Re: Il male di vivere della gioventù

Inviato da  RedPill il 7/7/2011 10:03:40
I giovani non sono uguali in tutte le epoche ed in tutti i luoghi.

Se non vogliamo i luoghi comuni passiamo a fatti concreti.

PUNTO 1
Io a 10 anni, nel mese di maggio, dopo cena, andavo al rosario.
Non me ne fregava molto, la mia famiglia era composta da madre praticante e padre ateo, ed io andavo alla messa la domenica come tutti ma nulla di più. Nel mio quartiere, però l'usanza era di trovarsi a casa di una signora che per giunta era Emiliana ed alla fine del mese preparava le piadine per tutti.
Fatto sta che l'80% dei bambini del quartiere, alle 20.00 circa, si ritrovava in questa casa insieme a vecchiette e donne di mezza età, per circa mezz'ora.
Alla fine del rosario i bambini si ritrovavano tutti nel parco antistante per giocare a nascondino o giochi simili.

Ora i bambini di 10 anni alle ore 20 sono a tavola con i genitori (forse entrambi) e stanno guardando un quitz in tv aspettando che inizi paperissima.
Questo causa difficoltà relazionali. Il mondo esterno è una giungla per un giovane. Se però è abituato a rapportarsi all'esterno con tutte le tipologie di persone e soprattutto se ha coltivato rapporti interpersonali attivi (quello del rosario è un esempio stupido, ma rende l'idea) è in grado di approcciarsi in maniera consapevole e disinvolta.
I gruppi di aggregazione sono sostanzialmente spariti ed i giovani hanno perso proprio il gusto di "avere qualcosa da fare".



PUNTO 2
Io a 12 anni ho trascorso la mia prima estate all'estero per un soggiorno studio e abitavo presso una famiglia in cui io ed il mio compagno (fino a quel momento sconosciuto) eravamo gli unici a parlare l'italiano.
Questa esperienza è stata tuttavia traumatica per i primi 3 giorni, durante i quali ero in panico completo. Poi subentra lo spirito di sopravvivenza, lo spirito di adattamento e soprattutto l'orgoglio personale.

Ora i bambini di 12 anni vivono in un contesto familiare in cui "tutto è facile" ed in cui lo spirito di sacrificio è sostanzialmente sparito.
Per esperienza personale conosco bambini di questa età che non hanno mai percepito la necessità di "farcela con le proprie forze" e di "dovere morale di riuscire" perchè la chiave di lettura comune è che se è troppo difficile non lo faccio, se non mi piace non lo faccio, se mi stanco smetto, se non c'è nessun altro che lo fa io da solo non lo faccio ecc...

Questo atteggiamento è palese anche nello sport: i bambini praticano per il 90% il calcio perchè spinti dalla società e dalla famiglia.
Poi però si accorgono che per diventare dei campioni bisogna fare sacrifici e allora lasciano.
E qui troppo spesso le famiglie sono deleterie perchè invece di dire "No! hai un impegno da portare a termine e devi mettercela tutta", dicono "se non ti va, se non te la senti allora non importa" e se chiedi a queste mamme e papà perchè hanno ritirato il proprio figlio ti rispondono che lo vedevano effettivamente stressato.
QUESTO CAUSA UNA DELETERIA PERDITA DI CARATTERE E DI PROPENSIONE AL SACRIFICIO.

E collegandomi al discorso relativo ai meridionali che andavano a cercare lavoro all'estero, il problema è proprio questo:
Nessun ragazzo d'oggi è disposto a lasciare non solo l'Italia, ma spesso neppure la sua città per andare a cercare un lavoro o un'opportunità diversa oppure semplicemente nuovi stimoli. E questo solamente perchè non c'è senso di dovere morale e spirito di sacrificio.

Peace
RedPill

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