Re: Questo cazzo di voto

Inviato da  florizel il 5/8/2010 12:42:33
a_mensa

Citazione:
Credo che in questo momento pispax si stia facendo delle grandi risate.
Perché siamo caduti nel suo tranello, nella sua provocazione.
“dimostrami che l’acqua di un fiume non può andare dalla foce alla sorgente”


L’impostazione di Pispax la trovo invece abbastanza vistosa, perciò scrivevo che trovo non proprio corretto sostituire il metodo discorsivo ai contenuti.
Ma, se posso segnalarti qualcosa, con la tua metafora tu cadi esattamente in quel tranello, poiché dài per assiomatico che il processo elettorale abbia un suo percorso logico, come appunto il corso di un fiume, con un punto di partenza ed uno di arrivo; e che una eventuale ampia astensione non possa produrre nulla.
Invece io sto invitando a considerare esattamente l’errore di concepire il meccanismo elettorale, in un sistema di democrazia rappresentativa, come un fiume, cioè dare per scontato che esso conduca a qualcosa.
Volendo continuare con le metafore, risulta che possa essere invece paragonato ad un pantano, con acque morte, o tutt’al più riciclate.

Citazione:
Mentre, con la realizzazione , si può dimostrare qualcosa in positivo, non si potrà mai dimostrare , in nessun modo, qualcosa di negativo.


Intanto, arrivare ad una realizzazione non implica che essa generi un effetto in positivo.
E qui ci si può riallacciare al discorso secondo cui il voto fa ancora tanta presa perché viene postulato come una causa a cui segue un effetto (che in realtà non viene prodotto, poiché come abbiamo appurato poco cambia, se non marginalmente, o se non nulla).
In sintesi, sono d’accordo che nel caso del voto si può solo dimostrare l’effetto che produce, che paradossalmente è un non effetto….

Cadi ancora in quel tranello quando scrivi che

Citazione:
Si potrà solo dimostrare che una azione può essere modificata da una azione, ma non da una NON azione.


poiché assimili il non voto ad una NON azione, mentre invece esso può esprime l’AZIONE di sottrarsi ad un meccanismo perverso; il che, se permetti, NON equivale a sottrarsi all’ESISTENTE e alla realtà delle cose. Significa semmai rifiutarsi di impantanarla, la realtà.

Ma, sofismi a parte, è condivisibile che la sola astensione non comporti molto, e che SE essa è solo una reazione momentanea allo schifo, e non il risultato della comprensione di un meccanismo perverso in cui la “partecipazione” viene percepita come “possibilità di scelta”, non porta lontano.
Però, in un paese dove l’affluenza alle urne è consuetudine tradizionalmente radicata, e la non partecipazione alle elezioni è sentita come una sorta di “diserzione” (pur sapendo che qualunque “scelta” non avrebbe prodotto risultati tanto eclatanti da cambiare il corso delle cose) il rifiuto del voto assume anche la valenza dell’abbattimento di un “tabù”: quello secondo cui solo l’uso di quello strumento può cambiare le cose.

Inversamente da come viene percepito, nel meccanismo elettorale della “democrazia rappresentativa” non è la classe politica che “rappresenta” gli interessi del cosiddetto popolo sovrano: nei fatti è piuttosto esso che “rappresenta” questo sistema legittimandolo ad ogni tornata elettorale, ed alimentando col voto un ambiente (ed un metodo coercitivo) favorevole alla classe politica e agli interessi finanziari di quella che è a tutti gli effetti l’IMPRESA STATO.

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