Il Peccato di Hubris

Inviato da  Notturno il 30/8/2010 13:21:28
(o traslitterato in "hybris")

Non è traducibile facilmente dal greco.

E', piuttosto, un termine che si traduce con la somma tra diversi termini italiani: "Tracotanza", "arroganza", "orgoglio", ecc...

In realtà, la parte interessante di questo "peccato" non sta tanto nel definire lo stato d'animo o il comportamento dell'uomo "incriminato", ma quanto nell'indivduare la "parte lesa" dal reato.

In effetti, il peccato di Hubris è quello che l'uomo commette quando si sente uguale o perfino superiore a Dio (o agli Dei).

Viene a rilievo, insomma, non tanto l'uomo arrogante in sé e per sé, per esempio nei confronti di un altro uomo, ma piuttosto l'uomo che si confronta con Dio.

Di fatto, viene stigmatizzato quell'atteggiamento di un uomo che non sa riconoscere i propri limiti. Che si crede Dio. Che ritiene (lo stolto!) di poter padroneggiare il mondo che lo circonda, la Natura. Che si ribella alle leggi della Natura e persino alla Morte.

Esempi evidenti di questo genere di peccato li troviamo già nella Bibbia, a bizzeffe.

Uno dei più eclatanti è quello dell'aver mangiato il "Frutto della Conoscenza", cosa che ha comportato, immediatamente, dei problemini di sfratto dal magnifico condominio Eden, oltre che di parti dolorosissimi e di faticoso lavoro della terra.

Ma ce ne sono altri disseminati ovunque, nel Librone: vedasi, a mo' d'esempio, la faccenda della Torre di Babele.

Costruire troppo (fino a pretendere di raggiungere il Cielo) costò, a quegli omuncoli, un duro prezzo: tutto crollo' e da quel dì smisero di capirsi tra loro (e la faccenda dura tutt'ora).

Critiche, poi, ai Sommi Peccatori di Hubris piovono tutt'ora in mille modi.

Da quelli che esortano ad accogliere con filosofìa il destino (quand'anche fosse esiziale) che la sorte ci riserva, e che considerano "ribellione" anche le cure mediche (vedi alcune interpretazioni dei Testimoni di Geova) a quelli che, benevolmente, chiedono: "Ma tu, chi t' cred' d'esse, nù Ddije?" (Totò, ne "A' Livella").

Pensate alla Divina Commedia: Ulisse decide di non porsi più alcun limite nel suo spirito di esplorazione e nella sua sete di conoscenza, ma anzi, decide di violare il limite (divino) delle colonne d'Ercole e di varcarle.

"Io e ' compagni eravam vecchi e tardi quando venimmo a quella foce stretta dov'Ercule segnò li suoi riguardi, acciò che l'uom più oltre non si metta"

Per convincere i suoi (poco consapevoli) compagni di sventura, rivolge loro uno dei discorsi più belli, quasi un inno all'Uomo: "Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza".

E, ovviamente, Dante il Guelfissimo Dante, prende Ulisse e i suoi "Frati" (come li chiama lui) e li seppellisce sotto un muro d'acqua che manco uno tzunami....

In una discussione sui trapianti di organi, oramai spentasi, ho letto alcuni interventi che rispecchiano molto da vicino questo modo di leggere la Hubris.

E' un modo di pensare che mi è intimamente estraneo.

E mi piacerebbe, in tutta sincerità, comprenderne i meccanismi.

Perché si sviluppa questo modo di pensare?

Che beneficio se ne trae?

E, cosa ancor più anomala, come mai attecchisce anche qui, tra noi che, tutto sommato, condividiamo una comune avversione per le "versioni ufficiali" indimostrate e indimostrabili?

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