Makk ha scritto:
Cose che un difensore a spada tratta del mercato dovrebbe sapere, e se manifesta di non saperle è solo perché sta ciurlando nel manico e tentando di pigliare per il culo chi lo legge/ascolta:
1- Se sono misti c'è dentro il privato. Quindi la domanda "dov'è il privato" è scema
In sintonia con questo disegno normativo, la giurisprudenza amministrativa ha definito le società miste - quanto meno con riguardo a quelle con capitale pubblico di maggioranza - come moduli organizzativi dell’ente locale a preminente connotazione pubblicistica[12]. Questa ricostruzione si avvale anche del principio della neutralità della forma societaria rispetto al conseguimento dello scopo pubblicistico; scopo di per sé non in contrasto con il fine societario lucrativo previsto dall’art. 2247 del c.c..
2- Per controllare una società NON c'è bisogno della maggioranza assoluta delle QUOTE.
3- Le quote determinano solo la redistribuzione dei profitti, la determinazione delle politiche della società ha un meccanismo più complesso (nomina Pres CdA, consiglieri, probi viri, patti di sindacato, e blabla)
4- un socio di forte minoranza può essere influentissimo, se vuole... e i privati lo vogliono. Perché se le pubbliche non fanno "abbastanza profitti", di questo rendono conto a se stesse (cioè alla "proprietà": stato, provincia, regione, ecc). Se sono miste rendono conto agli azionisti, e gli azionisti privati ululano se non ci sono profitti. E quando ululano, arrivano i profitti (e i rincari in bolletta). Cosa già successa dappertutto
p.s.: questo è stato GIA' esposto, e non solo da me.
quindi ribadisco il mio: "diventiamo ripetitivi?"
Stai insistendo sulla foglia di fico per cui una società mista non è totalmente privata quindi è, nelle tue parole, "un ente pubblico".
E' un gioco delle tre carte dialettico. Spudorato.
Ancora! Per comportarsi come privato non è affato necessario che abbia la maggioranza delle quote in mano ai privati.
Stai tentando l'equazione "se non è a maggioranza privata non è privata": ed è una cagata immane. Un'arrampicata sugli specchi di entità e durata talmente sfacciata e prolungata che è "quasi" commovente.
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