giovani un'altra fase "pochi grilli per la testa e pedalare".

Ma questo è domani. L'oggi?

Citazione:
da questo volevo partire per prenderci carico ognuno delle proprie resposanbilità passate, presenti e future....

Dolorosa questione...

Allora, peonia, se viviamo in una fase di "cari i miei giovani, arrangiatevi", cosa possono fare loro per sé stessi e cosa noi adulti per loro?

Poco, molto poco... se quel po' po' che è la società, con tutta la sua potenza persuasiva e per quanto desiderosa di irregimentarli, non ne ha la forza, non trasmette valori, né trasmette troppi valori costringendoli alla ribellione... cosa possono mai fare dei piccoli, impotenti singoli individui?

Però...


Però, se la società non ha la forza di opprimerli con la sua tendenza normalizzatrice, significa anche che sono liberi di scegliersi una strada. Di coltivarsi, di procurarsi dei valori che la società non trasmette, dei valori loro.

E questo è un suggerimento e una linea-guida: aiutare non "tutti i gggiovani", ma i giovani che hai a portata di mano, con cui sei a contatto.

Spingerli a crearsi una personalità, anche se non si vede lo sbocco lavorativo (che ce n'è davvero poco, adulti o giovani che siano/siamo).

Ricordargli che c'è una spessore nella vita, che è la nostra storia, la nostra capacità di guardarci indietro e imparare dal passato, per essere pronti al futuro.

Cercare di infondergli l'ottimismo che studiare, imparare, fare esperienze, crescere, amare, non portano quattrini a breve ma sono importanti lo stesso, perché una persona completa è comunque più adatta alle sfide di una che ha rinunciato a coltivarsi "perché tanto non c'è futuro".

Incoraggiarli a leggere, viaggiare, a credere-nelle/costruirsi-le amicizie (altro valore in picchiata, ma possibile "paracadute" nei frangenti più cupi),
perché...
perché...
perché non te lo posso spiegare, giovane parente, figlio di amico, giovane semisconosciuto con cui chiacchero per caso... ma volerti bene, autostimarti, ti aiuterà nei momenti difficili più che stare qui depresso a pensare a un futuro rispetto al quale non tu, ma neanche i "grandi" (ironico) della politica e della finanza sanno un cazzo di cosa ci aspetta.


Diceva (son quasi sicuro fosse lui) Don Milani:
studiare è come comprarsi gli occhiali. Non ti porta niente nel piatto, ma quando devi attraversare la strada (la vita) e rischi che ti tirano sotto, hai più possibilità con gli occhiali che da miope.

E diceva anche (e qui sono sicuro, invece): se tu hai 500 parole e quell'altro 2.000, quello ti fregherà quando vuole.

"Studiare" io lo estendo a "imparare" (anche da/su sé stesso).

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